Che cosa vuol dire essere un “ministro”?
1, 2. (a) Quali idee fa venire in mente la parola “ministro” in diversi paesi? (b) Che cosa dobbiamo notare circa l’uso moderno della parola rispetto al suo uso precedente?
QUANDO leggete o udite la parola “ministro” in qualche lingua, a che cosa pensate? Nella lingua di alcuni paesi, la parola corrispondente si riferisce solo a un funzionario politico, come “ministro della giustizia” o “primo ministro”. Ma nei paesi la cui lingua è basata sul latino (da cui ha origine il termine) o ne è stata fortemente influenzata, la parola “ministro” può anche far pensare a un’autorità religiosa, generalmente un ecclesiastico protestante o evangelico.
2 In effetti, la parola “ministro” come si usa oggi e come viene compresa dalla maggioranza ha un significato assai diverso da quello che aveva nei primi secoli dell’Èra Volgare. E nello stesso modo ha un significato assai diverso dal significato della parola greca diákonos usata nelle ispirate Scritture Greche della Bibbia, benché in varie lingue questa parola greca sia tradotta spesso “ministro”. Qual è dunque la differenza, e come sorse?
3, 4. (a) Qual era il senso originale della parola latina minister e quale uso se ne fece dunque nella traduzione della Bibbia? (b) Quale cambiamento ci fu nell’uso del termine, e a causa di quali avvenimenti?
3 Nei primi secoli dell’Èra Volgare la parola greca diákonos e la parola latina minister significavano basilarmente la stessa cosa: un servitore, come un accompagnatore, un cameriere o un altro servitore personale. E quindi, allorché si cominciò a tradurre la Bibbia in latino, minister fu la parola scelta in genere per rendere diákonos. Ma col passar del tempo, per il modo in cui veniva usato, il termine perse il senso di servizio umile. Questo avvenne in notevole misura a causa dell’apostasia dal vero cristianesimo che ci fu.
4 Parlando agli anziani di Efeso, l’apostolo Paolo li preavvertì che, dopo la sua partenza, “entreranno fra voi oppressivi lupi e non tratteranno il gregge con tenerezza, e che fra voi stessi sorgeranno uomini che diranno cose storte per trarsi dietro i discepoli”. Tali uomini egoisti non avrebbero agito in base al principio che “vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. (Atti 20:29, 30, 35) La loro condotta avrebbe rivelato che non erano servitori di Dio ma del suo avversario. — 2 Cor. 11:12-15, Int.
5. Quale fu il risultato dell’apostasia predetta dalle Scritture, e che effetto ebbe sulla sorveglianza e sulla direttiva delle congregazioni cristiane?
5 Questa predetta apostasia è ciò che produsse infine la cristianità, con le sue molte religioni e le divisioni fra clero e laici. Tuttavia, nella congregazione primitiva non c’erano simili distinzioni, come precisa la Cyclopædia di M’Clintock e Strong (Vol. VIII, pagg. 355, 356) riguardo agli “anziani”:
“Poiché non abbiamo nessun racconto preciso del modo in cui fu fatta la loro prima nomina, ne dobbiamo dedurre che poté essere adottato come naturale appellativo di rispetto per l’anzianità . . ., in modo alquanto simile a come avveniva degli anziani fra i Giudei”.
La Cyclopædia prosegue dicendo che in seguito “gli apostoli riconobbero, possibilmente nominarono” gli anziani, e aggiunge:
“In ogni corpo di anziani c’era la necessità di una presidenza o di un primato per motivi di sorveglianza e direttiva generale. Pertanto sarebbe stato designato uno di loro, o per anzianità o per scelta formale, come primus inter pares [primo fra uguali], perché servisse come sorvegliante (ἐπίσκοπος) del corpo e del gregge affidato loro”.
Inoltre, la Cyclopædia dichiara riguardo alla posizione del sorvegliante:
“Nel suo carattere originale nulla impediva che fosse occupata a turno da parecchi anziani della stessa chiesa o diocesi, tuttavia per amministrarla con successo ci sarebbe stata la tendenza a perpetuarla nello stesso individuo. Quindi divenne ben presto una carica a vita”.
