La misericordia divina indica la via del ritorno a quelli che hanno sbagliato
“Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore che si pente anziché per novantanove giusti che non hanno bisogno di pentirsi”. — Luca 15:7.
1, 2. Come sono armoniosamente equilibrate le qualità di Geova Dio, e come lo si vede nella disposizione della disassociazione?
GEOVA è un Dio di amore, un Dio misericordioso. Tutte le sue disposizioni e istruzioni sono per il bene di quelli che amano la giustizia; non hanno mai uno scopo egoistico o nocivo. (Eso. 34:6; 1 Giov. 4:8) Egli è anche un Dio di giustizia e rettitudine; non condona o non passa sopra alla trasgressione. (Sal. 33:4, 5; 50:16-21) Non c’è, comunque, nessun disaccordo fra queste qualità divine. Il vero amore, infatti, richiede che ci si attenga alla giustizia, sostenendola.
2 Pertanto, fra le disposizioni contenute nella Parola di Dio vi è quella della disassociazione, cioè di rimuovere o espellere dalla congregazione quelli che, pur dichiarandosi cristiani, commettono gravi trasgressioni e non mostrano un’attitudine di vero pentimento. Essi vengono espulsi per il bene della congregazione al fine di mantenerne la purezza e proteggerne i componenti, amati da Dio, così che non siano contaminati da tale influenza simile a “lievito” rappresentata dai trasgressori.
3, 4. Quali istruzioni dà l’apostolo Paolo in merito alla disassociazione, e a quali domande si deve rispondere?
3 Per tale ragione, l’ispirato apostolo Paolo comandò ai cristiani di Corinto di “cessar di [mischiarsi] in compagnia di alcuno chiamato fratello che è fornicatore o avido o idolatra o oltraggiatore o ubriacone o rapace, non mangiando nemmeno con un tal uomo. . . . ‘Rimuovete l’uomo malvagio di fra voi’”. — 1 Cor. 5:6, 7, 11-13.
4 Comunque, esclude questo che da allora in poi si faccia qualsiasi passo positivo verso tali disassociati, passo che potrebbe aiutarli a pentirsi, a convertirsi, a tornare e ad essere ristabiliti come componenti approvati e puri della congregazione? Prima di fare qualsiasi passo positivo si deve forse attendere che l’individuo esprima formalmente il suo pentimento agli anziani della congregazione, facendo una diretta richiesta di riassociazione? Il dargli qualsiasi esortazione a ‘convertirsi’ e a cercare di ristabilirsi equivarrebbe forse a ‘mischiarsi in sua compagnia’ e ad avere associazione spirituale con lui? Vediamo la risposta indicata dalla Bibbia.
L’ESEMPIO DEL PRINCIPALE ANZIANO
5, 6. (a) Quale speciale relazione ebbe un tempo la nazione d’Israele con Geova Dio? (b) Quale condotta seguì, comunque, e con quali gravi risultati?
5 Considerate l’esempio del modo in cui Geova Dio agì con quelli che un tempo erano il popolo del suo nome, Israele. Essi soli di tutti i popoli della terra erano in una relazione di patto con lui ed essi soli avevano ricevuto la sua parola e legge. (Sal. 147:19, 20; Rom. 3:1, 2) Essi gli furono frequentemente infedeli, comunque, e arrivarono infine alla condizione descritta nella preghiera riportata in Daniele 9:4-19: “Noi abbiamo peccato e fatto torto e agito malvagiamente e ci siam ribellati; e c’è stato un dipartirsi dai tuoi comandamenti e dalle tue decisioni giudiziarie. E non abbiamo ascoltato i tuoi servitori i profeti, che hanno parlato in tuo nome ai nostri re, ai nostri principi e ai nostri antenati e a tutto il popolo del paese”.
6 A causa di questo loro dipartirsi e della grave disubbidienza, Daniele dice che Geova versò “su di noi la maledizione e la dichiarazione giurata che è scritta nella legge di Mosè il servitore del vero Dio . . . facendo venire su di noi grande calamità, quale non si faceva sotto gli interi cieli”. Sì, Dio compì una vigorosa azione giudiziaria contro di loro, cacciando dal loro paese prima le tribù settentrionali e poi le tribù meridionali e mandandole in esilio, e permettendo infine che l’intero ordinamento nazionale fosse rovesciato da Babilonia. Geova, in effetti, ‘divorziò’ dall’organizzazione nazionale come se fosse stata sua “moglie” e la “madre” dei singoli componenti della nazione. — Si paragonino Isaia 50:1; 54:5, 6; Geremia 3:8.
