Il vero amore è pratico
“Non amiamo a parole né con la lingua, ma con le opere e in verità”. — 1 Giov. 3:18, NW.
1. Perché l’amore è una prova che Dio esiste, e quindi com’è dimostrato che la Sacra Bibbia è il suo Libro?
L’AMORE esiste, perché Dio esiste. Se non vi fosse amore, non vi sarebbe neppure Dio. L’esistenza dell’amore è la prova che Dio esiste. Il modo materialistico in cui gli scienziati moderni tentano di spiegare tutta la creazione è assolutamente privo d’amore e non potrà mai spiegare come venne all’esistenza quella qualità che opera e riscalda il cuore. Le loro teorie sulla creazione non fanno altro che dipingere un universo freddo, senza amore, senza scopo. La scienza severa, materialistica e mondana è il loro dio, l’idolo della loro adorazione, che non trova rispondenza nel cuore. Gli dèi pagani non sono meno privi d’amore. Essi sono dèi della passione, ma anche la loro passione sessuale non è vero amore. Una caratteristica di questi dèi che li rende privi d’amore è il diabolico, sadico piacere che si dice provino nelle orribili torture a cui sottoporrebbero nella vita futura le creature che non li abbiano serviti durante la vita attuale in questo mondo malvagio. Quale di questi dèi manifesta il principio dell’amore com’è manifestato dal vivente e vero Iddio nella sua Parola, la Sacra Bibbia? Fra tutte le religioni costruite intorno a questi dèi, quale fornisce esempi di amore come fa quella di Geova Dio mediante il suo Figlio Gesù Cristo? Neppure una! No, neppure una di tali religioni e della loro letteratura ha lo spirito veramente divino operante mediante essa come lo ha la Sacra Bibbia. Quindi la Bibbia dev’essere il Libro di Dio, perché insegna l’amore divino di cui è pervasa.
2. Perché il primo uomo e la prima donna avevano amore per Dio, ma che cosa troncò la crescita del loro amore per Dio e dell’uno per l’altro?
2 Come pervenne l’uomo a possedere questa qualità dell’amore? Per il fatto che fu dall’origine dono del Creatore, dono di Dio. Egli ne dotò l’uomo quando fu creato. Senza l’amore l’uomo perfetto in origine non avrebbe potuto esser fatto all’immagine e somiglianza di Dio. La donna fu il primo e più stretto prossimo dell’uomo, e l’uomo fu fatto per amarla. Il primo uomo palesò l’affezione che aveva per sua moglie illustrando l’affezione che tutti i futuri mariti avrebbero dovuto avere per le loro mogli, quando disse parlando della bella donna che Dio gli aveva dato: “Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie, e saranno una stessa carne”. (Gen. 2:23, 24) All’origine Adamo ed Eva avevano amore per Iddio; esso fu inculcato in loro. Ma essi troncarono la crescita del loro amore per lui e l’uno per l’altro lasciando che li possedesse un egoistico desiderio per qualcosa che Dio aveva vietato. Contrariamente alla sua volontà e al suo comandamento essi mangiarono del frutto del proibito albero della conoscenza del bene e del male. (Gen. 2:16 fino a 3:7) Questo condusse alla morte del loro amore per Dio. Quando pagarono poi la pena del loro peccato e ritornarono nella polvere, non potevano più esercitare la minima parte di tale qualità. (Eccl. 9:5, 6, 10) Inoltre, il loro peccato contro il loro Creatore e Padre celeste produsse un odiatore, un omicida, nel loro primo figlio, Caino. — Gen. 4:1-12.
3. Come parla la Bibbia di amore dal suo primo libro fino all’ultimo scritto?
3 L’amore di Dio sulla terra non scomparve con Adamo ed Eva. Si manifestò nuovamente col loro secondo figlio Abele, quando il suo sacrificio accettato da Geova Dio incitò il fratello Caino ad ucciderlo. (1 Giov. 3:12, 13) Circa duemila anni dopo, l’amore che Abrahamo ebbe per Dio più che per un unico figlio lo indusse ad offrire il suo diletto Isacco in sacrificio a Geova Dio. La narrazione di questo fatto si trova nel primo libro della Bibbia, al Genesi capitolo ventidue. Gli ultimi libri scritti da Giovanni come parte della Bibbia furono la narrazione della vita di Cristo e la prima, seconda e terza lettera ai Cristiani, e questi quattro libri parlano particolarmente di questa qualità divina e spiegano come deve essere manifestata. Quindi la Bibbia, dal suo primo libro fino all’ultimo ad essere scritto, ci parla dell’amore nella sua forma più pura.
4. Com’è descritta brevemente la più nobile espressione di amore, e per quale motivo questa espressione non fu barbara?
4 La forma più nobile di questa qualità è descritta da Gesù in Giovanni 3:16, 17 (NW) con le seguenti parole: “Poiché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque esercita fede in lui non sia distrutto, ma abbia vita eterna. Perché Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo, non perché giudicasse il mondo, ma perché il mondo fosse salvato mediante lui”. Negare il dono e il sacrificio dell’unigenito Figlio di Dio è negare Iddio, negare la pienezza del suo amore, negare la sua capacità di manifestare un amore così profondo. Il dono del suo Figlio in sacrificio non fu un atto di barbarie ma una manifestazione di affezione che non potrebbe essere sorpassata. I genitori che cedono i loro figli ad una guerra carnale e al pericolo che siano uccisi non pensano di essere barbari per il fatto che hanno sacrificato i loro figli qualora fossero uccisi in battaglia. Soffocano il loro dolore dicendo con patriottico orgoglio che i loro figli hanno pagato il sublime sacrificio per il loro paese. Che cosa diremmo, allora, di Dio? Egli vide la necessità di un sacrificio umano per il bene di uomini che avrebbero desiderato di vivere per sempre in un nuovo mondo, ma Dio non obbligò il suo Figlio a fare tale sacrificio. Il Figlio di Dio sacrificò volontariamente la sua vita, e questo senza sparare a qualcuno, senza minacciare la vita di nessuno o senza danneggiare qualsiasi persona, ma soltanto col desiderio di fare bene al genere umano. I suoi nemici erano barbari, non il Padre suo. Malgrado la sua innocenza malvagiamente lo uccisero.
5. Come questa espressione di amore fu praticissima, e che cosa significherebbe negare il sacrificio del proprio Figlio da parte di Dio, come se fosse barbaro?
5 Ha condannato Dio tutto il genere umano perché membri rappresentativi di esso compirono questa barbara azione? No. Egli accettò il volontario sacrificio della vita di suo Figlio, affinché questo fosse adoperato a favore di quelli che avrebbero apprezzato il valore e il significato dell’atto di Dio e di suo Figlio. Pertanto il suo supremo amore nel dare suo Figlio non fu inutile. Fu molto pratico. Il fedele sacrificio della vita umana recò pure al Figlio il premio di privilegi e onori immortali nel cielo, e il suo sacrificio servì per porre il fondamento di un puro e giusto nuovo mondo. Negare il sacrificio che Dio fece di suo Figlio come se fosse un atto di barbarie significa non conoscere Dio, e in realtà non amarlo, poiché Dio è amore. Questo significa ch’egli ne è interamente permeato e che lo esprime nel modo più perfetto. “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. Con questo l’amore di Dio è stato manifestato nel nostro caso, perché Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo affinché noi ottenessimo la vita per mezzo di lui. L’amore è in questo, non che noi abbiamo amato Dio, ma ch’egli amò noi, e mandò suo Figlio come sacrificio propiziatorio per i nostri peccati”. — 1 Giov. 4:8-10, NW.