Fu così che un anziano o sorvegliante finì per esercitare permanentemente il primato sugli altri, escludendo gli altri dai privilegi di cui godeva. In questo modo cessò gradualmente la direttiva impartita alla congregazione da un corpo di anziani.a
6. (a) Che cosa si intende per disposizione “monarchica” rispetto alle congregazioni, e che cosa favorì il sorgere di tale disposizione? (b) Mostrano le Scritture che l’accentramento dell’autorità in una sola persona sia il modo cristiano di mantenere vera unità di fede e di credo? Se no, qual è il mezzo per mantenerla?
6 Sorse pertanto una disposizione “monarchica”, cioè un sistema dove l’autorità e il privilegio amministrativo erano investiti in una persona a esclusione delle altre. (Si paragoni 1 Corinti 4:8). Girolamo (del quarto secolo E.V.) avrebbe detto che la supremazia di un solo sorvegliante (epískopos) sorse ‘per usanza anziché per effettiva nomina da parte del Signore’, essendo un mezzo impiegato per impedire divisioni. Quindi, c’era l’idea che si poteva mantenere meglio l’unità conferendo grande autorità a una sola persona che, con il suo accresciuto potere, sarebbe stata in grado di tenere sotto controllo quelli che non erano d’accordo. (Si paragoni 1 Samuele 8:4-7, 19, 20). In contrasto con ciò l’apostolo Pietro esortò gli altri anziani a pascere il gregge affidato alla loro cura, non “signoreggiando su quelli che sono l’eredità di Dio, ma divenendo esempi del gregge”, sottoponendosi umilmente gli uni agli altri. (1 Piet. 5:1-6) L’apostolo Paolo mostra pure che il sorvegliante, ‘attenendosi fermamente alla fedele parola in quanto al suo insegnamento’, sarebbe stato in grado di “esortare mediante l’insegnamento che è sano e di rimproverare quelli che contraddicono”. Dovevano mostrare fede nel potere della verità e dello spirito santo di Dio. — Tito 1:7, 9-11, 13; si paragoni 2 Timoteo 2:24-26.
7. Che effetto ebbe l’apostasia sull’uso dei termini scritturali impiegati in riferimento a quelli che avevano incarichi di responsabilità nella congregazione? E come avvenne questo per il termine greco corrispondente a “sorvegliante”?
7 A causa dell’apostasia, col tempo i termini biblici usati in riferimento a quelli che servivano i fratelli con incarichi di responsabilità nella congregazione assunsero un significato diverso. Il termine greco epískopos che significa “sorvegliante”, descriveva in origine ciascuno degli anziani i quali avevano il compito di curare e sorvegliare gli interessi della congregazione, badando al loro benessere spirituale come pastori. (Atti 20:28) Ma la parola italiana “vescovo” (derivante da epískopos attraverso il latino episcopus) finì per significare un dignitario religioso che esercitava autorità predominante su molte congregazioni in una vasta zona. Come culmine, venne all’esistenza il papato in cui un sorvegliante, il vescovo di Roma, pretese il primato e l’esclusivo diritto di presiedere e dirigere tutti i sorveglianti cristiani e le congregazioni di ogni luogo.
8. Quale simile cambiamento ci fu riguardo al termine “ministro”?
8 Accadde la stessa cosa con la parola “ministro”. In latino si usava la parola minister per tradurre il greco diákonos e quindi, in origine, significava “servitore”, e, in senso religioso, uno del corpo di “servitori” della congregazione che lavoravano al fianco del corpo degli anziani come loro assistenti. In seguito il termine “ministro” è stato usato per intendere un ecclesiastico che generalmente esercita esclusiva e completa autorità amministrativa su una congregazione o chiesa (anche se i gruppi più numerosi potrebbero avere dei ‘vice-pastori’). Pertanto è considerato uno speciale servitore (ministro) di Dio in quella congregazione. In molti paesi la parola “ministro” si usa quasi esclusivamente per gli ecclesiastici protestanti, per distinguerli dai sacerdoti cattolici (il termine “prete” viene dal greco presbyteros [anziano] attraverso il latino presbyter). Nell’America Latina, per esempio, chi si presenta come “ministro” viene preso spesso per un predicatore protestante, uno che ammaestra la congregazione dal pulpito nell’edificio di una chiesa protestante.
9. Mettete in contrasto l’idea moderna espressa dalla parola “ministro” con il significato che il termine aveva in latino nei primi secoli dell’Èra Volgare.
