Abbiate cura del “gregge di Dio”
“Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge, fra il quale lo spirito santo vi ha costituiti sorveglianti, per pascere la congregazione di Dio, che egli ha acquistata col sangue del suo proprio Figlio”. — Atti 20:28.
1. Come mostrò Gesù Cristo il suo profondo interesse per quelli che paragonò a pecore?
NESSUNO sulla terra ha mai avuto più cura dei componenti della famiglia umana di quanta ne ebbe Gesù Cristo, il Grande Esempio. Egli chiamò quelli che ascoltavano la sua voce le sue “pecore”. E in qualità di Pastore Eccellente, egli cedette la sua anima o vita a loro favore. (Giov. 10:11, 27) Dopo essere stato risuscitato dai morti, Gesù fece chiaramente capire al suo apostolo Simon Pietro la necessità di prestare speciale attenzione a quelle “pecore”. Come glielo fece comprendere? In un modo che servì veramente di sprone a Pietro per tutto il resto della sua vita terrena.
2. (a) In base a Giovanni 21:15-17, come reagì Pietro alle domande del suo Signore? (b) Cosa mise in risalto Gesù e come?
2 Per tre volte Gesù rivolse a Pietro una domanda simile. Due volte chiese: ‘Simone, mi ami tu?’ Infine Gesù domandò: “Simone, figlio di Giovanni, hai tu affetto per me?” Dopo essersi sentito ripetere per la terza volta praticamente la stessa domanda, Pietro si addolorò e assicurò con vigore al suo Signore: “Tu sai ogni cosa; tu sei consapevole che ho affetto per te”. (Giov. 21:15-17) Sì, Gesù era pienamente consapevole dell’amore e dell’affetto che Pietro provava per lui. Ma il punto era che l’apostolo avrebbe dovuto dimostrarlo per un lungo periodo di tempo. Come? Avendo cura delle “pecore”. In ciascun caso, dopo che Pietro ebbe risposto affermativamente alla domanda, Gesù sottolineò il punto, dicendo: (1) “Pasci i miei agnelli”; (2) “Cura le mie pecore”; (3) “Pasci le mie pecore!” (Giov. 21:15-17, Versione a cura di Oscar Cocorda) In questo modo efficacissimo Gesù mise in risalto non solo il suo interesse personale per le “pecore”, ma anche l’onerosa responsabilità futura di Pietro di averne cura, proprio come il Signore aveva indicato in maniera così enfatica.
3. (a) In che modo Pietro dimostrò il suo amore per il “pastore eccellente”? (b) Cosa mostra che Pietro non era solo nell’aver cura del “gregge”?
3 Per Pietro si trattò di un’esperienza indimenticabile. Gesù aveva indubbiamente toccato il cuore dell’apostolo. Come dimostrazione del suo amore per il Pastore Eccellente, Gesù Cristo, Pietro non avrebbe mai trascurato di pascere le “pecore”. In modo amorevole e coscienzioso avrebbe fatto il possibile per aver cura del “gregge”. Una trentina d’anni dopo, Pietro scrisse “ai residenti temporanei [che erano] dispersi”, cioè a quelli che erano divenuti discepoli di Gesù Cristo. Come appartenenti al “gregge di Dio”, fu loro rammentata la liberazione che avevano ricevuto dalla loro infruttuosa forma di condotta precedente. Come era stata ottenuta tale liberazione? Non con mezzi ordinari come argento o oro, ma “con sangue prezioso, come quello di un agnello senza difetto e immacolato quello di Cristo”. (I Piet. 1:1, 18, 19) Pietro si rendeva conto che il prezzo pagato era stato altissimo. Era costato a Geova Dio il sacrificio del suo unigenito Figlio, inviato sulla terra per provvedere un riscatto per molti. (Matt. 20:28; Giov. 3:16) Quando Pietro scrisse la sua prima lettera, gli acquistati componenti del “gregge” erano ormai molte migliaia. C’erano quindi molte più “pecore” di quante Pietro potesse pascere da solo. Insieme a Pietro, però, erano stati addestrati altri uomini qualificati che mostravano di aver cura del “gregge”, pascendolo, guidandolo e proteggendolo. Anche loro comprendevano che il “gregge” apparteneva a Geova. Ai nostri giorni questo fatto è pienamente compreso dalle decine di migliaia di sottopastori spirituali ai quali è stata affidata la responsabilità di pascere il “gregge di Dio” e di averne cura.
