Capitolo 8
Aiuto per sopportare le sofferenze
1, 2. Perché i discepoli di Gesù Cristo non possono evitare le sofferenze?
IN QUALCHE tempo della nostra vita possiamo avere, anche disperatamente, bisogno di aiuto per risolvere i nostri problemi. Se si abbattesse su di noi una serie di tragedie in rapida successione, potremmo facilmente cadere in profonda disperazione. Il peso potrebbe ben sembrare più di quanto possiamo sopportare. In un tempo simile com’è bene avere aiuto!
2 Che siamo discepoli del Figlio di Geova Dio non ci esenta dal bisogno d’aiuto. Non siamo immuni dalle afflizioni. La comune sorte del genere umano continua a includere malattie, incidenti, alluvioni, terremoti, temporali, delinquenza, ingiustizia e oppressione. Non dovremmo attenderci che il Supremo Sovrano usi il suo potere per manipolare fattori ereditari e ambiente perché noi, come suoi servitori, diveniamo eccezionalmente liberi da qualsiasi sofferenza dovuta a queste cose. Il tempo in cui Dio porrà fine a tutti gli effetti dannosi del peccato umano è ancora futuro. Se egli facesse condurre ora al suo popolo una ‘vita di delizie’, vedremmo senza dubbio accorrere un gran numero di persone a servirlo, per ragioni puramente egoistiche, non per amore e fede. — Confronta Giovanni 6:10-15, 26, 27.
3, 4. Quali sofferenze possono subire i veri cristiani che altri non subiscono, e quali domande questo può suscitare?
3 Non solo proveremo inevitabilmente angustia a causa delle condizioni spiacevoli, ma, perché siamo servitori di Dio, possiamo anche essere esposti alla persecuzione, forse recata da parenti, vicini o conoscenti, o da autorità governative. Gesù Cristo giunse fino al punto di dire: “Vi daranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutte le nazioni a motivo del mio nome”. (Matteo 24:9) I fatti mostrano che questo è accaduto, proprio nel 20º secolo.
4 Perché l’Iddio Onnipotente permette che i suoi servitori subiscano varie prove? Dal momento che il loro modo di vivere non garantisce loro la libertà dalle afflizioni comuni e che perseguendo tale modo di vivere possono perfino essere “odiati”, uno può chiedersi come tale modo di vivere possa realmente essere il migliore. Ci sono benefici che compensano, anzi superano, le afflizioni? Può esserci in effetti felicità nel sopportare qualche prova più che nell’evitarla? Che cosa ci aiuterà a riuscire a sopportare dure pressioni? La risposta a queste domande ci potrà aiutare e rafforzare grandemente.
DI CHI È LA VERA RESPONSABILITÀ?
5. Che cosa abbiamo bisogno di riconoscere circa la fonte delle sofferenze?
5 È essenziale non dimenticare mai che il nostro Padre celeste non è la fonte delle sofferenze. Egli non introdusse il peccato nel mondo. Un figlio spirituale di Dio decise di ribellarsi contro il suo Fattore, facendo così di se stesso Satana, uno che oppone resistenza all’Altissimo. A causa della sua influenza, la prima coppia umana, Adamo ed Eva, violò premeditatamente la legge divina, recando su di sé il giudizio di morte. (Genesi 3:1-19; Giovanni 8:44) Poiché Adamo rovinò la sua perfezione, tutta la sua progenie nacque nel peccato, soggetta a malattie, infermità, vecchiaia e morte. (Romani 5:12) Essendo nati peccatori, tutti veniamo meno al genere di persona che vorremmo e dovremmo essere. Con le nostre parole e con le nostre azioni, possiamo ferire altri senza intenzione, accrescendone le afflizioni. Abbiamo dunque bisogno di ricordare che Dio non è da biasimare per le difficoltà prodotte dalle nostre proprie imperfezioni o da quelle dei nostri simili. Se la sua legge fosse stata rispettata, malattie, infermità, vecchiaia e le molte altre cause di sofferenze non sarebbero mai venute all’esistenza.
6. Cosa pensa Geova della condotta disumana che l’uomo tiene verso l’uomo?
6 E poi, il nostro Padre celeste non approva che l’uomo tenga una condotta disumana verso l’uomo. La Bibbia dice: “Per schiacciare sotto i piedi tutti i prigionieri della terra, per respingere il giudizio di un uomo robusto dinanzi alla faccia dell’Altissimo, per rendere torto all’uomo nella sua causa, Geova stesso non ha avuto sguardo”. (Lamentazioni 3:34-36) Quelli che maltrattano i loro simili, violando la legge di Dio, gliene dovranno rendere conto. “La vendetta è mia; io ricompenserò, dice Geova”. (Romani 12:19) Di conseguenza, abbiamo bisogno di badare che non diveniamo amareggiati verso il nostro Padre celeste a causa delle sofferenze che derivano dalla volontaria e ribelle mancanza di riguardo degli uomini per la legge divina.
7. Poiché Geova Dio ha permesso situazioni che ci causano sofferenze, che cosa dobbiamo concludere circa le ragioni per cui fa questo?
7 Naturalmente, Geova Dio ha il potere d’impedire che Satana, i demoni, gli uomini malvagi e la peccaminosità umana causino ogni genere di situazioni difficoltose. Comunque, poiché permette che anche i suoi servitori vengano a trovarsi in circostanze angustiose, questo deve avvenire per buone ragioni.
PER IL BENEFICIO DEI “VASI DI MISERICORDIA”
8. Quali ragioni sono presentate in Romani 9:14-24 sul perché Geova Dio non agisce immediatamente contro quelli che fanno soffrire altri?
8 Le Scritture spiegano che non agendo immediatamente contro quelli che sono responsabili di recare su altri grandi sofferenze Dio si propone di recare infine beneficio a chi ha la disposizione giusta. Nella sua lettera ai romani, l’apostolo cristiano Paolo scrisse:
“Vi è ingiustizia in Dio? Così non sia! Poiché egli dice a Mosè: ‘Avrò misericordia di chi avrò misericordia e mostrerò compassione a chi mostrerò compassione’. Così, dunque, non dipende da chi desidera né da chi corre, ma da Dio, che ha misericordia. Poiché la Scrittura dice a Faraone: ‘Proprio per questa causa ti ho fatto rimanere, affinché riguardo a te io mostri la mia potenza e affinché il mio nome sia dichiarato in tutta la terra’. Così, dunque, egli mostra misericordia a chi desidera, ma lascia divenire ostinato chi desidera.
