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Espiazione, giorno diAusiliario per capire la Bibbia
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veniva bruciato. Chi lo bruciava doveva lavarsi gli abiti e bagnarsi in acqua, dopo di che poteva entrare nel campo. (Lev. 16:27, 28) Altri sacrifici fatti in quel giorno sono menzionati in Numeri 29:7-11.
OSSERVANZA NON PIÙ VALIDA
Anche se gli aderenti all’ebraismo celebrano ancora il giorno di espiazione, tale celebrazione ha ben poco in comune con quella istituita da Dio, infatti viene tenuta senza tabernacolo, né altare, né arca del patto, non vengono sacrificati tori e capri e non esiste sacerdozio levitico. I cristiani comunque si rendono conto che i servitori di Geova non hanno attualmente tale obbligo. (Rom. 6:14; Ebr. 7:18, 19; Efes. 2:11-16) Inoltre la distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 E.V. pose forzatamente fine ai servizi del vero sacerdozio levitico, e non c’è ormai alcun modo di stabilire chi potrebbe giustamente essere sacerdote. The Encyclopedia Americana (Vol. 17, ed. 1956, p. 294) dice dei leviti: “Dopo la distruzione del tempio nella diaspora, essi scomparvero dalla storia, essendo assorbiti dalla folla dei prigionieri sparsi in tutto il mondo romano”.
ADEMPIMENTO ANTITIPICO
Quando era osservato in modo corretto, l’annuale giorno di espiazione, come altri aspetti della legge mosaica, serviva come figura di qualche cosa di molto più grande. L’attento esame di questa osservanza alla luce degli ispirati commenti dell’apostolo Paolo rivela che Gesù Cristo e la sua opera redentrice a favore dell’umanità furono tipificati dal sommo sacerdote d’Israele e dagli animali usati in relazione alla cerimonia. Nella sua lettera agli ebrei, Paolo spiega che Gesù Cristo è il grande sommo sacerdote antitipico (Ebr. 5:4-10); indica inoltre che il sommo sacerdote, entrando una volta all’anno nel Santissimo col sangue delle vittime animali, prefigurava l’entrata di Gesù Cristo nel cielo stesso col proprio sangue, per fare così espiazione per coloro che esercitano fede nel suo sacrificio. Naturalmente Cristo, essendo senza peccato, non ha dovuto offrire un sacrificio per i propri peccati, come faceva il sommo sacerdote d’Israele. — Ebr. 9:11, 12, 24-28.
Aaronne sacrificava il toro per i sacerdoti e il resto della tribù di Levi, spruzzandone il sangue nel Santissimo. (Lev. 16:11, 14) In modo corrispondente Cristo presentò il valore del suo sangue umano a Dio in cielo, dove poteva essere applicato a favore di coloro che avrebbero governato con lui come re e sacerdoti. (Riv. 14:1-4; 20:6) Veniva sacrificato anche il capro per Geova e il suo sangue era spruzzato davanti all’Arca nel Santissimo, questo a favore delle tribù non sacerdotali d’Israele. (Lev. 16:15) Similmente l’unico sacrificio di Gesù Cristo reca beneficio anche all’umanità che non fa parte dell’Israele spirituale. Ci volevano due capri, perché uno solo non poteva servire come sacrificio letterale ed essere usato ancora per portar via i peccati d’Israele, come capro per Azazel. Entrambi i capri erano considerati un’unica offerta per il peccato (Lev. 16:5) e gli animali erano trattati in modo analogo finché non si tiravano a sorte, il che sta a indicare che insieme potevano formare un unico simbolo. Gesù Cristo non solo fu sacrificato, ma anche portò via i peccati di coloro per i quali morì come sacrificio.