6. Perché è ragionevole che Dio ci comandi di amarlo e di amarci l’un l’altro, e chi dobbiamo includere nel nostro amore?
6 Poiché Dio arrivò fino a questo punto nell’esprimere questa qualità verso noi, è più che ragionevole ch’egli ci comandi di esprimerla verso lui e fra noi stessi. Fra tutte le religioni di questo mondo, qual è la religione il cui dio comandi di imitarlo amando? Nel terzo libro della Bibbia, in Levitico 19:18, leggiamo: “Non ti vendicherai, e non serberai rancore contro i figliuoli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono l’Eterno [Geova]”. Non solo i fratelli, ma anche gli stranieri devono ricevere questo riguardo, poiché il comando da Dio dato al suo popolo fu: “[Dio] fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito. Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto”. (Deut. 10:18, 19) Dio vuole che anche ai nemici sia palesato che il rendere male per male non è il miglior metodo, poiché egli comanda: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli dell’acqua da bere; ché, così, raunerai dei carboni accesi sul suo capo, e [Geova] ti ricompenserà”. (Prov. 25:21, 22) Anche se il nemico così trattato non sente cocente rimorso e non diventa vostro amico, Geova vi ricompenserà tuttavia per aver ubbidito al suo comando.
7. Perché abbiamo urgente bisogno di tali istruzioni di Dio?
7 Noi abbiamo assoluto bisogno di queste divine istruzioni, perché esse non fanno parte delle religioni di questo mondo, e noi abbiamo tendenza per eredità ad essere egoisti, avidi, sgarbati, invidiosi, gelosi, maligni, spietati, vendicativi, e il grande Odiatore tenta di renderci tali. “Dio è amore”. Satana il Diavolo è odio. Egli tenta di renderci a sua somiglianza quali suoi figli, precisamente come rese Caino. “I figli di Dio e i figli del Diavolo sono manifestati da questo fatto: chiunque non pratica la giustizia non procede da Dio, né colui che non ama il suo fratello. Perché questo è il messaggio che avete udito dal principio, che dovremmo avere amore l’uno per l’altro; non come Caino, il quale ebbe origine dal malvagio e massacrò il suo fratello. E per quale motivo lo uccise? Perché le sue opere eran malvage, ma quelle del suo fratello erano giuste”. — 1 Giov. 3:10-12, NW.
8. Quale legge viola il favoritismo in una congregazione e perché?
8 Sebbene Abele fosse suo fratello e quindi suo stretto prossimo, Caino cominciò a odiarlo. In questo mondo non è insolito che una persona non abbia i migliori sentimenti verso il suo prossimo, anche verso uno della propria famiglia o congregazione. Il favoritismo verso qualche prossimo e l’arrogante disprezzo verso qualche altro potrebbe esistere o crearsi mediante l’egoismo. Questo è contrario a una delle due più grandi leggi. Raccomandando ai cristiani fiacchi di cessare di violarla col favoritismo, il discepolo Giacomo scrisse: “Se adempite la legge reale, secondo che dice la Scrittura: Ama il tuo prossimo come te stesso, fate bene”. (Giac. 2:1-8) Questo significa amare il prossimo povero come si ama il ricco senza usare da parte vostra qualsiasi favoritismo con la speranza di ottenere egoistico guadagno oppure con l’idea che i ricchi meritino trattamento migliore. Non amiamo noi stessi meno che un ricco perché potremmo essere poveri. La legge che prescrive di amare il prossimo come se stesso è “reale”. Che cosa è dunque la legge maggiore, la legge di amare Dio con tutto quanto siamo e possediamo? Da questo comando che abbraccia tutto dipende l’intera Bibbia. (Matt. 22:35-40; Rom. 13:8; Gal. 5:14) Il resto della Bibbia mostra come dobbiamo mettere in azione l’amore per Dio e l’amore per il prossimo. “Tutte le cose vostre sian fatte con carità [amore]”. (1 Cor. 16:14) Mostrar parzialità che produce discriminazione significa mancanza di amore verso il prossimo povero e disubbidienza alla legge reale. Non conduce ai migliori risultati, perciò non è pratico.
9. Perché non amiamo Dio in modo pratico, se violiamo la legge di amare il prossimo?
9 Dio vuole che il nostro amore per lui non sia sentimentale e formale, ma vuole che sia qualcosa di pratico, che si esprima verso il suo popolo, i suoi figli, i nostri fratelli cristiani. “Se uno dice: Io amo Dio, e odia il suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama il suo fratello che ha veduto, non può amar Dio che non ha veduto. E questo è il comandamento che abbiam da lui: che chi ama Dio ami anche il suo fratello”. (1 Giov. 4:20, 21) La parzialità contro i fratelli poveri non è in armonia con questo comandamento. Quindi non possiamo osservare il più grande dei comandamenti, di amare Dio con tutto quanto siamo e possediamo, e al tempo stesso violare il secondo più grande comandamento, quello reale, di amare il prossimo.
“NON AMIAMO A PAROLE NÉ CON LA LINGUA”
10. Perché dobbiamo stare in guardia contro quelli che esprimono ipocritamente amore a parole e con la lingua?
10 Non dobbiamo amare a parole e con la lingua? No; vale a dire, non in maniera ipocrita, in maniera che smentisca quello che diciamo. Molto amore ipocrita è espresso a parole e con la lingua. Quelli che sono incitati a tali espressioni hanno generalmente uno scopo egoistico e cercano qualche interesse, anche se ciò significa infrangere l’unità di una congregazione. L’apostolo Paolo avverte: “Con parlar dolce e discorso lusinghevole seducono il cuore dei semplici”. (Rom. 16:18, NW) Questo è il modo usato da quelli che si sono allontanati dall’organizzazione teocratica per avvicinarsi a quelli che sono fedeli ad essa. Le parole tradiscono! Il re Davide ebbe, a proposito di simili parole, un’esperienza con Ahitofel che abbandonò l’unto re di Geova per cercare egoistici interessi presso il ribelle Absalom. In merito a questo infedele consigliere Davide scrisse: “Ma sei stato tu, l’uomo ch’io stimavo come mio pari, il mio compagno e il mio intimo amico. Insieme avevamo dolci colloqui, insieme ce n’andavamo tra la folla alla casa di Dio. La sua bocca è più dolce del burro, ma nel cuore ha la guerra; le sue parole son più morbide dell’olio, ma sono spade sguainate”. (Sal. 55:13, 14, 21) Se non vediamo dietro la maschera di una persona, le parole con cui pretende di amarci ci disarmano dal timore che abbiamo di lei e potremmo essere ingannati dal suo affabile e ipocrita discorso. Per assicurare la nostra protezione spirituale dobbiamo essere addestrati onde smascherare l’ipocrisia e badare che non veniamo ingannati. (Mar. 12:15-17; Luca 20:20-25) E come non desideriamo essere ingannati noi stessi non desideriamo ingannare altri con ipocrite espressioni a parole e con la lingua.
