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ApostoloAusiliario per capire la Bibbia
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Dei dodici, Pietro, Giacomo e Giovanni sembra godessero la più intima relazione con Gesù: solo loro assisterono alla risurrezione della figlia di Iairo (Mar. 5:35-43) e alla trasfigurazione di Gesù (Matt. 17:1, 2), e rimasero con lui più a lungo degli altri apostoli nel giardino di Getsemani la notte del suo arresto. (Mar. 14:32, 33) Pare che fra Gesù e Giovanni esistesse speciale affinità, ed è generalmente riconosciuto che Giovanni era “il discepolo che Gesù amava”. – Giov. 21:20-24; 13:23.
SCELTA E INIZIO DEL MINISTERO
I dodici furono scelti fra un numero maggiore di discepoli e furono chiamati “apostoli” da Gesù, “perché stessero con lui e li mandasse [apostèllei] a predicare, e perché avessero l’autorità di espellere i demoni”. (Mar. 3:13-15) D’allora in poi rimasero “con lui” in intima compagnia per il resto del suo ministero terreno, ricevendo ampia istruzione personale e addestramento nel ministero. (Matt. 10:1-42; Luca 8:1) Quali allievi di Gesù, continuarono a essere chiamati “discepoli” fino alla Pentecoste (Matt. 11:1; 14:26; 20:17; Giov. 20:2), dopo furono sempre chiamati “apostoli”. Al momento della nomina Gesù impartì loro poteri miracolosi di compiere guarigioni ed espellere demoni, poteri che essi usarono fino a un certo punto anche durante il ministero di Gesù. (Mar. 3:14, 15; 6:13; Matt. 10:1-8; Luca 9:6; confronta Matteo 17:16). Quest’attività però risulta sempre subordinata all’opera più importante: la predicazione. Pur formando un’intima cerchia di seguaci, l’istruzione e l’addestramento che ricevettero non includeva cerimonie o riti misteriosi.
DEBOLEZZE UMANE
Per quanto altamente favoriti come apostoli del Figlio di Dio, manifestarono comuni mancanze e debolezze umane. Pietro era piuttosto avventato e impulsivo (Matt. 16:22, 23; Giov. 21:7, 8); Tommaso fu lento a convincersi (Giov. 20:24, 25); Giacomo e Giovanni manifestarono impazienza giovanile. (Luca 9:49, 54) Disputarono sulla loro futura grandezza nel regno terreno che attendevano fosse stabilito da Gesù. (Matt. 20:20-28; Mar. 10:35-45; confronta Atti 1:6; Luca 24:21). Riconobbero che avevano bisogno di maggior fede. (Luca 17:5; confronta Matteo 17:20). Nonostante gli anni di intima associazione con Gesù e pur sapendo che era il Messia, lo abbandonarono tutti al momento dell’arresto (Matt. 26:56), tanto che altri si occuparono della sua sepoltura. Gli apostoli furono dapprima lenti ad accettare la testimonianza delle donne che per prime avevano visto Gesù dopo la risurrezione. (Luca 24:10, 11) Per timore si radunavano dietro porte chiuse. (Giov. 20:19, 26) Il risuscitato Gesù diede loro maggior intendimento e, dopo la sua ascensione al cielo il quarantesimo giorno dalla risurrezione, essi manifestarono grande gioia ed “erano di continuo nel tempio, benedicendo Dio”. – Luca 24:44-53.
ATTIVITÀ NELLA CONGREGAZIONE CRISTIANA
Avendo ricevuto lo spirito di Dio alla Pentecoste, gli apostoli furono molto rafforzati. I primi cinque capitoli degli Atti degli Apostoli attestano il grande coraggio e l’ardimento con cui proclamavano la buona notizia e la risurrezione di Gesù nonostante fossero stati incarcerati, percossi e minacciati di morte dai capi religiosi. Durante quei primi giorni dopo la Pentecoste la dinamica direttiva degli apostoli, sotto il potere dello spirito santo, produsse straordinaria espansione nella congregazione cristiana. (Atti 2:41; 4:4) Il loro ministero si svolse dapprima a Gerusalemme, poi si estese alla Samaria, e col tempo a tutto il mondo conosciuto. – Atti 5:42; 6:7; 8:5-17, 25; 1:8.