9 Così un termine che inizialmente esprimeva umiltà e modestia finì per indicare una posizione relativamente alta nella comunità. Nei tempi antichi, la persona di lingua latina che si presentava come minister poteva intendere con ciò che lavorava come servitore nella casa di qualcuno, come maggiordomo o come cameriera. Ma oggi il titolo “ministro” è in genere un titolo di considerevole importanza e prestigio nel mondo, e pone la persona sullo stesso livello di dottori, avvocati e uomini che svolgono varie professioni. C’è una bella differenza dal senso in cui è usata la parola diákonos nelle dichiarazioni di Gesù. Come abbiamo visto nei precedenti articoli, nelle sue dichiarazioni il diákonos (servitore o ministro) è posto accanto allo “schiavo” e all’opposto di chi è considerato “grande” o “primo”. (Matt. 20:26-28) Così, com’è accaduto con la parola “vescovo” (epískopos, sorvegliante), nella mente della maggioranza l’uso ecclesiastico ha oscurato il significato originale della parola latina minister.
10. (a) Essendo studiosi della parola di Dio, che cosa dobbiamo fare a causa di queste alterazioni ecclesiastiche? (b) Se una traduzione della Bibbia usa la parola “ministro” per tradurre la parola greca diàkonos, quale quadro mentale dovremmo farci?
10 Che cosa significa questo per noi se siamo sinceri studiosi della Parola di Dio? Significa che ogni qualvolta leggiamo in una traduzione della Bibbia il termine “ministro” dobbiamo regolare il nostro pensiero e rammentare il significato originale di questo termine, altrimenti non afferreremo il senso dei consigli di Gesù e delle ispirate espressioni dei suoi apostoli e discepoli. Anziché farci un quadro mentale di una persona in abito elegante o formale, dotata di insolite abilità oratorie e amministrative, sarebbe più appropriato immaginare un diákonos o ministro (nel senso originale del termine latino) come un modesto servitore di Dio che cammina lungo una strada polverosa sotto il sole cocente, o forse come qualcuno che messosi il grembiule serve altri a tavola. — Si paragonino 2 Corinti 10:10; 1 Corinti 2:1-5; Luca 17:8.
11, 12. (a) Quanto è esteso nel mondo l’uso del termine “ministro” in senso religioso? (b) La traduzione tedesca del libro inglese I Testimoni di Geova nel proposito divino come illustra i problemi che possono sorgere per tradurre questo termine?
11 Vale la pena menzionare pure che molte lingue, anzi la maggioranza, non hanno nessun termine corrispondente alla parola italiana “ministro” nel senso religioso. Le lingue che si basano sul latino, come italiano, francese, spagnolo e portoghese, hanno tale termine. Ma nelle lingue come tedesco od olandese o nelle lingue scandinave (norvegese, svedese e danese) e nelle lingue slave (polacco, russo e altre), come pure nelle lingue asiatiche e di altre parti del mondo, non c’è una parola corrispondente a “ministro”. In Germania l’ecclesiastico ordinato si chiama “servitore religioso”.
12 Per illustrare, nell’edizione inglese del libro I Testimoni di Geova nel proposito divino, a pagina 223, si fa riferimento all’asserzione secondo cui “tutti i testimoni di Geova che insegnano e predicano il vangelo regolarmente e abitualmente sono ministri”. Nell’edizione tedesca, l’ultima parte di questa dichiarazione dice che sono “predicatori, cioè ecclesiastici”, e la parola inglese “ministers” è inserita tra parentesi (Prediger bzw. Geistliche [ministers]). Nella stessa pagina, citando una comunicazione del Servizio di Leva degli Stati Uniti, in cui viene usata l’espressione “ministri di religione”, di nuovo l’edizione tedesca di questo libro usa la parola tedesca corrispondente a “predicatori” e la fa seguire dalla parola tedesca corrispondente a “ecclesiastici” tra parentesi (“Prediger” [Geistliche]”).
13, 14. (a) Nei casi in cui la Traduzione del Nuovo Mondo è stata tradotta in lingue che non si basano sul latino o che non hanno risentito della sua influenza, quali termini sono usati al posto di “ministro” e “ministero”? (b) Al posto di “servitore di ministero”, quali espressioni usano alcune di queste traduzioni?