“Perciò mi direte: ‘Perché trova egli ancora da ridire? Poiché chi ha resistito alla sua espressa volontà?’ O uomo, chi, dunque, veramente sei tu da replicare a Dio? Dirà la cosa modellata a colui che l’ha modellata: ‘Perché mi hai fatta in questo modo?’ Che cosa? Non ha il vasaio autorità sull’argilla da fare dalla stessa massa un vaso per uso onorevole e un altro per uso disonorevole? Se, ora, Dio, benché avesse la volontà di dimostrare la sua ira e di far conoscere la sua potenza, tollerò con molta longanimità vasi d’ira resi adatti alla distruzione, onde egli facesse conoscere le ricchezze della sua gloria sui vasi di misericordia, che preparò in anticipo per la gloria, cioè noi, che ha chiamati non solo di fra i Giudei ma anche di fra le nazioni, che dire?” — Romani 9:14-24.
9. Come Faraone rivelò di essere un ‘vaso d’ira’?
9 Ciò che Geova Dio causa o lascia avvenire nella vita delle persone può rivelare esattamente che genere di “vasi” siano. Il Faraone a cui Geova, per mezzo di Mosè e Aaronne, notificò la liberazione degli israeliti tenuti come schiavi continuò a indurirsi contro l’Altissimo. Mentre sugli egiziani si abbatteva una piaga dopo l’altra, questo Faraone diveniva più ostinato nel suo rifiuto di lasciare che gli israeliti partissero dall’Egitto come un popolo libero. Così egli rivelò di essere un ‘vaso d’ira’, che meritava la distruzione per la ribelle sfida contro l’autorità del Supremo Sovrano, Geova Dio. Nello stesso tempo, il crudele e ingiusto trattamento riservato agli israeliti dimostrò ampiamente che avevano meritatamente bisogno di misericordia, pietà o compassione.
10. Permettendo a Faraone di seguire per un tempo la sua condotta provocatoria, come Geova si fece un grande nome?
10 E notate che l’apostolo Paolo richiamò l’attenzione sul fatto che Geova concesse a Faraone di continuare l’ostinata sfida perché vi era implicato il nome divino. Se questo altezzoso governante fosse stato distrutto immediatamente, non ci sarebbe stata l’opportunità di far conoscere la potenza di Geova Dio in modo così esteso e diversificato, umiliando le molte divinità degli egiziani e i sacerdoti che praticavano la magia. Le dieci piaghe, che culminarono con la distruzione di Faraone e delle sue forze militari nel Mar Rosso, furono una dimostrazione di potenza divina così impressionante che anni dopo le nazioni circostanti ancora ne parlavano. Così il nome di Geova fu dichiarato in tutta la terra, recando a tale nome gloria e onore, e inducendo quelli di cuore onesto a riconoscerne la posizione suprema. — Giosuè 2:10, 11; I Samuele 4:8.
11. Come gli israeliti trassero beneficio dalla loro esperienza con Faraone?
11 Sicuramente, gli israeliti, come “vasi di misericordia”, trassero beneficio da ciò che aveva fatto l’Altissimo. Che egli permettesse l’oppressione e poi vi ponesse fine in una magnifica dimostrazione di potenza li aiutò a conoscerlo meglio, dando loro un’idea della sua grandezza che altrimenti non si sarebbe potuta avere. Benché dolorosa, l’esperienza che Israele fece in Egitto avrebbe dovuto certamente aiutarli sia a vedere l’importanza di nutrire fede nel suo potere salvifico, che ad avere un salutare timore di Dio. Questo era essenziale perché continuassero a seguire la via della vita che li avrebbe condotti a felicità, sicurezza, pace e buona salute. — Deuteronomio 6:1-24; 28:1-68.
12. Come fu illustrato nel caso di Giobbe, il fatto che Geova permette la sofferenza cosa ci consente di fare?
12 Proprio come in quel tempo l’inclinazione del cuore delle persone divenne manifesta, così le prove che possono abbattersi su di noi col permesso di Dio potranno rivelare se il servizio che gli rendiamo lo facciamo con un motivo giusto. È la pretesa dell’avversario di Dio, Satana, che quelli che fanno la volontà divina siano basilarmente egoisti. Riguardo al fedele Giobbe, l’avversario dichiarò: “L’uomo darà tutto ciò che ha per la sua anima. Per cambiare, stendi la tua mano, ti prego, e tocca fino al suo osso e alla sua carne e vedi se non ti maledirà nella tua medesima faccia”. (Giobbe 2:4, 5) Con fedele sopportazione nella sofferenza, partecipiamo nel dar prova che la pretesa di Satana è una menzogna e partecipiamo nel rivendicare il buon nome del nostro Padre celeste, che ha fiducia nei suoi leali servitori. Che dire se Geova concedesse a Satana, per mezzo dei suoi agenti, di sottoporre i veri cristiani a un trattamento molto crudele che terminasse con la morte o con infermità debilitante? Che dire se alcuni fossero perfino assaliti sessualmente o si facesse abuso di loro in altri modi abietti? Queste cose suscitano stupore. Tuttavia non c’è nulla che il nostro Padre celeste non abbia il potere di correggere pienamente a suo tempo. Quindi, in alcuni casi, egli può ritenere appropriato lasciare che la prova sia portata fino a tale punto estremo. Per mezzo della fedeltà, anche fino al punto della morte, ai servitori di Dio viene data così l’opportunità di mostrare al di là di ogni dubbio la sincerità della loro devozione.
13. Che cosa rivelano le parole di I Pietro 1:5-7 circa le sofferenze a cui possono essere assoggettati i cristiani?
13 Per quanto ad alcuni sembri sorprendente, le prove a cui possiamo essere sottoposti, sia da cause naturali che da persecuzione, potranno ciò nondimeno recare in noi miglioramenti in modo personale. L’apostolo Pietro richiamò l’attenzione su questo. Dopo aver indicato che i cristiani sono “custoditi dalla potenza di Dio” così che la loro finale salvezza sia assicurata, l’apostolo dichiara:
“Di questo fatto voi vi rallegrate grandemente, essendo al presente per poco tempo, se necessario, addolorati da varie prove, onde la provata qualità della vostra fede, di valore assai più grande dell’oro che perisce malgrado sia provato dal fuoco, sia trovata causa di lode e gloria e onore alla Rivelazione di Gesù Cristo”. — I Pietro 1:5-7.
14. Perché i cristiani si possono rallegrare quando sono “addolorati” da prove?
14 Come Pietro riconosce, le sofferenze che possiamo subire non sono affatto piacevoli. In realtà possiamo essere “addolorati” o afflitti dalle prove. Ma, nello stesso tempo, ci possiamo rallegrare. Perché? In parte, la gioia viene dal riconoscere che sopportando con successo l’afflizione c’è da guadagnare un beneficio spirituale. Qual è questo beneficio spirituale?
