Qual è la verità su Betlemme e sul Natale?
“QUANDO pensiamo al Mistero di Betlemme non possiamo evitare che domande e dubbi si presentino alla nostra mente”. — Maria Teresa Petrozzi, Betlemme, cit., p. 145.
‘Perché domande e dubbi?’, potreste chiedervi. Dopo tutto, le varie credenze riguardo al Natale, e i luoghi legati a tali credenze, si basano su fatti. O no?
Quando nacque?
Riguardo alla data di nascita di Gesù, Maria Teresa Petrozzi chiede: “Quando, esattamente, è nato il Redentore? Vorremmo sapere, oltre l’anno, anche il mese, il giorno, l’ora. La precisione matematica non ci è concessa”. (Op. cit., p. 146) La New Catholic Encyclopedia lo conferma: “La data di nascita di Gesù Cristo si può calcolare solo in maniera approssimativa”. E riguardo alla data attribuita alla nascita di Cristo dice: “La data del 25 dicembre non corrisponde alla nascita di Cristo ma alla festa del Natalis solis invicti, la festa romana del sole al solstizio”.
Potreste dunque chiedervi: ‘Se Gesù non è nato il 25 dicembre, allora quando è nato?’ Dai capitoli 26 e 27 di Matteo apprendiamo che Gesù morì durante la Pasqua ebraica, la quale ebbe inizio il 1º aprile del 33 E.V. Inoltre, da Luca 3:21-23 sappiamo che Gesù aveva circa trent’anni quando iniziò il suo ministero. Giacché il suo ministero terreno durò tre anni e mezzo, Gesù morì a circa 33 anni e mezzo. Cristo avrebbe compiuto 34 anni sei mesi dopo, cioè verso il 1º ottobre. Se risaliamo alla data in cui nacque Gesù, arriviamo non al 25 dicembre o al 6 gennaio, ma all’incirca al 1º ottobre dell’anno 2 a.E.V.
Va anche detto che, in dicembre, a Betlemme e nelle zone circostanti il clima è freddo e invernale, ci sono piogge gelide e a volte nevica. In questa stagione i pastori non passano la notte all’aperto con i loro greggi. E non si tratta di un fenomeno meteorologico recente. Le Scritture narrano che Ioiachim re di Giuda “sedeva nella casa invernale, nel nono mese [chislev, che corrisponde a novembre-dicembre], con un braciere ardente davanti a sé”. (Geremia 36:22) Per riscaldarsi aveva bisogno del braciere. Inoltre, da Esdra 10:9, 13 risulta chiaramente che il mese di chislev è “la stagione dei rovesci di pioggia, e non è possibile restare fuori”. Tutto questo indica che le condizioni climatiche di dicembre a Betlemme non corrispondono alla descrizione biblica degli avvenimenti connessi alla nascita di Gesù Cristo. — Luca 2:8-11.
Dove nacque?
Come dobbiamo considerare il luogo che fu una delle cause occasionali di quella ‘lotta sanguinosa’ che fu la guerra di Crimea (1853-56), nella quale persero la vita più di centomila soldati francesi? È veramente lì che nacque Gesù?
Tanto per cominciare, la Bibbia stessa non menziona il luogo esatto in cui nacque Gesù. Matteo e Luca confermano che la nascita di Gesù adempì la profezia messianica di Michea 5:2, la quale prediceva che ‘colui che doveva divenire il dominatore in Israele, la cui origine è dai primi tempi’, sarebbe venuto da Betlemme. (Matteo 2:1, 5; Luca 2:4) Entrambi i racconti dei Vangeli menzionano solo le cose essenziali, cioè che Gesù nacque a Betlemme e che, secondo Luca, il bambino fu avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. — Luca 2:7.
