Domande dai lettori
● Qual era la “ricompensa” che l’apostolo Paolo aveva per il fatto che proclamava la “buona notizia” volontariamente?
L’apostolo Paolo disse: “Se io compio questo volontariamente, ho una ricompensa; ma se lo faccio contro la mia volontà, mi è affidata ciò nonostante una gestione”. (I Cor. 9:17) Un esame del contesto chiarisce ciò che Paolo aveva in mente.
Nel capitolo 9 di I Corinti, l’apostolo dà risalto al fatto che non si era avvalso del suo diritto di astenersi dal lavoro secolare e di ‘vivere mediante la buona notizia’. (V. 14) Traendo spunto da fatti della vita quotidiana, dalla legge mosaica e da ciò che Gesù Cristo stesso ordinò, l’apostolo spiega chiaramente che è appropriato ricevere sostegno materiale per l’opera di espandere la “buona notizia”.
Dato che Paolo, di sua spontanea volontà, rinunciò a questo diritto e preferì sostenersi materialmente da sé, la sua ricompensa era la gioia o la soddisfazione derivante da questa scelta. In tutta coscienza poteva additare il suo esempio di altruismo a favore degli interessi spirituali degli altri. Nessuno poteva accusarlo di aver tratto un profitto materiale dalla “buona notizia”. Non aveva abusato della sua autorità di persona cui era stato affidato un sacro compito, una gestione. Ecco perché poté dire: “Qual è, dunque, la mia ricompensa? Che mentre dichiaro la buona notizia fornisca la buona notizia senza costo, al fine di non abusare della mia autorità nella buona notizia”. — I Cor. 9:18.
● Non era sbagliato che Lot offrisse le sue figlie ai sodomiti?
Sebbene alcuni accusino Lot di avere agito male, in effetti oggi non siamo in posizione di condannarlo. La Bibbia mostra che Dio, il quale legge il cuore, non giudicò Lot avversamente.
Quando Dio mandò due angeli materializzati a Sodoma e Gomorra, Lot si mostrò ospitale e insisté che restassero a casa sua. Quella sera una turba di sodomiti circondò la casa, gridando: “Dove sono gli uomini che son venuti da te questa notte? Portaceli fuori affinché abbiamo rapporti con loro”. — Gen. 18:20, 21; 19:1-5.
Uscito fuori, Lot cercò di dissuaderli. Poi supplicò: “Vi prego, ecco, ho due figlie che non hanno mai avuto rapporti con un uomo. Vi prego, lasciate che ve le porti fuori. Quindi fate loro ciò che è bene ai vostri occhi. Solo non fate alcuna cosa a questi uomini, perché per questo son venuti all’ombra del mio tetto”. La folla infuriata premette su Lot, quasi rompendo la porta. A questo punto gli angeli intervennero e colpirono la folla con la cecità. — Gen. 19:6-11.
Questo racconto lascia perplessi o turbati molti, specialmente le donne. Alcuni addirittura dicono che Lot agì da codardo, nel senso che non avrebbe dovuto offrirsi di pagare l’incolumità dei suoi ospiti con l’integrità delle sue figlie, o che avrebbe dovuto consegnare se stesso alla folla.
Ma si deve notare che, secondo l’etica orientale, il padrone di casa aveva la responsabilità di proteggere gli ospiti della sua casa, difendendoli se necessario anche fino alla morte. Le parole di Lot (“perché per questo [i due uomini] son venuti all’ombra del mio tetto”) mostrano che si sentiva in obbligo di proteggere i suoi ospiti. Per di più, chi può accusare Lot di vigliaccheria? Egli affrontò coraggiosamente la folla, chiudendo anche la porta dietro di sé e affrontando la turba da solo.
Ma che dire della proposta che Lot fece alla turba? Anche se alcuni dicono che Lot avrebbe dovuto offrire se stesso, è improbabile che quella folla di pervertiti si sarebbe accontentata di un uomo vecchio e sposato. Al contrario l’offerta di due vergini può avere in un certo senso disorientato la folla: c’erano due giovani vergini, e la possibilità di violare la loro purezza può avere avuto un certo effetto sulla folla. Ma d’altra parte si trattava di femmine, e per di più fidanzate con due uomini della città. Perciò quella proposta può aver avuto l’effetto di disorientare o dividere la folla di pervertiti.