4. Quali appropriati consigli pastorali diede Pietro scrivendo agli anziani della congregazione cristiana?
4 Quando fu ispirato a scrivere la sua prima lettera, Pietro poté senza dubbio ricordare ciò che Gesù aveva impresso nella sua mente e nel suo cuore in relazione al pascere le “pecore”. Lo si deduce dalle parole di esortazione che l’apostolo rivolge non solo a quei sottopastori del I secolo, ma anche agli anziani in senso spirituale dell’odierno popolo di Dio. Pietro scrisse: “Perciò, agli anziani fra voi do questa esortazione, poiché anch’io sono anziano come loro e testimone delle sofferenze del Cristo, e partecipe della gloria che si deve rivelare: Pascete il gregge di Dio affidato alla vostra cura, non per forza, ma volontariamente; né per amore di guadagno disonesto, ma premurosamente; né come signoreggiando su quelli che sono l’eredità di Dio, ma divenendo esempi del gregge. E quando sarà stato manifestato il capo pastore, riceverete l’inalterabile corona di gloria”. — I Piet. 5:1-4.
Amorevole cura per il “gregge di Dio”
5. (a) Per assolvere efficacemente la sua responsabilità verso il “gregge”, quale attitudine dovrebbe avere un sorvegliante cristiano? (b) Perché un sorvegliante può oggi vedere le cose come le vedeva Pietro?
5 Quale testimone oculare delle sofferenze del Cristo, Pietro si sentì spinto a ribadire l’importanza di aver cura del “gregge di Dio”. Come il Capo Pastore, Gesù Cristo, aveva mostrato tale premura, così avrebbero dovuto fare tutti i pastori del “gregge”. Ma certo un sorvegliante cristiano non avrebbe potuto farlo se si fosse sentito costretto a prestare servizio. Nessun anziano oggi dovrebbe pensare di essere costretto a prestare servizio o che vengano esercitate pressioni su di lui. Anche se l’assolvere questa responsabilità-privilegio comporta molto lavoro, il sottopastore amorevole manifesterà il desiderio di essere d’aiuto e di rendersi utile. Ma potrà manifestare questo spirito solo se avrà la stessa attitudine mentale che aveva Cristo Gesù, che si mostrò umile e disposto a sopportare le sofferenze. (Filip. 2:5-8; I Piet. 4:1) Se un anziano riconosce di essere parte del “gregge” sotto la cura del Grande Pastore, Geova Dio, e di dover rendere conto a Lui e al Pastore Eccellente, Gesù Cristo, e non a qualche uomo, allora presterà servizio con zelo e senza lamentarsi. (I Piet. 2:25) I sorveglianti d’oggi, pur non essendo stati testimoni oculari delle sofferenze di Gesù come lo era stato Pietro, hanno la possibilità di leggere nella Bibbia il racconto dettagliato della vita e del ministero di Cristo. Perciò possono vedere le cose nello stesso modo in cui le vedeva Pietro, e avere quindi il suo stesso spirito per quanto riguarda il pascere il “gregge”.
6. Cosa dovrebbero ricordare i sorveglianti nei loro rapporti col “gregge”?
6 Per essere di buon esempio, un sottopastore cristiano non dovrebbe cercare guadagno disonesto o egoistico, o indebita preminenza. L’eventuale ‘grandezza’ dipende dal mettersi a disposizione dei fratelli, dall’essere avvicinabili, dal servire i loro interessi spirituali. Sapendo che il “gregge” appartiene a Geova che l’ha acquistato col sangue di suo Figlio, gli anziani esemplari non ‘signoreggiano su quelli che sono l’eredità di Dio’. Piuttosto, trattano il “gregge” con tenerezza e lo proteggono, seguendo così il consiglio e il modello del Pastore Eccellente. — Matt. 20:25-27; Tito 1:7; si noti il contrasto con Ezechiele 34:2-4; Giuda 16.