13 Anche in altri casi, quando fu tradotta la Traduzione del Nuovo Mondo della Bibbia in lingue come danese, tedesco, olandese e giapponese, in tutti i casi in cui ricorrono le parole “ministro”, “ministero”, e le loro forme verbali, fu necessario tradurle con termini che significano “servitore”, “servizio” o forme di “servire” in quelle lingue.
14 In giapponese, ad esempio, per tradurre diákonos si usa una parola composta, hoshisha (“persona che serve umilmente”). L’espressione “servitori di ministero” che ricorre nella Traduzione del Nuovo Mondo è resa in danese con una parola danese che significa “servitori di congregazione”; in svedese si usa l’espressione “servitore assistente”; mentre in tedesco compare il termine Dienstamtgehilfe che, letteralmente, significa, “assistente della carica di servizio”.
15, 16. (a) Pur non cavillando sulle parole, di che cosa devono giustamente interessarsi i cristiani riguardo all’uso dei termini biblici? (b) Come mostreranno tale interesse presentando la buona notizia a persone di ogni nazione?
15 Le parole sono semplici veicoli usati per trasmettere idee da una mente all’altra. La cosa importante è di trasmettere l’idea corretta. Tra i cristiani in particolare, sono essenziali l’unità di pensiero e l’armonia di vedute. Come dice l’apostolo ispirato in I Corinti 1:10: “[Parlate] tutti concordemente, e [non abbiate] fra voi divisioni, ma [siate] perfettamente uniti nella stessa mente e nello stesso pensiero”.
16 Questa è un’ulteriore ragione per cui, quando leggiamo o usiamo il termine “ministro” con il senso del termine greco diákonos, dovremmo pensare al significato biblico di umile servitore, e non a quello comune di predicatore religioso. Facendo parte di una congregazione mondiale, cercheremo di non farci delle idee personali del cristianesimo o delle sue norme in base a un qualsiasi termine, specialmente se questo termine è caratteristico di certe lingue, ma non esiste in altre. Cercheremo sempre di usare espressioni comprensibili che esprimono chiaramente il pensiero corretto. Fin dove è possibile e fin dove la traduzione lo consente, queste espressioni dovrebbero essere facilmente comprese da persone d’ogni specie, ovunque abitino o qualunque lingua parlino. Infatti, come disse anche l’apostolo Paolo: “Se voi non pronunciate con la lingua una parola facilmente comprensibile, come si saprà ciò che vien detto? Infatti parlerete all’aria”. — 1 Cor. 14:9.
QUANDO SI PUÒ PARLARE DI “ORDINAZIONE”?
17. Che cosa significa la parola “ordinare”?
17 In italiano la parola “ordinare” significa “eleggere a una carica, conferire un alto ufficio . . . con questo sign[ificato] . . . rimane nell’uso solo per il conferimento degli ordini sacri: il vescovo lo ordinò sacerdote (ma anche assol[utamente], lo ordinò”. — Dizionario Enciclopedico Italiano di Giovanni Treccani.
18, 19. (a) In che senso si potrebbe dire che tutti i veri discepoli di Cristo Gesù sono “ministri”? (b) Tutti quelli che diventano battezzati servitori di Dio sono forse ‘costituiti’ per adempiere particolari incarichi di servizio e responsabilità nella congregazione?
18 Tutti quelli che diventano veri discepoli di Cristo Gesù diventano “servitori” di Dio. Secondo il significato antico della parola latina, si potrebbero tutti chiamare “ministri”, poiché in origine la parola latina significava la stessa cosa: “servitori”. Ma come abbiamo visto, la Bibbia indica che alcuni sono “servitori” per nomina, avendo ricevuto dalla congregazione la ‘nomina’ di servire con un particolare incarico di servizio, come nel caso degli anziani o dei servitori assistenti. — Tito 1:5; 1 Tim. 3:1-13.