MODO IN CUI LA SOFFERENZA PUÒ RAFFINARE LA FEDE
15. Quale effetto possono avere le prove sulla fede?
15 L’apostolo Pietro paragonò gli effetti che le prove possono avere sulla fede del cristiano alla raffinazione dell’oro per mezzo del fuoco. Il processo di raffinazione rimuove le scorie, lasciando l’oro puro. Il valore altamente accresciuto dell’oro rende per certo utile il processo di raffinazione. Tuttavia, come disse Pietro, anche l’oro provato col fuoco è deteriorabile. Si può consumare o distruggere con altri mezzi. Ma non la fede provata. La fede genuina non può essere distrutta.
16. Perché è molto utile che abbiamo fede genuina?
16 Se vogliamo guadagnare l’approvazione divina, è assolutamente essenziale che abbiamo tale fede. La Bibbia ci dice: “Senza fede è impossibile essere accetto a [Dio]”. (Ebrei 11:6) Veramente, la fede che quando è sottoposta ad esame risulta genuina supera grandemente il valore dell’oro raffinato. Il nostro futuro eterno dipende da tale fede.
17. Quale domanda si potrebbe fare sull’effetto che le prove hanno sulla fede?
17 Ma come possono le prove raffinare la fede così che “sia trovata causa di lode e gloria e onore alla rivelazione di Gesù Cristo”? Questo può avvenire in vari modi.
18. Nella prova come si potrebbe rivelare la fede, e come questo ci può rafforzare?
18 Se la nostra fede è forte, ci conforterà e ci sosterrà nel tempo difficoltoso. Quindi, avendo superato una prova con successo, saremo rafforzati per affrontare qualsiasi prova ulteriore. L’esperienza avrà dimostrato ciò che la nostra fede può fare per noi.
19. Una particolare prova cosa potrebbe manifestare circa le debolezze della fede, e come questo può aiutarci?
19 D’altra parte, una prova particolare può rivelare difetti di personalità, forse orgoglio, ostinazione, impazienza, mondanità o amore di agiatezze e piaceri. Tali tratti sono in realtà generati da debolezze di fede. Come? In quanto rivelano che la persona non è pienamente sottomessa alla guida e alla volontà di Dio nei suoi riguardi. Non è convinta che il Padre suo realmente sa meglio cosa condurrà alla felicità, e che seguendo la guida divina ne risulterà sempre una benedizione. (Ebrei 3:12, 13) Quando le prove smascherano le debolezze, il cristiano può essere messo in guardia circa la necessità di rafforzare la sua fede per rimanere un approvato servitore dell’Altissimo.
20. Quando le prove rivelano debolezze della nostra fede, che cosa dovremmo fare?
20 Perciò, se una situazione particolare mostra un difetto nella nostra fede, possiamo esaminarci e determinare quali misure correttive prendere. La persona fa bene a chiedersi: ‘Perché la mia fede è debole? Trascuro lo studio e la meditazione sulla Parola di Dio? Traggo pieno vantaggio dalle opportunità di radunarmi con i conservi credenti per essere rafforzato dalle loro espressioni di fede? Ho la tendenza a confidare in me stesso più di quanto dovrei, invece di rimettere a Geova Dio tutte le mie preoccupazioni e le mie ansietà? Sono le preghiere, le preghiere fatte di cuore, realmente una parte quotidiana della mia vita?’ Una volta stabilito dove è necessario fare miglioramento, dobbiamo compiere un diligente sforzo per apportare i cambiamenti al nostro programma di vita, in vista del rafforzamento della nostra fede.
21. Cosa significa che la nostra fede è “trovata causa di lode e gloria e onore alla rivelazione di Gesù Cristo”?
21 Rivolgendoci a Dio per avere guida e confidando pazientemente che ci mostri la via della liberazione dalle nostre prove, possiamo fare in modo che queste esperienze difficoltose ci aiutino a divenire suoi servitori migliori. Quindi la nostra fede sarà davvero “trovata causa di lode e gloria e onore alla rivelazione di Gesù Cristo”. Il Figlio di Dio ‘loderà’ o approverà la nostra fede. A motivo della nostra fede, egli ci ricompenserà riccamente, conferendoci così “gloria”. Dinanzi a Geova Dio e agli angeli, ci ‘onorerà’ come suoi discepoli. (Confronta Matteo 10:32; Luca 12:8; 18:8). Questo significherà che avremo dinanzi un futuro di vita felice senza fine. Ma che cosa possiamo fare, mentre subiamo difficili sofferenze, per non far indebolire la nostra fede?
COME REAGIRE SOTTO FORTE PRESSIONE
22. Che noi riconosciamo quale fatto circa la durata delle prove ci può aiutare a sopportare?
22 Una cosa che ci può aiutare a sopportare con successo prove difficili è che ne riconosciamo la natura temporanea. La raffinazione dell’oro ha un principio e una fine. Così, anche qualsiasi afflizione che subiamo non continuerà indefinitamente. Se teniamo presso il nostro cuore la promessa di Dio della vita eterna senza infermità, grido o pena, allora anche la peggiore sofferenza in questo sistema di cose si può vedere che non è che “momentanea e leggera”. (II Corinti 4:17) Attendete il tempo quando di sicuro “le cose precedenti non saranno richiamate alla mente, né saliranno in cuore”. (Isaia 65:17) È magnifico sapere che quelle difficili esperienze non saranno allora nemmeno un doloroso ricordo!
23. Perché di solito le sofferenze non verrebbero su di noi per la condotta eccellente?
23 E inoltre, di rado avviene quotidianamente che subiamo grandi sofferenze per mano degli uomini. La nostra eccellente condotta in effetti dà a chiunque poco motivo di farci del male. Essendo compito delle autorità governative mantenere la legge e l’ordine, possono ben lodare i servitori di Geova perché osservano la legge. Nei tempi moderni, anche gli oppositori sono stati costretti a fare un riconoscimento simile a quello che fecero i nemici di Daniele il fedele profeta di Dio: “Non troveremo in questo Daniele nessun pretesto, salvo che lo dobbiamo trovare contro di lui nella legge del suo Dio”. Sì, Daniele era “degno di fiducia e in lui non si trovava nessuna negligenza né cosa corrotta”. (Daniele 6:4, 5) Il fatto che la condotta eccellente in sé non sia di solito una ragione perché un cristiano sia oggetto di ostilità può essere il motivo per cui l’apostolo Pietro fece la seguente domanda: “In realtà, chi vi farà male se divenite zelanti per ciò ch’è bene?” — I Pietro 3:13.
