Come la risurrezione reca beneficio a tutti i morti nell’inferno
“Oh, se tu mi nascondessi nello Sceòl, mi tenessi al riparo fino al placarsi del tuo sdegno”. — Giob. 14:13, La Bibbia concordata.
1, 2. (a) La notevole asserzione de La Torre di Guardia sull’“inferno” quali domande suscita? (b) Quali domande possono essere indotti a fare riguardo a se stessi coloro che potrebbero vivere a quel tempo?
UNA VOLTA l’“inferno” non c’era. E verrà di nuovo il tempo in cui l’“inferno” non ci sarà. A tale notevole asserzione si potrebbe chiedere: Come avverrà questo? Chi lo farà avvenire? Vivremo fino a quando ciò avverrà?
2 Quando diciamo che vivremo fino a quando non ci sarà più l’“inferno”, siamo indotti a chiedere: Recherà questo beneficio a noi che allora vivremo sulla terra? Potrebbe la scomparsa dell’“inferno” liberare su questa terra un nuvolo di persone del peggiore tipo da rendere le nostre condizioni morali e sociali ancor più cattive di quanto non siano oggi? Tale pensiero è sorprendente, spaventevole. Quale bene potrebbe venirne per chiunque, per Dio o per l’uomo, specialmente per noi che siamo già tormentati da difficoltà e malfattori? Queste sembrano domande difficili. A tutte queste domande ci sono comunque risposte degne di fede. Senza dubbio tutti s’interesseranno di udirle. Quindi capiremo ciò che sta realmente per avvenire.
3. Come Tyndale, Lutero e Gerolamo traducono l’originale parola greca in Matteo 11:23, e come Dante raffigurò il luogo?
3 L’“inferno” ha sempre avuto un significato religioso. Quindi il più antico Libro religioso, la Bibbia, dovrebbe dare le giuste risposte. Ed essa fa proprio questo. La parola italiana “inferno” è stata usata nella lingua per secoli. Per esempio, quando il perseguitato traduttore della Bibbia, William Tyndale, fece la sua traduzione della parte greca della Bibbia originale, disse, in Matteo 11:23, secondo la sua versione dell’anno 1525: “E tu, Capernaum, che sei innalzata al cielo, sarai abbassata nell’inferno [hell]”. Quando nel 1522 il dott. Martin Lutero tradusse quelle Scritture Greche Cristiane in tedesco, usò la parola di suono simile “Hoelle”. Ma quando il santo cattolico romano Gerolamo tradusse le stesse scritture dal greco comune in latino, nel 383 E.V., usò la parola “infernus”. Il poeta italiano del quattordicesimo secolo, Dante Alighieri, scrisse poi il suo famoso poema intitolato Divina Commedia e ne chiamò la prima parte “Inferno”. Egli raffigurò l’“Inferno” come una profonda voragine con cerchi gradatamente più piccoli in cui le condannate anime umane soffrivano dopo la morte del corpo. È giusto ciò che Dante disse?
4. L’immagine creata dal clero della cristianità sull’“inferno” dipende da quale dottrina che essi insegnano?
4 Gli ecclesiastici religiosi della cristianità hanno creato un’immagine di ciò che ritengono sia l’“inferno” nella mente dei frequentatori delle loro chiese. È un’immagine terribile. L’idea dell’“inferno” che per lungo tempo hanno insegnata dipende dalla loro dottrina dell’anima umana. Essi immaginano che l’anima umana sia qualche cosa di separato e distinto dal corpo umano. E che, mentre il corpo umano è mortale e corruttibile, l’anima umana sia immortale e incorruttibile, essendo spirituale e pertanto invisibile, qualche cosa che non possiamo sentire con il nostro senso del tatto.
5. Dove va l’anima alla morte, secondo il clero, e com’è messo l’“inferno” in contrasto con il cielo?
5 Così, come dice il clero, quando il corpo umano muore, l’anima umana non muore ma sopravvive, benché non la possiamo vedere con i nostri occhi naturali. Poiché deve ora lasciare il corpo in cui ha dimorato, deve andare in qualche luogo dell’invisibile mondo spirituale. Ma dove? In parole semplici, le anime buone vanno in cielo, ma le anime cattive vanno all’inferno. Il cielo è posto così come all’opposto dell’inferno, e come il cielo è un luogo di felicità e benedizioni eterne, così l’inferno dev’essere il luogo della sofferenza e del tormento eterni. Gli ecclesiastici pongono nell’inferno fuoco e zolfo.