Gli apostoli dovevano prima di tutto essere testimoni che Gesù aveva adempiuto i propositi e le profezie di Geova Dio, e particolarmente che era stato risuscitato e glorificato. Anzi della sua risurrezione erano testimoni oculari. (Atti 13:30-34) Inoltre dovevano fare discepoli fra tutte le nazioni, e quest’incarico fu loro ripetuto da Gesù poco prima dell’ascensione al cielo. – Matt. 28:19, 20; Atti 1:8, 22; 2:32-36; 3:15-26.
Poteri miracolosi
Inoltre, per dare maggior forza alla loro testimonianza, gli apostoli continuarono a usare i doni miracolosi impartiti loro da Gesù, e altri doni dello spirito ricevuti dalla Pentecoste in poi. (Atti 5:12; 9:36-40) Anche altri ricevettero doni miracolosi dello spirito, ma la narrazione spiega che ciò avveniva solo quando erano presenti uno o più apostoli, o per l’imposizione delle mani degli apostoli. (Atti 2:1, 4, 14; 8:14-18; 10:44; 19:6) Infatti solo gli apostoli ebbero il potere di trasmettere tali doni. I doni miracolosi sarebbero dunque cessati con la morte degli apostoli e di quelli che avevano ricevuto tali doni per mezzo degli apostoli (I Cor. 13:2, 8-11), e perciò leggiamo che questi poteri erano “assenti nella Chiesa del II secolo, gli scrittori dell’epoca ne parlavano come di una cosa del passato – in realtà del tempo degli apostoli”. – Douglas, The New Bible Dictionary, p. 49; vedi DONI DI DIO, Doni dello spirito.
SOSTITUZIONE DI GIUDA ISCARIOTA
A causa della defezione di Giuda Iscariota, che morì infedele, rimasero solo undici apostoli, e nei quaranta giorni dalla risurrezione all’ascensione al cielo Gesù non fece alcuna nomina sostitutiva. A un certo punto, durante i dieci giorni fra l’ascensione di Gesù e la Pentecoste, si ritenne necessario scegliere un altro per prendere il posto di Giuda, non semplicemente a motivo della sua morte, ma piuttosto a motivo della sua empia defezione, come indicano le Scritture citate da Pietro. (Atti 1:15-22; Sal. 69:25; 109:8; confronta Rivelazione 3:11). Invece, quando fu messo a morte il fedele apostolo Giacomo, non si ha notizia che si pensasse di nominare qualcuno per succedergli in qualità di apostolo. – Atti 12:2.
Dalle parole di Pietro è evidente che per avere la posizione di apostolo di Gesù Cristo era indispensabile averlo conosciuto personalmente, essere stato testimone oculare delle sue opere, dei suoi miracoli, e specialmente della sua risurrezione. Si capisce dunque che qualsiasi successione apostolica col tempo sarebbe diventata impossibile, se non ci fosse stato un intervento divino per sopperire a questi requisiti in ogni singolo caso. Ma in quel particolare momento prima della Pentecoste c’erano uomini che avevano tali requisiti e due furono ritenuti idonei per sostituire l’infedele Giuda. Senza dubbio pensando a Proverbi 16:33, si gettarono le sorti e fu scelto Mattia che in seguito “fu annoverato con gli undici apostoli”. (Atti 1:23-26) Egli infatti è incluso fra “i dodici” che risolsero il problema dei discepoli di lingua greca (Atti 6:1, 2), ed evidentemente Paolo lo include fra i “dodici” quando, in I Corinti 15:4-8, parla delle apparizioni di Gesù dopo la risurrezione. Alla Pentecoste c’erano dunque dodici fondamenta apostoliche su cui poteva poggiare l’Israele spirituale allora formato.