7. In quali modi molti sorveglianti mostrano vera premura per il “gregge”?
7 Bisogna veramente riconoscere che oggi la stragrande maggioranza dei sorveglianti cristiani ha debita cura del “gregge” in molti modi. Col tempo e l’impegno che dedicano a pascere le “pecore”, prestando attenzione personale ai singoli e presiedendo alle adunanze di congregazione, sono un ottimo esempio per i conservi. (I Tim. 5:17) Si pensi inoltre all’ottima direttiva che i sottopastori coscienziosi danno nell’attività di campo, per cercare altre persone simili a pecore da aiutare a divenire discepoli. (Matt. 28:19, 20; II Tim. 4:5) Che dire poi della cura nel proteggere il “gregge” da elementi mondani e da altri che vorrebbero divorarlo? (Efes. 4:11-14; Col. 2:8; Giuda 22, 23) In questi e in molti altri modi i componenti del “gregge di Dio” traggono beneficio da coloro che si adoperano per pascerli avendo a cuore il loro benessere spirituale.
Utili lezioni per noi
8. Cosa tenne l’apostolo Paolo per provvedere incoraggiamento spirituale agli anziani di Efeso?
8 Leggendo i racconti biblici di ciò che i sorveglianti del I secolo facevano a favore del “gregge”, si rimane colpiti dall’ottimo esempio dell’apostolo Paolo. Anch’egli, come Pietro, diede incoraggiamento agli anziani. Mentre era in viaggio verso Gerusalemme, Paolo tenne un’adunanza con gli anziani di Efeso. Indubbiamente essi apprezzarono l’opportunità di trascorrere del tempo con Paolo, proprio come i sorveglianti odierni si riuniscono periodicamente per scambiarsi utili esperienze, edificarsi l’un l’altro nella fede e ricevere esortazioni scritturali.
9. In che modo il racconto di Atti 20:18-21 mostra che Paolo era un altruista uomo di Dio?
9 Possiamo imparare utili lezioni dalla conversazione di Paolo con i sorveglianti di Efeso. Il racconto di Atti 20:17-28 ci aiuta a capire meglio il tipo di esempio che l’apostolo aveva dato ai fratelli, inclusi gli anziani di Efeso. Paolo era forse un ministro poco disposto a prodigarsi, che si limitava a viaggiare nelle varie parti del distretto dell’Asia? Niente affatto. Era un altruista uomo di Dio, che ‘aveva fatto lo schiavo per il Signore con la più grande modestia di mente e lacrime e prove’, per tutto il tempo che era rimasto lì. (Atti 20:18, 19) Non si era trattenuto dall’ ‘insegnare pubblicamente e di casa in casa’, e questo nonostante i pericoli. Non aveva avuto timore di ciò che alcuni abitanti della zona potevano pensare di lui, né delle minacce degli oppositori. Paolo aveva dato completa testimonianza nel territorio. — Atti 20:20, 21; confronta Atti 19:1—20:1; II Corinti 1:8-11.
Cura pastorale in tempi di persecuzione
10. In che modo oggi molti sorveglianti imitano Paolo nei loro sforzi di aiutare il “gregge”, anche se questo può costare loro sofferenze?
