Greci, Grecia
Da Graikòi, nome di una tribù della Grecia NO. I romani applicarono il nome (lat. Graeci) agli abitanti di tutta la Grecia. Anche Aristotele nei suoi scritti usa il termine in modo simile.
Un nome più antico, “ioni”, compare dall’VIII secolo a.E.V. in poi in documenti cuneiformi assiri, e anche nelle cronache di Persia ed Egitto. Questo nome deriva da quello di Iavan (ebr. Yawàn), figlio di Iafet e nipote di Noè. Iavan era l’antenato iafetico dei primi abitanti della Grecia e delle isole circostanti, e anche evidentemente di Cipro, di parti dell’Italia meridionale, della Sicilia e della Spagna. — Gen. 10:1, 2, 4, 5; I Cron. 1:4, 5, 7.
Mentre “Ionio” è attualmente il nome geografico del mare compreso fra la Grecia meridionale, l’Italia meridionale e le isole lungo la costa O della Grecia, una volta tale nome aveva un significato più ampio e più consono all’uso di “Iavan” nelle Scritture Ebraiche. Il profeta Isaia, nell’VIII secolo a.E.V., parlò del tempo in cui gli esuli di Giuda ritornati sarebbero stati mandati in nazioni lontane, fra cui “Tubal e Iavan, le isole lontane”. — Isa. 66:19.
Nelle Scritture Greche Cristiane il paese è chiamato Hellàs (“Grecia”, Atti 20:2), e la popolazione Hèllenes. I greci stessi usavano tali nomi già parecchi secoli prima dell’Era Volgare e li usano tuttora. Hellàs può avere qualche relazione con “Elisa”, uno dei figli di Iavan. (Gen. 10:4) Dopo la conquista romana avvenuta nel 146 a.E.V., la Grecia centrale e meridionale veniva chiamata anche “Acaia”.
La Grecia comprendeva la parte meridionale della montuosa Penisola Balcanica e le isole dal Mar Ionio a O e del Mar Egeo a E, col Mediterraneo a S. Il confine settentrionale è incerto, dato che anticamente gli iavaniti della Grecia non erano raggruppati in una nazione particolare. Tuttavia in seguito la “Grecia” incluse le regioni dell’Illiria (più o meno corrispondenti alla Iugoslavia occidentale e all’Albania) e la Macedonia. In effetti, può darsi che i macedoni fossero dello stesso ceppo di coloro che in seguito furono chiamati greci.
STRUTTURA DEL GOVERNO E DEMOCRAZIA
Poco si sa dei metodi di governo di quasi tutte le città-stato greche, poiché solo quelli di Atene e Sparta sono noti, ma evidentemente erano ben diversi da quelli di Canaan, Mesopotamia e Egitto. Almeno durante quello che può essere definito il periodo storico, invece di re avevano magistrati, giunte e un’assemblea (ekklesìa) di cittadini. Atene instaurò una democrazia diretta (il termine “democrazia” deriva dal greco dèmos, che significa “popolo”, e kràtos, che significa “governo”), in cui l’intera cittadinanza aveva potere legislativo, prendeva la parola e votava nell’assemblea. I “cittadini” tuttavia erano una minoranza, dato che le donne, i residenti di origine straniera e gli schiavi non avevano diritto alla cittadinanza. Si ritiene che gli schiavi costituissero almeno un terzo della popolazione di molte città-stato, e senza dubbio il lavoro degli schiavi dava ai “cittadini” il tempo libero necessario per occuparsi di politica nell’assemblea. Si noti che il primo riferimento alla Grecia nelle Scritture Ebraiche risale al IX secolo a.E.V., a proposito dei giudei che Tiro, Sidone e la Filistea vendettero schiavi ai “figli dei Greci [lett. “iavaniti” o “ioni”]”. — Gioe. 3:4-6.
MANUFATTI E COMMERCIO
Oltre alla principale attività agricola, i greci producevano ed esportavano molti manufatti. I vasi greci erano famosi in tutto il bacino del Mediterraneo; pure importanti erano gli oggetti d’argento e d’oro e i tessuti di lana. C’erano numerose piccole botteghe di artigiani indipendenti, che davano lavoro ad alcuni operai, schiavi o liberi. Nella città greca di Corinto, l’apostolo Paolo si unì ad Aquila e Priscilla nel fare tende, usando probabilmente tessuto di pelo di capra, di cui la Grecia era ricca. — Atti 18:1-4.