7. Dopo aver tolto a Israele il suo favore, ebbe Geova da allora in poi una veduta rigorosamente negativa verso di esso? Datene la prova.
7 Avendo compiuto questo vigoroso atto giudiziario contro di loro, rifiutò Geova in seguito di fare qualunque cosa che contribuisse a ristabilirli nel suo favore? No, ma, invece, rivolse loro parole di rimprovero, esortandoli ad abbandonare l’errata condotta che li aveva portati al disastro. Evidentemente a quelli del rigettato regno settentrionale d’Israele, Dio disse per mezzo del profeta Geremia: “Torna, o rinnegata Israele, . . . Non resterò risentito a tempo indefinito. Solo prendi nota del tuo errore, poiché hai trasgredito contro Geova tuo Dio. . . . Tornate, figli rinnegati. Io sanerò la vostra condizione rinnegata”. — Ger. 3:12, 13, 22; si paragonino Lamentazioni 3:31-33; Isaia 57:16-18.
8. Per mezzo del profeta Ezechiele, come rivelò Geova la sua attitudine verso quelli che sbagliano?
8 Questa espressione è in armonia con la dichiarazione che Geova pronunciò per mezzo del profeta Ezechiele, dove rivela la sua attitudine verso quelli che hanno ancora possibilità di pentirsi: “Prendo forse alcun diletto nella morte di qualcuno malvagio, . . . e non che si volga dalle sue vie ed effettivamente continui a vivere? . . . Gettate via da voi tutte le vostre trasgressioni nelle quali avete trasgredito e fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo, poiché per quale ragione dovreste morire, o casa d’Israele? Poiché io non provo alcun diletto nella morte di qualcuno che muore . . . Fate dunque una conversione e continuate a vivere”. — Ezec. 18:23, 30-32.
9. Dando tale esortazione, aveva Geova Dio associazione spirituale con i trasgressori?
9 Esortando in tal modo questi trasgressori, aveva Geova Dio associazione spirituale con loro, una “partecipazione” delle buone cose spirituali come fra amici? (Si paragoni 1 Giovanni 1:3, 6, 7). Al contrario, come Geova aveva precedentemente detto loro mediante il profeta Isaia, se volevano di nuovo la sua amicizia dovevano cambiare. Egli non si sarebbe abbassato a camminare nelle loro vie sbagliate e non avrebbe adottato i loro pensieri sbagliati. Egli disse: “Ricercate Geova, . . . Lasci il malvagio la sua via, e l’uomo dannoso i suoi pensieri; e torni a Geova, che avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, poiché egli perdonerà in larga misura. ‘Poiché i vostri pensieri non sono i miei pensieri, né le mie vie sono le vostre vie’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché come i cieli sono più alti della terra, così le mie vie sono più alte delle vostre vie, e i miei pensieri dei vostri pensieri’”. (Isa. 55:6-9) Per avere di nuovo piacevole associazione con Dio, dovevano elevare i loro pensieri e le loro vie ai giusti livelli a cui Dio si attiene e che la sua Parola insegna. Così avrebbero dato ascolto alla sua esortazione di ‘venire e mettere le cose a posto fra noi’, così che i loro gravi peccati fossero da lui considerati come cancellati. — Isa. 1:18, 19.
10, 11. Quali qualità di Geova sono illustrate dalla parabola del figlio prodigo, e come?
10 La parabola del figlio prodigo provvede ulteriore intendimento sull’ammirevole attitudine di misericordia e considerazione da parte di Geova. (Luca 15:11-32) Nella parabola, la reazione del padre al ritorno del figlio ostinato è un interessantissimo esempio di come è il Padre celeste, Geova. Nella parabola, il figlio aveva lasciato la casa, era andato lontano e aveva sprecato il suo tempo e il suo denaro in una vita dissoluta, frequentando anche meretrici. Egli cadde in povertà ed ebbe fame e, tornato bruscamente in sé, decise di ritornare da suo padre. Notate, ora, che cosa dice la parabola: “Mentre era ancora lontano, suo padre lo scorse e fu mosso a pietà, e corse e gli buttò le braccia al collo e lo baciò teneramente”. — Luca 15:20.