10 Ora l’apostolo si dirigeva a Gerusalemme, per nulla intimorito dalla prospettiva di incontrarvi “legami e tribolazioni”. Era pronto, se necessario, a cedere la sua vita pur di finire fedelmente il suo corso e portare a termine il ministero ricevuto dal Signore Gesù. (Atti 20:22-24) Che ottimo esempio per i sorveglianti di Efeso! Paolo non si interessava solo di quelli che dovevano udire la “buona notizia”, ma anche di coloro che avevano la responsabilità di divulgare il messaggio. Non è la stessa specie di interesse che tutti gli anziani cristiani dovrebbero mostrare oggi? Felicemente abbiamo uomini che imitano Paolo nel senso che sono disposti a rischiare la loro stessa vita per amore della “buona notizia” e per proteggere i fratelli. Sì, in paesi dove i cristiani subiscono intensa persecuzione, molti fedeli sottopastori sono lealmente rimasti insieme al “gregge”, pur avendo la possibilità di recarsi in paesi dove avrebbero potuto evitare tali sofferenze. Un esempio: Di recente un anziano che ha già trascorso alcuni anni in prigione e che è stato crudelmente percosso si è recato negli Stati Uniti per un corso di addestramento per il personale delle filiali della Società (Watch Tower). Gli è stata offerta la possibilità di recarsi in un paese dove attualmente non vi è persecuzione. Ma egli ha preferito tornare nel paese in cui prestava servizio, pur essendo quasi certo di andare incontro a imprigionamento e a spietata persecuzione. Come moltissimi altri sottopastori cristiani, egli considera l’aver cura del “gregge” un privilegio più prezioso della sua stessa libertà personale. Tali sorveglianti meritano davvero parole di lode. È davvero eccellente che continuino ad aver cura delle ‘pecore in difficoltà’. — Confronta Isaia 32:1, 2.
11. (a) Secondo Atti 20:25-27, cosa poteva dirsi di Paolo rispetto alla colpa di sangue, e in che modo oggi i sorveglianti possono mantenere una posizione simile? (b) Comprensibilmente, quali sentimenti provano i sorveglianti per quelli che essi stessi hanno aiutato a divenire discepoli?
11 Paolo era andato “predicando il regno” proprio fra quelli che ora erano sorveglianti a Efeso. Essi stessi avevano udito il messaggio dalle sue proprie labbra. Di tutto cuore egli aveva dichiarato a loro e ad altri “tutto il consiglio di Dio”, non le sue proprie idee. La sua coscienza era quindi a posto. Non gli si sarebbe potuta attribuire alcuna colpa di sangue per non aver dato testimonianza. (Atti 20:25-27) Lo stesso dovrebbe potersi dire dei sorveglianti in questo tempo di prove, difficoltà e problemi per quanto riguarda il portare a termine l’opera di dare un’estesa testimonianza al Regno. Oggi i sorveglianti sanno che molto dipende dal loro esempio di zelo nel prendere la direttiva nell’opera. Per questo si sforzano di partecipare il più possibile all’opera di dichiarare la “buona notizia”. In questo modo anch’essi saranno esenti da qualsiasi colpa di sangue. Gli altri componenti della congregazione vedono che gli anziani prendono la direttiva nell’avvertire i malvagi e nel cercare le persone sincere. Di conseguenza i compagni di fede si sentono incoraggiati a seguire il loro ottimo esempio. Come nel caso di quelli aiutati da Paolo, oggi molti che fanno parte del “gregge” sono stati inizialmente contattati da sorveglianti impegnati nell’opera di testimonianza nel loro territorio. Ora che queste persone sono nella congregazione, i sorveglianti hanno ancora più cura di loro. — I Tess. 1:5, 6; 2:7, 8.
12. Come dobbiamo comprendere la dichiarazione di Paolo in Atti 20:28?
12 La premura di Paolo per quegli anziani di Efeso, come pure per il “gregge” loro affidato, è indicata dalle sue parole: “Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge, fra il quale lo spirito santo vi ha costituiti sorveglianti, per pascere la congregazione di Dio, che egli ha acquistata col sangue del suo proprio Figlio”. (Atti 20:28) Ciascuno di quegli uomini sentì senz’altro la necessità di esaminarsi in vista della seria responsabilità connessa col pascere il “gregge”. Inoltre, quei sorveglianti dovevano applicare il consiglio di Paolo a se stessi come corpo di anziani. Dovevano cooperare nell’aver cura del “gregge”. Per ottenere i migliori risultati, doveva esserci fra loro unità di pensiero e d’azione. Questa, di per sé, sarebbe stata una prova del loro profondo interesse per il “gregge”.