RELIGIONE
Le prime nozioni relative alla religione greca sono tramandate dalla poesia epica di Omero. In effetti non si sa se Omero sia realmente esistito. Le storie della sua vita sono immaginarie. Ma in epoca classica i due poemi a lui attribuiti, l’Iliade e l’Odissea, venivano recitati ogni quattro anni ad Atene. I più antichi frammenti papiracei di questi poemi si ritiene risalgano a una data di poco anteriore al 150 a.E.V. Il filologo Gilbert Murray dice che quegli antichi testi “differiscono notevolmente dal nostro vulgato”, cioè dal testo comunemente accettato da diversi secoli. Perciò, a differenza della Bibbia, i testi omerici non ci sono pervenuti nella loro integrità, ma “in stato estremamente fluido”, come dimostra il professor Murray.
I poemi omerici cantavano dèi ed eroi guerrieri molto simili agli uomini. Alcuni studiosi ipotizzano una relazione fra l’Odissea e l’Epopea babilonese di Gilgamesh. Ad ogni modo esistono evidenti prove dell’influsso babilonico sulla religione greca. Un’antica favola greca è la traduzione quasi letterale di un originale accadico.
A un altro poeta, Esiodo, probabilmente dell’VIII secolo a.E.V., è stato attribuito il merito di aver messo ordine nella gran quantità di miti e leggende greche. I poemi omerici e la Teogonia di Esiodo costituivano i principali scritti sacri dei greci, la loro teologia.
Nel considerare i miti greci, è interessante vedere come la Bibbia fa luce sulla loro possibile o anche probabile origine. Genesi 6:1-13 spiega che prima del Diluvio angelici figli di Dio vennero sulla terra, materializzandosi evidentemente in forma umana, vissero con donne attraenti e generarono i cosiddetti “Nefilim” o “Abbattitori”, cioè ‘coloro che fanno cadere altri’. A causa di tale unione innaturale di creature spirituali e umane e della loro ibrida progenie la terra divenne piena di immoralità e violenza. (Confronta Giuda 6; I Pietro 3:19, 20; II Pietro 2:4, 5; vedi NEFILIM). Come altri in epoche posteriori al Diluvio, Iavan, progenitore delle popolazioni greche, udì senza dubbio parlare di tempi e avvenimenti antidiluviani, probabilmente da suo padre Iafet che sopravvisse al Diluvio. Notate dunque cosa rivelano gli scritti attribuiti a Omero e a Esiodo.
I numerosi dèi e dee da loro descritti avevano forma umana ed erano molto belli, pur essendo spesso giganteschi e sovrumani. Mangiavano, bevevano, dormivano, avevano rapporti sessuali fra loro o anche con esseri umani, vivevano in famiglie, litigavano e combattevano, seducevano e violentavano. Nonostante si attribuissero loro santità e immortalità, erano capaci di qualsiasi inganno e delitto. Potevano aggirarsi, visibili o invisibili, in mezzo agli uomini. In seguito, scrittori e filosofi greci cercarono di purgare le storie di Omero e di Esiodo di alcune delle azioni più vili attribuite agli dèi.
Questi racconti possono riflettere, anche se in forma esagerata e distorta, l’autentica descrizione delle condizioni antidiluviane fatta in Genesi. Un’altra notevole analogia è quella che, oltre agli dèi principali, le leggende greche descrivono semidei o eroi di discendenza sia divina che umana. Questi semidei avevano forza sovrumana ma erano mortali (con l’eccezione di Ercole a cui fu conferita immortalità). I semidei erano dunque molto simili ai Nefilim di Genesi.