11 Pertanto, quando scorse il figlio in distanza, il padre non disse: ‘Non farò un passo né dirò una parola finché quel peccatore non verrà ai miei piedi e non chiederà formalmente di essere riaccettato’. No, ma vedendo suo figlio venire verso di lui e discernendo, in effetti, che cosa aveva in mente il figlio, il padre gli andò incontro. Non prima, ma dopo questa paterna espressione di pietà ebbe luogo la formale richiesta di perdono da parte del figlio.
12. Con quale mezzo Geova fa tornare i trasgressori pentiti? Come lo illustra la profezia di Osea?
12 Questo fa venire in mente il riferimento dell’apostolo Paolo alla “benevola qualità di Dio [che] cerca di condurti al pentimento”. (Rom. 2:4) Sì, Geova Dio esprime giusta ira contro la trasgressione. Ma non rimane per sempre adirato se la trasgressione cessa. Egli sa che la calorosa misericordia ha meravigliose qualità per attrarre e riportare i trasgressori pentiti al punto in cui possono essere sanati. — Osea 6:1; 14:1, 2, 4.
13. (a) Perché non dovremmo imitare il fratello maggiore nella parabola del figlio prodigo? (b) Tutti quelli che prestano servizio come anziani, sorveglianti e pastori chi dovrebbero guardare come loro esempio nei rapporti con quelli che sbagliano? (c) Che cosa mostrano i Salmi riguardo all’esempio di questo Principale Anziano?
13 Oggi non vogliamo perciò essere come il fratello maggiore della parabola che dapprima non fu affatto felice del modo in cui il fratello che aveva sbagliato fu accolto al suo ritorno. (Luca 15:25-32) Piuttosto, cercheremo di ‘mostrare d’esser figli del nostro Padre celeste’ imitando il compassionevole esempio di Geova. (Matt. 5:44-48) Come Dio d’eternità e “Antico dei Giorni”, egli è il Principale Anziano, il Grande Pastore e Sorvegliante delle nostre anime. (1 Piet. 2:25) Il suo esempio è sempre quello giusto da seguire. Più avanti nella nostra considerazione vedremo come quell’esempio può guidarci in molti modi pratici. — Sal. 77:7-9; 103:9, 10, 13.
CHI È CONSIDERATO “UN UOMO DELLE NAZIONI E UN ESATTORE DI TASSE”
14. Quale precedente base aveva l’apostolo Paolo per le sue istruzioni sulla disassociazione?
14 Paolo, scrivendo a Corinto i suoi consigli apostolici in merito alla disassociazione, aveva precedenti informazioni ispirate su cui basare le sue istruzioni. Cristo Gesù stesso le aveva fornite. Matteo 18:15-17 contiene le sue istruzioni sul modo di considerare i peccati (evidentemente non semplici falli insignificanti, ma peccati realmente gravi) commessi contro singoli individui. Egli espresse la possibilità di un’azione di disassociazione nel caso in cui il peccatore non manifestasse pentimento. Dopo aver descritto gli sforzi progressivi compiuti per ‘guadagnare’ costui inducendolo ad ammettere il suo torto e a pentirsene, Gesù disse: “Se non ascolta neanche la congregazione, ti sia come un uomo delle nazioni e un esattore di tasse”.
15. (a) A quale “congregazione” si riferiva Gesù in Matteo 18:17? (b) Perché, dunque, le sue parole interessano noi che siamo nella congregazione cristiana?
15 A quel tempo (32 E.V.) la congregazione cristiana non era stata formata e quindi la “congregazione” menzionata da Gesù doveva riferirsi alla disposizione giudaica allora esistente, con i suoi corpi di anziani, inclusi quelli che servivano da giudici e rappresentavano localmente la congregazione con tale incarico. (Esd. 10:14; Luca 7:3) Ciò nondimeno, le istruzioni di Gesù fornirono certamente un principio che sarebbe servito di guida alla futura congregazione cristiana. Di particolare interesse per noi è sapere che cosa significava per il peccatore impenitente essere considerato “come un uomo delle nazioni e un esattore di tasse”. Per saperlo dobbiamo vedere come essi erano appropriatamente considerati dalla congregazione giudaica. Questo ci aiuterà a capire meglio le istruzioni dell’apostolo contenute in I Corinti 5:11-13 su come i cristiani dovrebbero considerare quelli che sono disassociati dalla congregazione cristiana.