13. Cosa si può dire dell’applicazione odierna di Atti 20:28?
13 Com’è appropriato usare l’esortazione di Paolo a beneficio degli anziani cristiani d’oggi! Spesso le parole di Atti 20:28 sono alla base dei sani consigli dati agli anziani di congregazione dai sorveglianti viaggianti. Si noti che non è detto di prestare attenzione soltanto a se stessi. Piuttosto, l’intero corpo degli anziani di ciascuna congregazione ha la responsabilità di aver cura dei bisogni specifici del “gregge”. Questo vale anche se ogni anziano ha un particolare incarico che contribuisce allo scopo generale. I sorveglianti devono assolvere le loro responsabilità di pastori in modo coscienzioso e premuroso, riconoscendo che il “gregge” è prezioso agli occhi di Geova a motivo del prezzo pagato per acquistarlo. — Efes. 1:7.
In guardia contro gli apostati o “lupi”
14. (a) Quale avvertimento si trova in Atti 20:29, 30? (b) Perché era opportuno che Paolo mettesse in guardia i sorveglianti di Efeso?
14 Sapendo ciò che sarebbe accaduto dopo la sua morte e dopo quella degli altri apostoli, Paolo diede questo avvertimento: “So che dopo la mia partenza entreranno fra voi oppressivi lupi e non tratteranno il gregge con tenerezza, e che fra voi stessi sorgeranno uomini che diranno cose storte per trarsi dietro i discepoli”. (Atti 20:29, 30) In seguito l’apostolo Pietro avvertì che ci sarebbero stati opportunisti e promotori di sette, i quali avrebbero irretito gli ignari, i non istruiti e gli instabili. (II Piet. 2:1-3; 3:15, 16) Finché gli apostoli furono presenti, agirono da restrizione contro tali tendenze. Ma le Scritture predicevano chiaramente l’insorgere di una grande apostasia, cosa che effettivamente avvenne. Continua tuttora ed è la cristianità. — II Tess. 2:6-10.
15. (a) Perché gli odierni sottopastori del “gregge” devono stare in guardia? (b) Perché a volte è necessario che gli anziani mettano in atto le istruzioni riportate in Romani 16:17-19?
15 In questo “tempo della fine”, i cristiani testimoni di Geova vengono appropriatamente avvertiti di non divenire apostati allontanandosi dalla fede. (Dan. 12:4; Matt. 24:9-13) Quindi i fedeli sottopastori cristiani devono aver cura del “gregge” stando in guardia. Devono essere desti per proteggere i componenti del “gregge” dal cadere nel laccio delle cattive compagnie. (I Cor. 15:33) A causa delle costanti pressioni del mondo impuro, non è facile mantenere sane vedute e una mente spirituale. Ecco perché ciascun componente della congregazione dovrebbe dare ascolto all’esortazione: “Ricordate quelli che prendono la direttiva fra voi, i quali vi han dichiarato la parola di Dio, e mentre contemplate come va a finire la loro condotta imitate la loro fede”. (Ebr. 13:7) A volte gli anziani possono ritenere necessario dare consigli scritturali e mettere in guardia i compagni di fede contro le influenze di quelli che perseguono mire e piaceri egoistici anziché il benessere spirituale del “gregge” nel suo insieme. In quei casi si applicano le vigorose istruzioni di Paolo riportate in Romani 16:17-19, dove si legge: “Ora vi esorto, fratelli, di tenere d’occhio quelli che causano divisioni e occasioni d’inciampo contro l’insegnamento che avete imparato, ed evitateli. Poiché gli uomini di quella sorta sono schiavi non del nostro Signore Cristo, ma del loro proprio ventre; e con discorso blando e parlar complimentoso seducono i cuori dei semplici. Poiché la vostra ubbidienza è divenuta nota a tutti. Perciò mi rallegro di voi. Ma voglio che siate saggi in quanto a ciò che è bene, e innocenti in quanto a ciò che è male”.
Faticano a favore del “gregge”
16. (a) Cosa indica il fatto che Paolo doveva a volte ammonire con lacrime? (b) Nell’aver cura del “gregge”, cosa cercano diligentemente di fare i sorveglianti d’oggi?