11. Come possiamo noi, a somiglianza di Paolo, raccomandarci ad altri, e perché l’amore non ci rende nulla se è ipocrita?
11 L’amore che dobbiamo coltivare dev’essere “l’amore di un cuor puro e di una buona coscienza e di fede senza ipocrisia”. (1 Tim. 1:5, NW) Il comando dice: “Il vostro amore sia senza ipocrisia”. Non dovremmo corrompere la purezza della nostra affezione fraterna: “Ora che avete purificato le vostre anime con la vostra ubbidienza alla verità mediante un amore fraterno senza ipocrisia, amatevi l’un l’altro di cuore e ardentemente”. (Rom. 12:9; 1 Piet. 1:22, NW) Con la purezza e sincerità a questo riguardo possiamo raccomandarci ad altri, in modo che non abbiano timore di intenzioni cattive da parte nostra. Paolo fece questo. Egli scrisse: “Ma in ogni modo noi ci raccomandiamo come ministri di Dio, . . . con benignità, con spirito santo, con amore senza ipocrisia, con discorso verace”. (2 Cor. 6:4, 6, 7, NW) L’amore ipocrita rende chi lo possiede una nullità, una persona indegna. Questa non è la qualità migliore quando è paragonata alla fede e alla speranza. È la cosa peggiore, perché è una contraffazione della cosa più grande. È giustissimo che gl’ipocriti subiscano il giudizio della Geenna. Quelli della classe dello “schiavo malvagio” che maltrattano i loro fratelli sono cacciati fuori dal Signore, per aver la loro parte con gl’ipocriti. — Matt. 24:48-51; 23:3, 29, 33; 1 Cor. 13:2, 13.
12, 13. Pur evitando l’ipocrisia, che cosa dobbiamo evitare di fare a parole e con la lingua, e come potrebbe essere pratica la parola?
12 Ma mentre evitiamo l’ipocrisia a parole e con la lingua dobbiamo cercare di evitare di ferire e offendere senza necessità altri a parole e con la lingua a causa della nostra franchezza. Per esempio, una congregazione invita un oratore estraneo a pronunciare un discorso pubblico. Quando egli arriva per svolgere il suo incarico il servitore di congregazione o il presidente viene a sapere che il suo discorso è stato scritto per esteso e che lo leggerà. Di fronte a questo fatto il servitore o il presidente potrà dire: “Un discorso scritto! Vedi, qui il pubblico non vuole ascoltare un discorso letto. Le persone vogliono udire un discorso estemporaneo”. Oppure potrebbe dire: “Sono sicuro che hai impiegato molto tempo a comporre questo discorso e che sarà molto buono. Abbiamo fiducia che lo leggerai il meglio possibile e che renderai il manoscritto vivo per noi con l’eloquenza che saprai usare”.
13 In tali circostanze il primo commento avrebbe tendenza a scoraggiare il lettore pubblico prima ancora che cominci a leggere, spegnendo il fuoco e l’entusiasmo ch’egli aveva provato al solo pensiero di leggere il suo manoscritto accuratamente preparato. Conseguentemente la sua lettura verrebbe fatta in modo timido, fiacco, inferiore, privo di zelo. Il secondo commento mostrerebbe che la preparazione fatta dal fratello nel comporre il suo manoscritto e nel mettersi in grado di pronunciarlo è apprezzata e questo lo incoraggerebbe a fare la migliore presentazione possibile in modo che l’uditorio quasi non si accorga che sia letto e ne tragga il massimo beneficio e ne abbia il massimo apprezzamento. Terminato il discorso, il servitore o presidente potrebbe esprimere il suo proprio vero apprezzamento e offrire il suggerimento: “Fratello, vorremmo anche sentirti pronunciare qualche volta un discorso pubblico estemporaneo. Occorre un po’ più di coraggio per questo, ma approfondendo il tuo soggetto e con molto materiale, sappiamo che potrai farlo. Saremo lieti di darti l’opportunità di farne una prova”. Il secondo tipo di commento è pertanto quello pratico e ragionevole.
14. Quali parole dette in presenza di altri non sarebbero giudiziose, e come si potrebbe dire parole incoraggianti nel caso di una debole partecipazione di volontari per il servizio?
14 In un altro caso, uno dei servitori di congregazione potrebbe parlare all’adunanza di servizio, il giovedì o venerdì sera. Egli parla delle disposizioni per il servizio di campo stabilite per la settimana successiva. Suggerisce un certo tipo di servizio di campo per una certa sera libera. Ora, quanti membri della congregazione prenderanno parte a questa attività per quella sera? Alzino la mano per piacere. Si alzano quattro mani in un uditorio di oltre cinquanta persone. Pensando di svergognare la maggioranza e incitare una maggiore partecipazione all’attività, il servitore potrebbe dire: “Quindi soltanto quattro sostengono l’organizzazione?” Un tale commento non sarebbe giudizioso. Certamente susciterebbe risentimento a motivo della sua sconsideratezza. La cooperazione nell’attività dell’organizzazione non si misura dalla speciale attività proposta improvvisamente alla congregazione quella sera. Che cosa potranno fare tutti i proclamatori durante il resto della settimana nelle attività regolari di campo? Questo si deve tener presente. Quindi il commento più saggio sarebbe: “Ebbene, siamo lieti che quattro abbiano deciso adesso. Se qualcun altro potrà in seguito disporre per unirsi ai quattro in questa attività per quella sera particolare, sarò lietissimo di saperlo. Comunque tutti gli altri proseguano fedelmente nelle regolari attività la settimana entrante”. Questo commento non ci farebbe sbagliare nelle parole e non offenderebbe né urterebbe alcuno degli ascoltatori, ma sarebbe d’incoraggiamento per tutti.
15, 16. Come dovrebbero essere trattati gli anziani nella verità o per età e come agì Paolo verso Pietro a causa della sua condotta incoerente?
15 Esiste il modo dovuto di svergognare le persone allo scopo di spingerle a compiere atti giusti. (2 Tess. 3:14, 15; Tito 2:8; 1 Piet. 3:16) Ma non siate mai sarcastici. Considerate inoltre da quanti anni la persona è nella verità oppure la sua età fisica. “Non criticare severamente un anziano. Al contrario, supplicalo come un padre, i giovani come fratelli, le donne anziane come madri, le giovani come sorelle con ogni castità”. (1 Tim. 5:1, 2, NW) Voi potrete pensare che una persona già avanti nell’età o nella verità si sia infiacchita o che non osservi le regole. Non insultatela comparandola apertamente a qualche cosa odiosa o a una classe religiosa odiosa, pensando in questo modo di correggerla o di ricordarle le sue manchevolezze. Con simili osservazioni potreste farle un gran male e potreste offenderla dolorosamente. Azione movimentata e giovanile non significa sempre che molto viene fatto, né un attempato e lento passo significa che viene eseguito poco quando si prosegue nel servizio con paziente costanza e regolarità. Perciò non siate severi nel criticare o nel confrontare. Se ritenete dover fare qualche commento, usate tatto. Si noti con quale tatto Paolo trattò Pietro (più anziano di lui nella verità) per la sua condotta che non era in armonia con la sua fede illuminata ma sembrava ipocrita per paura dei Giudei circoncisi.