16. Perché non possiamo contare incondizionatamente sugli scritti rabbinici giudei in quanto all’attitudine giudaica verso i Gentili, e dove troviamo le necessarie informazioni?
16 Esaminando l’attitudine giudaica verso quelli delle nazioni, non possiamo farci guidare interamente dagli scritti rabbinici composti dopo il tempo in cui Gesù era stato sulla terra. Alcuni di questi scritti rivelano un’attitudine estrema, un’attitudine di vero e proprio odio e disprezzo verso i “Gentili”, le persone delle nazioni. Alcuni scritti rabbinici sostenevano che un Giudeo non doveva andare in aiuto di un Gentile nemmeno se questi era in pericolo di morte. (Maimonide, Rozeach. iv, 12; McClintock and Strong’s Cyclopædia, Vol. III, pag. 789) Piuttosto, possiamo trovare fidate informazioni nelle ispirate Scritture di Dio perché ci guidino a determinare qual era l’attitudine dei Giudei del primo secolo.
17. Secondo le Scritture, qual era nel primo secolo l’attitudine giudaica verso gli ‘uomini delle nazioni’, e perché prevalse questa attitudine?
17 Allorché fu mandato alla casa del Gentile Cornelio a Cesarea, l’apostolo Pietro disse a quelli ivi radunati: “Voi ben sapete come sia illecito a un Giudeo unirsi o accostarsi a un uomo di un’altra razza; eppure Dio mi ha mostrato di non chiamare nessun uomo contaminato o impuro”. (Atti 10:27, 28) Quando in seguito Pietro andò a Gerusalemme, i sostenitori della circoncisione nella locale congregazione cristiana contesero con lui, “dicendo che era entrato nella casa di uomini incirconcisi e aveva mangiato con loro”. (Atti 11:2, 3) Pertanto, l’atteggiamento fondamentale dei Giudei era che non dovevano fraternizzare con i Gentili, considerandoli spiritualmente impuri. Essi erano tali essendo “alienati dallo stato d’Israele ed estranei ai patti della promessa”, per cui non avevano nessuna vera posizione presso Geova o approvata relazione con lui. (Efes. 2:11, 12) Fraternizzando con loro, entrando nelle loro case e mangiando con loro, i Giudei si sarebbero spiritualmente contaminati. — Si paragonino Giovanni 18:28; Galati 2:11-14.
18. Quale prova abbiamo che Gesù non adottò l’estrema veduta verso i Gentili espressa in alcuni scritti rabbinici?
18 Gesù Cristo si attenne a questa fondamentale regola di astenersi dal fraternizzare con persone delle nazioni. E diede ordine ai suoi discepoli di non svolgere la loro attività di predicazione “per la strada delle nazioni [dei Gentili], e non [entrare] in una città samaritana; ma andate piuttosto di continuo alle pecore smarrite della casa d’Israele”. (Matt. 10:5, 6) Ma nonostante tutto ciò, Gesù non mostrò di approvare né di seguire l’estrema veduta espressa negli scritti rabbinici secondo cui tutti i Gentili erano nemici da trattare con vero e proprio disprezzo, come non lasciò neppure che tali attitudini regolassero i suoi rapporti con i Samaritani. (Giov. 4:4-40) Lungi dal far ciò, Gesù citò la profetica Parola del Padre suo per mostrare che persone delle nazioni avrebbero accettato il Messia, che il tempio doveva essere una casa di preghiera per tutte le nazioni, e che il Messia sarebbe stato una luce per le nazioni. (Matt. 12:18, 21; Mar. 11:17; si paragonino Luca 2:27-32; Atti 13:47). Quando un ufficiale dell’esercito gentile, che aveva mostrato grande benignità ai Giudei, chiese a Gesù di guarire uno schiavo malato, Gesù lo guarì. (Luca 7:2-10) Quindi, pur non andando mai contro l’ammonizione della legge mosaica in merito al fraternizzare con quelli che non erano della congregazione di Dio (Gentili), Gesù non perse l’equilibrio divenendo estremo o rigorosamente duro, adottando verso di loro un’attitudine antagonistica. Egli ebbe saggio discernimento dei princìpi contenuti nelle istruzioni di Dio e ne fu guidato.
