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GiochiAusiliario per capire la Bibbia
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cominciò a profetizzare in Giuda durante il regno di Acaz, in Grecia ebbero inizio i famosi Giochi Olimpici, gare agonistiche in onore di Zeus. Anche se i giochi di Olimpia rimasero i più famosi, altre tre città greche diventarono importanti centri agonistici. Sull’istmo presso Corinto si tenevano i Giochi Istmici in onore di Posidone. Delfi era famosa per i Giochi Pitici, mentre i Giochi Nemei, pure in onore di Zeus, si tenevano in Argolide.
Il programma di tutte le gare includeva corsa, lotta, pugilato, lancio del disco e del giavellotto, corse di bighe, ecc. I partecipanti facevano voto di osservare per dieci mesi un rigido programma di allenamento, che occupava quasi tutto il loro tempo. L’allenamento era severamente controllato da giudici che vivevano insieme agli atleti. Questi spesso si allenavano in condizioni più difficili della competizione stessa: i corridori si allenavano con pesi ai piedi e i lottatori si affrontavano con addosso pesanti uniformi. Spesso ci volevano anni per sviluppare le qualità necessarie per riuscire vincitori nei giochi. Il premio consisteva in una semplice ghirlanda o corona di foglie, di olivo selvatico nei Giochi Olimpici, rami di pino nei Giochi Istmici, di alloro nei Giochi Pitici e di prezzemolo in quelli Nemei. Spesso il premio veniva esposto al traguardo vicino all’arbitro, per incitare i corridori a impegnarsi al massimo e ad avere sempre gli occhi rivolti al premio. Se non si osservavano le regole si era squalificati. I giochi erano argomento di ogni conversazione prima, durante e dopo le gare. Gli atleti vittoriosi venivano elogiati e idolatrati, coperti di doni e festeggiati. Corinto concedeva ai vincitori la pensione a vita.
Giochi pagani introdotti in Palestina
Nel II secolo a.E.V., durante il regno di Antioco Epifane, ebrei ellenizzanti introdussero in Israele le competizioni atletiche e la cultura greca, e a Gerusalemme fu aperto un ginnasio o palestra, come si legge nel primo capitolo del libro apocrifo di I Maccabei. In II Maccabei 4:12-15 si legge che perfino i sacerdoti trascuravano i loro doveri per partecipare ai giochi. Altri invece erano molto contrari a tali usanze pagane.
A ROMA
I giochi romani erano molto diversi da quelli greci, infatti vi primeggiavano i combattimenti di gladiatori e altre esibizioni di estrema brutalità. I ludi gladiatori ebbero origine nel III secolo a.E.V. come servizi religiosi che accompagnavano i funerali, e forse avevano stretta relazione con antichi riti pagani in cui gli adoratori si producevano lacerazioni da cui lasciavano sgorgare il sangue in onore degli dèi o dei loro morti. (I Re 18:28; confronta la proibizione di usanze del genere data a Israele in Levitico 19:28). I giochi romani furono in seguito dedicati al dio Saturno. Nulla li superava per brutalità e violenza. L’imperatore Traiano una volta indisse giochi con la partecipazione di 10.000 gladiatori, la maggior parte dei quali trovò la morte prima della fine dello spettacolo. Alcuni senatori, certe “nobildonne” e un imperatore, Commodo, scesero nell’arena fra i gladiatori. Dall’epoca di Nerone in poi molti cristiani furono uccisi in tali occasioni.
Il punto di vista cristiano
Tertulliano, scrittore del II e III secolo E.V., espone il punto di vista dei primi cristiani su tali gare: “Nulla infatti hanno in comune la nostra lingua, la nostra vista, il nostro udito con le follie del circo, con la licenziosità dei teatri, con le barbarie dell’arena, con la frivolezza delle palestre.... in che cosa vi offendiamo noi se la pensiamo diversamente intorno al piacere?” — Apologetico, cap. 38.
USO ILLUSTRATIVO
Molti aspetti dei giochi furono opportunamente usati da Paolo e Pietro per illustrare punti dottrinali. In contrasto col premio ambito dagli atleti greci, la corona a cui aspirava l’unto cristiano non era una ghirlanda di foglie che appassiscono, ma il premio della vita immortale. (I Piet. 1:3, 4; 5:4) Il cristiano doveva correre deciso a vincere il premio sul quale doveva tenere fisso lo sguardo; guardare indietro sarebbe stato disastroso. (I Cor. 9:24; Filip. 3:13, 14) Doveva contendere secondo le regole di una vita morale per non essere squalificato. (II Tim. 2:5) Padronanza di sé, autodisciplina e allenamento erano indispensabili. (I Cor. 9:25; I Piet. 5:10) Gli sforzi del cristiano dovevano tutti tendere verso la vittoria come i colpi del pugile ben allenato, che sono efficaci senza sprecare energia; i colpi del cristiano non erano però diretti a un altro essere umano, ma a tutto quello che, anche dentro di lui, poteva farlo venir meno. (I Cor. 9:26, 27; I Tim. 6:12) Si dovevano eliminare tutti i pesi inutili e il facile laccio del peccare di mancanza di fede, proprio come i contendenti nelle gare si spogliavano degli indumenti ingombranti. Il corridore cristiano doveva essere preparato a una corsa che richiedeva perseveranza, non a una breve gara di velocità. — Ebr. 12:1, 2.
Si noti che in Ebrei 12:1 Paolo parla di un gran “nuvolo di testimoni [lett. “martiri” in gr.] che ci circondano”. Egli non si riferiva a una semplice folla di osservatori, com’è evidente dal contesto del capitolo precedente a cui Paolo si riallaccia dicendo: “Or dunque...”. Paolo incoraggiava i cristiani a proseguire la corsa additando non semplici spettatori, ma l’ottimo esempio di altri corridori, e in particolare li esortava a osservare attentamente colui che era già stato vincitore e che ora era loro Giudice, Cristo Gesù.
L’illustrazione di I Corinti 4:9 forse si riferisce alle competizioni romane; qui Paolo e gli altri apostoli sono paragonati agli ultimi in programma nell’arena, dato che la competizione più sanguinosa era di solito riservata per ultima e quelli che vi partecipavano andavano incontro a morte certa. Anche Ebrei 10:32, 33 può similmente riferirsi ai giochi romani.
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GioeleAusiliario per capire la Bibbia
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Gioele
(Gioèle) [Geova è Dio].
1. Figlio primogenito del profeta Samuele e padre di Eman il cantore levita. (I Cron. 6:28, 33, 36; 15:17) Gioele e il fratello minore Abia erano stati nominati giudici dal padre, ma la loro disonestà diede al popolo una scusa per chiedere un re umano. — I Sam. 8:1-5.
In I Cronache 6:28 (o 6:13, secondo altre Bibbie) il testo masoretico (e qualche traduzione) dice che il primogenito di Samuele era “Vashni”. Gli studiosi però sono generalmente d’accordo che nell’originale ebraico ci fosse “Gioele”, lezione conservata nella Siriaca e in un’edizione della Settanta. (Confronta il versetto 28 con I Samuele 8:2). La somiglianza fra “Gioele” e la desinenza di un vocabolo che lo precede nel testo può essere forse la ragione per cui uno scriba omise inavvertitamente il nome “Gioele”. Evidentemente poi confuse il successivo vocabolo (ebr. washnì, che significa “e il secondo [figlio]”) col nome proprio “Vashni”, e inserì la
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