16 Riferendo come adoperò tatto, Paolo dice: “E gli altri Giudei si misero a simulare anch’essi con lui; talché perfino Barnaba fu trascinato dalla loro simulazione. Ma quando vidi che non procedevano con dirittura rispetto alla verità del Vangelo, io dissi a Cefa in presenza di tutti: Se tu, che sei Giudeo, vivi alla Gentile e non alla giudaica, come mai costringi i Gentili a giudaizzare?” (Gal. 2:11-14) Pietro comprese l’argomento ma non ne fu offeso.
17. Come possiamo evitare difficoltà per l’anima nostra mediante la nostra condotta a parole e con la lingua?
17 Il proverbio dice saggiamente: “Chi custodisce la sua bocca e la sua lingua preserva l’anima sua dalle distrette”. (Prov. 21:23) Questo significa pure trattenere la bocca e la lingua da chiacchierare sui fatti altrui, specialmente da sparlare e criticare avversamente le attività personali e private di altri, giudicando sovente altri secondo l’opinione personale sui requisiti e non secondo la migliore interpretazione della Parola di Dio. Alcuni, dato che la battaglia di Harmaghedon è così vicina, potrebbero meravigliarsi e alzare le mani con espressione di orrore sapendo che altri fratelli e sorelle si sposano in questi giorni o che qualche sorella sposata è incinta. Ma è questo orrore, apertamente manifestato e apertamente dichiarato, fondato su un giusto punto di vista e intendimento delle Scritture relativamente a questi ultimi giorni e all’imminenza di Harmaghedon? No. Generalmente il pettegolo, lo sparlatore, il critico impetuoso fa quello che prima biasimava, e quindi si troverà in difficoltà nelle spiegazioni, in difficoltà nelle giustificazioni, in difficoltà per il dolore di vedere il male che ha fatto a quelli nella verità e nell’organizzazione di Dio che sono stati offesi. Vi è un modo pratico per evitare tali difficoltà: trattenete la vostra bocca e lingua e penna.
18. In quali casi l’astenersi dall’adoperare la lingua manifesta mancanza d’amore?
18 Certamente, allora, noi dobbiamo amare a parole e con la lingua. Ora in questo tempo di giudizio per le nazioni è la stagione delle stagioni in cui dovremmo adoperare la parola e la lingua in modo corretto e in cui trattenere le parole appropriate sarebbe disubbidienza. Non è questo il tempo nel quale Iddio ci comanda di predicare la buona notizia del Regno in tutta la terra abitata a scopo di testimonianza a tutte le nazioni? Gesù Cristo dice di sì. (Matt. 24:14) Non è questa la stagione di dare un fedele consiglio a quelli che sono in pericolo di essere distrutti in questo giorno di giudizio e ad Harmaghedon? Sì. Quanto bene mancheremmo di fare trattenendoci dal pronunciare una parola al momento opportuno mentre la nostra lingua ha il potere e l’occasione di pronunciarla! “Com’è buona una parola detta a tempo!” “Le parole dette a tempo sono come pomi d’oro in vasi d’argento cesellato”. (Prov. 15:23; 25:11) Se dobbiamo fare un rimprovero a tempo debito, affinché sia detto opportunamente dev’esser dato con amore. Mancare di rimproverare a tempo dovuto potrebbe manifestare mancanza di amore nell’uso della parola e della lingua. (Prov. 6:23) “Chi risparmia la verga odia il suo figliuolo, ma chi l’ama, lo corregge per tempo”. “[Geova] riprende colui ch’egli ama”. — Prov. 13:24; Ebr. 12:6; Prov. 3:12; 27:5.
19. Dobbiamo noi dunque amare a parole e con la lingua? Se sì, come?
19 I membri di una congregazione devono parlare della Parola di Dio l’uno all’altro, edificarsi spiritualmente, confortarsi e incitarsi ad avanzare nella retta condotta. Il seguente consiglio ci istruisce sul modo di adoperare rettamente la parola e la lingua: “Voi, diletti, edificandovi sulla vostra santissima fede, e pregando con spirito santo, mantenetevi nell’amore di Dio”. E ancora: “Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole”. (Giuda 20, 21, NW; 1 Tess. 4:18) Gli oratori che hanno l’incarico devono predicare la Parola alle congregazioni, e tutti i membri delle congregazioni devono predicare la Parola a tutti gli abitanti del paese. L’amore non si deve manifestare solo parlando, ma l’amore dev’essere manifestato con la cura che usiamo nella scelta delle nostre parole, nella maniera di esprimerci e nelle illustrazioni: “Il vostro parlare sia sempre con grazia condito con sale, per sapere come dovete rispondere a ciascuno”. (Col. 4:6) La lingua dev’essere adoperata, non come fuoco acceso dalla Geenna per provocare l’eterna distruzione dei nostri ascoltatori in quel simbolico lago di fuoco e zolfo, ma come la “lingua dei savi” che trasmette agli ascoltatori salute mentale e spirituale. (Prov. 12:18; Giac. 3:5-8) Sia la nostra lingua lo strumento delle parole di vita; siano le pagine stampate, i sermoni stampati che porgiamo, parole di vita, espresse in termini biblici che conducono alla salvezza. Non v’è da discutere: dobbiamo amare a parole e con la lingua, e dobbiamo farlo verso Dio come pure verso il nostro prossimo.
“CON LE OPERE E IN VERITÀ”
20. Che cosa vuol dire quindi l’apostolo in 1 Giovanni 3:18?
20 Quello che l’apostolo Giovanni vuol dire con l’espressione: “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con le opere e in verità”, è che non dobbiamo amare soltanto a parole e con la lingua, specialmente quando è il momento di compiere fatti, azione, di mettere in pratica quello che diciamo a parole e con la lingua. (1 Giov. 3:18, NW) Tale è la conclusione che si trae dal versetto immediatamente precedente (17), che dice: “Se uno avrà dei beni di questo mondo e vedendo il suo fratello nel bisogno, gli chiuderà il proprio cuore, come potrebbe la carità [l’amore, Co] di Dio abitare in lui?” (1 Giov. 3:17, Ti) Quello che potrà dire a parole e con la lingua non potrà nascondere il fatto ch’egli non ha mostrato amore verso Dio né verso il suo più stretto prossimo, il suo fratello cristiano.
