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Matrimonio del cognatoAusiliario per capire la Bibbia
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la moglie del defunto non sposerà uno di fuori, un estraneo; suo cognato andrà da lei e la sposerà, compiendo verso di lei il dovere di cognato; il primogenito che genererà andrà col nome del fratello defunto: così il suo nome non sarà cancellato da Israele”. Questo valeva senza dubbio sia che il fratello in vita fosse sposato o no. (Per un esempio di matrimonio del cognato in tempi patriarcali, vedi Genesi 38).
“Ogni famiglia in cielo e sulla terra deve il proprio nome” a Geova (Efes. 3:15), il quale vuole che la famiglia preservi il proprio nome e la propria discendenza. Questo principio era seguito in tempi patriarcali e fu poi incorporato nel patto della Legge con Israele. La donna non doveva sposare un estraneo, cioè non doveva sposare qualcuno al di fuori della famiglia. Quando la sposava il cognato, il primogenito non avrebbe portato il nome di lui, ma quello del deceduto. Questo non significa necessariamente che il figlio avrebbe avuto lo stesso nome, ma che la discendenza della famiglia non sarebbe stata interrotta e la proprietà ereditaria sarebbe rimasta nella casa paterna.
La frase “se i fratelli abitano assieme” non voleva dire evidentemente che abitassero nella stessa casa, ma nel vicinato. Se abitavano a grande distanza sarebbe stato difficile per il fratello aver cura della propria eredità e di quella di suo fratello finché non poteva occuparsene un erede. Comunque il Talmud dice che non si doveva intendere nella stessa comunità ma nello stesso tempo.
Secondo la Legge, se un cognato non voleva fare il suo dovere, la vedova doveva presentare la cosa agli anziani della città e informarli del fatto. Egli doveva presentarsi agli anziani e dichiarare che non voleva sposarla. Allora la vedova doveva togliergli un sandalo dal piede e sputargli in faccia; dopo di che “in Israele gli si [doveva] dar nome ‘La casa di colui al quale fu tolto il sandalo’”, un disonore per la sua famiglia. — Deut. 25:7-10.
L’usanza di togliersi il sandalo può derivare dal fatto che chiunque entrava in possesso di una proprietà terriera lo faceva calpestando il terreno e affermando il suo diritto di proprietà camminandoci coi sandali. Togliendosi un sandalo e dandolo a qualcun altro, rinunciava alla sua posizione e proprietà davanti ai testimoni anziani alla porta della città.
La cosa è chiarita ulteriormente nel libro di Rut. Un giudeo di nome Elimelec era morto, come pure i suoi due figli, lasciando vedove sua moglie Naomi e le due nuore. C’era un parente stretto di Elimelec, forse un fratello, chiamato nella Bibbia “Tal dei tali”. Questi, essendo il parente più prossimo, era il cosiddetto go’èl o ricompratore. Egli rifiutò di fare il proprio dovere, togliendosi un sandalo e lasciando a Boaz, il prossimo parente più stretto, il diritto di ricompra. Boaz allora acquistò la terra di Elimelec e prese quindi Naomi ma, poiché era troppo vecchia per avere figli, la nuora Rut, pure vedova, divenne la moglie di Boaz per suscitare un figlio al nome di Elimelec. Quando nacque Obed, le donne del vicinato dissero: “È nato un figlio a Naomi”, considerando il piccino figlio di Elimelec e Naomi. Quello di Boaz e Rut fu un servizio reso a Geova, infatti il nome che diedero al figlio significava “servitore”. Geova benedisse questa disposizione, infatti Obed divenne antenato di Davide facendo così parte della discendenza diretta di Gesù Cristo. — Rut cap. 4.
Il diritto del levirato andava evidentemente al parente più prossimo, com’è spiegato nella legge relativa all’eredità della proprietà, cioè al fratello maggiore, ad altri fratelli in ordine d’età, poi allo zio paterno, e così via. (Num. 27:5-11) Nel riferimento al matrimonio del cognato in Matteo 22:23-28 e Luca 20:27-33, è indicato che il dovere di sposare la vedova di un uomo senza figli sarebbe passato da un fratello all’altro in caso di successivi decessi. Un altro fratello evidentemente non poteva prendere il posto del fratello maggiore, che aveva la priorità, a meno che non rifiutasse di esercitare il proprio diritto.