L’apostolo Paolo dimostrò che, mentre non era possibile che il sangue di tori e capri portasse via i peccati, Dio preparò un corpo per Gesù (che egli si mostrò disposto a sacrificare quando si presentò per il battesimo), e, secondo la volontà divina, i seguaci di Cristo sono stati “santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo una volta per sempre”. (Ebr. 10:1-10) I resti del corpo del toro e del capro offerti nel giorno di espiazione erano infine bruciati fuori del campo d’Israele, e l’apostolo quindi fa notare che Cristo soffrì (essendo messo al palo) fuori delle porte di Gerusalemme. — Ebr. 13:11, 12.
È evidente dunque che, mentre l’ebraico giorno di espiazione non provvide una completa e permanente eliminazione del peccato neanche per Israele, i vari aspetti di quella celebrazione annuale avevano un carattere tipico. Prefiguravano la grande espiazione per i peccati compiuta da Gesù Cristo, il “sommo sacerdote che noi [cristiani] confessiamo”. — Ebr. 3:1.
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Esploratori, spieAusiliario per capire la Bibbia
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Esploratori, spie
Mentre Israele era accampato nel deserto di Paran nel 1512 a.E.V., Mosè mandò dodici capitribù (in rappresentanza di tutte le tribù tranne quella di Levi) a perlustrare il paese di Canaan. Geova permise ciò in seguito alla richiesta degli israeliti che avevano detto: “Lascia che mandiamo avanti a noi degli uomini che ci scrutino il paese e ci riportino parola riguardo alla via per cui dovremmo salire e alle città alle quali verremo”. (Deut. 1:22, 23) Separandosi, probabilmente a due a due, percorsero il paese fino ad Amat a N e verso il mare a O. Al loro ritorno, pur essendo tutti concordi nel dire che nel paese ‘scorreva latte e miele’, dieci degli esploratori fecero un rapporto infedele che impaurì gli israeliti. Solo Giosuè e Caleb incoraggiarono a procedere e impossessarsi del paese. Per la mancanza di fede manifestata da Israele nel prestare ascolto alle cattive notizie, Dio decretò che tutti gli uomini dai vent’anni in su dovevano morire nel deserto durante un periodo di peregrinazione che si sarebbe protratto per quarant’anni. Giosuè e Caleb facevano eccezione e la tribù di Levi non era inclusa. — Num. 13:1-33; 14:6-38; Deut. 1:24-40.
Nel 1473 a.E.V. Giosuè mandò due spie oltre il Giordano a esplorare Gerico. Raab la meretrice aiutò questi esploratori e, quando Gerico cadde, scampò insieme alla sua famiglia. (Gios. 2:1-24; 6:1, 22-25; Ebr. 11:31) Altri casi di spie mandate a esplorare il paese sono menzionati in Giudici 1:22-26; 18:1-10, 14, 17; I Samuele 26:4. I messaggeri che Davide mandò da Anun re di Ammon vennero accusati di essere spie e maltrattati. (II Sam. 10:1-7) Absalom mandò spie in tutto Israele più per trovare appoggio per la sua causa sovversiva che per cercare informazioni utili alla sua cospirazione contro Davide. — II Sam. 15:10-12.
A proposito della sua visita a Gerusalemme insieme a Barnaba e Tito, l’apostolo Paolo scrisse che allora c’erano “dei falsi fratelli, introdotti quietamente, che s’insinuarono per spiare la libertà che abbiamo unitamente a Cristo Gesù”. — Gal. 2:1-5.
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Espulsione
Azione giudiziaria di scomunica o disassociazione dei colpevoli dall’appartenenza e associazione a una comunità o organizzazione. Nella congregazione di Dio tale provvedimento viene preso per mantenere la purezza dottrinale e morale dell’organizzazione. L’esercizio di questo potere è necessario per la continua esistenza dell’organizzazione, e particolarmente della congregazione cristiana, che deve rimanere pura e conservare il favore di Dio per essere usata da lui e rappresentarlo. Altrimenti Dio espellerebbe o stroncherebbe l’intera congregazione. — Riv. 2:5; I Cor. 5:5, 6.
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