Perché gli evangelisti ispirati non fornirono maggiori dettagli? Maria Teresa Petrozzi osserva: “Gli Evangelisti trascurano questi particolari, evidentemente perché li ritengono privi di importanza”. (Op. cit., p. 147) In effetti, è chiaro che Gesù stesso non considerava particolarmente importanti i dettagli relativi alla sua nascita, poiché in nessun caso si legge che menzionasse la data o il luogo esatto in cui nacque. Pur essendo nato a Betlemme, Gesù non considerava quel luogo come sua dimora: il ‘suo territorio’ era la zona della Galilea. — Marco 6:1, 3, 4; Matteo 2:4, 5; 13:54.
Il passo di Giovanni 7:40-42 dimostra che le persone in generale non sapevano dove era nato, e credevano che fosse nato in Galilea. “Alcuni dicevano: ‘Il Cristo non viene dalla Galilea, vero?’” Basandosi su quanto dice Giovanni 7:41, il libro The Church of the Nativity, Bethlehem trae questa conclusione: “Il fatto che nascessero tali discussioni non costituisce di per sé una prova che Cristo non sia nato a Betlemme; ma perlomeno dimostra che molti di quelli che stavano con Lui non ne erano al corrente”.
È evidente che, durante la sua vita terrena, Gesù non fece pubblicità ai particolari della sua nascita. Non fu data alcuna importanza al luogo in cui nacque. Su che cosa si basa, dunque, la credenza secondo cui la grotta della Natività sarebbe il luogo in cui Giuseppe portò Maria perché partorisse?
La Petrozzi ammette schiettamente: “Non è possibile sapere esattamente se la grotta fosse una delle infinite cavità naturali, che si trovano nei pressi di Betlemme, o un antro adibito a stalla in una qualche locanda. Comunque, la tradizione che risale alla prima metà del II sec., è esplicita: si tratta di una grotta-stalla”. — Op. cit., pp. 79-81; il corsivo è nostro.
Solo tradizione
Maria Teresa Petrozzi e R. W. Hamilton, nonché vari altri studiosi della storia di Betlemme, indicano che Giustino Martire, del II secolo E.V., fu il primo a sostenere che Gesù fosse nato in una grotta, senza specificare quale. Riguardo all’affermazione di Giustino Martire, Hamilton conclude dicendo: “Si tratta di un riferimento incidentale, e pretendere che S. Giustino avesse in mente una grotta specifica, o addirittura che si riferisse all’attuale grotta della Natività, significherebbe forzare la testimonianza di una sola parola”.
In una nota in calce Hamilton scrive: “Un racconto della Natività che compare nell’apocrifo ‘Libro di Giacomo’ o ‘Protovangelo’, scritto pressappoco nello stesso periodo, menziona anch’esso una grotta, ma dice che è sulla strada per Betlemme. Nella misura in cui può avere una qualche validità storica, il racconto fa capire che la tradizione non era ancora legata a nessun luogo particolare, certo non alla grotta della Natività”.
Origene ed Eusebio, scrittori religiosi del III secolo, associano la tradizione, come era nota allora, a un luogo particolare. Hamilton argomenta: “Una volta che la storia fu associata a una grotta particolare era improbabile che se ne scostasse; e si può sostenere con certezza che la grotta che si mostrava ai visitatori poco dopo il 200 d.C. era la stessa oggi nota come grotta della Natività”.
W. H. Bartlett, in un suo libro dedicato a Gerusalemme e dintorni (Walks About the City and Environs of Jerusalem, 1842), fece le seguenti considerazioni riguardo a questa grotta: “Anche se la tradizione secondo cui questo è il luogo in cui nacque il nostro Salvatore è di un’antichità rispettabile, essendo menzionata da S. Girolamo, che visse e morì in una cella di monastero lì vicino, il luogo mal s’accorda con le probabilità, in quanto, anche se in Palestina occasionalmente può accadere che delle caverne vengano usate come stalle, questa è troppo profonda per tale scopo; e se, oltre a ciò, teniamo conto della tendenza dei monaci ad ambientare importanti avvenimenti scritturali in grotte, forse per la particolare atmosfera di questi ambienti, gli argomenti contro questo luogo sembrano quasi schiaccianti”.
