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Seguite il principale Agente del Dominio DivinoLa Torre di Guardia 1973 | 1° giugno
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riconosciamo che egli è nostro proprietario. Non che diveniamo semplicemente di nessuno. Chi diviene, allora, nostro proprietario perché abbiamo rinunziato a noi stessi per portare il palo e seguire del continuo Gesù Cristo? Senza dubbio, Gesù rinunziò a se stesso; il che significò riconoscere, ammettere che Geova era il suo proprietario e che era egli stesso uno schiavo di Geova. Coerentemente, quindi, allorché noi, per divenire seguaci di Gesù, rinunziamo a noi stessi, concediamo, cediamo la proprietà di noi stessi a Geova, di cui diveniamo schiavi a somiglianza di Cristo. Non siamo più di noi stessi.
39. (a) Che cosa richiede dunque questo da parte di quelli che fanno tale scelta? (b) Come si simboleggia, ma solo dopo aver fatto quale confessione?
39 Che cosa richiede dunque questo da parte nostra dopo che abbiamo fatto questa scelta? Richiede che ci dedichiamo senza riserve a Geova Dio per fare la sua volontà a imitazione di suo Figlio Gesù Cristo. La sua volontà è che siamo fedeli discepoli di Gesù Cristo. La sua volontà è che dichiariamo, confessiamo, riconosciamo che Gesù Cristo è il nostro “Signore” costituito da Dio. Gesù diviene così il nostro Padrone con l’autorità di comandarci e assegnarci compiti. Questa dedicazione a Geova Dio, naturalmente, la facciamo dopo esserci pentiti e convertiti a lui. Indirizziamo la nostra convertita condotta verso il vero obiettivo dedicandoci a Geova Dio per mezzo del suo principale Agente Gesù Cristo. Simboleggiamo ora questa dedicazione con l’immersione in acqua. Questa è la volontà di Dio e noi ci siamo dedicati a Lui per fare tale volontà. Prima del nostro battesimo in acqua dobbiamo fare una pubblica dichiarazione o confessione con la nostra bocca per la salvezza, ciò facendo in aperta espressione di quello che crediamo nel nostro cuore. Solo facendo così intraprendiamo la via dell’eterna salvezza che viene da Dio per mezzo di Cristo.
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La relazione del battesimo in acqua con la salvezzaLa Torre di Guardia 1973 | 1° giugno
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La relazione del battesimo in acqua con la salvezza
1. (a) Come I Pietro 3:20, 21 mette in relazione la sopravvivenza di otto anime umane al Diluvio con il battesimo cristiano? (b) Come si distingue il battesimo cristiano dall’acqua?
LA RELAZIONE del battesimo in acqua con la salvezza è commentata dall’apostolo Pietro nella sua prima lettera, al capitolo tre. Dopo aver detto che Gesù fu destato nello spirito e andò a predicare agli spiriti in prigione, Pietro continua dicendo: “La pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè, mentre era costruita l’arca, in cui alcune persone, cioè otto anime, furono salvate attraverso l’acqua. Ciò che corrisponde a questo salva ora anche voi, cioè il battesimo (non il togliere del sudiciume della carne, ma la richiesta fatta a Dio d’una buona coscienza), per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo”. (1 Piet. 3:20, 21) Non è l’acqua a salvare. Il battesimo non è l’acqua battesimale. Il battesimo è il passaggio attraverso l’acqua mediante l’immersione in essa. Il battesimo è un atto, non l’acqua.
2. (a) Come Ebrei 11:7 mostra ciò che recò salvezza a Noè nel diluvio? (b) Nonostante Noè camminasse con Dio prima del diluvio, quale passo decisivo dovette fare per salvarsi?