19 Essi non ricevono tale nomina mediante il battesimo. L’apostolo Paolo non si riferiva al battesimo quando scrisse a Timoteo: “Non porre mai le mani su nessun uomo affrettatamente”, ma si riferiva all’azione di nominare un uomo per un incarico di servizio nella congregazione e alla responsabilità che l’accompagnava. (1 Tim. 5:22; si paragoni 1 Timoteo 3:1-15). Lo stesso Paolo, insieme a Barnaba, era stato ‘appartato’ dallo spirito santo per compiere una certa opera. Quindi il corpo degli anziani di Antiochia, riconoscendo questo fatto, ‘pose su di essi le mani’. — Atti 13:1-5; si paragoni l’azione con cui gli apostoli ‘costituirono’ i ‘sette uomini attestati’ per adempiere un certo incarico di servizio, narrata in Atti 6:1-6.
20, 21. Gli esempi di Paolo, Timoteo e Archippo come illustrano che certi membri della congregazione sono “servitori” o “ministri” per nomina, avendo ricevuto l’incarico dalla congregazione?
20 Mentre tutti i veri cristiani (fratelli e sorelle) rendono servizio, solo alcuni di loro sono nominati per svolgere un particolare servizio nella congregazione. Ma questo non vuol dire che i fratelli e le sorelle che non hanno tale nomina siano una classe di laici. Quando l’apostolo Paolo disse: “Io non tengo in nessun conto la vita stessa, pur di terminare la mia corsa e l’incarico [diakonía; il servizio, Ge; il ministero, NM] ricevuto dalle mani del Signore Gesù d’annunziare l’evangelo”, si riferiva evidentemente allo speciale incarico di servizio che aveva ricevuto di portare ‘il nome di Gesù dinanzi ai popoli’ o Gentili. (Atti 20:24, Ga; 9:15, Ge; si paragonino Atti 21:19; 1 Timoteo 1:12; Colossesi 1:25). In Romani 11:13 egli dice: “Dal momento che sono, in realtà, apostolo delle nazioni, io glorifico il mio ministero [diakonía; servizio, Int]”. — Si paragoni anche Atti 1:15-17, 20-25.
21 Nello stesso modo, quando Paolo scrisse a Timoteo: “Adempi tutti i doveri della tua chiamata [compi pienamente il tuo ministero (diakonía), NM]”, si riferiva al particolare incarico di servizio affidato a Timoteo a Efeso, dove fu lasciato per aiutare a risolvere certi problemi della congregazione. (2 Tim. 4:5; NE; 1 Tim. 1:3, 4) In Colossesi 4:17 (Con) Paolo mandò a dire ad Archippo: “Stai attento al servizio [diakonía; ministero, NM] che hai ricevuto nel Signore, per compierlo bene”. Mentre tutti gli altri discepoli di Colosse erano servitori di Dio, Archippo aveva evidentemente ricevuto qualche specifico incarico di servizio, e senz’altro un corpo di anziani aveva posto le mani su di lui.
SERVITORI “ORDINATI” DELLE CONGREGAZIONI
22. Nel senso in cui si usa oggi la parola “ordinato”, a chi si riferirebbe, in armonia coi precedenti scritturali stabiliti da Cristo Gesù e dai suoi apostoli?
22 Che vediamo dunque? Che, sebbene Gesù avesse molti discepoli, ne scelse dodici, che ‘costituì’ come apostoli. (Mar. 3:14, 15; Luca 6:12, 13; Giov. 15:16) Vediamo che Paolo e Barnaba furono ‘costituiti’ specialmente di fra i discepoli di Antiochia per portare alle nazioni la buona notizia. (Atti 13:47) Inoltre, Paolo disse agli anziani di Efeso che erano stati “costituiti” dallo spirito santo per servire il resto della congregazione. (Atti 20:17, 28) In tutti questi casi le nomine furono effettuate non al tempo del battesimo, ma dopo di esso. Così oggi, nelle congregazioni del popolo di Dio ci sono uomini (di solito battezzati da qualche tempo) nominati per servire la congregazione in certi incarichi stabiliti. Quelli che hanno ricevuto tale nomina dalla congregazione per svolgere particolari servizi si possono dire “ordinati”, nel senso in cui è usata oggi la parola.b
23, 24. (a) Gli organi governativi come intendono generalmente l’espressione “ministro ordinato”, e se nel chiedere informazioni usano questa espressione, come si deve rispondere? (b) Sarebbe ragionevole dire che le persone del territorio dove si compie la pubblica opera di testimonianza sono la propria “congregazione” e che la soglia della loro casa è il proprio “pulpito”?