6. Insegna la Bibbia che ci sia un “inferno”, e qual è il modo per determinare che cos’è tale luogo?
6 Per molti secoli gli ecclesiastici della cristianità hanno insegnato una tale idea dell’“inferno”. Siccome asseriscono che il loro insegnamento sia ciò che la Sacra Bibbia dice dell’“inferno”, siamo costretti a rivolgerci direttamente alla Bibbia stessa per trovare ciò che dice su questo soggetto. Oh, sì la parola “inferno” ricorre in effetti in varie traduzioni della Bibbia decine e decine di volte, e secondo quelle traduzioni la Bibbia insegna in effetti che c’è un “inferno”. Ma il punto è: Gli scrittori della Bibbia che cosa dissero e mostrarono che sia questo “inferno”? Dobbiamo attenerci a ciò che essi mostrano che sia, e non a ciò che altri dicono che quegli scrittori della Bibbia affermassero. Possiamo ingannarci torcendo le affermazioni di quegli scrittori della Bibbia.
DA QUANTO TEMPO ESISTEVA L’“INFERNO”
7. Almeno sin da quando sappiamo che esisteva l’“inferno”, e quale fu la parola della lingua antica usata per la prima volta in riferimento ad esso?
7 Sappiamo che questo “inferno” esisteva almeno sin dall’anno 1750 avanti la nostra Èra Volgare, il che significa più di 3.720 anni fa. Quello fu l’anno in cui gli invidiosi fratellastri di Giuseppe figlio di Giacobbe vendettero Giuseppe perché divenisse schiavo in Egitto. In seguito quei fratellastri mentirono al loro padre Giacobbe su ciò che era accaduto al suo diletto figlio Giuseppe. Gli diedero l’impressione che Giuseppe fosse stato ucciso da una bestia selvaggia. Nel cordoglio, che cosa disse il patriarca Giacobbe? Dove disse che fosse ora il suo figlio Giuseppe? Giacobbe era ebreo, e la traduzione (inglese) cattolica romana della Bibbia di Gerusalemme mostra la parola ebraica che Giacobbe usò, in Genesi 37:35. Vi leggiamo: “Tutti i suoi figli e le sue figlie vennero a confortarlo, ma egli si rifiutò d’esser confortato. ‘No’, disse, ‘scenderò facendo cordoglio nello Sceol, accanto a mio figlio’”. Anni dopo, quando i fratellastri di Giuseppe chiesero il permesso di portare Beniamino fratello carnale di Giuseppe in Egitto, Giacobbe usò di nuovo la parola ebraica e disse: “Se gli venisse qualche danno nel viaggio che state per intraprendere, mi fareste scendere con la mia testa bianca china nel cordoglio fino allo Sceol”. — Gen. 42:38; si veda anche 44:29, 31.
8. (a) Quale parola usò Gerolamo nella sua traduzione latina delle parole di Giacobbe? (b) Quale parola usò la versione inglese della Bibbia di Douay, e quindi dove credette Giacobbe che fosse suo figlio Giuseppe?
8 I cattolici romani non dovrebbero trascurare il fatto che la traduzione latina del loro san Gerolamo delle parole di Giacobbe non usa qui la parola ebraica Sceol. Essa usa la parola latina “infernus” e la sua parola relativa “inferi”. Ma la traduzione cattolica romana di Douay usa in inglese la parola per “inferno” in tutt’e quattro i luoghi. Ciò significa, dunque, che il patriarca ebreo Giacobbe credette che il suo caro figlio Giuseppe fosse nello Sceol, nell’infernus, nell’“inferno”. Inoltre, Giacobbe si aspettava di andarvi per unirsi a suo figlio.
9. Perché, in vista di Malachia 1:2, 3, ci è difficile credere che Giacobbe si aspettasse di andare in un luogo come quello da lungo tempo insegnato dal clero?
9 Non vi fa meravigliare questo? Si aspettava in realtà Giacobbe di andare in un inferno come quello che gli ecclesiastici della cristianità han descritto ai frequentatori di chiesa per secoli? Si aspettava Giacobbe di andare in un luogo di tormento infuocato per la sua anima, da cui non potesse mai venir fuori; e credette egli che il suo prezioso figlio Giuseppe fosse in un tal luogo? Sono dunque Giacobbe e suo figlio in un tale luogo di tormento infuocato oggi, dopo più di 3.600 anni dalla loro morte? Dovrebbe esserci difficile crederlo in quanto nel medesimo ultimo libro delle ispirate Scritture Ebraiche il Signore Dio dice per mezzo del suo profeta Malachia: “Io amai Giacobbe, e ho odiato [il suo fratello gemello] Esaù”. — Mal. 1:2, 3.