21. Come l’amore corrisponde alla fede?
21 Questo ci ricorda l’illustrazione fatta da Giacomo di ciò che è la fede vivente: “Che giova, fratelli miei, se uno dice d’aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un fratello o una sorella son nudi e mancanti del cibo quotidiano, e un di voi dice loro: Andatevene in pace, scaldatevi e satollatevi; ma non date loro le cose necessarie al corpo, che giova? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta”. (Giac. 2:14-17) Questa illustrazione si applica similmente all’amore. L’amore vivo deve avere le opere. Perché sia quello vero, dev’essere messo in evidenza, non solo a parole e con la lingua quando queste sono a buon mercato e non costano che un po’ di fatica della lingua, ma con le opere, con azioni altruistiche, col dare a spese di noi stessi e senza aspettare qualche contraccambio.
22. Che cosa l’amore ci spronerà a fare verso quelli che ci servono, e in che cosa l’amore prenderà l’iniziativa?
22 È semplice citare passi delle Scritture sull’amore e discorrerne davanti a un uditorio, ma metterlo in pratica quando costa qualche cosa alla carne e ai suoi beni è un’altra cosa. Questa è la prova più sicura della veracità dell’amore dichiarato. A volte può rendersi necessario consumare un po’ di energia per fare qualcosa per altri invece di essere sempre serviti. Questo non ci permetterà di essere arroganti, di darci delle arie e di aspettarci di essere serviti, per merito della nostra posizione o istruzione o ricchezza materiale, senza offrire in ritorno almeno qualche aiuto. Quando si tratta di fare qualcosa per altri, dovremmo cercare di essere i primi a render servizio. “Quanto all’amor fraterno, siate pieni d’affezione gli uni per gli altri”. (Rom. 12:10) Così fece Gesù. Non pronunciò parole inutili quando disse: “Chi vuol divenire grande fra di voi dev’essere vostro ministro, e chi vuol essere primo fra di voi dev’essere vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua anima come riscatto in cambio di molti”. (Matt. 20:26-28, NW) Cercando di prendere l’iniziativa nel renderci onore l’uno all’altro quali servitori di Dio eviteremo di diventare un peso morto, al punto che la gente si stanchi di averci vicino come ospiti dopo un certo periodo di tempo. Dobbiamo cercare di sollevare il popolo dai suoi gravami in modo da affrancarlo e permettergli di dedicare maggior tempo alle cose spirituali delle quali tanto esso quanto noi abbiamo bisogno.
23, 24. Come possiamo esprimere amore per l’intera associazione di fratelli, e come la ricerca della solitudine potrà condurre al disastro?
23 Qualche volta i fratelli potranno essere un peso per voi, non finanziariamente o fisicamente, ma con la loro condotta, le loro debolezze e la loro immaturità cristiana. Ma l’amore può sopportare questo. “Abbiate amore per l’intera associazione dei fratelli”. (1 Piet. 2:17, NW) Questo non significa solo pregare per tutti i fratelli in tutta la terra e cercare di aiutare quelli che sono in qualche territorio difficile. Significa sopportare i fratelli nella propria congregazione malgrado i loro falli e le loro manchevolezze, non stancarsene perdendo la pazienza. La nostra stretta, regolare associazione non deve creare disprezzo solo perché riusciamo a conoscere i nostri conservi come un libro letto e riletto. Durante un’esplorazione antartica del 1939 il comandante della spedizione espresse il desiderio di essere assegnato solo ad un posto avanzato per fare osservazioni scientifiche durante la lunga notte invernale. Perché? Ebbene, egli disse, due uomini potrebbero essere i migliori amici, ma mettendoli insieme uno vicino all’altro, costringendoli a sedersi uno davanti all’altro e guardarsi in faccia per molto tempo, finalmente si stancheranno e si annoieranno uno dell’altro, si sentiranno oppressi e infine non potranno sopportare la vista e la presenza uno dell’altro. Perciò lasciatemi occupare il posto d’osservazione da solo!
24 Poco mancò che questo fosse fatale per lui. Egli fu quasi soffocato dai fumi della sua lampada, e, quando non giunsero più le sue radio comunicazioni, una squadra di salvataggio fu inviata dalla base di operazioni, e questa riuscì a trovare il suo rifugio sepolto sotto la neve, scavò nella neve e lo trasse fuori ancora in vita, appena in tempo. Non è meno pericoloso per i Cristiani isolarsi volontariamente nella solitudine, stancandosi, annoiandosi dell’associazione con i fratelli e preferendo l’isolamento o l’associazione con gli animali o, peggio ancora, l’associazione con questo mondo. Questa solitudine potrebbe infatti condurre alla pazzia, a una pazzia spirituale, poiché ci separa dall’organizzazione teocratica dove riceviamo il nutrimento, la guida e la protezione di Geova, e quindi ci conduce alla distruzione.
25. Perché la nostra stretta associazione non deve generare disprezzo, e perché, se esiste l’amore, non potremo tenerci separati?
25 Nel mondo potrebbe esser vero che tale stretta associazione e familiarità crei il disprezzo. Ma il mondo non ha lo spirito di Geova. Noi della sua società del Nuovo Mondo l’abbiamo. Il suo frutto è l’amore vero. Se amiamo sinceramente l’intera associazione dei fratelli non saremo in grado d’isolarci da loro. L’amore cerca costantemente l’oggetto del suo affetto; non può star da solo. Se un giovane ha una consumante passione per una giovane, si provi pure a tenerlo lontano da lei. In un modo o nell’altro egli riuscirà a vederla e a comunicarle il suo affetto. Questa, dice il saggio, fu una delle quattro cose troppo maravigliose per essere comprese da lui: “la via di un uomo con una giovane”. (Prov. 30:19, AS) Così dobbiamo essere con i nostri fratelli. Non possiamo, di nostra propria scelta, allontanarci da loro, e questo non solo perché Dio comanda che non abbandoniamo le adunanze con loro. Dobbiamo associarci con loro, e dobbiamo farlo con idee positive, per fare bene ad altri, per essere utili, e non solo per trarne beneficio personale, col solo fine di ricevere. I missionari che vivono insieme nella stessa casa missionaria o quelli che lavorano nello stesso gruppo dovrebbero accrescere l’apprezzamento reciproco, sopportarsi a vicenda in tempi di difficoltà, e sostenersi l’un l’altro, poiché due che cooperano insieme sono sempre meglio che uno solo. (Eccl. 4:9-12) I missionari hanno bisogno uno dell’altro nell’attività di campo. Dovrebbero cercare di proteggersi l’un l’altro da pericoli locali. Tutto questo, che potrebbe in qualche modo andare a detrimento dei loro sentimenti personali, essi dovrebbero fare nell’interesse dell’opera, per edificare una congregazione locale di nativi testimoni di Geova.
26, 27. Come la partecipazione ad un’adunanza potrebbe essere un semplice e formale amore per Dio, e come dobbiamo trar vantaggio dalle adunanze e dall’essere insieme?