23 In considerazione di tutto questo, che cosa si deve fare se, come avviene talvolta, un organo governativo chiede informazioni in merito alla professione o alla posizione dei cittadini? Con l’espressione “ministro ordinato” essi intendono uno che è nominato per aver cura di una congregazione e per servirle le cose spirituali, uno che funge da “pastore” di una congregazione. Per esempio, la definizione ecclesiastica, generalmente compresa, di “ministro”, che troviamo nei dizionari è: ‘chi è autorizzato ad amministrare il culto’. Con il termine “ministro” tali organi governativi non descrivono o non intendono il servizio che ogni singolo cristiano può compiere quando si sforza personalmente di far conoscere ad altri la buona notizia. Quindi, rispondendo alle domande dei funzionari, sarebbe ragionevole rispondere in armonia con ciò che desiderano sapere, anziché imporre la propria definizione di tali termini.
24 Le persone non si aspetterebbero, ad esempio, che il proclamatore che va di casa in casa dica che la “congregazione” che serve è formata dalle famiglie del territorio dove si compie l’opera di testimonianza, in quanto gli abitanti di quella zona possono non riconoscere o non accettare come loro “ministro” colui che dà testimonianza, e, anzi, possono avere la loro religione. Allo stesso modo, capiranno correttamente se definiamo la soglia della loro casa come “pulpito” di chi reca la buona notizia, anche se fa quello che chiama un “sermone” da tre a otto minuti? Con la parola “pulpito” si intende in genere il palco dell’oratore nell’edificio a cui è invitato il pubblico in generale.
25. Chi ha una nomina di servizio in una congregazione, quale data può indicare come data della sua “ordinazione”?
25 Certo, chi ha effettivamente ricevuto la nomina a un particolare incarico di servizio dagli uomini debitamente autorizzati può rispondere in tal senso e, come data della sua “ordinazione”, può indicare la data non del battesimo, ma di quando il corpo cristiano avente la facoltà di nominare in effetti ‘pose le mani su di lui’ conferendoli tale nomina.
26. I primi cristiani ricevettero tutti una nomina (od “ordinazione”) dalla congregazione per un particolare incarico di servizio, e influì questo sulla loro unità?
26 Nella congregazione cristiana primitiva tutti i credenti battezzati erano “unti” con lo spirito santo, avendo ricevuto una chiamata celeste. Ma non tutti erano apostoli, profeti, insegnanti, anziani o servitori di ministero. Quindi dopo il battesimo non tutti ricevevano una nomina ufficiale per qualche servizio particolare. Ma tutti rendevano servizio insieme, come un corpo ha molte membra che cooperano tutte insieme e hanno “la stessa cura le une per le altre”, come spiega l’apostolo in I Corinti 12:12-30.
27. Tutti noi quale sano atteggiamento dovremmo assumere lietamente riguardo al servizio che rendiamo a Dio e ai nostri simili?
27 Quindi, sia che siamo qualificati per ricevere e abbiamo ricevuto tale nomina ufficiale per un servizio e una responsabilità particolari oppure no, serviamo tutti insieme a spalla a spalla per compiere ciò che Dio vuole nel nostro tempo. Facciamo tutti tesoro del privilegio che abbiamo in comune, dichiarando ad altri con zelo la verità, facendo loro conoscere la buona notizia che ha dato luce e speranza alla nostra vita.
[Note in calce]
a Il New Bible Dictionary (pag. 158) di Douglas avanza pure l’idea che “l’episcopato [sorveglianza] monarchico fece la sua comparsa nelle congregazioni locali quando alcune persone dotate ottennero la presidenza permanente del consiglio dei vescovi-presbiteri [sorveglianti anziani]”.
E La Bibbia di Gerusalemme, nella nota in calce su Tito 1:5, dice che “le prime comunità cristiane . . . avevano a capo un collegio di ‘presbiteri’, anziani”, e menziona il “passaggio da questi episcopi-presbiteri al vescovo [sorvegliante] capo unico del collegio”.
b Atti 14:23 parla dell’opera di Paolo e Barnaba nelle città dell’Asia Minore e dice che “costituirono per loro [in ciascuna] congregazione degli anziani”. Lì la parola “costituirono” è resa “aver ordinato” nella versione di Eusebio Tintori (14:22).