10. Quando andò Giacobbe all’“inferno”, e a chi vi si unì?
10 In ogni modo, quando il patriarca Giacobbe quale uomo amato da Dio andò nello Sceol, all’infernus, all’“inferno”? Questo avvenne dopo la sua morte nell’anno 1711 a.E.V., e Giuseppe e i suoi fratelli ancora viventi ne presero il corpo imbalsamato e lo seppellirono nella caverna di Macpela. Questa è nella città di Ebron, che oggi si trova nel paese d’Israele. In quella stessa caverna erano sepolti il padre di Giacobbe, Isacco, e il nonno Abraamo. Così Giacobbe si unì ad Abraamo e a Isacco nello Sceol, nell’infernus, all’“inferno”. — Genesi da 49:33 fino a 50:13.
11. (a) Come Martin Lutero e la Versione Autorizzata del re Giacomo ci aiutano a capire che cos’è questo “inferno”? (b) Come i traduttori ebrei tradussero la propria parola ebraica Sceol, e quanto è ampio il significato di questa parola?
11 Non c’è nessuna ragione biblica per credere che tutt’e tre quei patriarchi ebrei stiano oggi a soffrire in un “inferno” di eterno tormento infuocato. Siamo aiutati a uscire da questa difficoltà di intendimento da altri traduttori della Bibbia. Per esempio, l’ex sacerdote cattolico romano, Martin Lutero, traduce la parola Sceol come “la fossa” (die Grube). E poi nel secolo dopo Lutero, la Bibbia inglese che fu autorizzata dal re Giacomo I d’Inghilterra, nel 1611 E.V., tradusse Sceol come “la tomba”. Gli Ebrei, gli stessi Giudei, dovrebbero sapere ciò che la loro parola Sceol significa; e così la traduzione inglese della Bibbia della Società Editrice Ebraica d’America traduce la parola come “la tomba”. (1917 E.V.) E questo fa anche la traduzione inglese del rabbino ebreo, Isaac Leeser. (1853 E.V.) Notate, comunque, che Sceol non significa “una tomba”. Significa “la tomba”, cioè la comune tomba di tutto il morto genere umano. Una volta compreso questo fatto circa l’“inferno” com’è insegnato nella Sacra Bibbia, siamo aiutati a capire la situazione del morto genere umano.
12. Quante volte ricorre “Sceol” nelle Scritture Ebraiche, e quali uomini usarono la parola in esse contenuta?
12 Quindi, a cominciare dall’uso che Giacobbe fa della parola ebraica, “Sceol” ricorre sessantacinque (65) volte in tutti i trentanove (39) libri delle ispirate Scritture Ebraiche. La parola fu usata dal profeta Mosè, da Giobbe, Samuele, Davide, Salomone, Isaia, Geremia (nei Re), Ezechiele, Osea, Amos, Giona e Abacuc.
13. Quali termini italiani mostra la Bibbia tradotta da mons. Antonio Martini che sono di significato equivalente, e secondo Ecclesiaste 9:5, 10 che cosa non ha nessuna relazione con l’“inferno”?
13 I traduttori della Bibbia non sono stati uniformi nel rendere tale parola Sceol nella loro lingua. Per esempio, la Bibbia italiana tradotta da mons. Antonio Martini arcivescovo di Firenze traduce Sceol quarantanove volte “inferno”, tredici volte “sepolcro”, una volta “abisso dell’inferno”, una volta “morte” e una volta “pesce”. Qualsiasi persona ragionevole dovrà dunque ammettere che nelle ispirate Scritture Ebraiche le parole “inferno”, “sepolcro”, “abisso dell’inferno”, “morte” e “pesce” significano la stessa cosa. E non ha nessuna relazione con il fuoco, lo zolfo e il tormento eterno. Se ci rivolgiamo alla versione italiana della Bibbia di mons. Antonio Martini, in Ecclesiaste 9:5, 10 leggiamo: “Quelli che vivono sanno d’avere a morire; i morti poi non sanno più nulla, . . . Tutto quello che può operar la tua mano, fallo con sollecitudine; perocché né azione, né pensiero, né sapienza, né scienza ha luogo nel sepolcro [latino, inferi], verso del quale tu corri”.
14. (a) Perché Giobbe poté dire ciò che disse dell’“inferno” in Giobbe 14:13? (b) Come mostrarono Giona e Davide di comprendere anch’essi tale fatto?
14 Non c’è da meravigliarsi, dunque, se il patriarca Giobbe, nelle sue terribili sofferenze, poté dire: “Chi mi darà che tu nell’inferno [latino, infernus] mi cuopra, e ascoso mi serbi, fino a tanto che passi il tuo furore, e che tu mi prescriva un tempo, in cui ti ricordi di me?” (Giob. 14:13, Versione di Martini) Il patriarca Giobbe sapeva che Dio ricorda quelli che sono nello Sceol, all’“inferno”, nell’infernus. Giobbe credeva che Dio si sarebbe ricordato di lui per il bene a causa della sua fedele integrità verso il vero Dio. Il profeta Giona pure comprese questo fatto, poiché, quando fu dentro il grosso pesce nel mare Mediterraneo disse: “Gridai nella mia afflizione al Signore ed egli mi udì: Gridai dal ventre dell’inferno [latino, inferi] e tu hai udito la mia voce”. (Giona 2:3, Douay Version) E c’è poi il salmista Davide, che scrisse: “Perocché tu non abbandonerai l’anima mia nell’inferno [latino, infernus] né permetterai che il tuo santo vegga la corruzione”. — Sal. 15:10, Martini.