16 Grazie ai suoi molti viaggi, Paolo conosceva benissimo l’andamento delle congregazioni del suo tempo. Sapeva che c’erano vari problemi e pericoli. È quindi comprensibile che esortasse gli anziani di Efeso a mantenersi spiritualmente desti. Per tre anni Paolo aveva dato prova del suo amore e della sua cura continuando ad ammonirli, perfino con lacrime. (Atti 20:31) Evidentemente tale opera pastorale comportava una certa tensione emotiva. A Paolo costava sacrifici prestare quella vigile e amorevole attenzione. Non sorprende quindi che oggi i sorveglianti si trovino a volte in situazioni simili, specialmente quando devono risolvere seri problemi. (Confronta II Corinti 2:4). In tali situazioni la loro principale preoccupazione è per il “gregge”. Faticano diligentemente per mantenerlo spiritualmente puro e sano, esente da lievito. — I Cor. 5:6; Gal. 5:7-10; Tito 2:1.
17. (a) Quale punto importante si dovrebbe imparare dalle parole di Paolo riportate in Atti 20:32? (b) Qual è l’esito quando si affidano le persone e i loro interessi a Geova?
17 Affidando i sorveglianti di Efeso “a Dio e alla parola della sua immeritata benignità”, Paolo era fiducioso che non avrebbero potuto trovarsi in mani migliori. (Atti 20:32) In modo analogo oggi, dopo aver fatto tutto il possibile nel dare consigli e aiuto o nel prendere eventuali misure disciplinari suggerite dalle Scritture, gli anziani possono lasciare le cose nelle mani di Dio. In situazioni in cui i nostri cari fratelli e sorelle di fede si trovano in seri problemi, è sempre confortante sapere che, affidando a Geova in preghiera sia loro che i loro interessi e lasciando che la sua Parola, il suo spirito e la sua organizzazione provvedano la guida necessaria, l’esito sarà secondo la sua volontà. In quelle circostanze, qualsiasi cosa accada sarà ciò che Dio permette. (Confronta I Pietro 2:23). Anche questa è una prova di amorevole cura per il “gregge”, perché rivolge l’attenzione a Colui che può fare il massimo bene in ogni circostanza.
18. (a) Qual era il punto di vista di Paolo circa le necessità materiali? (b) Imitando sotto questo aspetto l’esempio di Paolo, in che modo i sorveglianti mostrano di aver cura del “gregge”?
18 Con coscienza pura, Paolo poteva dar prova di non aver cercato di arricchirsi a spese dei fratelli. Aveva lavorato con le sue proprie mani e aveva quindi la soddisfazione di saper provvedere a se stesso. (Atti 20:33, 34) Certo, quando si era trovato in stato di bisogno, aveva accettato qualcosa dai cristiani di Filippi. Non aveva cercato quei doni, ma, piuttosto, aveva cercato il frutto associato a tale generosità. (Filip. 4:14-17) Come Paolo fu operoso e non prestò servizio per guadagno disonesto, così i sorveglianti odierni possono dare un ottimo esempio mostrando di non essere pigri e di non voler scansare i compiti onerosi. La loro premura per il “gregge” fa sì che non divengano un peso per la congregazione. — II Tess. 3:6-10.
19. Quale effetto ha sui sorveglianti e sulla congregazione nell’insieme un comportamento conforme al principio di Atti 20:35?
19 Conoscendo la vita e il servizio di Paolo, quei sorveglianti efesini avevano un esempio da seguire mentre si sforzavano di assistere i deboli e di prodigarsi per edificare la congregazione. Agendo in armonia con il principio secondo cui “vi è più felicità nel dare che nel ricevere”, gli attuali sorveglianti cristiani danno un ottimo esempio agli altri. (Atti 20:35) Sì, non solo danno molto, ma lo fanno con tutto il cuore. Continuando a farlo, contribuiscono alla felicità di tutti i membri delle congregazioni dei testimoni di Geova.
“Ansietà per tutte le congregazioni”
20. Fino a che punto Pietro e Paolo mostrarono di interessarsi del “gregge”?
20 È ovvio che l’eccellente esempio dato da fedeli apostoli come Pietro e Paolo è realmente notevole. Si prodigarono per i loro fratelli cristiani e mostrarono profondo interesse non solo per una congregazione, ma per l’intera associazione dei fratelli. (I Piet. 2:17) Nonostante molti inconvenienti, problemi e prove, gli apostoli misero al primo posto il benessere spirituale del “gregge”.
