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Geova fa prosperare la sua operaLa Torre di Guardia 1961 | 1° novembre
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e furono uccisi da Dio. (Atti 5:1-11) L’avere le cose in comune non voleva dire essere comunisti, come suppongono alcuni. Fu una disposizione temporanea, simile a quella che viene presa quando i testimoni di Geova che abitano in una città dove si tiene un’assemblea della Torre di Guardia accolgono nelle loro case i delegati forestieri e offrono loro vitto e alloggio. Similmente della proprietà è stata intestata alla Società e le è stata devoluta in testamenti. Tutte queste offerte aiutano a diffondere la conoscenza spirituale come alla Pentecoste. Nessuna di esse è richiesta né tenuta in senso comunistico.
D. Insegnate che offrendo beni materiali si ottiene il perdono dei peccati?
R. No. La Bibbia dice: “Voi sapete che non con cose corruttibili, con argento o con oro, foste riscattati dalla vostra infruttuosa condotta ricevuta per tradizione dai vostri antenati. Ma lo foste con sangue prezioso, come quello di un agnello senza difetto e senza macchia, quello di Cristo”. — 1 Piet. 1:18, 19.
I testimoni di Geova riconoscono che occorre molto denaro per diffondere efficacemente la buona notizia del giusto nuovo mondo di Dio. (2 Piet. 3:13) Riconoscono anche che contribuire per promuovere questa proclamazione è un privilegio concesso da Geova. Come Davide, essi dicono: “A Te, o Signore, appartiene la grandezza, la potenza, l’onore, la maestà e la gloria, perché tutto quanto vi è in cielo e in terra è Tuo. . . . Tutto proviene da Te, dalla tua mano, e lo rendiamo a Te”. — 1 Cron. 29:11, 14, Na.
In questo modo Geova fa prosperare la sua opera.
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Domande dai lettoriLa Torre di Guardia 1961 | 1° novembre
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Domande dai lettori
● Vorrei conoscere la spiegazione di 1 Corinzi 14:2. — J. M., Stati Uniti.
Il versetto in questione dice: “Poiché chi parla in una lingua parla non agli uomini ma a Dio, poiché nessuno ascolta, ma egli dichiara sacri segreti per lo spirito”. Questa scrittura si può capire in base ai versetti 13-19 di 1 Corinzi 14 (Na) dello stesso capitolo che dicono:
“Chi dunque parla le lingue, preghi per avere il dono di saperle interpretare. Infatti, se io prego col dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia mente non ne ricava alcun frutto. Dunque che fare? Pregherò con lo spirito, ma anche con la mente; salmeggerò con lo spirito, ma anche con la mente. Altrimenti se tu non pronunzi parole di benedizione altro che in spirito, colui che sta al posto del semplice fedele, come potrà rispondere l’‘Amen’ al tuo rendimento di grazie? Non capisce quello che tu dici. Senza dubbio il tuo rendimento di grazie sarà bello, ma l’altro non resta edificato. Io ringrazio Iddio di superare nel dono delle lingue tutti voi; ma nell’assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza in modo da poter istruire anche gli altri, anziché migliaia di parole col dono delle lingue”.
In altre parole, chi parla in una lingua, parla a Dio anziché agli uomini, se non vi è qualcuno che interpreti il significato di ciò che dice per farlo capire agli ascoltatori. Le parole sono senza significato per gli ascoltatori che non comprendono la lingua straniera in cui il messaggio è espresso mediante il miracoloso potere dello spirito santo di Dio. Per questa ragione l’apostolo Paolo dice: “Nessuno ascolta”, perché nessuno capisce. Poteva anche darsi che colui che parlava le lingue straniere non capisse il messaggio che pronunciava; se no perché l’apostolo Paolo avrebbe detto che chi parlava le lingue avrebbe dovuto pregare per saperle interpretare? Altrimenti egli non avrebbe capito nemmeno ciò che stava dicendo spinto dallo spirito, se non ci fosse stato qualcuno per interpretarglielo.
Se dunque non vi fosse stato qualcuno per interpretare o tradurre il suo messaggio, avrebbe parlato sicuramente a Dio, anziché agli uomini. Per questo l’apostolo Paolo dice che se non vi sono interpreti, colui che parla in lingue
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