QUANDO L’“INFERNO” NON ESISTEVA
15. Quando fu che non esisteva l’“inferno”?
15 Questo è ora il momento buono per chiederci, secondo la nostra corretta comprensione della Bibbia, quando fu che l’“inferno”, infernus o Sceol, non esisteva? Fu quando il primo uomo e la prima donna, Adamo ed Eva, erano nel paradisiaco giardino di Eden, quasi seimila anni fa. Di quel felice tempo leggiamo: “Or, il Signore avea piantato da principio un paradiso di delizie; dove collocò l’uomo che aveva formato”. In seguito Dio vi mise la prima donna, accanto ad Adamo. — Gen. 2:8-23; 1:26-28, Martini.
16. Perché allora l’“inferno” non aveva cominciato a esistere?
16 L’“inferno” o Sceol non esisteva ancora sulla terra. Non era stato scavato nessun cimitero né da Dio né dall’uomo. La comune tomba o sepolcro dell’uomo come esiste oggi non aveva ancora avuto inizio. Non c’era allora nessun bisogno di una tal cosa, poiché il Signore Dio non aveva creato il genere umano per farlo andare infine all’“inferno” (Sceol) o in cielo. Egli amorevolmente desiderava che il genere umano vivesse per sempre sulla terra in condizioni paradisiache. Per questo disse ad Adamo, prima ancora che fosse creata sua moglie Eva: “Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare poiché qualora tu ne mangerai, di certo morrai”. — Gen. 2:17, Versione di Fulvio Nardoni.
17. (a) Che cosa dovremmo notare che Dio disse o non disse quando avvertì Adamo contro la disubbidienza? (b) Come le parole che Dio disse condannando a morte Adamo sono d’accordo con il racconto della creazione, e che cosa non poté accadere quando Adamo morì?
17 A meno che non passiamo sopra questo importante punto, il Signore Dio, notiamo bene, non disse ad Adamo che, in qualsiasi giorno avesse mangiato del frutto proibito, sarebbe andato in un “inferno” a soffrire coscientemente per sempre tormenti infuocati. Egli avvertì Adamo che di certo sarebbe morto per la disubbidienza. Anche dopo che Adamo aveva seguito l’esempio di sua moglie mangiando il frutto proibito, Dio disse ad Adamo nella condanna di morte: “Col sudor di tua fronte mangerai il pane, finché ritornerai a la terra, perché da essa sei stato tolto; poiché tu sei polvere e in polvere ritornerai!” (Gen. 3:19, Nardoni) Questo era in armonia con la descrizione della creazione dell’uomo, che dice: “E il Signore Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra ed alitò nelle sue narici un soffio vitale e l’uomo divenne anima vivente”. (Gen. 2:7, Nardoni) L’uomo divenne una vivente anima umana alla creazione. Alla morte avrebbe dunque cessato d’essere un’anima umana, e non ci fu perciò nessun’anima che sopravvivesse o potesse essere coscientemente tormentata in fuoco e zolfo per sempre.
18. Secondo il racconto di Genesi, con la morte e la sepoltura di chi cominciò l’“inferno”?
18 Vivendo una vita di condanna fuori del paradiso di delizie per circa novecentotrent’anni, Adamo visse più di ottocento anni dopo la morte del suo secondo figlio Abele. Il giusto Abele timorato di Dio fu assassinato dal suo geloso fratello maggiore Caino. Giacché non è riferito che morisse nessun figlio di Adamo ed Eva prima di ciò, l’“inferno” (infernus, Sceol) venne all’esistenza con la morte e sepoltura di Abele. Il Signore Dio disse all’assassino Caino: “Che cosa hai fatto? Ascolta! Il sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. E ora sei maledetto, al bando dalla terra, che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano”. — Gen. 4:1-11; 5:1-5.
