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Vita sulla lagunaSvegliatevi! 1973 | 8 gennaio
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pescatore è in molti modi una vita felice, quindi chissà? Forse un giorno avrò di nuovo una barca e potrò andare a procacciarmi il cibo quotidiano come facevo prima. Fino ad allora mi accontenterò di guardare dal ponte.
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Perché pentirsi delle “opere morte”?Svegliatevi! 1973 | 8 gennaio
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“La tua parola è verità”
Perché pentirsi delle “opere morte”?
QUASI 6.000 anni fa il genere umano si allontanò da Geova Dio. Questo avvenne quando il primo uomo Adamo peccò. La verità di ciò si trova nella Parola di Dio, che ci dice: “Per mezzo di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e la morte per mezzo del peccato, e così la morte si estese a tutti gli uomini perché tutti avevano peccato”. — Rom. 5:12.
Essendo peccatori, gli uomini non possono ottenere una condizione approvata dinanzi a Geova Dio per il loro proprio merito. Solo per mezzo del sacrificio di riscatto di Gesù Cristo quelli che una volta erano “alieni” da Dio e “nemici” di Dio si possono riconciliare con lui. Questo perché quel riscatto ha valore espiatorio. — Col. 1:19-22.
La riconciliazione con Dio, comunque, non ha luogo senza azione da parte dei singoli individui. Una cosa richiesta per riconciliarsi con Dio riguarda il pentimento dalle “opere morte”. (Ebr. 6:1) Ma quali sono queste “opere morte”? Le hanno praticate tutti, rendendo essenziale il loro pentimento da tali “opere morte”?
Essendo la morte l’opposto della vita, le “opere morte” sono evidentemente opere che non conducono alla vita. Sono opere spiritualmente morte, vane e infruttuose.
È evidente che le opere della carne peccaminosa sono mortifere. Secondo la Bibbia, queste opere includono “fornicazione, impurità, condotta dissoluta, idolatria, pratica di spiritismo, inimicizie, contesa, gelosia, eccessi d’ira, contenzioni, divisioni, sette, invidie, ubriachezze, gozzoviglie e simili. . . . quelli che praticano tali cose non erediteranno il regno di Dio”. (Gal. 5:19-21) Chi cerca l’approvazione di Dio e la vita deve pentirsi di tali “opere della carne” e smettere di praticarle.
Ma si limitano le “opere morte” alle opere di trasgressione e immoralità? No, poiché altre opere pure sono vane e infruttose.
In tali “opere morte” sono incluse le opere compiute per giustificarsi. Ogni sforzo degli uomini per stabilire la propria giustizia indipendentemente da Cristo Gesù e dal suo sacrificio di riscatto è vano. Per tale motivo chi cerca di aderire alla legge mosaica allo scopo di stabilire la propria giustizia pratica le “opere morte”. Questo aspetto è ribadito in Romani 3:20-25: “Per le opere della legge nessuna carne sarà dichiarata giusta dinanzi a [Dio], perché mediante la legge si ha l’accurata conoscenza del peccato. . . . È come gratuito dono che son dichiarati giusti per sua immeritata benignità con la liberazione mediante il riscatto pagato da Cristo Gesù. Dio lo ha stabilito come offerta per la propiziazione mediante la fede nel suo sangue”.
Inoltre, opere che potrebbero altrimenti essere opere buone possono divenire “opere morte” se non hanno origine dai giusti motivi. L’apostolo Paolo precisò: “Se do tutti i miei averi per nutrire altri, e se consegno il mio corpo, per potermi vantare, ma non ho amore, non ne ho alcun profitto”. — 1 Cor. 13: 3.
Quindi, si può anche esser convinti di servire Dio mentre in effetti si praticano le “opere morte”. Questo perché, se non si compiono in armonia con l’accurata conoscenza, le proprie opere sarebbero vane e potrebbero anche essere contrarie al proposito di Dio. Riguardo ai Giudei del suo giorno, l’apostolo Paolo notò: “Hanno zelo verso Dio; ma non secondo accurata conoscenza; poiché, siccome non conoscevano la giustizia di Dio ma cercavano di stabilire la propria, non si sono sottoposti alla giustizia di Dio”. — Rom. 10:2, 3.
In considerazione del fatto che le “opere morte” non sono semplicemente pratiche degradanti, è ovvio che tutti devono pentirsi delle “opere morte”. Nessuno di quelli oggi viventi può dire che non ha mai fatto nulla con un motivo cattivo. Nessuno può asserire che ogni sua azione sia stata completamente altruista, una vera espressione del suo amore verso Dio e il prossimo. Non c’è nessun uomo o donna in nessun luogo che possa dichiarare che tutte le sue azioni sono state in completa armonia con la volontà di Dio. Sotto ispirazione l’anziano apostolo Giovanni osservò: “Se facciamo la dichiarazione: ‘Non abbiamo peccato’, lo facciamo bugiardo e la sua parola non è in noi’”. — 1 Giov. 1:10.
Poiché tutti sono peccatori, tutti hanno praticato le “opere morte”. Per questa ragione finché non se ne pentono, non possono avere un coscienza pura dinanzi a Geova Dio. Comunque, pentendosi delle “opere morte” e sforzandosi di vivere una vita in armonia con la volontà di Dio, si può, in base alla fede nel sacrificio di riscatto di Gesù, avere la coscienza purificata dalle opere morte. — Ebr. 9:14.
Il sincero pentimento apre la via per accostarsi al Padre celeste con libertà di parola. Non ci si sente condannati nel cuore. Non si teme che Geova Dio non ascolti le proprie implorazioni di aiuto. L’apostolo Giovanni scrisse: “Se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo libertà di parola verso Dio; e qualsiasi cosa chiediamo la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose che sono piacevoli agli occhi suoi”. — 1 Giov. 3:21, 22.
Chi non si pente delle “opere morte” si priva perciò di una preziosa relazione con il Creatore. Resta senza aiuto divino in tempo di prova e afflizione. D’altra parte, chi si riconcilia con Dio ha la positiva assicurazione di ricevere sapienza per sopportare le prove. — Giac. 1: 5.
Quelli che si sono riconciliati con Dio non possono prendere per scontata la loro preziosa relazione. Se vogliono continuare ad accostarsi a Dio con libertà di parola, devono mantenere una coscienza pura. Ciò richiede sforzo, perché la legge del peccato o innata inclinazione a fare il male opera continuamente nelle loro membra carnali. Tale “legge del peccato”, in effetti, cerca di dominare la loro condotta e far loro seguire una via che non è in armonia con Dio. Riguardo alla sua propria lotta a questo riguardo, l’apostolo Paolo dichiarò: “Realmente io mi diletto nella legge di Dio secondo l’uomo che sono interiormente, ma vedo nelle mie membra un’altra legge che combatte contro la legge della mia mente e mi conduce prigioniero alla legge del peccato che è nelle mie membra. Misero uomo ch’io sono! Chi mi libererà dal corpo che subisce questa morte?” — Rom. 7:22-24.
Poiché avveniva in lui tale lotta, potrebbe sembrare che Paolo, nonostante si fosse pentito delle “opere morte”, semplicemente non potesse mantenere una coscienza pura dinanzi a Dio. Ma non è così. Rispondendo alla suddetta domanda, Paolo esclama: “Grazie a Dio per mezzo
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