24. Perché gli uomini non ci possono infliggere danno permanente?
24 Con la sua domanda, comunque, l’apostolo avrebbe potuto chiedere: ‘Chi può fare veramente danno al cristiano retto?’ Nessun uomo ci può infliggere un danno permanente. Gesù Cristo disse ai suoi discepoli: “Non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; abbiate timore piuttosto di colui che può distruggere sia l’anima che il corpo nella Geenna”. (Matteo 10:28) Sì, gli uomini possono arrivare fino al punto di ucciderci, ma non possono toglierci il diritto di essere anime viventi. L’Iddio Altissimo, per mezzo del Figlio suo, ha il potere e la volontà di riportare alla vita i suoi fedeli servitori. Solo Geova può distruggere il nostro diritto alla vita come esseri viventi per tutta l’eternità, consegnandoci a una morte eterna senza speranza di risurrezione.
25, 26. (a) Perché possiamo essere felici quando soffriamo per amore della giustizia? (b) Perché non dovremmo temere l’oggetto del timore dei nostri persecutori?
25 A causa di queste verità, l’apostolo Pietro poté dire ai suoi fratelli cristiani: “Anche se soffriste per amore della giustizia, felici voi. Comunque, non temete l’oggetto del loro timore e non siate agitati”. — I Pietro 3:14.
26 Se soffriamo “per amore della giustizia”, possiamo essere felici perché abbiamo una coscienza pura dinanzi a Dio e agli uomini. Soffriamo per la ragione giusta. Una profonda soddisfazione e pace interiore deriva dal fare ciò che sappiamo è gradito all’Altissimo. Comunque, come notò l’apostolo, per fare questo con successo non dobbiamo cedere al timore. L’apostolo qui si riferisce forse al timore che i persecutori possono suscitare con l’afflizione che recano sul popolo di Dio. O, potrebbe essere il timore che hanno i persecutori stessi. Per esempio, poiché non hanno fede che Geova Dio, per mezzo di Cristo, risusciterà i morti, gli oppositori dei veri cristiani temono la minaccia di una morte prematura. (Ebrei 2:14, 15) Ma noi servitori di Dio non dobbiamo temere ciò che temono gli increduli, giacché siamo stati liberati dal timore di tale morte e sappiamo che il nostro Padre celeste non ci abbandonerà mai. Perciò, non dovremmo essere “agitati”, come sorgendo con ira contro i nostri persecutori.
27, 28. Come il consiglio di I Pietro 3:15 può esserci di aiuto quando siamo condotti dinanzi a funzionari governativi e siamo interrogati in maniera rude e sprezzante?
27 Che dire se dovessimo essere condotti dinanzi ad autorità governative ed essere interrogati in maniera aspra e sprezzante? Non vorremo mai ricambiare l’offesa. La fiducia che Dio ci sostiene può darci baldanza, ma essa non giustifica la bellicosità o l’arroganza. (Confronta Atti 4:5-20). L’apostolo consiglia: “Santificate il Cristo come Signore nei vostri cuori, sempre pronti a fare una difesa dinanzi a chiunque vi chieda ragione della vostra speranza, ma con mitezza e profondo rispetto”. (I Pietro 3:15) Se non prestassimo ascolto a questo consiglio e ricorressimo ad espressioni sprezzanti e irrispettose, smetteremmo di soffrire per amore della giustizia. L’autorità governativa si sentirebbe giustificata agendo contro di noi per irrispettosa insubordinazione. Le persone mondane esplodono con irritazione, ira e amaro risentimento quando ritengono che i loro diritti siano calpestati. Il cristiano dev’essere diverso.
28 Come l’apostolo consiglia, in tali circostanze dobbiamo tener presente il nostro Signore o Padrone, ricordarne l’esempio. Dobbiamo aver cura di accordare a Gesù Cristo il massimo rispetto, assegnandogli nel nostro cuore un posto sacro. Siamo suoi discepoli, e vogliamo parlare a qualsiasi autorità inquirente come se stessimo alla medesima presenza del nostro Signore. Le ragioni della nostra posizione cristiana dovrebbero essere presentate in maniera rispettosa, calma, moderata.
BUON EFFETTO SUGLI OPPOSITORI
29. Quale effetto può avere sugli oppositori la fedele perseveranza di una persona nella sofferenza?
29 La fedele sopportazione della sofferenza può anche servire a far tacere gli oppositori. L’apostolo Pietro presenta questo come un incentivo per conservare una coscienza pura, dicendo: “Mantenete una buona coscienza, onde nel particolare in cui si parla contro di voi siano svergognati quelli che parlano sprezzantemente della vostra buona condotta riguardo a Cristo”. (I Pietro 3:16) Gli oppositori che osservano la maniera paziente e rassegnata in cui i servitori di Dio agiscono possono vergognarsi di averli calunniati. Questo avviene specialmente quando trattiamo gli oppositori con benignità. — Romani 12:19-21.
30. (a) Perché non c’è beneficio nel soffrire per aver fatto il male? (b) In relazione con la sofferenza per amore di giustizia, perché Pietro disse: “se la volontà di Dio lo desidera”?
30 Il fatto che tali benefici possono venire dal sopportare fedelmente l’afflizione per amore della giustizia accresce il vigore delle successive parole di Pietro: “Poiché è meglio soffrire perché fate il bene, se la volontà di Dio lo desidera, anziché perché fate il male”. (I Pietro 3:17) Quale merito potrebbe avere chi soffrisse come ladro, sfruttatore, evasore fiscale o se sfidasse l’autorità con un senso di falsa pietà o errato zelo? Se fosse punito per questo non farebbe che recare biasimo su di sé e sui suoi conservi credenti. Ma il fatto che un cristiano sopporti pazientemente il maltrattamento ingiusto può far notare ad altri il potere che sostiene i veri adoratori e impedire di parlare male della verità di Dio e dei suoi sostenitori. Poiché la sofferenza che si può abbattere su un cristiano viene su di lui col permesso divino, Pietro non rappresentava erratamente le cose ma disse con giustezza: “se la volontà di Dio lo desidera”.