19. Che cosa dicono le Scritture di Abele per indicare che andò nello Sceol, per esservi ricordato?
19 Abele fu un uomo di fede in Dio. In Ebrei 11:4 leggiamo: “Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio di maggior valore di quello di Caino, mediante la cui fede gli fu resa testimonianza ch’era giusto, rendendo Dio testimonianza riguardo ai suoi doni; e per mezzo d’essa egli, benché morto, parla ancora”. (Si veda anche I Giovanni 3:12). Gesù Cristo pure parlò di Abele, dicendo che fu giusto. (Matt. 23:35) Per questa ragione il Signore Dio si ricorda del morto Abele, e per questa ragione quando Abele morì e fu sepolto, andò nello Sceol, “inferno” o infernus. Egli giace ancora nella comune tomba del morto genere umano. La sua morte fu dissimile da quella dei condannati peccatori, Adamo ed Eva. Possiamo esser certi che Dio si ricorderà di Abele esattamente come si ricorderà del patriarca Giobbe nel tempo divinamente fissato. — Giob. 14:13.
“INFERNO” NELLE SCRITTURE GRECHE CRISTIANE
20. Quale domanda suscita riguardo all’“inferno” la parabola di Gesù sul ricco e Lazzaro, e, secondo The Jerusalem Bible, quale parola usò lì il racconto di Luca?
20 Poiché abbiamo appena menzionato Gesù Cristo, è opportuno chiedere: Non insegnò Gesù Cristo stesso che c’è fuoco letterale nell’“inferno”? Guardate ciò che disse nella sua parabola del ricco e del mendico Lazzaro. Gesù disse: “Morì anche il ricco, e fu sepolto nell’inferno [latino, infernus]. E alzando gli occhi suoi, essendo ne’ tormenti, vide da lungi Abramo, e Lazzaro nel suo seno: E sclamò, e disse: . . . io son tormentato in questa fiamma”. (Luca 16:22-24, Martini) Questa parabola fu narrata dal cristiano discepolo Luca nella lingua greca, per cui egli non usò la parola ebraica Sceol. La traduzione cattolica romana della Bibbia di Gerusalemme mostra la parola greca usata da Luca, poiché dice: “Il ricco pure morì e fu sepolto. Nel suo tormento nell’Ades alzò gli occhi”. Ah, sì, la parola greca qui usata è Ades. E c’è fuoco nell’Ades per tormentare i morti, come The Jerusalem Bible vorrebbe far apparire?
21. Perché la parola greca Ades ha qui lo stesso significato di Sceol, e non l’idea omerica dell’Ades?
21 Prima di rispondere a questa domanda, chiediamo: Perché la parola greca Ades che qui è tradotta inferno (infernus) ha lo stesso significato della parola ebraica Sceol? Perché non ha l’idea dell’Ades che si insegna nella pagana mitologia greca? Perché, dopo il tempo del poeta greco Omero (o prima del 700 a.E.V.) il nome proprio Ades acquistò il significato non solo di “luogo degli spiriti dei dipartiti” ma anche di “tomba” e di “morte”. (Si veda il Greek-English Lexicon, di Liddell e Scott, prima edito nel 1843, Volume I, pagina 21, colonna 2, sotto Ades, sezione II).
22. Così quando la versione greca dai Settanta mette Ades in bocca a Giacobbe e Ades in bocca a Gesù, che cosa significa e che cosa non significa?
22 Quando certi Giudei alessandrini, che parlavano greco in Egitto, cominciarono perciò a tradurre le ispirate Scritture Ebraiche nel greco comune, verso il 280 a.E.V., e diedero inizio a quella che ora si chiama la versione greca dei Settanta, usarono la parola Ades per tradurre la parola ebraica Sceol. Traducendo quindi le parole del patriarca Giacobbe in Genesi 37:34; 42:38; 44:29, 31, misero in bocca a Giacobbe la parola Ades, per significare “la tomba”, e non la falsa idea dell’Ades di Omero. Allorché si mette in bocca a Gesù Cristo la parola Ades, non significa pertanto un luogo d’infuocato tormento eterno.
“GEENNA”
23, 24. (a) A quale parola Gesù associò il fuoco, e a che cosa si applicava letteralmente, ma quale significato simbolico aveva? (b) Come, secondo Matteo 5:22, 29, 30, Gesù avvertì contro la Geenna?
23 Il luogo a cui Gesù Cristo associò il fuoco non fu l’Ades, ma la Geenna. Il nome in realtà significa “Valle di Innom”. Questo, nel suo significato letterale, significa la valle di Innom a sud e a sud-ovest di Gerusalemme. Nel giorno di Gesù essa era usata come luogo di scarico o deposito dei rifiuti della città, e fuoco misto a zolfo vi era usato per eliminare i rifiuti, perfino i corpi morti dei criminali che erano considerati troppo vili per essere seppelliti nell’Ades, la comune tomba del genere umano. In senso simbolico, il modo in cui l’usò Gesù, la Geenna fu un simbolo di totale distruzione eterna, la recisione dall’esistenza per sempre. L’annientamento! Il nome Geenna ricorre solo dodici volte nelle ispirate Scritture Greche Cristiane. Si riferisce che Gesù usasse la prima volta la parola in Matteo 5:22, 29, 30. Qui leggiamo (Nardoni):
24 “Chiunque va in collera col suo fratello, sarà condannato in giudizio; e chi avrà detto al suo fratello ‘raca’, sarà condannato nel Sinedrio. E chi avrà detto ‘pazzo’, sarà condannato al fuoco della Geenna. Ora se il tuo occhio destro ti è occasione di caduta, cavalo e gettalo via da te: è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di caduta, tagliala e gettala via da te; perché è meglio per te che uno dei membri perisca, piuttosto che tutto il tuo corpo vada nella Geenna”. — Si veda Marco 9:43-47.