Inoltre, anche se inizialmente Lot non era consapevole del fatto che gli ospiti erano angeli, a quel punto poteva essersi reso conto che si trattava di messaggeri di Dio. (Ebr. 13:2) Quindi Lot, per quanto profondamente attaccato alle figlie, può essersi sentito in dovere, se necessario, di sacrificarle. (Confronta Genesi 22:1-14; II Samuele 12:3). Offrendo le figlie alla turba, Lot può aver avuto fiducia che, se era volontà di Geova, Dio avrebbe protetto le sue figlie proprio come aveva già protetto Sara in Egitto. (Gen. 12:17-19) E in effetti Geova guidò le cose in modo che Lot e le sue figlie rimasero incolumi sfuggendo non solo alla folla di omosessuali, ma anche all’infuocata distruzione che si abbatté sulla città. — Gen. 19:15-29.
Gli angeli non dissero che con la sua proposta Lot avesse perso la sua giustizia. Anzi, aiutarono Lot e la sua famiglia a fuggire quando Dio ridusse in rovina quelle città, che non contenevano nemmeno dieci giusti. (Gen. 18:26-32) Ciò che più conta, Dio non criticò Lot, che si tormentava anche al solo veder compiere atti illegali. Al contrario, Geova, che legge il cuore, dichiarò Lot uomo “giusto”. — Prov. 15:11; II Piet. 2:8, 9.
Questo racconto biblico è importante. Serve ad accentuare la malvagità di Sodoma e Gomorra, suscita indignazione nei giusti che lo leggono e rivela la disapprovazione di Dio circa l’omosessualità. Il racconto ci aiuta inoltre ad apprezzare l’assicurazione biblica che Dio è giusto e retto e non incoraggia la malvagità. (Deut. 32:4) E possiamo aver fiducia che Dio è ugualmente giusto e retto nell’esprimere il suo giudizio secondo cui Lot fu un uomo “giusto”.
● I “cavalieri dell’Apocalisse” sono quattro o cinque?
La frase “i quattro cavalieri dell’Apocalisse”, resa famosa dallo scrittore spagnolo Vicente Blasco Ibáñez col titolo di un romanzo sulla prima guerra mondiale, è tratta dalla descrizione che si trova nel capitolo 6 di Rivelazione, o dell’Apocalisse.
L’apostolo Giovanni vede in visione ‘un cavallo bianco e colui che vi sedeva sopra’, che raffigura Gesù Cristo mentre cavalca in qualità di re celeste. Appresso viene un cavaliere su un “cavallo color fuoco”, che rappresenta la guerra, come quella scoppiata nel 1914 E.V. Terzo è un cavaliere su un cavallo nero, che rappresenta enormi carestie. Poi il racconto aggiunge: “E vidi, ed ecco, un cavallo pallido; e colui che vi sedeva sopra aveva nome la Morte. E l’Ades lo seguiva da vicino”. — Riv. 6:1-8.a
Ma in che modo l’Ades seguiva la Morte? Cavalcava un cavallo proprio, che non viene descritto, oppure stava seduto dietro la Morte sul cavallo pallido? Oppure, l’Ades non aveva alcun cavallo, ma in qualche modo seguiva ugualmente? In effetti nessuno di noi può dire con certezza quale di queste possibilità è quella giusta, perché Giovanni non spiega questo dettaglio. Quindi, dal racconto stesso, possiamo dire con certezza solo che Giovanni vide quattro cavalieri, i cavalieri dei cavalli bianco, rosso, nero e pallido. Non è il caso di essere categorici nel dire se l’Ades cavalcava su un quinto cavallo o no.
La descrizione di Giovanni è però sufficiente a farci capire ciò che egli riteneva più importante del modo in cui l’Ades seguiva, e cioè che quelli reclamati da morte prematura, per la guerra, la carestia e la pestilenza, vengono raccolti dall’Ades, la comune tomba del genere umano. — Riv. 20:13.
[Nota in calce]
a Per una considerazione versetto per versetto di questo brano, vedi “Quindi è finito il mistero di Dio”, pp. 37-60.