CONDOTTA RIMUNERATRICE COME FU MOSTRATO NEL CASO DI GESÙ
31. Come la fedele perseveranza di Gesù Cristo nella sofferenza operò benefici?
31 Che la fedele perseveranza nella sofferenza possa condurre a grandi benedizioni per il cristiano è ben illustrato nel caso di Gesù Cristo. Essendo senza peccato, non fece nulla che meritasse maltrattamento. Ma avendo sopportato l’afflizione, per morire infine su un palo di una morte vergognosa, ci recò meravigliosi benefici e ne fu riccamente rimunerato. L’apostolo Pietro scrisse:
“Infatti, anche Cristo morì una volta per sempre in quanto ai peccati, persona giusta per ingiusti, affinché vi conducesse a Dio, essendo messo a morte nella carne, ma essendo reso vivente nello spirito. In questo stato pure andò a predicare agli spiriti in prigione, che una volta erano stati disubbidienti quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè, mentre era costruita l’arca, in cui alcune persone, cioè otto anime, furono salvate attraverso l’acqua”. — I Pietro 3:18-20.
32. In che modo abbiamo ricevuto benefici perché Cristo sopportò la sofferenza fino alla morte?
32 Siccome Gesù Cristo mantenne una perfetta integrità nella sofferenza, poté deporre la sua vita come sacrificio umano perfetto. Così la sua morte preparò la via perché gli uomini fossero ‘condotti a Dio’, essendo riconciliati con l’Altissimo e avendo dinanzi la prospettiva della vita eterna. Considerato che dalla morte di Cristo a nostro favore abbiamo ricevuto benefici così grandi, non dovremmo noi esser disposti a seguirne l’esempio e a soffrire per amore di giustizia?
33. Di che cosa la risurrezione di Gesù Cristo dovrebbe renderci certi quando ci troviamo dinanzi alla minaccia di morte perché siamo suoi discepoli?
33 Inoltre, proprio come nel suo caso, possiamo essere certi che la nostra fedele perseveranza sarà benedetta. Il fatto che Gesù Cristo fu “reso vivente nello spirito” o fu risuscitato alla vita spirituale è un’immutabile garanzia che i suoi discepoli saranno riportati in vita. — I Corinti 15:12-22.
34. Poiché riuscì a mantenere la fedeltà, cosa fu in grado di fare Gesù Cristo riguardo agli spiriti malvagi?
34 Poiché riuscì vincitore per mezzo della fedele perseveranza, il Figlio di Dio, come persona spirituale, poté proclamare un messaggio di giudizio contro gli “spiriti in prigione”. Dal momento che la disubbidienza di questi spiriti è collegata col tempo di Noè, essi devono essere i figli angelici di Dio che lasciarono il loro luogo di dimora originale nei cieli e cominciarono a vivere come mariti con donne. (Genesi 6:1-4) Si parla di loro come di “spiriti in prigione” perché la loro punizione incluse una forma di restrizione, essendo per sempre esclusi dal loro luogo originale fra gli angeli fedeli. Le parole di Giuda confermano che solo un messaggio di giudizio condannatorio poteva essere emesso contro questi angeli decaduti: “Gli angeli che non mantennero la loro posizione originale ma abbandonarono il proprio luogo di dimora [Dio] li ha riservati al giudizio del gran giorno con legami sempiterni, sotto dense tenebre”. (Giuda 6) Fu la fedele perseveranza di Gesù fino alla stessa morte a dargli il diritto di essere riportato in vita e così a metterlo in grado di predicare o proclamare tale giudizio condannatorio agli angeli decaduti.
35. Perché il fatto che Gesù predicò la distruzione agli “spiriti in prigione” può incoraggiarci a perseverare fedelmente?
35 Questa predicazione della distruzione per gli spiriti malvagi dovrebbe incoraggiarci a perseverare fedelmente quando dobbiamo subire afflizione. Perché? Perché tali forze spirituali malvage sono in gran parte responsabili di aver istigato il genere umano alienato da Dio contro i discepoli di Gesù Cristo. La Bibbia ci narra: “L’iddio di questo sistema di cose ha accecato le menti degli increduli, affinché la luce della gloriosa buona notizia intorno al Cristo, che è l’immagine di Dio, non risplenda loro”. (II Corinti 4:4) “[Noi cristiani] abbiamo un combattimento non contro sangue e carne, ma contro i governi, contro le autorità, contro i governanti mondiali di queste tenebre, contro le malvage forze spirituali che sono nei luoghi celesti”. (Efesini 6:12; vedi anche Rivelazione 16:13, 14). Perciò, il fatto che il risuscitato Gesù Cristo poté predicare un messaggio di giudizio contro gli spiriti malvagi assicura che, alla fine, la loro odiosa influenza sarà totalmente soppressa. (Confronta Marco 1:23, 24). Quale meravigliosa liberazione significherà questo!
36. (a) Come Gesù Cristo fu ricompensato per la sua fedeltà? (b) Tenuto conto della posizione di Gesù, come dovremmo sentirci circa la sofferenza per amore del suo nome?
36 Oltre a essere destato dai morti come approvato servitore di Dio e a essere così in grado di rivolgere un messaggio di giudizio contro gli angeli disubbidienti, Gesù Cristo fu esaltato altamente. L’apostolo Pietro ci narra: “Egli è alla destra di Dio, poiché andò in cielo; e angeli e autorità e potenze gli furono sottoposti”. (I Pietro 3:22) Questa dichiarazione è in armonia con le parole che Gesù stesso proferì dopo la sua risurrezione dai morti: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra”. (Matteo 28:18) Molti sono stati disposti a soffrire e a cedere la stessa vita al servizio di governanti umani che avevano un’autorità molto, molto inferiore. Essi considerarono un grande onore servire in questo modo qualche re o regina. Quanto più noi dovremmo sentirci onorati di poter soffrire per essere stati leali al nostro Re celeste, Gesù Cristo!
IMITIAMO GESÙ CRISTO
37. Quando siamo nell’afflizione, l’esempio di chi dovremmo cercar di imitare?
37 Quando siete nell’afflizione, dunque, guardate sempre al Figlio di Dio come vostro modello. L’apostolo scrive: “Siccome Cristo soffrì nella carne, voi pure armatevi della stessa disposizione mentale; perché la persona che ha sofferto nella carne ha desistito dal peccato, al fine di vivere il resto del suo tempo nella carne, non più per i desideri degli uomini, ma per la volontà di Dio”. — I Pietro 4:1, 2.
38. Quale fu la disposizione mentale di Gesù Cristo?
38 Quale fu la disposizione mentale di Gesù? Egli si sottomise umilmente ai maltrattamenti fisici e verbali che gli furono inflitti, per morire infine di una morte dolorosa su un palo. Non ricambiando mai le offese, il Figlio di Dio adempì le parole profetiche: “Come una pecora è stato portato al macello, e come un agnello che è senza voce dinanzi al suo tosatore, così egli non apre la bocca”. — Atti 8:32; Isaia 53:7.