APOSTOLI DELLE CONGREGAZIONI
Mattia non fu semplicemente un apostolo della congregazione di Gerusalemme, come non lo furono gli altri undici apostoli. Il suo caso è diverso da quello del levita Giuseppe Barnaba, che divenne apostolo della congregazione di Antiochia di Siria. (Atti 13:1-4; 14:4, 14; I Cor. 9:4-6) Anche altri uomini sono definiti “apostoli delle congregazioni” nel senso che erano mandati a rappresentare tali congregazioni. (II Cor. 8:23) E, scrivendo ai filippesi, Paolo parla di Epafrodito, “vostro inviato [apòstolon] e servitore privato per il mio bisogno”. (Filip. 2:25) L’apostolato di tali uomini chiaramente non era in virtù di alcuna successione apostolica, né essi facevano parte dei “dodici” come Mattia.
Il corretto intendimento della più ampia applicazione del termine “apostolo” può contribuire a eliminare qualsiasi discordanza apparente fra Atti 9:26, 27 e Galati 1:17-19, in riferimento alla stessa circostanza. Il primo brano afferma che Paolo, giunto a Gerusalemme, fu condotto “dagli apostoli” da Barnaba. In Galati, tuttavia, Paolo dice di aver fatto visita a Pietro e aggiunge: “Ma non vidi nessun altro degli apostoli, se non Giacomo il fratello del Signore”. Giacomo (non l’apostolo originale Giacomo figlio di Zebedeo né il Giacomo figlio di Alfeo, ma il fratellastro di Gesù) era evidentemente considerato “apostolo” nel senso più ampio, cioè “mandato” dalla congregazione di Gerusalemme. Questo spiegherebbe l’uso del titolo al plurale in Atti nel dire che Paolo fu condotto “dagli apostoli” (cioè Pietro e Giacomo). – Confronta I Corinti 15:5-7; Galati 2:9.
SCELTA DI PAOLO
Probabilmente verso il 34 o 35 E.V. Saulo di Tarso si convertì e fu in seguito chiamato Paolo. Egli divenne un vero apostolo di Gesù Cristo scelto direttamente da lui dopo la risurrezione e l’ascensione al cielo. (Atti 9:1-22; 22:6-21; 26:12-23; 13:9) Paolo difese il suo apostolato presentando come suo requisito il fatto di aver visto il Signore Gesù Cristo risuscitato e di aver compiuto miracoli straordinari; inoltre era stato impiegato per impartire spirito santo a credenti battezzati. (I Cor. 9:1, 2; 15:9, 10; II Cor. 12:12; II Tim. 1:1, 11; Rom. 1:1; 11:13; Atti 19:5, 6) Dato che l’apostolo Giacomo (fratello di Giovanni) fu ucciso solo verso il 44 E.V., “i dodici” erano ancora in vita quando Paolo divenne apostolo. Egli non s’include mai fra “i dodici”, pur ammettendo allo stesso tempo che il suo apostolato non è in alcun modo inferiore al loro. – Gal. 2:6-9; vedi PAOLO.
FINE DEL PERIODO APOSTOLICO
Anche se la Bibbia non parla della morte dei dodici apostoli, a eccezione di quella di Giacomo, è chiaro che furono fedeli fino alla morte e non ebbero perciò bisogno di essere sostituiti. A proposito della storia dei secoli successivi è stato osservato che “ogni volta che [il termine “apostolo”] è applicato a singoli nella letteratura cristiana più tarda, l’uso del termine è metaforico. Dopo il I secolo la chiesa non ha mai avuto apostoli come sono intesi nel NT [Nuovo Testamento]”. – The Interpreter’s Dictionary of the Bible, Vol. I, p. 172.