21. (a) In base a II Corinti 11:23-28, quali erano alcune di quelle “cose di fuori” menzionate da Paolo? (b) Come mostrò Paolo il suo profondo interesse per gli altri?
21 Scrivendo ai conservi credenti di Corinto, Paolo fece riferimento a percosse, imprigionamenti, circostanze difficili e pericoli vari che aveva incontrato servendo come ministro. A ciò l’apostolo aggiunse: “Oltre a queste cose di fuori, vi è ciò che mi assale di giorno in giorno, l’ansietà per tutte le congregazioni”. (II Cor. 11:23-28) Possiamo solo immaginare le pressioni a cui era sottoposto Paolo e la sua preoccupazione per “tutte le congregazioni”, poiché era in contatto con molti cristiani. (II Tim. 4:9-13) Percorse lunghe distanze nei suoi viaggi missionari e tornò più volte a visitare le congregazioni. (Atti 15:36) Le sue attività a favore degli altri comportavano veramente uno sforzo notevole. Pronunciava discorsi per lunghi periodi di tempo e dava regolarmente testimonianza nelle sinagoghe, nei luoghi pubblici e di casa in casa. (Atti 17:2; 19:9, 10; 20:20) Per provvedere alle sue necessità materiali e per non essere di peso alla congregazione, Paolo doveva svolgere un lavoro secolare. (Atti 18:1-3; II Tess. 3:8, 9) Ovviamente l’apostolo dedicava anche considerevole tempo allo studio della Parola di Dio, e la conoscenza così acquisita gli tornò senz’altro utile quando fu ispirato da Dio a scrivere quattordici dei ventisette libri che compongono le Scritture Greche Cristiane. Sì, Paolo fu un uomo occupatissimo, ma perseverò, mostrando sempre profondo interesse per il “gregge”.
22, 23. (a) Nel nostro tempo, quali sono alcuni modi in cui si provvede al “gregge di Dio”? (b) Tutti questi provvedimenti sono una prova di che cosa, e che effetto dovrebbero avere su di noi?
22 Oggi viene svolto un grande lavoro a beneficio del “gregge di Dio”. Essendoci oltre 43.000 congregazioni del popolo di Geova, pensate quale attenzione si deve prestare ai loro bisogni! Lo “schiavo fedele e discreto” provvede regolarmente cibo spirituale. (Matt. 24:45-47) Si preparano regolarmente programmi per le adunanze di congregazione e per le assemblee di circoscrizione e di distretto, al fine di consentire ai cristiani di riunirsi per studiare, adorare e stare insieme in modo spiritualmente edificante. (Ebr. 10:23-25) Sorveglianti viaggianti vengono inviati a visitare tutte le congregazioni per aver cura delle necessità di ciascuna di esse. (Confronta Atti 16:4, 5). Alle congregazioni e ai corpi degli anziani vengono inviate comunicazioni contenenti consigli e incoraggiamento. (Confronta Filippesi 1:1; I Pietro 5:12; Giuda 3). Altre disposizioni, troppo numerose per poterle elencare, vengono prese per il beneficio spirituale e anche materiale del “gregge di Dio”.
23 Questa attività richiede un’enorme quantità di tempo, sforzi e denaro. Ma è una prova di che cosa? Del fatto che Geova ha cura del suo popolo. Tramite suo Figlio, il Pastore Eccellente, Dio dimostra le qualità di un meraviglioso Pastore. (Isa. 40:10, 11) Decine di migliaia di sottopastori sono stati costituiti dallo spirito santo e prendono parte all’opera di pascere il “gregge di Dio”. Tutto questo è una prova di amorevole interesse per il “gregge” nell’insieme e per ogni suo componente. Possa ciascuno di noi manifestare sincero apprezzamento per l’amore mostratoci dal Grande Pastore, Geova Dio, e da suo Figlio, Gesù Cristo, con la tenera cura che hanno di noi.
[Immagine a pagina 14]
“Pasci le mie pecore!”