39. Che cosa prova che abbiamo desistito dai peccati?
39 Noi servitori dell’Altissimo vorremo similmente sopportare le sofferenze, non cedendo a uno spirito di ribellione o vendetta. Se minacciassimo i nostri persecutori, se cercassimo le opportunità per fare loro del male, mostreremmo di essere ancora soggetti alle passioni della carne peccaminosa. Qualsiasi sofferenza subita per mano degli uomini dovrebbe essere unicamente perché non seguiamo il modo di pensare e di agire egoistico di questo mondo. (Giovanni 15:19, 25) Così potremo dimostrare che in atteggiamenti, parole e azioni, viviamo “non più per i desideri degli uomini, ma per la volontà di Dio”.
RAGIONE DI FELICITÀ
40. Perché a molti credenti del primo secolo poté sembrare strano dover subire sofferenze per amore di Cristo?
40 Nel primo secolo E.V., la popolazione idolatra non subì sofferenze per ragioni religiose. Quelli che divennero cristiani furono comunque oggetto di odio. L’essere sottoposti a persecuzione dovette significare un’esperienza strana e imbarazzante. Era così diverso dalle benedizioni che erano state offerte loro dopo aver abbracciato la “buona notizia”. Quei cristiani ebbero molto bisogno di avere dell’afflizione la veduta giusta. Sicuramente le seguenti parole dell’apostolo Pietro dovettero ristorarli:
“Diletti, non siate perplessi per l’incendio che vi è fra voi, che vi accade per una prova, come se vi avvenisse una cosa strana. Al contrario, continuate a rallegrarvi, visto che siete partecipi delle sofferenze del Cristo, affinché vi rallegriate ed esultiate anche durante la rivelazione della sua gloria. Se siete biasimati per il nome di Cristo, felici voi, perché lo spirito della gloria, lo spirito di Dio, riposa su di voi”. — I Pietro 4:12-14.
41, 42. (a) In armonia con I Pietro 4:12-14, come potremmo considerare le sofferenze per amore di giustizia? (b) Tali sofferenze che cosa confermano?
41 Invece di considerare con stupore o sorpresa l’afflizione che si può abbattere su di noi, la possiamo giudicare come preparatoria perché partecipiamo alle benedizioni che si dovranno ricevere alla rivelazione del nostro Signore. Pietro si riferì alla sofferenza come a un “incendio”, poiché i metalli sono raffinati mediante il fuoco. Similmente, Dio permette che i suoi servitori siano raffinati o purificati per mezzo delle tribolazioni che subiscono. Naturalmente, Geova Dio non ci rese peccatori. Ma, poiché lo siamo, ci può permettere di subire certe sofferenze come un mezzo per purificarci. L’afflizione che forse subiamo può aiutarci a divenire più benigni, più umili, amichevoli e comprensivi verso i nostri simili. Inoltre, quando noi stessi abbiamo subìto dure prove, le nostre parole di conforto e incoraggiamento avranno maggior peso per altri. Quelli che consoliamo sanno che comprendiamo ciò che soffrono.
42 Poiché il Figlio di Dio soffrì, le afflizioni che subiamo sono una conferma che siamo realmente suoi discepoli, essendo uniti a lui. Gesù disse ai suoi discepoli: “Tenete presente la parola che vi ho detta: Lo schiavo non è maggiore del suo Signore. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”. (Giovanni 15:20) Essendo perseguitati per le stesse ragioni per cui lo fu il nostro Signore e subendo afflizione per amore di giustizia come la subì lui, noi ‘partecipiamo alle sofferenze del Cristo’. E proprio come la sua fedeltà gli fece ottenere la ricompensa dal suo Padre celeste, la nostra continua fedeltà nel sopportare l’afflizione ci assicura che saremo trovati approvati alla rivelazione del Figlio di Dio. Allora sicuramente la nostra gioia traboccherà quando saremo ricompensati con la vita eterna in un nuovo ordine dove non ci saranno più tutte le attuali cause di afflizione.
43. La fedele perseveranza nella sofferenza prova che abbiamo su di noi quale spirito, e perché?
43 Come dichiarò anche Pietro, la sopportazione del biasimo per il nome di Cristo, cioè per essere stati suoi discepoli, dovrebbe costituire causa di felicità. Essa mostra che quanti sono così biasimati o diffamati hanno in effetti lo spirito di Dio o l’onorevole “spirito della gloria” che emana da Dio. Essendo santo, tale spirito può essere solo sulle persone che sono pure dal punto di vista di Dio.
44. Quale specie di sofferenza dovremmo evitare?
44 Questa è la ragione per cui è così essenziale assicurarci che ogni sofferenza che si abbatte su di noi non si possa attribuire ad azione errata da parte nostra. L’apostolo Pietro esorta: “Comunque, nessuno di voi soffra quale assassino o ladro o malfattore o quale intromettente nelle cose altrui”. — I Pietro 4:15.
45. Quando un sedicente cristiano soffre per aver commesso un delitto quali sono i risultati?
45 Chi si professa cristiano e diviene colpevole di un delitto contro il suo simile non può attendersi l’esenzione da qualche punizione. (Confronta Atti 25:11). Tale punizione recherà biasimo su di lui, sulla congregazione con cui è associato e sul nome di Cristo. Non ottiene gioia, ma vergogna.
46. (a) Che cos’è un intromettente? (b) In che modo un cristiano potrebbe soffrire come intromettente?
46 Chi si intromette nelle faccende di altri può divenire oggetto di odio. Come uno divenga “intromettente” è indicato dal termine greco usato da Pietro. Letteralmente significa “sorvegliante di ciò che è di un altro”. Forse perché ha acquistato conoscenza scritturale, un cristiano può ora sentirsi autorizzato a dire alle persone del mondo come dirigere i loro affari personali. Può giungere fino al punto di dettare le proprie opinioni su modo di vestire, disciplinare i bambini, trattare i problemi coniugali e sessuali, trattenimento, dieta e simili. Quando si immischia, senza essere invitato, nei problemi personali di altri, dicendo loro cosa fare o non fare, cerca di essere un “sorvegliante” delle loro faccende. Di solito questo suscita risentimento. A chi è intromettente forse si dirà in termini che non lasciano dubbi di badare ai fatti suoi. Potrebbe anche subire uno sgarbato trattamento fisico da persone che si adirerebbero al suo interferire nella loro vita privata. L’intromettente che si immischia in cose che non lo riguardano si procura difficoltà e rappresenta erroneamente il cristianesimo e il suo messaggio presso quelli di fuori. Naturalmente, anche dentro la congregazione, non c’è posto per gli intromettenti. — Confronta I Timoteo 5:13.
