Domande dai lettori
● Che cos’è il “terzo cielo” e il “paradiso” a cui si riferisce II Corinti 12:2, 4? — R. B., U.S.A.
In II Corinti 12:2-4 l’apostolo Paolo descrive uno che fu “rapito . . . al terzo cielo” e “in paradiso”. Giacché nelle Scritture non c’è nessuna menzione di alcun’altra persona che avesse una simile esperienza, sembra probabile che questa fosse l’esperienza stessa dell’apostolo Paolo. Mentre alcuni hanno cercato di mettere in relazione il riferimento di Paolo al “terzo cielo” con l’antica veduta rabbinica che ci fossero stadi nel cielo, perfino un totale di “sette cieli”, questa veduta non è sostenuta dalle Scritture.
Esaminando il contesto, è evidente che l’apostolo non si riferisce ai cieli della distesa atmosferica terrestre o allo spazio extraterrestre. L’apostolo scrisse: “Passerò alle visioni soprannaturali e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo unito a Cristo che, quattordici anni fa — se nel corpo non lo so, o fuori del corpo non lo so; Dio lo sa — fu rapito come tale al terzo cielo. . . . fu rapito in paradiso e udì parole inesprimibili che all’uomo non è lecito dire”. — 2 Cor. 12:1-4.
Pare perciò che il riferimento al “terzo cielo” sia in relazione coi cieli spirituali e indichi il grado superlativo di estasi in cui fu vista questa visione. A questo riguardo, si può notare il modo in cui sono ripetute tre volte le parole e le espressioni in Isaia 6:3, Ezechiele 21:27, Giovanni 21:15-17 e Rivelazione 4:8, evidentemente allo scopo di esprimere la qualità o l’idea in modo intensificato.
Rapito al “terzo cielo”, colui che vide la visione entrò in “paradiso” e udì parole inesprimibili. La chiave per capire la descrizione fatta da Paolo della visione si trova nelle profezie delle Scritture Ebraiche che si riferiscono alla restaurazione dell’antico popolo di Dio. In tutti i numerosi libri profetici della Bibbia si trovano le promesse divine riguardo alla restaurazione d’Israele dai paesi del suo esilio al suo desolato paese d’origine. Dio avrebbe fatto coltivare quel paese abbandonato e vi avrebbe fatto seminare, perché producesse riccamente e vi abbondassero l’uomo e l’animale; le città sarebbero state riedificate e la gente avrebbe detto: “Quel paese laggiù che era desolato è divenuto simile al giardino d’Eden”. — Ezec. 36:6-11, 29, 30, 33-35; si paragoni Isaia 51:3; Geremia 31:10-12; Ezechiele 34:25-27.
Comunque, queste profezie mostrano pure che le condizioni paradisiache sarebbero esistite per il popolo stesso. Mediante la fedeltà a Dio, avrebbe potuto ora “germogliare” e fiorire come “alberi di giustizia”, avendo bella prosperità spirituale come un “giardino ben innaffiato”, ricoperto dalle generose benedizioni di Dio dovute all’avere il suo favore. (Isa. 58:11; 61:3, 11; Ger. 31:12; 32:41) Il popolo d’Israele era stato la vigna di Dio, la sua piantagione, ma la loro malizia e la loro apostasia dalla vera adorazione aveva causato un figurativo ‘appassimento’ del loro campo spirituale, anche prima che avvenisse la letterale desolazione del loro paese. — Si paragoni Esodo 15:17; Isaia 5:1-8; Geremia 2:21.
Pertanto il paradiso visto in visione dall’apostolo Paolo poteva riferirsi alla condizione spirituale del popolo di Dio, come nel caso dell’Israele carnale. Questo si può capire dal fatto che anche la congregazione cristiana era “il coltivato campo” di Dio, la sua vigna spirituale, che aveva radice in Gesù Cristo e produceva frutto alla lode di Dio. (1 Cor. 3:9; Giov. 15:1-8) Come tale aveva sostituito la nazione d’Israele nel favore di Dio. — Si paragoni Matteo 21:33-43.
La visione di Paolo, ciò nondimeno, doveva logicamente applicarsi a un tempo futuro. Doveva avvenire l’apostasia nella congregazione cristiana, essa era già all’opera nel giorno di Paolo, e avrebbe causato una condizione simile a quella di un campo in cui fossero seminate zizzanie. (Matt. 13:24-30, 36-43; Atti 20:29; 2 Tess. 2:3, 7; si paragoni Ebrei 6:7, 8). La visione del paradiso vista da Paolo non avrebbe dunque ragionevolmente avuto applicazione mentre perdurava tale condizione. Piuttosto, si sarebbe evidentemente riferita al tempo della “mietitura” quando i veri cristiani sarebbero stati radunati dai mietitori angelici e avrebbero ricevuto ricche benedizioni e prosperità spirituale da Dio.
Gli unti seguaci delle orme di Gesù Cristo viventi oggi hanno davvero un paradiso spirituale, come si può vedere dalla prosperità spirituale ora manifesta fra loro. Infatti, la prosperità spirituale che si gode oggi sotto l’istituito regno di Dio è più gloriosa di quella che si ebbe ai giorni degli apostoli, nel periodo iniziale del cristianesimo. Alla prosperità spirituale odierna partecipa la “grande folla” di “altre pecore” che attende di vivere in un paradiso letterale qui sulla terra nel prossimo futuro. — Riv. 21:1-4.