Cosa possiamo concludere dalle prove storiche disponibili e, cosa più importante, dal fatto scritturale che né Gesù né i suoi discepoli attribuirono alcuna importanza al suo luogo di nascita? È evidente che quando la regina Elena, madre di Costantino il Grande, stabilì nel 326 E.V. il luogo in cui doveva sorgere la basilica della Natività, lo fece basandosi su quella che Hamilton definisce ‘lunga tradizione’, e non su prove storiche o bibliche.
Da ciò si può ulteriormente concludere che il posto vero e proprio in cui nacque Cristo è sconosciuto. È logico, dunque, che i fedeli debbano fare pellegrinaggi alla grotta della Natività o a posti simili per venerare questi luoghi? In effetti, se questi pellegrinaggi fossero un dovere cristiano, o anche se semplicemente riflettessero un desiderio di Cristo, non sarebbe stato Gesù stesso a informarne i suoi discepoli? Non lo troveremmo scritto nella Parola di Dio, la Bibbia, affinché l’intera umanità lo potesse leggere? Giacché tali prove sono chiaramente assenti nelle Sacre Scritture, facciamo bene a chiederci che cos’è che Gesù considerava degno di essere commemorato.
Possiamo cercare quanto vogliamo, ma troveremo che la sola circostanza che i discepoli di Gesù dovevano commemorare nel corso delle generazioni era la sua morte di sacrificio. Gesù morì in primavera, poco dopo aver celebrato la sua ultima cena pasquale con i discepoli. In quell’occasione disse ai suoi discepoli fedeli di consumare un pasto simbolico usando pane non lievitato, come le matzòth ebraiche, e vino rosso. Riguardo a questa semplice cerimonia, che ebbe luogo per la prima volta il 1º aprile del 33 E.V., comandò: “Continuate a far questo in ricordo di me”. — Luca 22:19, 20.
Ubbidendo a questo comando scritturale di Gesù stesso, in tutto il mondo i testimoni di Geova celebrano ogni anno la Commemorazione della morte di sacrificio di Cristo. Non tengono questa riunione cristiana in qualche luogo particolare in una stanza superiore a Gerusalemme, poiché Gesù non specificò che questo fosse necessario. Ma in tutto il mondo, dovunque abitino, si radunano nelle loro Sale del Regno e in altri luoghi di adunanza adatti. La prossima celebrazione avrà luogo il 30 marzo 1991, dopo il tramonto. Siete invitati ad essere presenti nella Sala del Regno dei testimoni di Geova più vicina a casa vostra.
Per assistere a questa importante celebrazione in ubbidienza al comando di Gesù non dovete viaggiare fino a Gerusalemme o a Betlemme. Né Gesù né i suoi discepoli diedero importanza a dei luoghi facendone punti focali dell’adorazione cristiana. Al contrario, Gesù disse a una samaritana che accentrava la sua adorazione presso Gherizim, un monte della Samaria a nord di Gerusalemme: “Credimi, donna: L’ora viene in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Tuttavia, l’ora viene, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre con spirito e verità, poiché, veramente, il Padre cerca tali adoratori”. — Giovanni 4:21, 23.
Chi adora il Padre con spirito e verità non ha bisogno di luoghi particolari, come Betlemme, né di oggetti, come le immagini, per la propria adorazione. L’apostolo Paolo disse: “Mentre abbiamo la nostra casa nel corpo, siamo assenti dal Signore, poiché camminiamo per fede, non per visione”. — 2 Corinti 5:6, 7.
Tuttavia, potete chiedervi ancora, come si può adorare Dio nel modo a lui accettevole? La prossima volta che un testimone di Geova bussa alla vostra porta, chiedeteglielo.
[Immagine a pagina 5]
In inverno, i dintorni di Betlemme possono essere coperti da un manto di neve. I pastori dormirebbero all’aperto con i loro greggi?
[Fonte]
Pictorial Archive (Near Eastern History) Est.
[Immagini a pagina 7]
Basilica della Natività a Betlemme e annessa grotta sotterranea
[Fonte]
Pictorial Archive (Near Eastern History) Est.
[Fonte]
Garo Nalbandian