47. In che modo un cristiano che sopporta la sofferenza può recare gloria a Dio?
47 In contrasto con la vergogna di essere pubblicamente smascherato come violatore della legge o come intromettente, il soffrire come cristiano reca onore. Pietro scrive: “Ma se soffre quale cristiano, non provi vergogna, bensì continui a glorificare Dio in questo nome”. (I Pietro 4:16) Quando su di noi viene l’afflizione a causa del nostro modo di vivere cristiano, il fatto che la sopportiamo con pazienza e senza lamentarci reca gloria all’Altissimo. Prova che quello che abbiamo come cristiani — una preziosa relazione con Dio e Cristo, una coscienza pura, benessere spirituale e una solida speranza per il futuro — è un tesoro di grande valore. Mostriamo che siamo disposti a soffrire e, se necessario, a morire per esso, e questo glorifica l’Iddio che serviamo con ardore. Cedere alla pressione e rinunciare alla nostra fede significherebbe invece recare disonore sul suo nome. Agli occhi degli osservatori, metterebbe seriamente in dubbio l’inestimabile valore d’esser discepolo di Gesù Cristo. — Confronta Efesini 3:13; II Corinti 6:3-10.
FORMA DI DISCIPLINA O ADDESTRAMENTO
48. Come I Pietro 4:17-19 mostra che non siamo senza aiuto quando subiamo sofferenze per amore di giustizia?
48 Abbiamo visto che la sofferenza ingiusta dei cristiani potrebbe essere impedita da Geova Dio nella sua onnipotenza, ma che effettivamente la permette per buone ragioni. Frattanto, l’Altissimo non lascia mai i suoi servitori senza aiuto. Svolgendo questo argomento, l’apostolo Pietro scrive:
“Poiché è il tempo fissato perché il giudizio cominci dalla casa di Dio. Ora se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non sono ubbidienti alla buona notizia di Dio? ‘E se il giusto è salvato con difficoltà, dove si mostreranno l’empio e il peccatore?’ E quindi anche quelli che soffrono in armonia con la volontà di Dio continuino a raccomandare le loro anime al fedele Creatore mentre fanno il bene”. — I Pietro 4:17-19.
49. (a) Da quando la “casa di Dio” è stata sotto giudizio? (b) Che cosa determina l’emanazione del verdetto finale?
49 Come “casa di Dio”, la congregazione cristiana ebbe inizio nel 33 E.V. Da quel tempo in poi i suoi membri sono stati sotto il giudizio divino. Il modo in cui reagiscono alla sua volontà, e pensano, parlano e si comportano verso le cose che Geova lascia accadere loro, hanno molto a che fare con quello che sarà il suo verdetto finale. A volte ciò che Geova Dio ritiene bene permettere che subiscano può essere molto rigoroso. Ma la persecuzione reca una forma di disciplina che Dio può far operare per il beneficio del suo popolo. — Ebrei 12:4-11; vedi anche Ebrei 4:15, 16, dove si mostra che la sofferenza subita da Gesù Cristo lo preparò a essere un sommo sacerdote compassionevole.
50, 51. Come le esperienze di Giuseppe e Paolo illustrano che Geova può mutare in una benedizione proprio ciò che gli uomini usano nel tentativo di danneggiarci?
50 Mediante i maltrattamenti, gli uomini che sono sotto il controllo di Satana cercheranno forse di distruggere la nostra fede. Ma Geova è in grado di frustrare il loro malvagio obiettivo. Sì, mentre egli stesso odia il male, il nostro Padre celeste può far sì che ciò che si ritiene possa danneggiarci rechi qualche buon risultato. Prendete il caso di Giuseppe, giovane figlio di Giacobbe. I suoi fratellastri lo odiarono e lo vendettero come schiavo. Per anni Giuseppe soffrì molto, compresa l’ingiusta prigionia. Ma, in seguito, Geova Dio si servì di questa circostanza per conservare in vita la famiglia di Giacobbe. Riguardo a ciò, Giuseppe disse ai suoi fratellastri:
“Ora non vi addolorate e non vi adirate con voi stessi perché mi vendeste qui; perché Dio mi ha mandato davanti a voi per la conservazione della vita. Poiché questo è il secondo anno della carestia in mezzo alla terra, e ci saranno altri cinque anni nei quali non ci sarà né aratura né mietitura. Di conseguenza Dio mi ha mandato davanti a voi onde abbiate sulla terra un rimanente e per mantenervi in vita con un grande scampo. Or dunque non foste voi a mandarmi qui, ma fu il vero Dio, per costituirmi padre di Faraone e signore di tutta la sua casa e per dominare su tutto il paese d’Egitto”. — Genesi 45:5-8.
51 Similmente, quando l’apostolo Paolo si trovò in prigione a Roma, questa circostanza sfavorevole servì a promuovere la causa della vera adorazione. Nella sua lettera ai filippesi, egli scrisse:
“Desidero che sappiate questo, fratelli: la situazione in cui mi trovo è diventata una buona occasione per diffondere il messaggio del vangelo. Nel palazzo del governatore e fuori, ora, tutti sanno che mi trovo in prigione per la causa di Cristo. La maggioranza dei fratelli ha acquistato una fiducia più grande nel Signore proprio perché io sono in prigione, e annunziano la parola di Dio con più coraggio e senza paura”. — Filippesi 1:12-14, Parola del Signore, Il Nuovo Testamento.
52. Perché “l’empio e il peccatore” non possono sperare di ‘mostrarsi’?
52 Poiché Geova Dio permette ai suoi leali servitori di subire severi trattamenti per raffinarli e perché dimostrino la loro devozione, come potremmo immaginare che “l’empio e il peccatore” dentro la congregazione cristiana o “casa di Dio” possano solo ‘mostrarsi’ dinanzi a Lui insieme al “giusto” dentro la stessa congregazione? Il salmista afferma: “I malvagi non staranno nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti”. (Salmo 1:5) No, i malvagi non saranno approvati ma saranno condannati. Essi potranno trovarsi nell’assemblea dei giusti, ma non “si mostreranno” mai favorevolmente dinanzi a Dio. A causa di ciò che tutti i credenti devono affrontare in questo mondo, che siano infine salvati per la vita eterna richiede vero sforzo, amore e fede nella via della giustizia. Pertanto, la loro salvezza avviene “con difficoltà”. Quindi conviene che tutti i membri della congregazione cristiana (“la casa di Dio”) evitino di essere ‘empi’ e ‘peccatori’ in questo “tempo fissato” per il giudizio. — I Pietro 4:17, 18; Proverbi 11:31.
53. (a) Quando subiamo sofferenze, quale conforto possiamo trarre dal fatto che Geova è un “fedele Creatore”? (b) Come dovremmo reagire verso i nostri persecutori?
