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Abacuc, libro diAusiliario per capire la Bibbia
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A. Implora la misericordia divina e rappresenta Dio come potente guerriero (3:1-15)
1. Dio percorre la terra con la sua denuncia, trebbia le nazioni (3:1-12)
2. È uscito per salvare il Suo popolo (3:13-15)
B. Agitato, Abacuc attende “il giorno dell’angustia”, determinato a esultare in Geova, l’Iddio della salvezza (3:16-19)
Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 159-161.
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AbaddonAusiliario per capire la Bibbia
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Abaddon
(Abaddòn).
Traslitterazione di un termine ebraico usato come nome dell’“angelo dell’abisso”. (Riv. 9:11) Il corrispondente nome greco “Apollion” significa “Distruttore”. Nel secolo scorso si tentò di dimostrare che questo versetto si applicava profeticamente a personaggi come l’imperatore Vespasiano, Maometto e perfino Napoleone, e l’angelo era generalmente considerato “satanico”. Si noti però che in Rivelazione 20:1-3 l’angelo che ha “la chiave dell’abisso” risulta essere il celeste rappresentante di Dio e, anziché essere “satanico” lega e scaglia Satana nell’abisso. Nel commento su Rivelazione 9:11 The Interpreter’s Bible (Vol. 12, p. 434) dice: “Abaddon, tuttavia, non è un angelo di Satana ma di Dio, che compie la sua opera di distruzione per ordine di Dio”.
Si noti che in Rivelazione 1:18 Cristo Gesù afferma: “Vivo per i secoli dei secoli, e ho le chiavi della morte e dell’Ades”. Il suo potere sull’abisso è dimostrato in Luca 8:31. Che abbia potere distruttivo, incluso il potere di distruggere Satana, è evidente da Ebrei 2:14, dove è detto che Gesù partecipò del sangue e della carne affinché “mediante la sua morte riducesse a nulla colui che ha i mezzi per causare la morte, cioè il Diavolo”. In Rivelazione 19:11-16 egli è chiaramente descritto come Distruttore o Esecutore nominato da Dio.
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AbanaAusiliario per capire la Bibbia
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Abana
(Abàna) [probabilmente: sassoso].
Fiume di Damasco, generalmente identificato col Barada, che nasce dai monti dell’Antilibano, scorre fra le montagne e sgorga da una gola immediatamente a O di Damasco. Il fiume attraversa quindi la parte settentrionale della città e si apre a ventaglio irrigando una vasta zona prima di perdersi nelle paludi a E della città. Le sue acque, mediante condotte e canali, servono a irrigare orti e frutteti, creando un’estesa oasi verdeggiante. Si può ben dire che Damasco deve la sua esistenza al Barada, che da molto tempo fornisce l’acqua per cisterne, fontane e bagni della città. Gli scrittori classici lo chiamavano “Fiume d’oro” (Chrysorrhoas). Sembra dunque che l’alta stima in cui Naaman, comandante dell’esercito siro, teneva l’Abana fosse abbastanza giustificata. — II Re 5:12.
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AbbaAusiliario per capire la Bibbia
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Abba
(Àbba).
Questo termine aramaico compare tre volte nelle Scritture, sempre traslitterato nel testo originale greco, e in quasi tutte le traduzioni italiane. Ogni volta è seguito immediatamente dalla traduzione ho patèr in greco, “Padre” in italiano. In ogni caso si riferisce a Geova, il Padre celeste.
Il termine aramaico ʼabbàʼ significa “padre” e corrisponde all’ebraico ’av (padre) ma è la forma enfatica o determinativa di ’av = “il padre”. Era l’appellativo confidenziale con cui i bambini si rivolgevano al padre e unisce un po’ della familiarità della parola “papà” pur conservando la dignità della parola “padre”, essendo privo di formalità eppure rispettoso. Era perciò un appellativo affettuoso più che un titolo ed era fra le prime parole che un bambino imparava a pronunciare. Secondo la Gemara ebraica, in casa non era permesso agli schiavi rivolgersi al capofamiglia col termine ʼabbàʼ.