25. Per illustrare che la Geenna significa l’eterna distruzione, che cosa disse Gesù dell’anima in Matteo 10:28?
25 Per illustrare che la Geenna raffigura la totale distruzione eterna, Gesù disse ai suoi dodici apostoli: “E non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; abbiate timore piuttosto di colui che può distruggere sia l’anima che il corpo nella Geenna”. (Matt. 10:28) Se, ora, quella che si chiama “anima” viene distrutta, come potrebbe essere tormentata coscientemente in fuoco e zolfo per sempre? Nell’Epoca dell’Oscurantismo non ci vollero persecutori religiosi per sempre per bruciare il corpo di un cosiddetto “eretico” sul rogo. Il fuoco non preserva.
26. In tutti i luoghi dove ricorre questa parola greca, quale parola usa la traduzione latina di Gerolamo, e chi sono quelli che vengono assegnati a questo posto?
26 Per altri casi in cui ricorre Geenna, si vedano Matteo 18:9; 23:15, 33; Luca 12:5 e Giacomo 3:6. In tutti questi casi la Vulgata Latina di Gerolamo usa la parola geenna, e non infernus. Quelli che Dio assegna alla distruzione eterna che è raffigurata dalla Geenna sono coloro i quali, come Satana il Diavolo e i suoi angeli demonici, sono incorreggibili, irrecuperabili alla giustizia. Per questo Gesù, nella sua parabola delle pecore e dei capri, dice a quelli simili a capri: “Andate lontano da Me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato al diavolo e ai suoi emissari”. — Matt. 25:41, Nardoni.
NON SPAZZATI VIA PER SEMPRE NELL’“INFERNO”
27, 28. (a) La particolare esperienza di chi mostra se quelli che vanno all’“inferno” sono spazzati via per sempre? (b) In Salmo 16:10 si riferì Davide a sé, e che cosa disse Pietro di ciò alla Pentecoste?
27 Significa ciò che quelli che vanno all’“inferno”, vale a dire nell’“Ades” o “Sceol”, non vi siano spazzati via per sempre, non vi rimangano per ogni tempo avvenire? Dev’essere così se la Sacra Bibbia mostra che qualcuno uscì fuori dell’“inferno” (infernus, Ades, Sceol), per rimanerne fuori in eterno. Ricordiamo ciò che il salmista Davide scrisse: “Perché tu, o Signore, non abbandonerai l’anima mia negli Inferi [latino, infernus], né lascerai che il tuo pio veda la corruzione”. (Sal. 15:10, Versione di Ricciotti; 16:10, Authorized Version) Forse Davide parlava qui di se stesso? Il cristiano apostolo Pietro dice di No. Il giorno di Pentecoste dell’anno 33 E.V., Pietro citò questo salmo di Davide e lo applicò al giusto. Pietro disse:
28 “Poiché tu non lascerai l’anima mia in inferno [latino, infernus] e non permetterai che il tuo santo vegga la corruzione! Tu mi hai fatto conoscere le vie della vita; tu mi ricolmerai di gioia con la tua presenza. Uomini fratelli; si può ben dirvi liberamente, che il patriarca David morì e fu sepolto, tanto che la sua tomba è anche al di d’oggi presso di noi. Ma egli, essendo profeta e sapendo che Dio gli aveva promesso con giuramento che farebbe sedere uno della sua progenie sul suo trono; con tal previsione, annunziò la risurrezione di Cristo, dicendo ch’egli non sarebbe stato lasciato nella morte [latino, infernus], e che il suo corpo non avrebbe veduto la corruzione. Questo Gesù lo ha risuscitato Iddio, e noi tutti ne siamo testimoni”. — Atti 2:27-32, Ricciotti.
29. Come il “Credo degli apostoli”, recitato dai frequentatori di chiesa, mostra se l’“inferno” è un luogo di eterno tormento nel fuoco?
