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AdoniaAusiliario per capire la Bibbia
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tutta la famiglia reale, tranne Salomone, il profeta Natan e Benaia, con lo scopo evidente di farsi proclamare re. — I Re 1:9, 10, 25.
Il profeta Natan agì con prontezza per sventare il progetto di Adonia. Consigliò a Betsabea, madre di Salomone, di ricordare a Davide che aveva giurato di dare il regno a Salomone; poi si presentò lui stesso al re per confermare le parole di lei e avvertire Davide della gravità della situazione, facendogli pure capire che secondo lui agiva all’insaputa dei suoi intimi amici. (I Re 1:11-27) Ciò indusse il vecchio re ad agire e a dare prontamente gli ordini per l’unzione di Salomone come coreggente e successore al trono. Quest’azione provocò le gioiose acclamazioni del popolo, che furono udite al banchetto di Adonia. Di lì a poco giunse un messaggero, il figlio del sacerdote Abiatar, con l’inquietante notizia che Davide aveva proclamato re Salomone. I sostenitori di Adonia si dispersero rapidamente ed egli fuggì nel cortile del tabernacolo per cercare rifugio. Salomone gli concesse allora la grazia, a patto che si comportasse bene. — I Re 1:32-53.
Dopo la morte di Davide, Adonia si rivolse però a Betsabea e la persuase a intercedere per lui presso Salomone onde gli desse in moglie Abisag, la giovane infermiera e compagna di Davide. Le parole di Adonia, “il regno doveva divenire mio, e verso di me tutto Israele aveva volto la faccia perché io divenissi re”, indicano che pensava di esser stato defraudato del suo diritto, anche se pretendeva di riconoscere la mano di Dio nella cosa. (I Re 2:13-21) La richiesta sembrava dettata unicamente dal desiderio di esser compensato in qualche modo per la perdita del regno, ma suggeriva decisamente che in Adonia covava sempre il fuoco dell’ambizione, poiché secondo il costume orientale le mogli e le concubine di un re potevano passare solo al suo successore legale. (Confronta II Samuele 3:7; 16:21). Salomone prese in tal senso la richiesta fatta per mezzo di sua madre e ordinò che Adonia fosse messo a morte, ordine prontamente eseguito da Benaia. — I Re 2:22-25.
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AdorazioneAusiliario per capire la Bibbia
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Adorazione
Il rendere omaggio o onore riverente. La vera adorazione del Creatore abbraccia ogni aspetto della vita. L’apostolo Paolo scrisse ai corinti: “Sia che mangiate o che beviate o che facciate qualsiasi altra cosa, fate ogni cosa alla gloria di Dio”. — I Cor. 10:31.
Quando creò Adamo, Geova Dio non prescrisse una particolare cerimonia o un modo in cui l’uomo perfetto poteva avvicinarsi a lui in adorazione. Tuttavia Adamo era in grado di servire o adorare il suo Creatore e Padre celeste facendo fedelmente la Sua volontà. In seguito Geova indicò alla nazione d’Israele un modo di avvicinarlo nell’adorazione, che includeva sacrifici, un sacerdozio e un santuario materiale. Tutto questo però era solo “un’ombra delle buone cose avvenire, ma non la sostanza stessa delle cose”. (Ebr. 10:1) Si è sempre dato in primo luogo risalto all’esercitare fede, al fare la volontà di Geova Dio, e non a cerimonie o a riti. — Matt. 7:21; Giac. 2:17-26; confronta Salmo 50:8-15, 23; Michea 6:6-8.
Quasi tutti i termini che si riferiscono all’adorazione nelle lingue originali si possono applicare anche ad atti di altro genere. Tuttavia il contesto determina in che modo si devono intendere i rispettivi vocaboli.
Uno dei verbi ebraici che rendono l’idea di adorare (ʽavàdh) significa fondamentalmente ‘servire’. (Gen. 14:4; 15:13; 29:15) Per servire o adorare Geova bisognava ubbidire a tutti i suoi comandi, fare la sua volontà essendo devoti esclusivamente a lui. (Eso. 19:5; Deut. 30:15-20; Gios. 24:14, 15) Perciò partecipare a qualsiasi rito o atto di devozione per qualsiasi altro dio significava abbandonare la vera adorazione. — Deut. 11:13-17; Giud. 3:6, 7.