19. (a) Com’erano considerati gli esattori di tasse dai Giudei in genere? (b) Come manifestò Gesù il giusto equilibrio nei suoi rapporti con loro?
19 La stessa cosa può dirsi degli esattori di tasse, che di solito non erano Gentili, ma Giudei. Poiché così spesso erano disonesti, gli esattori di tasse erano generalmente considerati dai loro compatrioti giudei come persone di cattiva reputazione, da classificare con quelli che erano noti come peccatori e con le meretrici. (Matt. 9:10, 11; 21:31, 32) Pur non condonando le loro vie errate, Gesù non si trattenne dall’aiutarli quando mostravano un’inclinazione alla giustizia, come avvenne per esattori di tasse quali Matteo Levi e Zaccheo. Poiché aiutò costoro a fare progresso spirituale, Gesù fu falsamente accusato d’essere “amico di esattori di tasse e peccatori”. C’era, comunque, una differenza tra l’amicizia e gli sforzi compiuti da Gesù per sanare quelli che erano spiritualmente malati e guidarli al pentimento e al sentiero della giustizia. — Matt. 11:19; Luca 5:27-36; 19:2-10.
20. In che modo queste informazioni inerenti alla giusta veduta giudaica verso gli ‘uomini delle nazioni e gli esattori di tasse’ ci aiutano a capire meglio le istruzioni dell’apostolo sulla disassociazione, e a quali conclusioni portano?
20 Pertanto, l’esempio di Gesù stesso ci protegge impedendoci di adottare l’estrema veduta di certi scrittori rabbinici sul modo di trattare qualcuno come “un uomo delle nazioni e un esattore di tasse”. Vediamo inoltre una stretta analogia fra il trattamento accordato loro e il trattamento indicato nelle istruzioni dell’apostolo Paolo riguardo a quelli che erano disassociati dalla congregazione cristiana, cioè di non ‘mischiarsi in compagnia’ con costoro “non mangiando nemmeno” con loro. (1 Cor. 5:11) È chiaro che trattare un impenitente peccatore come “un uomo delle nazioni e un esattore di tasse” significa che non si deve fraternizzare con lui. Ma, come mostra l’esempio di Gesù, non si richiede di trattarlo come un nemico o di rifiutare di mostrare normale cortesia e considerazione. Né si esclude che si offra aiuto a quelli che vogliono correggere l’errata condotta e ottenere o riottenere il favore di Dio.
AFFERRIAMO IL SENSO DI II GIOVANNI 9-11
21. Quale esortazione dà l’apostolo Giovanni nei versetti da 9 a 11 della sua seconda lettera, e quali domande suscita?
21 Nella sua seconda lettera l’apostolo Giovanni dà questa esortazione: “Chiunque va avanti e non rimane nell’insegnamento del Cristo non ha Dio [cioè non è in unione con lui, non ha associazione con lui; si paragoni 1 Giovanni 1:6]. Chi rimane in questo insegnamento è quello che ha il Padre e il Figlio. Se alcuno viene da voi e non porta questo insegnamento, non lo ricevete nella vostra casa e non gli rivolgete un saluto. Poiché chi gli rivolge un saluto partecipa alle sue opere malvage”. (2 Giov. 9-11) Queste parole dell’apostolo si applicano necessariamente a tutti quelli che sono espulsi dalla congregazione per trasgressione? O escludono necessariamente che si dicano a un disassociato parole di riprensione o di esortazione per spingerlo a pentirsi, convertirsi e ristabilirsi nella congregazione? Considerando il contesto di tali parole dell’apostolo possiamo capire più chiaramente il senso della sua esortazione.
22. (a) Secondo il contesto, a quale tipo di persone si riferiva lì l’apostolo? (b) Perché non sarebbe appropriato salutarle? (c) C’è differenza fra l’attitudine raccomandata verso quelli descritti da Giovanni e l’attitudine comunemente e giustamente manifestata verso ‘un uomo delle nazioni o un esattore di tasse’?