53 Su di noi potrebbero venire prove che semplicemente non potremmo sopportare con le nostre proprie forze. Comunque, per quanto la nostra situazione divenga patetica, Geova Dio può sostenerci e annullare totalmente ogni danno che subiamo. Quando ci affidiamo pienamente a lui, possiamo rafforzarci per mezzo del suo spirito in modo da sopportare la sofferenza. Essendo, come dice Pietro, un “fedele Creatore”, un Dio in cui possiamo confidare, non si mostrerà infedele alla sua promessa di venire in aiuto dei suoi servitori. (I Pietro 4:19) Questa conoscenza può aiutarci a evitare di reagire verso i nostri persecutori in un modo che disonorerebbe Dio. Invece di combattere contro di loro, ricambiando le offese, vorremo continuare a fare il bene. — Luca 6:27, 28.
54. Come ci umiliamo sotto la mano di Dio, e come questo ci reca beneficio?
54 Se ci sottomettiamo umilmente a ciò che ci potrebbe accadere, mantenendo una disposizione simile a quella di Cristo, possiamo avere fiducia che Geova ci esalterà. Nessuna prova continuerà indefinitamente. Avrà una fine. Finché ci condurremo in armonia con la volontà divina mentre saremo soggetti ai maltrattamenti, rimarremo sotto la mano di Geova. E tale mano ci può sollevare, esaltandoci come suoi servitori provati e approvati. Questo è ciò che l’apostolo Pietro raccomanda “Umiliatevi, perciò, sotto la potente mano di Dio, affinché egli vi esalti a suo tempo; mentre gettate su di lui tutta la vostra ansietà, perché egli ha cura di voi”. — I Pietro 5:6, 7.
55. Benché non possiamo sfuggire le prove, di che cosa possiamo liberarci, e come?
55 Com’è incoraggiante sapere che Geova ha veramente cura di noi! Il suo amore entusiasma i nostri cuori; il suo spirito ci rafforza e ci sostiene. Quindi, allorché una particolare prova è passata e ripensiamo all’amorevole cura di Geova, siamo avvicinati a lui. La situazione è paragonabile a quella di un figlio riconoscente che ha provato l’amore e l’interesse dei genitori preoccupati in un tempo di grave malattia. La sua fiducia e il suo amore sono grandemente rafforzati. È vero che quando le circostanze sono molto difficili non possiamo semplicemente sfuggirle. Ma possiamo gettare le nostre ansietà o preoccupazioni su Geova Dio. Non ci dobbiamo affliggere pensando quanto a lungo potremmo sopportare le spietate percosse di una turba infuriata, le aggressioni sessuali di attaccanti o altre atrocità. Con l’aiuto del nostro amorevole Padre celeste, potremo perseverare riportando una vittoria morale sui nostri persecutori e rimanendo fedeli al nostro Dio. Questa certezza allontana da noi l’ansia che ci priverebbe della pace di mente e di cuore così essenziale per rimanere fermi di fronte alle prove.
56. Perché gettare le nostre ansietà su Geova non significa che possiamo essere indifferenti per quanto riguarda la nostra reazione alle prove?
56 Tuttavia, questo non significa che, gettando le nostre ansietà su Geova, ora possiamo essere compiacenti o indifferenti. Abbiamo in effetti un nemico. “Mantenetevi assennati, siate vigilanti”, scrisse Pietro. “Il vostro avversario, il Diavolo, va in giro come un leone ruggente, cercando di divorare qualcuno”. — I Pietro 5:8.
57. Satana che cosa cerca di farci fare?
57 In armonia con il consiglio dell’apostolo, non possiamo permetterci di essere incuranti di fronte alle afflizioni. L’avversario sta proprio aspettando l’occasione per farci cadere. Se Satana può indurci a dubitare della fedeltà dei nostri fratelli o a indebolirci spiritualmente in qualche altro modo, lo farà. Ritirarci dall’associazione con la congregazione cristiana o smettere di esprimere la nostra fede agli altri significherebbe essere inghiottiti da Satana, il “leone ruggente” che va sempre più in cerca di incauta preda.
58. Quale consapevolezza circa i nostri fratelli può aiutarci a rimanere fedeli?
58 Per mantenerci desti, ci sarà utile ricordare sempre che non siamo soli nel sopportare le sofferenze. In tutta la terra, i nostri fratelli cristiani subiscono varie specie di afflizioni. E, con l’aiuto dello spirito di Dio, riescono a sopportare fedelmente le prove. Questa consapevolezza ci può aiutare a evitar di cadere vittime dei lacci di Satana, poiché ci dà la fiducia che anche noi potremo perseverare con la forza di Geova. Or dunque, “prendete la vostra determinazione contro di lui, solidi nella fede, sapendo che le stesse cose in quanto alle sofferenze si compiono nell’intera associazione dei vostri fratelli che sono nel mondo”. — I Pietro 5:9.
59, 60. Come possiamo trarre dalle nostre prove il massimo beneficio?
59 Poiché Geova Dio vuole che riusciamo a ottenere la salvezza, possiamo rivolgerci fiduciosamente a lui per aiuto. Nello stesso tempo, possiamo accettare qualunque cosa Dio permetta che ci accada come utile disciplina per renderci cristiani completi, pienamente preparati, forti nella fede. L’apostolo Pietro esprime questo piacevolmente, quando dice:
“Dopo aver sofferto per un po’, l’Iddio d’ogni immeritata benignità, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna unitamente a Cristo, completerà egli stesso il vostro addestramento, vi renderà fermi, vi renderà forti. A lui sia la potenza per sempre. Amen”. — I Pietro 5:10, 11.
60 Proprio come Gesù Cristo soffrì per un po’ mentre era sulla terra e poi fu altamente esaltato, così i discepoli del Figlio di Dio attendono una gloriosa ricompensa. Se le sofferenze che vengono su di noi mediante permesso divino ci rendono più forti nella nostra adesione alle norme scritturali, discepoli del Figlio di Dio più umili, comprensivi e compassionevoli, questa forma di addestramento o formazione sarà servita al suo scopo. Perché ciò avvenga, dobbiamo confidare pienamente nel nostro Padre celeste, certi che qualunque cosa egli permetta assicurerà infine il nostro benessere e la nostra felicità eterni se ci sottoponiamo a essa umilmente. (Romani 8:28) Con lo spirito dell’apostolo Pietro, possiamo levare la voce, dicendo: ‘Grazie siano rese a Dio che ci addestra mediante le prove e ci aiuta a essere fermi e forti come suoi approvati servitori in vista della vita eterna!’