29 Molti che sono stati frequentatori di chiesa ricorderanno d’aver recitato unitamente quello che viene chiamato il “Credo degli apostoli”, in cui dicevano: “Credo in Dio Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figliuolo, nostro Signore, il quale . . . fu crocifisso, morto e seppellito, discese all’inferno [latino, inferna], il terzo giorno risuscitò da morte, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente”. Così quelli che recitavano questo Credo hanno espresso la credenza che Gesù Cristo “discese all’inferno”. Volevano forse dire con quelle parole che egli discendesse sotto terra in fuoco e zolfo per esservi tormentato per sempre in luogo del genere umano? Non potevano voler dire questo, poiché nelle stesse parole seguenti dicevano: “il terzo giorno risuscitò da morte”. Così essi medesimi, come anche l’apostolo Pietro, confessano che, nel caso di Gesù Cristo, l’“inferno” (infernus) non è un luogo da cui gli uomini morti, una volta entrativi, non possano mai uscirne fuori. Gesù non vi subì nessun tormento.
30, 31. (a) Secondo Ecclesiaste 9:5, 10, quale fu l’esperienza di Cristo nell’“inferno”, e così fu come se facesse che cosa? (b) Poiché Gesù Cristo è chiamato la “primizia” dei morti che sono nell’“inferno”, che cosa significa questo per gli altri che vi si trovano?
30 Gesù Cristo fu nell’“inferno” (Ades o Sceol) per parti di tre giorni (14-16 Nisan 33 E.V.). Come ci dice Ecclesiaste 9:5, 10, mentre stette lì non fu conscio di nulla. Non vi trovò lavoro, ragione, sapienza o conoscenza. Benché realmente morto, egli fu come addormentato, inattivo, inconsapevole di ogni cosa. Per questo il cristiano apostolo Paolo scrive riguardo alla risurrezione di Cristo dai morti: “Ma Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quei che son morti”. (1 Cor. 15:20, Nardoni) Davvero, dunque, la risurrezione recò beneficio a Gesù Cristo, che era morto nell’“inferno” (Ades o Sceol). E per questa ragione Dio Onnipotente si propone la risurrezione, per recare beneficio a tutto il resto dei morti che sono in tale “inferno”. Gesù Cristo fu semplicemente la “primizia” di quelli che erano addormentati nella morte. La piena messe dei morti umani sarà destata e ricondotta al tempo fissato da Dio. Questa è l’idea chiave delle ispirate parole dell’apostolo Paolo:
31 “Poiché a causa di un uomo è venuta la morte, così anche in virtù di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. E come tutti muoiono in Adamo, così tutti rivivranno in Cristo”. — 1 Cor. 15:21, 22, Nardoni.
32. Che l’“inferno” sia un luogo da cui si è liberati è indicato da quali parole di Gesù in Rivelazione 1:17, 18?
32 Che l’“inferno” (Ades o Sceol) sia il luogo da cui tutti i morti dovranno essere liberati mediante la risurrezione ci è assicurato dalle parole del risuscitato Gesù Cristo. Verso l’anno 96 E.V., o trentadue anni dopo che Roma era stata incendiata dall’imperatore Nerone, il risuscitato Gesù Cristo apparve in una visione all’apostolo Giovanni. Questa visione è riportata nell’ultimo libro della Bibbia, chiamato Apocalisse o Rivelazione, e in esso dice all’apostolo Giovanni: “Io sono il primo e l’ultimo, e vivo, ma fui morto; ed ecco che sono vivente pei secoli de’ secoli, ed ho le chiavi della morte e dell’inferno [latino, infernus]”. — Apoc. 1:17, 18, Martini.
33, 34. (a) Che cosa mostra se Gesù Cristo dovrà farsi versare denaro dai parenti e dagli amici, perché usi le chiavi e liberi quelli che sono nella morte e nell’inferno? (b) Da che cosa fu Gesù Cristo stesso liberato, e perché Dio gli affidò le “chiavi”?
33 Avendo le “chiavi della morte e dell’inferno”, si propone il risuscitato Gesù Cristo di tenere quelli che sono nella morte e nell’inferno lì chiusi per sempre? O deve prima farsi versare denaro dai parenti e dagli amici dei morti, perché usi le chiavi e faccia uscire quelli che sono nella morte e nell’inferno? Come sarebbe egoistico e commercialista se approfittasse in questo modo del fatto che ha le “chiavi della morte e dell’inferno”!
34 Rigettando totalmente tale idea, Gesù disse ai suoi apostoli: “Il Figlio dell’uomo . . . non è venuto per essere servito, ma a servire e a dar la sua vita in redenzione dei molti”. (Matt. 20:28, Nardoni) Quando fu sulla terra come uomo, Gesù Cristo non fece mai pagare un solo denaro d’argento per destare dai morti alcuna delle persone morte che riportò in vita. Il risuscitato Gesù Cristo si propone di usare le “chiavi della morte e dell’inferno” non per tenere i morti chiusi per sempre, ma per liberarli amorevolmente e per affrancarli. Dio stesso, che risuscitò suo Figlio Gesù Cristo dall’“inferno”, gli affidò quelle “chiavi” proprio a tale scopo.