26 Non possiamo permetterci d’ignorare i nostri fratelli nella società del Nuovo Mondo. Non vi è motivo né scusa per la condotta descritta nella seguente citazione da una lettera ricevuta dalla Società: “Potrei dir molto di più, ma devo limitarmi al motivo per cui scrivo. Vi prego di rispondere ne La Torre di Guardia. È mai possibile che un consacrato testimone di Geova si sieda per anni con altri testimoni nella stessa Sala del Regno, sul medesimo banco, fianco a fianco, cammini vicino, non per mesi, ma per anni, e non rivolga mai una parola alla propria sorella o al proprio fratello? Neppure un cenno di saluto? E quando è fatto uno sforzo per parlare l’individuo gira le spalle senza rispondere. Mostra questo amore per il prossimo? Gesù esortò: ‘Amatevi l’un l’altro’, ecc. Malgrado la razza o il colore, la gran moltitudine non è divisa”.
27 Colui che la lettera descrive potrà pensare che frequentando l’adunanza alla Sala del Regno egli manifesta amore per Dio; ma non si rende conto che un tale amore per Dio è incompleto, è semplicemente formale, poiché non si mostra l’amore per lui quando non si osserva il suo comandamento di amare il prossimo come se stesso. Noi dovremmo sostenere le adunanze, non solo frequentandole, ma prendendovi parte quando se ne presenta l’opportunità. Dopo l’adunanza, associatevi con quelli che sono nella sala, prestando attenzione a quelli che sembrano essere stati trascurati. In tal modo trarrete maggiore felicità dall’adunanza col dare ad altri mentre siete là. Cercate di non essere in ritardo, specialmente ai discorsi pubblici. Se arrivano estranei in anticipo dà una cattiva impressione se vedono molti posti vuoti e osservano che membri della congregazione arrivano in ritardo. Le sedie vuote potrebbero anche essere un’aperta testimonianza per essi che i membri della congregazione non assistono alle loro stesse adunanze. Se siete obbligati ad andare da soli nel servizio di campo, fatelo. Ma, se è possibile, partecipate al servizio in comitiva. Edificate altri che diventeranno poi vostri compagni, affinché sviluppino maggiore capacità nella predicazione di porta in porta e di negozio in negozio. Aiutate i deboli a ricevere forza e i forti a manifestare il vostro zelo. Date e riceverete maggior felicità. — 1 Re 1:1-4.
ANCHE CON LA MENTE
28. Contro che cosa dobbiamo vigilare riguardo allo stato della nostra mente, e quale ne è l’antidoto?
28 La mente è un fattore dinamico per mezzo del quale esprimiamo o respingiamo l’amore verso altri. Dobbiamo vigilare sullo stato della nostra mente, affinché non sia negativa, concentrata su se stessa, egoistica, interamente assorbita dalla propria persona o dall’idea di essere un fastidio ad altri, e quindi inducendoci a desiderare di essere soli con i nostri pensieri. L’antidoto dell’apostolo per un tale disordine mentale è il seguente: “Avendo ciascun di voi riguardo non alle cose proprie, ma anche a quelle degli altri. Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù”. (Filip. 2:4, 5) Valendoci di questo antidoto saremo incoraggiati ad operare altruisticamente verso altre persone nella società del Nuovo Mondo. Questo non dovrebbe essere troppo difficile. Poiché Cristo nel suo sermone sul monte ci comandò di amare anche i nostri nemici e di far loro del bene, quanto più dovremmo amare quelli che ci amano, i nostri fratelli nella famiglia di Dio! Siate dispensatori amorevoli.
29. Che cosa ci dice 1 Corinzi 13:5 (NW) di non fare? D’altra parte, che cosa potrebbe succedere secondo Proverbi 18:19?
29 Descrivendo come opera questa qualità divina, 1 Corinzi 13:5 (NW) dice: “Non tiene conto dell’offesa”. In parole semplici, non serbate rancore contro un fratello spirituale. Se qualcuno fa ciò ostinatamente, potrebbe diventare tanto inconciliabile quanto il fratello offeso descritto in Proverbi 18:19: “Un fratello offeso è più inespugnabile d’una città forte; e le liti tra fratelli son come le sbarre d’un castello”. “Un fratello alienato è peggiore di una città forte, e le contese sono simili alle sbarre di un palazzo”. (Ro) Sì, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, un fratello rifiuterà di palesare affetto familiare e di perdonare al suo proprio fratello carnale, evidentemente ritenendo che suo fratello non avrebbe dovuto offendere o danneggiare colui che gli è così vicino come il proprio fratello.
30. Quali esempi di questo fatto troviamo in Caino ed Esaù?
30 Caino non perdonò mai a suo fratello Abele di averlo innocentemente messo nell’ombra quando si trattava di guadagnarsi il favore di Dio; egli sentì probabilmente che era stato fatto un affronto alla sua posizione di primogenito e il suo orgoglio ne fu ferito. Esaù meditò di uccidere suo fratello Giacobbe perché questi aveva fatto dei passi per ottenere dal loro padre Isacco la primogenitura legalmente acquistata, secondo il decreto di Dio. Giacobbe abbandonò la casa per permettere che l’ira di suo fratello si calmasse. Al suo ritorno anche dopo vent’anni di assenza Giacobbe non era sicuro del perdono di Esaù, e si fece precedere da un dono dopo l’altro con la speranza che questi doni insieme alla lunga assenza avrebbero addolcito suo fratello facendo che dimenticasse e l’avrebbero reso più ragionevole. Fortunatamente, così avvenne, ma per questo occorse molto tempo, venti anni. Cosa diremo dell’assedio d’una città forte per tanto tempo, per poterla conquistare? — Gen. 25:20-34; 27:1-45; 31:36-41; 32:3 fino a 33:11.
31. (a) Quali esempi di questo fatto si trovano in Joab e Absalom? (b) Come si potrebbe così perdere l’opportunità di imitare Dio, e chi viene quindi danneggiato?
31 Il generale Joab ebbe rancore contro il suo fratello israelita, il generale Abner, perché questi aveva ucciso suo fratello Asael in tempo di guerra civile, e finì per uccidere Abner con uno stratagemma. (2 Sam. 2:18-23; 3:26-39) Absalom, figlio del re Davide, non perdonò mai al suo fratellastro Amnon di aver violato sua sorella Tamar, ma dopo due anni di attesa progettò uno stratagemma e fece uccidere Amnon. (2 Sam. 13:1-29) Quindi i fratelli nella società del Nuovo Mondo devono guardarsi dal nutrire risentimento, tenere il broncio, mostrarsi irritati, rimuginare continuamente nella mente le offese, reali o immaginarie, diventando sempre più freddi e duri contro un fratello considerato offensore. Il fratello accusato della trasgressione o colpevole di essa potrebbe tenere la condotta stabilita da Gesù in Matteo 18:15-17. Ma il fratello persiste nella sua ostinatezza e rifiuta la riconciliazione; non vuole che l’offensore se la cavi troppo facilmente, anche se è un fratello spirituale. Egli preferisce rendere la lite infrangibile come le sbarre delle porte di un castello. In questo modo non accetta l’opportunità di imitare Dio: “Ma siate buoni gli uni verso gli altri, teneramente compassionevoli, perdonandovi liberamente a vicenda come Iddio vi ha liberamente perdonati per mezzo di Cristo. Perciò, diventate imitatori di Dio, come figli diletti”. (Efes. 4:32; 5:1, NW) La persona che egli danneggia è principalmente se stesso.