Si credeva che le principali divinità greche dimorassero sul massiccio dell’Olimpo (alto oltre 2900 m), situato a S della cittadina di Berea. (Quando visitò i bereani durante il secondo viaggio missionario Paolo era quasi alle falde dell’Olimpo; Atti 17:10). Fra le divinità dell’Olimpo c’erano Zeus (chiamato Giove dai romani; Atti 28:11), dio del cielo; Era (la romana Giunone), moglie di Zeus; Gea, dea della terra, chiamata anche la Grande Madre; Apollo, dio solare, dio della morte repentina, che da lungi lanciava le sue frecce mortali; Artemide (la romana Diana), dea della caccia, per la cui adorazione come dea della fecondità era famosa Efeso (Atti 19:23-28, 34, 35); Ares (il romano Marte), dio della guerra; Ermes (il romano Mercurio), dio dei viaggiatori, del commercio e dell’eloquenza, messaggero degli dèi (a Listra, in Asia Minore, le folle chiamarono Barnaba “Zeus, ma Paolo Ermes, siccome era quello che prendeva la direttiva nel parlare” [Atti 14:12]); Afrodite (la romana Venere), dea della fertilità e dell’amore, ritenuta la “sorella dell’assiro–babilonese Ishtar e della siro–fenicia Astarte” (Paul Hamlyn, Greek Mythology, p. 63) e numerosi altri dèi e dee. In realtà, ogni città-stato pare avesse i propri dèi minori, adorati secondo la consuetudine locale.
Gli oracoli, medium attraverso i quali si supponeva che gli dèi rivelassero sapienza nascosta, avevano molti devoti. Gli oracoli più famosi si trovavano in alcuni templi a Delo, Delfi e Dodona. Qui, a pagamento, si riceveva risposta alle domande poste all’oracolo. Le risposte erano di solito ambigue, e dovevano essere interpretate dai sacerdoti.
Dottrina filosofica dell’immortalità
Poiché i filosofi greci s’interessavano dei problemi fondamentali della vita, le loro idee contribuirono alla formazione delle idee religiose popolari. Socrate, del V secolo a.E.V., insegnava l’immortalità dell’anima umana. Nel Fedone (traduzione di N. Marziano, ed. Garzanti, pp. 114, 115) Platone fa dire a Socrate: “L’anima, allora, ciò che di noi è invisibile, che va in un luogo della stessa natura, nobile, puro . . . questa nostra anima, dunque, dotata di tal natura, una volta separatasi dal corpo, sarà destinata, come crede la maggior parte della gente, a dissolversi, a svanire? . . . Invece, è proprio vero il contrario. Se essa si distacca pura dal corpo, . . . dunque, se questa è la sua condizione, non se ne andrà verso quel luogo che le si addice, verso l’invisibile, verso il divino, l’immortale, l’intelligibile, dove, una volta giunta, sarà felice, libera dall’errore, dalla malvagità, dalla paura, dalle selvagge passioni, da tutti gli altri mali dell’uomo e dove potrà trascorrere tutto il tempo avvenire . . . in compagnia degli dei?” — Paragona questo con Ezechiele 18:4 ed Ecclesiaste 9:5, 10.
Templi e idoli
Sontuosi templi furono costruiti in onore degli dèi, e statue di marmo e di bronzo di rara bellezza furono scolpite per rappresentarli. Le rovine di alcuni dei templi più famosi, come il Partenone e l’Eretteo, si trovano sull’Acropoli di Atene. In questa stessa città Paolo parlò in pubblico, osservò il notevole timore delle divinità manifestato ad Atene, e disse chiaramente agli ascoltatori che il Creatore del cielo e della terra “non dimora in templi fatti con mani”, e che, essendo progenie di Dio, non dovevano supporre che il Creatore “sia simile all’oro o all’argento o alla pietra, simile a qualche cosa di scolpito dall’arte e dall’ingegno dell’uomo”. — Atti 17:22-29.
LE GUERRE PERSIANE
L’affermarsi dell’impero medo–persiano all’epoca di Ciro (che conquistò Babilonia nel 539 a.E.V.) costituiva una minaccia per la Grecia. Ciro aveva già conquistato l’Asia Minore, incluse alcune colonie greche. Nel terzo anno di Ciro, un messaggero angelico di Geova informò Daniele che il quarto re di Persia avrebbe mosso guerra “contro il regno di Grecia”. (Dan. 10:1; 11:1, 2) Il terzo re di Persia (Dario figlio di Istaspe) nel 499 a.E.V. sedò una rivolta di colonie greche e si preparò a invadere la Grecia. La flotta persiana fu affondata da una tempesta nel 492. Quindi nel 490 un grosso contingente persiano penetrò in Grecia ma fu sconfitto da un drappello di ateniesi nella pianura di Maratona, a NE di Atene. Il figlio di Dario, Serse, salito al trono persiano, decise di vendicare tale sconfitta. Egli, il predetto ‘quarto re’, mise a soqquadro l’impero per ammassare un potente esercito con il quale nel 480 a.E.V. attraversò l’Ellesponto.
