ABISSO
Secondo il Vocabolario greco-italiano di Lorenzo Rocci il termine greco àbyssos si riferisce a qualcosa “senza fondo; infinito; immenso”. Secondo un altro lessico si riferisce a qualcosa di “insondabile, sconfinato”. (H. G. Liddell e R. Scott, A Greek-English Lexicon, riveduto da H. S. Jones, Londra, 1968, p. 4) La Settanta greca lo usa regolarmente per tradurre l’ebraico tehòhm (acque dell’abisso), come in Genesi 1:2; 7:11.
Àbyssos ricorre nove volte nelle Scritture Greche Cristiane, sette delle quali in Rivelazione. Dall’“abisso” escono le simboliche locuste al comando del loro re, Abaddon o Apollion, “l’angelo dell’abisso”. (Ri 9:1-3, 11) Anche della “bestia selvaggia” che guerreggia contro i “due testimoni” di Dio e li uccide è detto che viene “dall’abisso”. (Ri 11:3, 7) Rivelazione 20:1-3 descrive il futuro imprigionamento di Satana nell’abisso per mille anni; in una certa occasione una legione di demoni supplicò Gesù di non mandarveli. — Lu 8:31.
Significato scritturale. Si noti che la Settanta greca non usa àbyssos per tradurre l’ebraico sheʼòhl, e, dal momento che vi sono gettate creature spirituali, non si può giustamente limitarne il significato a Sceol e Ades, in quanto questi due termini si riferiscono chiaramente alla comune tomba terrena del genere umano. (Gb 17:13-16; vedi ADES; SCEOL). Àbyssos non si riferisce al “lago di fuoco”, poiché solo dopo essere stato liberato dall’abisso Satana viene scagliato nel lago di fuoco. (Ri 20:1-3, 7-10) Anche le parole di Paolo in Romani 10:7, dove si parla di Cristo nell’abisso, precludono questa possibilità e indicano inoltre che l’abisso non è neanche il Tartaro. — Vedi TARTARO.
Romani 10:6, 7 aiuta a chiarire il significato di “abisso” affermando: “Ma la giustizia risultante dalla fede parla in questa maniera: ‘Non dire nel tuo cuore: “Chi ascenderà in cielo?” cioè per farne scendere Cristo; o: “Chi scenderà nell’abisso?” cioè per far salire Cristo dai morti’”. (Cfr. De 30:11-13). È evidente che qui l’“abisso” si riferisce al luogo in cui Cristo Gesù trascorse parte di tre giorni e da cui il Padre lo risuscitò. (Cfr. Sl 71:19, 20; Mt 12:40). Rivelazione 20:7 si riferisce all’abisso come a una “prigione”, il che è certamente in armonia con la condizione di assoluta inattività in cui si trovò Gesù dopo la morte. — Cfr. At 2:24; 2Sa 22:5, 6; Gb 38:16, 17; Sl 9:13; 107:18; 116:3.
A proposito di uno dei significati basilari, “insondabile”, implicito nel termine “abisso”, è interessante quanto dice un’opera di consultazione nel commento a Romani 10:6, 7: “L’impressione data dal linguaggio di S. Paolo è della vastità di quel reame, come di qualcosa che invano tenteremmo di esplorare”. (J. Hastings, Encyclopædia of Religion and Ethics, 1913, vol. I, p. 54) Paolo fa un paragone fra l’inaccessibilità del “cielo” e dell’“abisso” e l’accessibilità della giustizia mediante la fede. L’uso del termine analogo bàthos che Paolo fa in Romani 11:33 lo illustra: “O profondità [bàthos] della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di Dio! Come sono imperscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie!” (Vedi anche 1Co 2:10; Ef 3:18, 19). Quindi, in armonia con Romani 10:6, 7, anche il luogo rappresentato dall’“abisso” sarebbe evidentemente considerato irraggiungibile per chiunque all’infuori di Dio o dell’angelo da lui incaricato che ha “la chiave dell’abisso”. (Ri 20:1) Uno dei significati attribuiti al termine àbyssos nel Greek-English Lexicon (cit., p. 4) è “il vuoto infinito”.
La forma plurale dell’ebraico metsohlàh (o metsulàh) è resa “largo abisso” in Salmo 88:6 e letteralmente significa “abissi” o “profondità [pl.]”. (Cfr. Zac 10:11). Termine affine è tsulàh, che significa “acque dell’abisso”. — Isa 44:27.