32. Qual è la condotta migliore da tenere verso un fratello ritenuto offensore, e a chi principalmente è recato beneficio? Perché?
32 Con questo spirito di non voler perdonare e riconciliarsi egli tende a indebolire il suo fratello, a ostacolarlo spiritualmente. È molto meglio perdonare, sistemare le contese e dispute ed aiutare il fratello ad essere come una città forte, secondo come taluni traduttori moderni preferiscono rendere il passo di Proverbi 18:19: “Un fratello aiutato è simile a una città forte, ma le dispute sono simili alle sbarre di un castello”. (RS) “Un fratello aiutato da un fratello è simile ad una città fortificata; rimane saldo come le sbarre di un castello”. (AT; Bover-Cantera) Noi abbiamo la responsabilità e il privilegio di edificare il nostro fratello concedendo il perdono, se necessario, e così aiutarlo ad essere forte e invulnerabile dal nemico, in grado di resistere come le sbarre di un castello contro tutti gli assalti di questo mondo. In tal modo un Cristiano reca beneficio a se stesso come lo reca al suo fratello spirituale. “L’uomo benigno fa del bene a se stesso, ma il crudele tortura la sua propria carne”. (Prov. 11:17) Ricordiamoci che Gesù disse: “Felici i misericordiosi dato che a loro sarà mostrata misericordia. Perché se perdonerete agli uomini i loro falli, anche il vostro Padre celeste vi perdonerà i vostri peccati, ma se non perdonerete agli uomini, nemmeno il Padre vostro vi perdonerà le vostre mancanze”. (Matt. 5:7, NW; Matt. 6:14, 15, Ti) Non val forse la pena di guadagnarsi il perdono di Dio? Questo significa per noi vita eterna nel nuovo mondo.
33. Come possiamo anche risparmiare a noi stessi dolori e prove e non permettere che le nostre buone relazioni con un altro fratello siano guastate?
33 Noi risparmiamo a noi stessi molti dolori e prove personali se non siamo irascibili, sensibili, facilmente offesi. Non immaginatevi d’essere il bersaglio delle altrui osservazioni e di essere criticati a torto, tanto da essere offesi e sentirvi feriti. Se avete qualche dubbio al riguardo, rivolgetevi a colui che ha parlato. Non precipitatevi a trarre conclusioni, pensando male della persona che ha parlato e inasprendovi contro di essa. Se le sue osservazioni vi toccano, potrebbero aver toccato anche altri, o l’oratore avrebbe potuto aver in mente qualcun altro. Quindi accettate con umiltà il beneficio delle sue osservazioni insieme con gli altri. Che cosa pensereste se l’oratore venisse direttamente a voi e vi dicesse: “Siete proprio voi”? Questo avrebbe indiscutibile significato per voi, ma, sebbene vi offenda, sarebbe sempre qualcosa da riconoscere come giusto, o da respingere se è falso. Un dignitario reale, superiore a voi, accettò il rimprovero; fu il re Davide. Senza sentirsi affatto offeso e senza punire il suo intrepido accusatore, il profeta Nathan, egli ammise di essere colui che corrispondeva all’illustrazione di Nathan e si pentì. Questo atto gli fece del bene e lo condusse alla riconciliazione con Geova Dio. (2 Sam. 11:1 fino a 12:15; Prov. 28:13) Perciò umiliatevi ad accettare il rimprovero e la correzione meritata e ad esserne grati. Ma non attribuite il male ad un altro diventando vittime della vostra immaginazione, sentendovi offesi e diventandone ossessionati. Questo turberà il vostro equilibrio, rovinerà la vostra pace e felicità, annullerà le vostre affabili e buone relazioni con un fratello che non si accorge di avervi offeso.
UN VINCOLO PERFETTO DI AMOREVOLE UNIONE
34. Come l’amore di Dio agisce in modo positivo verso gli alienati del genere umano, e perciò che cosa dobbiamo fare per imitarlo?
34 L’amore di Dio mantiene le sante creature in tutto l’universo in unione con lui. Il suo più amorevole dono è il suo unigenito Figlio mediante il quale egli fece un amorevole passo per portare finalmente i molti che sono alienati da lui sulla terra ad una incrollabile unione con lui. Il suo amore lo indusse ad agire in modo positivo e a fare il primo passo per unirci a lui, e questo a caro prezzo per lui. Seguiamo il suo esempio e siamo a nostra volta positivi, agendo per prima con benignità e perdonando di cuore. Questo è l’amore messo in pratica. Nella nostra opera di testimonianza nel campo manifestiamo benignità verso i nostri avversari, i nostri oppositori, e preghiamo per loro mentre percorriamo il nostro territorio ripetutamente anche se saremo stati offesi dagli ignoranti e dai traviati. Come sarebbe inconsistente, pertanto, indurarci contro i nostri propri fratelli nella congregazione con l’idea ostinata che potremmo scusare il mondo per la sua ignoranza ma che i nostri fratelli avrebbero dovuto essere più consapevoli e perciò dovrebbero essere trattati con la severità proporzionata affinché lo comprendessero e ne provassero dolore! Alla luce dell’esempio di Dio dobbiamo amare i nostri fratelli e così mostrar loro una via migliore e superiore. Pensate bene dei fratelli. Fate soltanto piani per il bene di altri e mettete tali piani in pratica. Coltivate il più grande frutto dello spirito, l’amore.
35. Perché dobbiamo rafforzare il vincolo dell’amore nella società del Nuovo Mondo, e perché dobbiamo cambiare la nostra disposizione prima di Harmaghedon?
35 Agite in modo che il vincolo perfetto dell’unione si rinvigorisca nella società del Nuovo Mondo. “Vestitevi dunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di tenera compassione, di benignità, di umiltà, di dolcezza, di longanimità; sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi a vicenda, se uno ha di che dolersi d’un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. E sopra tutte queste cose vestitevi della carità [amore] che è il vincolo della perfezione”. (Col. 3:12-14) Se questo è un vincolo di unione, esso deve attirarci e tenerci uniti, non separarci, non disperderci. Ora, nell’antitipica arca del nuovo sistema di cose che sopravvivrà alla tempesta di Harmaghedon per entrare nel nuovo mondo, dobbiamo stringerci insieme, non evitarci l’un l’altro. Le difficoltà non dovrebbero protrarsi a lungo tra fratelli ma dovrebbero essere risolte al più presto affinché tutti siano di una sola mente nel Signore. (Filip. 2:1-4; 4:2) La creazione di Dio si stringe insieme mediante la sua potenza, come i “legami delle Pleiadi”. (Giob. 38:31) Anche il nuovo mondo di giustizia si stringerà insieme. È molto vicino, e una grande folla di questa attuale generazione sopravvivrà nell’“arca” entrandovi fin dal suo inizio. Quando dunque? Ecco, noi dobbiamo vivere insieme ora, prima del nuovo mondo. Harmaghedon non muterà miracolosamente le nostre disposizioni verso i nostri fratelli rendendoci amorevoli all’improvviso. Noi dobbiamo cambiare oggi. Sì, Harmaghedon può cancellare le disposizioni, ma le disposizioni che cancellerà saranno di quelli che saranno distrutti. Una cosa è certa: Il vero amore sopravvivrà ad Harmaghedon e sopravvivranno anche coloro che lo praticano.