Un altro verbo ebraico che può significare adorare è shahhàh, che fondamentalmente vuol dire ‘inchinarsi’ (Prov. 12:25) o rendere omaggio. (Vedi OMAGGIO). Un inchino poteva essere un semplice atto di rispetto o di cortese riguardo verso un’altra persona (Gen. 19:1, 2; 33:1-6; 37:9, 10), ma poteva anche essere un’espressione di adorazione, indicante la propria riverenza e gratitudine a Dio, e sottomissione alla sua volontà. In relazione al vero Dio o a false divinità, il verbo shahhàh a volte si riferisce a sacrifici e preghiere. (Gen. 22:5-7; 24:26, 27; Isa. 44:17) Ciò indicherebbe che nel pregare o nell’offrire un sacrificio era abituale inchinarsi. — Vedi PREGHIERA.
La radice ebraica saghàdh (Isa. 44:15, 17, 19; 46:6) significa fondamentalmente ‘prostrarsi’; un simile termine aramaico è seghìdh. Pur essendo di solito associato all’adorazione (Dan. 3:5-7, 10-15, 18, 28), in Daniele 2:46 seghìdh si riferisce all’atto del re Nabucodonosor che rese omaggio a Daniele, prostrandosi davanti al profeta.
Come l’ebraico ʽavàdh così il verbo greco latrèuo (Luca 1:74; 2:37; 4:8; Atti 7:7) e il sostantivo latrèia (Giov. 16:2; Rom. 9:4) danno l’idea di servizio o rendere servizio. E il verbo greco proskynèo corrisponde esattamente all’ebraico shahhàh, poiché entrambi esprimono il pensiero di rendere omaggio e adorazione.
Il verbo proskynèo è usato a proposito di uno schiavo che rende omaggio a un re (Matt. 18:26) e dell’atto per cui Satana offrì a Gesù tutti i regni del mondo e la loro gloria. (Matt. 4:8, 9) Se avesse reso omaggio al Diavolo, Gesù avrebbe indicato di sottomettersi a Satana e ne sarebbe diventato il servitore. Ma Gesù rifiutò dicendo: “Va via, Satana! Poiché è scritto: ‘Devi adorare [forma del verbo greco proskynèo o, nel brano di Deuteronomio che Gesù citava, dell’ebraico shahhàh] Geova il tuo Dio, e a lui solo devi rendere sacro servizio [forma del verbo greco latrèuo o dell’ebraico ʽavàdh]’”. (Matt. 4:10; Deut. 5:9; 6:13) Similmente l’adorazione o l’omaggio reso inchinandosi alla “bestia selvaggia” e alla sua “immagine” ha relazione col servizio, poiché gli adoratori vengono identificati come sostenitori della “bestia selvaggia” e della sua “immagine” dal marchio sulla mano (con cui si serve) o sulla fronte (visibile a tutti). Dal momento che il Diavolo dà la sua autorità alla bestia selvaggia, adorare la bestia selvaggia significa in realtà adorare o servire il Diavolo. — Riv. 13:4, 15-17; 14:9-11.
Altri termini greci relativi all’adorazione derivano da eusebèo, threskèuo e sèbomai. Il verbo eusebèo significa ‘essere pio’, ‘rendere santa devozione’ o ‘venerare, adorare o riverire’. In Atti 17:23 questo verbo è usato a proposito della santa devozione o venerazione che gli ateniesi avevano per un ‘Dio sconosciuto’. (Vedi SANTA DEVOZIONE). Dal verbo threskèuo deriva il sostantivo threskèia, che si riferisce a una “forma di adorazione”, vera o falsa. (Atti 26:5; Col. 2:18) La vera adorazione praticata dai cristiani era contrassegnata da sincero interessamento per i poveri e completa separazione dal mondo empio. (Giac. 1:26, 27) Il verbo sèbomai (Matt. 15:9; Mar. 7:7; Atti 18:7; 19:27) e la relativa forma sebàzomai (Rom. 1:25) significano ‘aver timore di’, ‘riverire, venerare o adorare’. Oggetti di
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