22 Notate che al versetto sette l’apostolo Giovanni dice che “sono usciti molti ingannatori nel mondo, persone che non confessano Gesù Cristo venuto nella carne. Questo è l’ingannatore e l’anticristo”. Giovanni dà quindi l’avvertimento di stare in guardia e di non ricevere costoro nella propria casa, poiché essi sono attivi propagandisti di falsi insegnamenti, ingannevoli sostenitori dell’errata condotta. Non si dovrebbe dar loro nessuna occasione per potersi infiltrare ulteriormente. Non si dovrebbero neppure salutare, per evitare di partecipare alle loro opere malvage. A questo riguardo possiamo notare che fra i Giudei dei tempi apostolici il saluto comune era un’espressione che significava “Possa tu aver pace”. Il cristiano non voleva certo augurare pace a un uomo che era un ingannatore e un anticristo. Non c’è nulla, comunque, per mostrare che i Giudei aventi una veduta equilibrata e scritturale rifiutassero di salutare un “uomo delle nazioni” o un esattore di tasse. Il consiglio di Gesù sui saluti, in relazione alla sua esortazione di imitare Dio nella sua immeritata benignità verso ‘i malvagi e i buoni’, sembra escluda tale rigido atteggiamento. — Matt. 5:45-48.
23. Fino a che punto o in quali circostanze si potrebbe giustamente applicare a un disassociato II Giovanni 9-11?
23 Sono, dunque, tutti i disassociati simili a coloro che sono descritti nella seconda lettera di Giovanni? Al tempo che si dovettero disassociare essi seguivano evidentemente una condotta simile alla loro o almeno manifestavano un sentimento simile. Come dice la pubblicazione Organizzazione per predicare il Regno e fare discepoli a pagina 172: “Qualsiasi persona battezzata che deliberatamente segua una condotta immorale rifiuta in effetti gli insegnamenti della Bibbia, esattamente come li rifiuta chi insegna ad altri in maniera contraria a ciò che dicono le Scritture circa l’identità di Dio, il provvedimento del riscatto, la risurrezione e via dicendo. (Si paragonino Tito 3:10, 11; 2 Timoteo 2:16-19)”. E colui che, dopo essere stato disassociato, tentasse di giustificare agli occhi di altri la sua immoralità e cercasse di indurre altri a seguire il suo pervertito pensiero, corrisponderebbe senz’altro alla descrizione fatta dall’apostolo Giovanni nella sua seconda lettera.
24, 25. (a) Quale prova c’è che non tutti quelli che sono disassociati corrispondono alla descrizione fatta in II Giovanni 9-11? (b) Quale reazione dovrebbe questo produrre in noi, e quale importante domanda considereremo?
24 Comunque, non tutti i disassociati seguono da allora in poi la condotta di tali ‘ingannatori e anticristi’. Non tutti si impegnano a promuovere attivamente la trasgressione, opponendosi alla verità e tentando con l’inganno di indurre altri a seguire l’errata condotta che portò alla loro disassociazione. Lo si vede dal numero di coloro che pentiti chiedono di essere riassociati e sono riassociati come componenti approvati della congregazione. Pertanto, negli Stati Uniti (dove c’è ora più di mezzo milione di cristiani testimoni di Geova), nel periodo di dieci anni dal 1963 al 1973, si dovettero disassociare 36.671 persone per vari tipi di grave trasgressione. Tuttavia, in quello stesso periodo 14.508 persone furono riassociate, riaccettate nelle congregazioni a motivo del loro sincero pentimento. Questo rappresenta quasi il 40 per cento del totale. Noi che siamo sulla terra dovremmo certo rallegrarci con Geova e con la sua famiglia celeste di questo fatto. — Luca 15:7.
25 Che cosa si può fare, piuttosto, per aiutare altri ancora di quelli che sono stati disassociati — ma che non seguono la condotta degli ‘anticristi’ descritta da Giovanni — a ristabilirsi nella congregazione? Vediamo l’applicazione pratica dei princìpi scritturali considerati.
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Nella parabola di Gesù sul figlio prodigo, il padre accolse calorosamente il figlio ostinato ma pentito. Questo fa venire in mente la calorosa misericordia di Dio, e stabilisce l’esempio che dobbiamo seguire