Anche se alcune delle principali città–stato della Grecia manifestarono in quell’occasione rara unità combattendo per cercare di arrestare l’invasione, le truppe persiane avanzarono attraverso la Grecia settentrionale e centrale, raggiunsero Atene e ne incendiarono l’altura fortificata, l’Acropoli. Sul mare però gli ateniesi e i greci loro alleati vinsero con l’astuzia e affondarono la flotta persiana (insieme a quella fenicia e di altri alleati) presso Salamina. A questa vittoria seguì un’altra sconfitta persiana sulla terraferma, a Platea, e un’altra ancora a Micale, sulla costa O dell’Asia Minore, dopo di che gli eserciti persiani abbandonarono la Grecia.
DALL’EGEMONIA DI ATENE ALLA DOMINAZIONE MACEDONE
Atene conquistò allora l’egemonia sulla Grecia grazie alla sua potente flotta. Seguì, fin verso il 431 a.E.V., il periodo di massimo fulgore per Atene, durante il quale furono create le più rinomate opere d’arte e architettura. Atene era alla testa della lega delio–attica che includeva diverse isole e città greche. A motivo del risentimento della lega peloponnesiaca capeggiata da Sparta per la preminenza di Atene, scoppiò la guerra del Peloponneso, che si protrasse dal 431 al 404 a.E.V. Gli ateniesi alla fine furono sbaragliati dagli spartani. La rigida dominazione spartana durò fin verso il 371 a.E.V. quando Tebe ebbe il sopravvento. La Grecia entrò in un periodo di decadenza politica, anche se Atene continuò a essere il centro culturale e filosofico del Mediterraneo. Infine, nel 338 a.E.V., la nascente potenza macedone sotto Filippo II conquistò la Grecia che fu unificata sotto la sua dominazione.
LA GRECIA SOTTO ALESSANDRO
Nel VI secolo a.E.V. Daniele aveva avuto una visione profetica che prediceva la vittoria della Grecia sull’impero medo–persiano. Alessandro figlio di Filippo era stato educato da Aristotele e, dopo l’assassinio di Filippo, diventò l’eroe dei popoli di lingua greca. Nel 334 a.E.V. Alessandro si accinse a vendicare gli attacchi persiani contro le città greche sulla costa O dell’Asia Minore. La fulminea conquista non solo di tutta l’Asia Minore ma anche di Siria, Palestina, Egitto e di tutto l’impero medo-persiano fino all’India adempì il quadro profetico di Daniele 8:5-7, 20, 21. (Confronta Daniele 7:6). Conquistata la Giudea nel 332 a.E.V., la Grecia divenne la quinta potenza mondiale in ordine di tempo per quanto concerneva la nazione d’Israele, preceduta da Egitto, Assiria, Babilonia e Media-Persia. Nel 328 a.E.V. la vittoria di Alessandro era completa e si adempì l’ultima parte della visione di Daniele. Alessandro morì a Babilonia nel 323 a.E.V. in età relativamente giovane e, come era stato predetto, il suo impero fu diviso in quattro regni, nessuno dei quali ne uguagliò la potenza. — Dan. 8:8, 21, 22; 11:3, 4.
Tuttavia, prima di morire Alessandro aveva introdotto la cultura e la lingua greca in tutto il suo vasto reame. Colonie greche furono stabilite in molti dei paesi conquistati. In Egitto venne costruita Alessandria che divenne la rivale di Atene come centro culturale. Così ebbe inizio l’ellenizzazione (o grecizzazione) di gran parte delle regioni del Mediterraneo e del Medio Oriente. La lingua greca koinè (o comune) diventò la lingua franca, parlata da persone di molte nazionalità. Fu la lingua usata nella Settanta per tradurre le Scritture Ebraiche, versione prodotta da studiosi ebrei di Alessandria. In seguito, le Scritture Greche Cristiane furono scritte in lingua koinè, e la popolarità internazionale di questa lingua favorì la rapida diffusione della buona notizia cristiana in tutto il bacino del Mediterraneo. — Vedi GRECO.