2 Noè fu salvato dall’acqua del Diluvio. Come fu salvato, lo narra Ebrei 11:7: “Per fede Noè, dopo aver ricevuto divino avvertimento di cose non ancora viste, mostrò santo timore e costruì un’arca per la salvezza della sua casa; e per mezzo di questa fede condannò il mondo e divenne erede della giustizia che è secondo la fede”. Anche prima del diluvio “Noè fu uomo giusto. Egli si mostrò senza difetto fra i suoi contemporanei. Noè camminò col vero Dio”. (Gen. 6:9) Ma venne il tempo in cui Noè dovette prendere una grande decisione. Ciò avvenne quando Dio lo avvertì di cose che sarebbero accadute nella sua generazione e gli comandò di costruire un’enorme arca. Per far ciò ci vollero fede e ubbidienza da parte di Noè. Sorse ora la domanda: Avrebbe fatto Noè la volontà di Dio? Egli decise di fare la cosa più grande della sua vita. Quindi si impegnò, si dedicò a fare la volontà di Dio. Questo portò alla salvezza lui e la sua famiglia. Furono salvati in quell’arca. — Si paragoni Ebrei 10:7-9.
3. (a) Quell’arca di salvezza di che cosa divenne dunque un simbolo rispetto a Noè e alla sua famiglia? (b) Quale intimo possedimento ottennero quelle otto anime ubbidendo a motivo della loro fede?
3 Quell’arca divenne dunque un simbolo della dedicazione di Noè a fare la volontà di Dio e del suo adempimento di quella volontà divina con fede e ubbidienza. Quest’arca, che fu un’espressione concreta, tangibile, pratica di dedicazione a fare la volontà di Dio, fu ciò che salvò Noè e altre sette anime umane. Le acque del Diluvio non li salvarono; esse portarono la morte a quelli che erano fuori dell’arca. Dentro l’arca, Noè e la sua famiglia passarono attraverso l’acqua e furono salvati. Dedicandosi a fare la volontà di Dio riguardo all’arca e quindi costruendola Noè ottenne una buona coscienza verso Dio. La sua famiglia fece la stessa cosa con lui. La giustizia che ebbero fino alla costruzione dell’arca non li avrebbe da sola, di per sé, salvati dal Diluvio. La casa in cui vissero Noè e la sua famiglia finché entrarono nell’arca perì.
4. Perché, come illustra il caso dei Giudei sotto il patto della Legge mosaica, una buona coscienza è una cosa che dobbiamo chiedere a Dio?
4 Una cosa corrispondente a ciò è quanto accade a quelli che divengono battezzati discepoli di Gesù Cristo. Una buona coscienza verso Dio non è qualche cosa con cui si nasce o che acquistiamo per noi stessi secondo i nostri termini con opere di nostra propria giustizia. I Giudei cercarono di ottenere una buona coscienza verso Geova Dio sforzandosi di perfezionarsi nel fare le opere comandate dal patto della Legge mosaica con la loro nazione, ma non vi riuscirono. Ecco perché, annualmente, ogni Giorno di Espiazione (10 Tishri), dovevano essere offerti sacrifici propiziatori a loro favore dal sommo sacerdote d’Israele, per ristabilire la loro buona coscienza verso Dio. Pertanto una buona coscienza è qualche cosa di cui dobbiamo fare richiesta a Geova Dio.
5. (a) Come facciamo richiesta a Dio d’una buona coscienza, e come l’otteniamo? (b) Fino ad allora, la volontà di chi facevamo?
5 Per tale motivo Pietro, dichiarando ciò che comporta il battesimo, dice: “Non il togliere del sudiciume della carne, ma la richiesta fatta a Dio d’una buona coscienza”. (1 Piet. 3:21) Come facciamo allora la richiesta a Dio di tale buona coscienza? Agendo come Noè, dedicandoci, prima di passare attraverso l’acqua. Come Noè ci dedichiamo a Geova Dio per fare la sua volontà e d’allora in poi la facciamo. E giacché questo ha relazione con l’essere associati al nuovo patto di Geova di cui Gesù Cristo è Mediatore, dobbiamo agire come agì il popolo d’Israele al monte Sinai prima d’essere portato nel patto della Legge mosaica, allorché si dedicò a Dio con le parole: “Siamo disposti a fare tutto ciò che Geova ha proferito”. (Eso. 19:8; 24:7, 8) Sino ad allora avevamo fatto “la volontà delle nazioni” e avevamo vissuto “per
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