36. Mediante quale qualità si farà conoscere al mondo che noi siamo seguaci di Cristo, e come descrive il Salmo 133 l’unità che produce?
36 Siamo amici. Colui che ha amici deve fare qualcosa: deve essere amichevole. (Prov. 18:24) “L’amico ama in ogni tempo; è nato per essere un fratello nella distretta”. (Prov. 17:17) Tale permanente amicizia manifesterà a questo mondo che noi siamo discepoli di Cristo, veri Cristiani. (Giov. 13:34, 35) L’amore rende possibile questa permanente amicizia. “L’amore copre ogni fallo”. (Prov. 10:12) L’amore è un vincolo indissolubile, se è vero amore. L’unità in cui mantiene stretti insieme i fratelli è ammirevolmente rappresentata nel Salmo 133:1-3: “Ecco, quant’è buono e quant’è piacevole che fratelli dimorino assieme! È come l’olio squisito che, sparso sul capo, scende sulla barba, sulla barba d’Aaronne, che scende fino all’orlo de’ suoi vestimenti; è come la rugiada dell’Hermon, che scende sui monti di Sion; poiché quivi [Geova] ha ordinato che sia la benedizione, la vita in eterno”.
37. In qual senso è questa unità simile all’olio sul capo di Aaronne?
37 L’olio con cui Aaronne, fratello di Mosè, fu unto e consacrato sommo sacerdote d’Israele era non solo dolce ma molto fragrante, esalando un profumo piacevole su tutti quelli ch’erano intorno e rendendo gradito trovarsi in vicinanza del sommo sacerdote. Era una fragranza che nessun’altra unzione aveva, perché Iddio non permetteva a nessun altro di fare un olio d’unzione così composto. Allo stesso modo la fragranza dell’unità esistente nella società del Nuovo Mondo ci rende piacevolmente consapevoli di un’atmosfera di amore tale che non è emanata da nessuna organizzazione di questo mondo. Noi siamo lieti di essere in una tale atmosfera: ci fa molto bene. Viene da Dio mediante il suo grande Sommo Sacerdote Gesù Cristo. È l’alito del Suo spirito. — Eso. 30:22-33; Atti 10:38.
38. A che cosa ancora il Salmo 133 paragona l’unità fraterna, e come fu questo un importante fatto nelle regioni attorno ai monti di Sion?
38 Dimorare in unità come fratelli nella società del Nuovo Mondo ci ristora, ci vivifica, come la rugiada del Monte Libano, dell’altissima catena del Libano. La vetta dell’Hermon, perpetuamente ammantata di neve, di notte faceva condensare i vapori sui monti di Sion nel lontano mezzogiorno, dove Geova aveva posto il suo nome. La rugiada che cadeva era un mezzo di salvezza per la vegetazione della Terra Promessa durante la stagione calda e asciutta da maggio a settembre. In che modo? Fu recentemente scopertoa che, se le piante appassivano per il calore e la siccità, si ricuperavano più rapidamente dall’appassimento quando la rugiada si formava sulle foglie durante la notte che quando il terreno veniva annaffiato, e che veniva assorbita rugiada in tanta quantità che le piante funzionavano normalmente durante il giorno seguente senza alcun annaffiamento del terreno. Non si era mai sospettato quanta acqua veniva assorbita dalla rugiada e poi veniva immessa dalle radici nel suolo e qui veniva conservata senza evaporazione alcuna. Si è trovato che la quantità di acqua espulsa nella riserva del sottosuolo dalle piante, anche da quelle piccole, si pesava a millimetri e qualche volta raggiungeva il peso della pianta stessa. Senza dubbio in questo modo la maggior parte della vegetazione della terra era annaffiata dal terzo giorno della creazione fino al diluvio del tempo di Noè, quando Dio non aveva ancora fatto piovere sulla terra ma un vapore saliva continuamente dalla terra e annaffiava l’intera superficie del suolo. (Gen. 2:5, 6) Quindi la rugiada che la neve sulla vetta del Monte Hermon faceva cadere sui sacri monti di Sion era simile a quella refrigerante umidità sostentatrice della vita, che rendeva le cose verdeggianti, attraenti. — Giud. 6:36-40.
39. Come è la nostra permanenza in unità simile a tale rugiada, e perché discende su noi dall’alto?
39 Come avveniva presso la Sion tipica in Palestina, così avviene riguardo alla Sion antitipica, il regno di Dio. Poiché Iddio ha comandato che, nel Regno, ci sarà la benedizione per noi, anzi la vita eterna, egli giornalmente fece bagnare di rugiada l’antica Sion durante la stagione calda e asciutta, come figura profetica. La nostra permanenza in amorevole unità come fratelli è simile ad abbondante rugiada, rinfrescante in mezzo al calore di persecuzione di questo mondo, che ci conduce alla vita nel nuovo mondo di Dio per dimorarvi per sempre. Questo avviene perché la nostra dimora in unità ci acquista il favore del nostro Re regnante Gesù Cristo: “L’ira del re è come il ruggito d’un leone, ma il suo favore è come rugiada sull’erba”. (Prov. 19:12) All’Israele spirituale restaurato Geova Dio ha promesso: “Io sarò per Israele come la rugiada”; ed egli fa cadere su di loro la sua parola come rugiada per il loro immancabile sollievo. — Osea 14:4, 5; Deut. 32:2.
40. Per essere simili a che cosa in mezzo al popolo di buona volontà dobbiamo avere questo refrigerio, e a questo riguardo che cosa è di capitale importanza?
40 Abbandonando la nostra comune adunanza e trascurando di mantenere l’unità come società del Nuovo Mondo noi ci priveremo di questa rugiada vivificante. Possiamo noi permetterci di essere privi di questo refrigerio così urgentemente necessario in questo ostile vecchio mondo? No! Abbiamo bisogno di essere continuamente rinfrescati per la nostra preannunciata opera in mezzo alle persone di buona volontà; come è scritto: “Il resto di Giacobbe [l’Israele spirituale] sarà, in mezzo a molti popoli, come una rugiada che vien dall’Eterno, come una fitta pioggia sull’erba, le quali non aspettano ordine d’uomo, e non dipendono dai figliuoli degli uomini”. (Mich. 5:6) Non saremo adatti ad essere come la rugiada per il popolo inaridito se prima noi stessi non abbiamo questo refrigerio spirituale. La nostra unione come società del Nuovo Mondo ce lo provvederà, e ci manterrà freschi e calmi e piacevoli nel cospetto di Dio e del suo stesso popolo. La cosa di capitale importanza che produce questa nostra unità è il frutto dello spirito divino, l’amore. Questo amore non è semplicemente a parole e con la lingua, ma con le opere e in verità, perché il vero amore è pratico.
[Nota in calce]
a Al Laboratorio Earhart di Studi sulle Piante dell’Istituto di Tecnologia di Pasadena, California, S.U.A. — Vedere il Times di New York, pag. E 11, del 17 maggio 1953.