DOMINAZIONE ROMANA
Macedonia e Grecia (una delle quattro parti in cui era stato diviso l’impero di Alessandro) caddero sotto la dominazione romana nel 197 a.E.V. L’anno dopo il generale romano proclamò la “libertà” di tutte le città greche. Questo significava che Roma non esigeva tributi, ma si aspettava che tutti i suoi desideri fossero assecondati. L’ostilità nei confronti di Roma cresceva. La Macedonia mosse guerra ai romani ma fu nuovamente sconfitta nel 167 a.E.V. e circa vent’anni dopo diventò provincia romana. Nel 146 a.E.V. si ribellò la lega achea, capeggiata da Corinto, e gli eserciti di Roma avanzarono nella Grecia meridionale e distrussero Corinto. Si formò la provincia dell’“Acaia” che nel 27 a.E.V. includeva tutta la Grecia centrale e meridionale. — Atti 19:21; Rom. 15:26; vedi ACAIA.
Il periodo della dominazione romana vide il declino politico ed economico della Grecia. Solo la cultura greca resisteva e fu largamente adottata dai conquistatori romani, che importarono con entusiasmo letteratura e statue greche. Interi templi furono smantellati e trasferiti in Italia. Molti giovani romani erano educati ad Atene e in altri centri della cultura greca. La Grecia invece si chiuse in se stessa vivendo dei ricordi del suo glorioso passato.
ELLENI ED ELLENISTI NEL I SECOLO E.V.
All’epoca del ministero di Gesù Cristo e degli apostoli, i nativi della Grecia o le persone di nazionalità greca erano ancora chiamati Hèllenes (sing. Hèllen). I greci chiamavano le persone di altre nazionalità “barbari”, cioè stranieri che parlavano una lingua diversa. Anche l’apostolo Paolo in Romani 1:14 contrappone “Greci” a “Barbari”. — Vedi BARBARO.
In qualche caso però Paolo usa il termine Hèllenes anche in senso più ampio. Specie in paragone con gli ebrei, parla di Hèllenes o “Greci” quali rappresentanti di tutti i popoli non ebrei. (Rom. 1:16; 2:6, 9, 10; 3:9; 10:12; I Cor. 10:32; 12:13) Infatti in I Corinti capitolo 1, Paolo pone evidentemente sullo stesso piano “Greci” (v. 22) e “nazioni” (v. 23). Questo senza dubbio era dovuto all’importanza e preminenza della lingua e della cultura greca in tutto l’impero romano. In un certo senso i greci erano ‘in testa all’elenco’ dei popoli non ebrei. Questo non significa che Paolo o gli altri scrittori delle Scritture Greche Cristiane usassero il termine Hèllenes in senso così vago che con Hèllen non intendessero dire altro che “Gentile”, come sostengono alcuni commentatori. Indicando che il termine Hèllen identificava l’appartenente a un popolo preciso, in Colossesi 3:11 Paolo parla di “Greco” distinguendolo dallo “straniero [bàrbaros]” e dallo “Scita”.
La donna “greca” di nazionalità siro–fenicia la cui figlia fu sanata da Gesù (Mar. 7:26-30) era evidentemente di discendenza greca e come tale era conosciuta. I “Greci fra quelli che eran saliti ad adorare” durante la Pasqua e che chiesero di essere ricevuti da Gesù erano evidentemente proseliti greci di religione ebraica. (Giov. 12:20; si notino le parole profetiche di Gesù al versetto 32 circa ‘l’attirare a sé uomini d’ogni sorta’). Il padre di Timoteo è chiamato Hèllen e così pure Tito. (Atti 16:1, 3; Gal. 2:3) Questo poteva significare che erano di nazionalità greca. Ma data la dichiarata tendenza di alcuni scrittori greci a chiamare Hèllenes anche persone di altra nazionalità che parlavano greco e di cultura greca, e il summenzionato uso che fa Paolo del termine in senso rappresentativo, c’è anche la possibilità che fossero tutti greci in quest’ultimo senso. Tuttavia, il fatto che la donna greca era di nazionalità siro–fenicia, che il padre di Timoteo risiedeva a Listra in Asia Minore o che Tito pare fosse residente ad Antiochia di Siria, non dimostra che non fossero di nazionalità o di discendenza greca, infatti in tutte quelle regioni c’erano colonie e immigrati greci.
Quando Gesù disse a un gruppo di ascoltatori che stava per ‘andare da colui che l’aveva mandato’ e che “dove sarò [andato] io non potrete venire”, gli ebrei dissero fra di loro: “Dove intende andare quest’uomo, così che non lo troveremo? Non intende andare dai Giudei dispersi fra i Greci e insegnare ai Greci, non è così?” (Giov. 7:32-36) Dicendo “Giudei dispersi fra i Greci” intendevano evidentemente proprio gli ebrei dispersi in tutte le lontane città greche e le nazioni a O e non quelli stabilitisi a Babilonia. La descrizione dei viaggi missionari di Paolo rivela che nelle varie regioni greche c’erano un buon numero di ebrei emigrati.