I sadducei ritenevano che il matrimonio del cognato si applicasse solo alle vergini promesse spose, ma i farisei sostenevano si applicasse alle vedove. Secondo il libro di Rut, Naomi era effettivamente una vedova che aveva avuto due figli. Questi erano morti entrambi senza lasciare un erede.
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MatteoAusiliario per capire la Bibbia
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Matteo
(Mattèo) [gr. Maththàios o Matthàios, derivato dal nome proprio ebr. Mattithyàh, che significa dono di Geova].
Ebreo, chiamato anche Levi, apostolo di Gesù Cristo e scrittore del Vangelo che porta il suo nome. Era figlio di un certo Alfeo e prima di diventare discepolo di Gesù faceva l’esattore di tasse. (Matt. 10:3; Mar. 2:14; vedi ESATTORE DI TASSE). Le Scritture non rivelano se Levi si chiamasse Matteo anche prima di diventare discepolo di Gesù, se tale nome gli sia stato dato allora o se glielo abbia dato Gesù nel nominarlo apostolo.
All’inizio del ministero in Galilea (30 E.V.) Gesù Cristo chiamò Matteo dall’ufficio delle tasse a Capernaum o dintorni (Matt. 9:1, 9; Mar. 2:1, 13, 14), “ed egli, lasciandosi dietro ogni cosa, si alzò e lo seguì”. (Luca 5:27, 28) Forse per festeggiare il fatto che era stato invitato a seguire Cristo, Matteo ‘imbandì un gran convito’, a cui parteciparono Gesù e i discepoli e anche molti esattori di tasse e peccatori. Ciò infastidì i farisei e gli scribi che protestarono perché Gesù mangiava e beveva con esattori di tasse e peccatori. — Luca 5:29, 30; Matt. 9:10, 11; Mar. 2:15, 16.
Poi, dopo la Pasqua del 31 E.V., Gesù scelse i dodici apostoli, e Matteo era fra questi. (Mar. 3:13-19; Luca 6:12-16) Anche se ci sono diversi riferimenti agli apostoli come gruppo, la Bibbia non menziona più per nome Matteo fin dopo l’ascensione di Cristo al cielo. Matteo vide il risuscitato Gesù Cristo (I Cor. 15:3-6), ricevette da lui istruzioni finali e lo vide ascendere al cielo. Dopo di che lui e gli altri apostoli tornarono a Gerusalemme. Là gli apostoli stavano in una stanza superiore, e fra loro è menzionato anche Matteo. Perciò doveva essere uno dei circa 120 discepoli che ricevettero lo spirito santo il giorno di Pentecoste del 33 E.V. — Atti 1:4-15; 2:1-4.
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Matteo, la buona notizia secondoAusiliario per capire la Bibbia
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Matteo, la buona notizia secondo
Resoconto ispirato della vita di Gesù Cristo scritto, senza dubbio in Palestina, dall’ex esattore di tasse Matteo o Levi. È il primo libro delle Scritture Greche Cristiane e sin dall’antichità è stato considerato il primo Vangelo. Inizia con la nascita di Gesù e termina con l’incarico di ‘andare e fare discepoli delle persone di tutte le nazioni’ dato ai seguaci dopo la sua risurrezione. (Matt. 28:19, 20) Quindi va dalla nascita di Gesù nel 2 a.E.V. fino al suo incontro coi discepoli poco prima dell’ascensione nel 33 E.V.
QUANDO FU SCRITTO
Le sottoscritte che compaiono alla fine del Vangelo di Matteo in numerosi manoscritti (tutti posteriori al X secolo E.V.) dicono che fu scritto circa otto anni dopo l’ascensione di Cristo (ca. 41 E.V.) e questo non sarebbe in disaccordo col contenuto. Il fatto che non si faccia menzione dell’adempimento della profezia di Gesù circa
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