Mentre gli apostoli erano in vita, la loro presenza servì da restrizione contro l’apostasia, respingendo l’influenza della falsa adorazione entro la congregazione cristiana. Evidentemente a questa “restrizione” si riferiva l’apostolo Paolo in II Tessalonicesi 2:7: “Infatti, il mistero di questa illegalità è già all’opera; ma solo finché colui che ora agisce da restrizione non sia tolto di mezzo”. (Confronta Matteo 13:24, 25; Atti 20:29, 30). Tale influenza apostolica, inclusi l’autorità e i poteri unici che avevano, continuò fino alla morte di Giovanni verso il 100 E.V. (I Giov. 2:26; III Giov. 9, 10) Il rapido diffondersi dell’apostasia con dottrine e pratiche false dopo la loro morte indica che nessun presunto successore degli apostoli ha mai esercitato la loro influenza restrittiva.
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ApparizioneAusiliario per capire la Bibbia
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Apparizione
La parola greca phàntasma ricorre solo due volte, nel descrivere quando Gesù si diresse verso i discepoli che erano in barca, camminando sull’acqua del Mar di Galilea (Matt. 14:26; Mar. 6:49), e i discepoli spaventati esclamarono: “È un’apparizione!” Il significato del termine phàntasma è ‘semplice immagine, irrealtà, visione spettrale’. Viene tradotto da alcuni “fantasma” (VR, Ge, CEI) da altri “apparizione” (NM).
Un’apparizione è un’illusione; qualche cosa che in effetti non è presente, ma si crede temporaneamente che lo sia perché eccita l’immaginazione o per altra causa. Rassicurando i discepoli che le cose non stavano così e che era proprio lui, Gesù disse: “Sono io; non abbiate timore”. – Matt. 14:27; Mar. 6:50.
Si trattava dunque di una circostanza diversa da quella in cui il risuscitato Gesù apparve all’improvviso in mezzo ai discepoli, facendo loro pensare che si trattasse di “uno spirito [gr. pnèuma]”. (Luca 24:36, 37) Le parole di Gesù in questa circostanza non volevano semplicemente convincerli della sua realtà ma assicurarli che era apparso loro in forma umana carnale e non in forma spirituale; infatti disse: “Toccatemi e vedete, perché uno spirito non ha carne ed ossa come vedete che le ho io”. (Luca 24:38-43; confronta Genesi 18:1-8; 19:1-3). Non dovevano dunque temere di subire un effetto simile a quello prodotto su Daniele da una tremenda apparizione angelica di natura completamente diversa. (Confronta Daniele 10:4-9). E la loro situazione era pure molto diversa da quella di Saulo di Tarso, che in seguito fu accecato dall’apparizione di Gesù sulla via per Damasco. – Atti 9:1-9; 26:12-14.
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Appendere
[dall’ebr. talàh, “appendere, sospendere”; confronta l’uso che ne è fatto in Salmo 137:2; Isaia 22:24; Ezechiele 15:3].
Secondo la legge data da Geova a Israele, certi criminali potevano essere appesi a un palo dopo essere stati messi a morte, come ‘maledetti da Dio’, per farne un pubblico spettacolo e come esempio ammonitore. Un morto così appeso doveva essere deposto prima di notte e sepolto; lasciandolo sul palo tutta la notte il suolo dato da Dio agli israeliti sarebbe stato contaminato. (Deut. 21:22, 23) Israele seguiva questa norma anche se il condannato a morte non era israelita. – Gios. 8:29; 10:26, 27.
I due figli e i cinque nipoti di Saul che Davide consegnò ai gabaoniti perché fossero messi a morte non furono sepolti prima di notte. Furono lasciati all’aperto dall’inizio della mietitura dell’orzo (verso la fine di aprile) fino alla prima pioggia, evidentemente dopo che era finita la stagione della mietitura. La ragione per cui fu permesso ai gabaoniti di seguire in questo caso un procedimento diverso sembra avesse relazione con un peccato che coinvolse la nazione, commesso da Saul mettendo a morte alcuni gabaoniti in violazione del patto fatto anni prima con loro da Giosuè. (Gios. 9:15) Dio allora aveva lasciato che la terra soffrisse tre anni di carestia per dimostrare la sua ira. Perciò i corpi appesi rimasero esposti finché Geova, ponendo fine alla siccità con un acquazzone, non indicò che la sua collera si era placata. Davide
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