Persone di nazionalità greca sono certo menzionate in Atti 17:12 e 18:4, dove si parla di avvenimenti accaduti nelle città greche di Berea e Corinto. Lo stesso si può dire dei “Greci” di Tessalonica in Macedonia (Atti 17:4), di Efeso sulla costa O dell’Asia Minore, antica colonia greca e un tempo capitale della Ionia (Atti 19:10, 17; 20:21), e anche di Iconio nell’Asia Minore centrale. (Atti 14:1) Anche se i due termini “Giudei e Greci” che compaiono insieme in alcuni di questi versetti potrebbero indicare che, come Paolo, anche Luca usava il termine “Greci” per indicare i non ebrei in generale, in realtà solo Iconio si trovava geograficamente fuori della sfera d’influenza greca.
Ellenisti
Nel libro di Atti ricorre un altro termine: Hellenistài (sing. Hellenistès). Questo termine non si trova nella letteratura greca né in quella ebraico-ellenistica; perciò il significato non è del tutto chiaro. Tuttavia quasi tutti i lessicografi ritengono che in Atti 6:1 e 9:29 indichi i “Giudei di lingua greca”. Nel primo di questi due versetti, tali Hellenistài sono contrapposti ai “Giudei di lingua ebraica” (Ebràioi [testo greco di Westcott e Hort]).
L’accusativo plurale di Hellenistès, che ricorre in Atti 11:20 a proposito di certi residenti di Antiochia in Siria, può tuttavia riferirsi a “persone di lingua greca” in generale, anziché a ebrei di lingua greca. Questo sembra indicato dall’accenno al fatto che, fino all’arrivo di alcuni cristiani di Cirene e di Cipro, la predicazione della parola in Antiochia era limitata “ai soli Giudei”. (Atti 11:19) Perciò gli Hellenistàs qui menzionati potevano essere persone di diversa nazionalità che erano state ellenizzate, parlavano greco (e forse vivevano secondo l’usanza greca).
L’apostolo Paolo si recò in Macedonia e in Grecia nel secondo e nel terzo viaggio missionario. (Atti 16:11-18:11; 20:1-6) Svolse il suo ministero nelle importanti città macedoni di Filippi, Tessalonica e Berea e nelle principali città achee, Atene e Corinto. (Atti 16:11, 12; 17:1-4, 10-12, 15; 18:1, 8) Durante il secondo viaggio dedicò un anno e mezzo al ministero a Corinto (Atti 18:11), e in quel tempo scrisse le due lettere ai tessalonicesi e forse anche quella ai galati. Durante il terzo viaggio, da Corinto, scrisse la lettera ai romani. Dopo esser stato una prima volta detenuto a Roma, Paolo evidentemente si recò di nuovo in Macedonia fra il 61 e il 64 E.V., da dove scrisse probabilmente la prima lettera a Timoteo e forse la lettera a Tito.
[Cartina a pagina 629]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
GRECIA
GRECIA
MARE MEDITERRANEO
CRETA
MAR IONIO
Sparta
Peloponneso
Argo
Golfo di Egina
EGINA
SALAMINA
Cencrea
Corinto
Canale di Corinto
Golfo di Corinto
ELIDE
ETOLIA
EPIRO
Dodona
TESSAGLIA
MACEDONIA
Monte Olimpo
Berea
Tessalonica
Filippi
EUBEA
BEOZIA
ATTICA
Atene
Maratona
Platea
Tebe
Delfi
Termopili
DELO
MAR EGEO
COS
SAMO
CHIO
LESBO
Mitilene
Asso
Adramitta
Troas
Troia
Ellesponto (Dardanelli)
SAMOTRACIA
TRACIA
[Figura a pagina 626]
Bronzo che rappresenta Zeus, divinità dell’antica Grecia, forse del V secolo a.E.V.
[Figura a pagina 627]
Vette dell’Olimpo, monte ritenuto sacro dagli antichi greci
[Figura a pagina 628]
Rovine del tempio di Apollo a Delfi, dove un oracolo asseriva di rivelare sapienza nascosta