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Guarigione divina per la vita perfettaLa Torre di Guardia 1951 | 15 ottobre
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alla vostra assenza per rendermi privato servizio”. (Filip. 2:25-30, NM) Ma qui non vi è traccia di supposizione che Paolo abbia compiuto una guarigione divina per salvare Epafrodito dalla morte. Né impedì ch’egli si avvicinasse alle porte della morte, benché questo conservo fosse di grande aiuto per Paolo. Ma Iddio aveva benedetto i mezzi adoperati per rimetterlo in salute e così Iddio ebbe pietà di quel fratello malato. A proposito, se Epafrodito non avesse dovuto dormire nella morte ma fosse dovuto andare immediatamente in cielo dopo morto, sarebbe stato il conservarlo ancora nella vita terrena un atto di misericordia per lui? Oltre a lui, vi fu Trofimo. Nell’ultima lettera di Paolo prima della sua morte a Roma egli scrive per dire a Timoteo: “Trofimo l’ho lasciato infermo a Mileto”. (2 Tim. 4:20) Perché, ora, il dotato Paolo lasciò Trofimo infermo, e perché Trofimo non ebbe chiesto a Paolo di far uso del suo dono dello spirito per risanarlo? Perché il potere miracoloso non dev’essere adoperato per nostra convenienza personale o per il sollievo dei devoti Cristiani della congregazione.
23. Adoperò Paolo o raccomandò la guarigione divina per Timoteo?
23 C’era un altro compagno e collaboratore di Paolo che era afflitto da un’infermità cronica, Timoteo. Egli aveva disturbi di stomaco e frequenti periodi di malattia. Adoperò Paolo il suo dono su lui e lo liberò forse dalla sua infermità in modo definitivo? Oppure disse: “Timoteo, esercita la fede e prega che Dio intervenga e ti metta in migliore condizione fisica per il ministero della buona notizia”? Ascoltate la prescrizione che Paolo fece a Timoteo: “Non bere più acqua, ma adopera un poco di vino a causa del tuo stomaco e dei tuoi frequenti casi di malattia”. (1 Tim. 5:23, NM) Timoteo avrebbe potuto astenersi del tutto dagli alcoolici; non lo sappiamo con certezza. Ma allora l’acqua potabile poteva essere cattiva e così contribuire a rendere Timoteo infermo. Paolo gli disse di fare ciò che era ragionevole; no, non gli disse di andare in una farmacia e procurarsi uno speciale vino medicinale per disordini organici (come affermano i proibizionisti), ma semplicemente “prendi un poco di vino”, senza specificare di quale specie.
24. Che cosa comprova il fatto che Luca accompagnava Paolo?
24 Paolo stesso non era perfettamente in buona salute secondo i suggerimenti delle Scritture. Luca descrive che egli accompagnò Paolo nei suoi viaggi da Troas, in Asia Minore, in poi. E qual era la professione di questo Luca? Paolo ce lo dice con le seguenti parole: ‘Il diletto medico Luca vi manda i suoi saluti”. (Col. 4:14, NM) Luca era un medico, non in senso spirituale, ma in senso medico, fisico. Si può ragionevolmente dedurre che Paolo lo abbia avuto seco per i servizi medici che poteva rendere sia a lui che ad altri missionari. Se i veri Cristiani avessero avuto l’obbligo di limitarsi alle cure della fede e alle guarigioni divine, sarebbe stato inconsistente per Luca come Cristiano di esercitare la sua professione, specialmente verso i suoi compagni di servizio.
25. Dal fatti citati sopra, che cosa concludiamo che potremmo e non potremmo fare?
25 Da questi fatti scritturali possiamo con ragione concludere che, quando cadiamo malati o siamo colpiti da qualche infermità a causa degli anni, possiamo ricorrere a qualche metodo naturale di cura, o a qualche rimedio medico. Possiamo ricorrere a medici di qualunque scuola che ci sembri la migliore. Possiamo andare in un sanatorio o in un ospedale o subire un’operazione chirurgica. Questi metodi di cura non sono vietati ai Cristiani di fede. Non dobbiamo rimandare la cura appropriata ricorrendo alla preghiera ed aspettando una miracolosa guarigione divina. Sarebbe erroneo pregare ed aspettare una risposta a tale preghiera. Perché? Prima di tutto, perché queste guarigioni non sono per i credenti stessi e, secondariamente, perché questo dono di guarigione mediante lo spirito santo è tramontato. Affidarsi alla guarigione per fede costituirebbe per noi un danno spirituale, perché questi fanno la loro professione, non con la potenza dello spirito di Dio, ma con la potenza del Seduttore. I loro insegnamenti e le loro opere lo dimostrano. Se capissero le Scritture non sarebbero in tale commercio.
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La preghiera della fede durante la malattiaLa Torre di Guardia 1951 | 15 ottobre
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La preghiera della fede durante la malattia
1, 2. Che cosa mostra se Giacomo 5:13-15 parla di malattie spirituali?
IL DISCEPOLO Giacomo parlò della preghiera della fede per i malati. Non contraddice egli ciò che è stato detto sopra? Esaminiamo le sue parole su questo: “C’è qualcuno che soffre male fra voi? Faccia preghiera. C’è qualcuno in buon animo? Canti dei salmi. C’è qualcuno infermo fra voi? Chiami gli anziani della congregazione presso di sé, e preghino essi su lui, sfregandolo con olio nel nome di Geova. E la preghiera della fede renderà la salute all’indisposto, e Geova lo ridesterà. E se anche ha commesso peccati, gli sarà perdonato”. — Giac. 5:13-15, NM.
2 Il contesto mette in chiara luce che qui Giacomo non parla di malattie fisiche, ma spirituali. In primo luogo egli menziona il soffrir male. Questo ha riferimento al “soffrire male per la buona notizia secondo la potenza di Dio”. Significa subire qualche avversità servendo come Cristiano testimone di Dio e mantenendo la propria integrità verso Dio. (2 Tim. 1:8, NM) Quindi, se qualcuno soffre in tal modo, perseveri nella preghiera affin di essere aiutato a mantenersi fedele, consiglia Giacomo. Ma, secondo Giacomo, che cosa deve fare chi è di buon animo? “Canti dei salmi”. Così facendo, egli edifica se stesso e quelli che l’ascoltano. Ma che farà chi non è di buon animo? In altri termini, che farà chi è malato spiritualmente? Il fatto che Giacomo mette in contrasto lo star male con l’essere di buon animo indica
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