Marco riferisce che Gesù usò questo termine quando pregò Geova Dio nel Getsemani poco prima di morire, dicendo: “Abba, Padre, ogni cosa ti è possibile; rimuovi da me questo calice. Tuttavia non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi”. (Mar. 14:36) Questa è la fervente supplica di un figlio al padre diletto, seguita dall’assicurazione che in ogni caso, sarebbe stato ubbidiente. Le altre due volte ricorre nelle lettere di Paolo, in Romani 8:15 e Galati 4:6. In entrambi i casi il termine è usato in relazione ai cristiani chiamati a essere fili di Dio generati dallo spirito e indica l’intimità della loro relazione col Padre. Pur essendo “schiavi di Dio” e “comprati a prezzo”, sono anche figli in casa di un Padre amorevole, e lo spirito santo mediante il loro Signore Gesù li rende ben consapevoli di questa condizione. (Rom. 6:22; I Cor. 7:23; Rom. 8:15; Gal. 4:6) Più che una semplice traduzione dall’aramaico in greco, nell’uso di ʼAbbàʼ e “Padre” insieme alcuni vedono, prima, la fiducia, la confidenza e la sottomissione di un figlio, poi, il maturo riconoscimento della relazione fra padre e figlio e della responsabilità che comporta. Da questi versetti sembra evidente che, in tempi apostolici, i cristiani facevano uso del termine ʼAbbàʼ nelle preghiere a Dio.
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AbbigliamentoAusiliario per capire la Bibbia
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Abbigliamento
A parte la menzione e la descrizione di alcuni capi di vestiario nella Bibbia, esistono ben poche informazioni storiche sull’abbigliamento degli ebrei, molto meno che per egiziani e assiri. La ragione è che la nazione d’Israele non erigeva monumenti né poneva lapidi a ricordo di vittorie militari, con figure di personaggi da cui ci si possa fare un’idea della foggia dei loro abiti. Numerosi bassorilievi egizi e assiri, e anche di altre nazioni, illustrano l’abbigliamento di quei popoli, e in diversi compaiono prigionieri di varie nazionalità. Alcuni di questi si ritiene fossero ebrei, ma ciò non può essere provato. Sembra però ragionevole ritenere che alcuni capi di vestiario tuttora in uso in molte zone dei paesi biblici siano alquanto simili a quelli indossati secoli fa, poiché servivano allo stesso scopo, e certe usanze sono rimaste immutate per secoli. Tuttavia i reperti archeologici sembrano indicare che un tempo l’abbigliamento degli ebrei era più variopinto di quello dei moderni beduini arabi. Inoltre gli abiti indossati oggi dagli ebrei e da altri abitanti di quei paesi spesso hanno subito l’influenza della religione e delle usanze greche, romane e occidentali, tanto che possiamo farcene tutt’al più solo un’idea generale.
INDUMENTI
Il termine generico usato più spesso nelle Scritture Ebraiche è bèghedh. Altri termini erano usati a volte in senso generico, a volte applicati a specifici capi di vestiario.
Pare si portasse un indumento più intimo sotto forma di perizoma, o forse mutande, a contatto della pelle, poiché era una vergogna esporre la nudità assoluta. I sacerdoti dovevano indossare mutande di lino (ebr. Mikhnesàyim) per non essere indecenti quando prestavano servizio presso l’altare. I sacerdoti pagani a volte prestavano servizio nudi, cosa ripugnante per Geova. — Eso. 28:42, 43.
Il sadhìn (ebr.) era una “sottoveste” indossata sia dagli uomini che dalle donne. (Isa. 3:23) Alcuni ritengono si trattasse di qualche cosa da avvolgere intorno al corpo. Poteva essere indossato senza niente sopra da lavoratori come gli israeliti che fabbricavano mattoni in Egitto, o da pescatori, falegnami, taglialegna, acquaioli, ecc. Quando era
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