35. (a) Che cosa disse Gesù riguardo al tempo gioioso in cui avrebbe usato la chiave dell’“inferno”? (b) Perché o come lo scopo della risurrezione è quello di recare beneficio?
35 Attendendo quel tempo per lui gioioso, Gesù Cristo disse ai Giudei: “Come il Padre ha in sé la vita, così pure ha dato al Figlio il potere di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non vi meravigliate di questo, perché vien l’ora in cui tutti quei che sono nei sepolcri udranno la sua voce, e ne usciranno: quelli che hanno operato il bene, risusciteranno alla vita; quelli invece che fecero il male, risusciteranno per la condanna”. (Giov. 5:26-29, Nardoni) È chiaro che tale risurrezione di tutti quei morti dall’“inferno” sarà per il loro beneficio. Solo dopo che i risuscitati dall’“inferno” saranno tornati volontariamente a fare il male la loro risurrezione finirà con un giudizio di condanna alla distruzione eterna. Lo scopo della risurrezione è dunque quello di recare beneficio, in vista del benessere eterno dei morti. Essa dà loro l’opportunità di godere per sempre la vita eterna nel nuovo ordine di Dio.
36, 37. A chi fu data una visione di quando l’“inferno” non sarà più, e come descrisse egli la scena?
36 In quella stessa Rivelazione o Apocalisse all’apostolo Giovanni, il risuscitato Gesù Cristo fece una raffigurazione del tempo in cui l’“inferno” non sarà più. Questo avverrà dopo che sarà stato distrutto questo vecchio sistema di cose mondano, e che Dio avrà creato nuovi cieli e nuova terra, cioè un nuovo governo celeste e una nuova società umana terrestre. Descrivendo la meravigliosa scena, Giovanni scrive:
37 “E vidi un trono grande e candido, e uno che sopra di esso sedeva, dalla vista del quale fuggì la terra e il cielo, né più comparirono. E vidi i morti grandi e piccoli, stare davanti al trono, e si aprirono i libri: e un altro libro fu aperto, che è quello della vita: e furon giudicati i morti sopra di quello che era scritto ne’ libri, secondo le opere loro. E il mare rendette i morti che riteneva dentro di sé: e la morte e l’inferno [latino, infernus] rendettero i morti che avevano”. — Apoc. 20:11-13, Martini.
38. (a) Come dunque l’“inferno” cesserà d’esistere, e come lo raffigura Rivelazione? (b) Come la “morte” e la malvagità saran fatte cessare?
38 Ah, sì, quando l’“inferno” (Ades o Sceol) avrà reso l’ultimo morto che contiene, mediante la risurrezione di tutti i morti per i quali Gesù Cristo diede la sua vita umana come redenzione, allora l’inferno non ci sarà più. In tutta la terra, gli abitanti non vedranno un solo cimitero o pietra tombale. La comune tomba del genere umano sarà stata distrutta per sempre. Perciò Apocalisse 20:14, 15, Martini, prosegue, dicendo: “E l’inferno [latino, infernus] e la morte furono gittati in uno stagno di fuoco. Questa è la seconda morte. E chi non si trovò scritto nel libro della vita, fu gittato nello stagno di fuoco”. Quale glorioso giorno di giudizio sarà quello! L’“inferno” riceverà un colpo mortale. La morte che tutto il genere umano ha ereditata dai peccatori Adamo ed Eva sarà messa a morte, cesserà di esistere perché tutto l’ubbidiente genere umano sarà portato alla perfezione della vita umana in un restaurato paradiso di delizie. Si porrà fine alla trasgressione distruggendo tutti quelli che volontariamente saranno divenuti malvagi e che dovranno subire la pena della seconda morte.
[Cartina a pagina 621]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
La Geenna o valle di Innom era un luogo di scarico della città e divenne simbolo di eterna distruzione
CARTA DI GERUSALEMME NEL PRIMO SECOLO
AREA DEL TEMPIO
VALLE DI INNOM
(GEENNA)
[Immagine a pagina 617]
Il poeta italiano Dante raffigurò l’“Inferno” come un luogo dove le creature umane soffrivano dopo la morte del corpo. Era nel giusto Dante?
[Immagine a pagina 620]
Dio non disse che se Adamo mangiava il frutto proibito sarebbe andato in un “inferno” infuocato ma disse che sarebbe morto
[Immagine a pagina 624
La risurrezione darà ai morti destati l’opportunità di godere la vita eterna. Quando l’“inferno” avrà dato l’ultimo morto che contiene, gli abitanti della terra non vedranno mai più un cimitero, poiché l’“inferno” stesso avrà ricevuto il colpo mortale