SAPIENZA
Il significato biblico di sapienza dà risalto al sano giudizio, basato su conoscenza e intendimento; è la capacità di usare con successo la conoscenza e l’intendimento per risolvere problemi, evitare o prevenire pericoli, raggiungere certi obiettivi o dare consigli ad altri su come farlo. È il contrario di stupidità, stoltezza e pazzia, alle quali è spesso contrapposta. — De 32:6; Pr 11:29; Ec 6:8.
I principali termini che significano sapienza sono l’ebraico chokhmàh (dal verbo chakhàm) e il greco sofìa, e forme affini. Ci sono anche l’ebraico tushiyàh, che può essere tradotto “opera efficace” o “saggezza”, e i termini greci frònimos e frònesis (da fren, “mente”), che hanno il significato di “assennatezza”, “discrezione o prudenza” e “saggezza”.
La sapienza implica dunque vasta conoscenza e profondo intendimento, cose che permettono di farsi un giudizio valido e chiaro, proprio della sapienza. Il saggio ‘fa tesoro della conoscenza’, ne ha una riserva a cui può attingere. (Pr 10:14) Anche se “la sapienza è la prima cosa”, viene consigliato: “Con tutto ciò che acquisti, acquista intendimento”. (Pr 4:5-7) L’intendimento (termine dal significato ampio che spesso include il discernimento) rafforza la sapienza, contribuendo notevolmente alla discrezione e alla previdenza, anch’esse aspetti significativi della sapienza. La discrezione implica prudenza, e si può manifestare sotto forma di cautela, padronanza di sé, moderazione o misura. L’“uomo discreto” (gr. frònimos) costruisce la sua casa su un masso di roccia, prevedendo la possibilità che venga un uragano; lo stolto costruisce sulla sabbia e ne subisce le conseguenze. — Mt 7:24-27.
L’intendimento rafforza la sapienza in altri modi. Per esempio, si potrebbe ubbidire a un certo comando di Dio perché si riconosce che è giusto ubbidire, e questo sarebbe indice di sapienza. Ma se si ha vero intendimento della ragione di quel comando, del buon fine a cui serve e dei benefìci che ne derivano, la determinazione presa nel proprio cuore di tenere quella condotta sarà enormemente rafforzata. (Pr 14:33) Proverbi 21:11 dice che “quando si dà perspicacia al saggio, egli ottiene conoscenza”. La persona saggia è felice di ottenere qualsiasi informazione che le permetta di avere un’idea più chiara delle circostanze, delle condizioni e delle cause che sono alla base di un problema. In tal modo “ottiene conoscenza” sul da farsi, sa quali conclusioni trarre, cosa ci vuole per risolvere il problema esistente. — Cfr. Pr 9:9; Ec 7:25; 8:1; Ez 28:3; vedi PERSPICACIA.
Sapienza divina. La sapienza in senso assoluto appartiene a Geova Dio, che in questo senso è il “solo sapiente”. (Ro 16:27; Ri 7:12) La conoscenza è cognizione della realtà, e Geova, il Creatore, che è “da tempo indefinito fino a tempo indefinito” (Sl 90:1, 2), conosce tutto quello che c’è da conoscere sull’universo, sulla sua composizione e vastità, sulla sua storia. Le leggi fisiche, i cicli e le costanti su cui gli uomini basano le loro ricerche e le loro invenzioni, e senza i quali sarebbero impotenti e non avrebbero nulla di certo su cui basarsi, sono tutti opera Sua. (Gb 38:34-38; Sl 104:24; Pr 3:19; Ger 10:12, 13) Logicamente le sue norme morali sono ancora più necessarie per la stabilità, il sano giudizio e il successo della vita umana. (De 32:4-6; vedi GEOVA [Le norme morali di Dio]). Nulla esula dal suo intendimento. (Isa 40:13, 14) Anche se può permettere che cose contrarie alle sue giuste norme affiorino e persino abbiano un temporaneo successo, il futuro in definitiva dipende da lui e si conformerà esattamente alla sua volontà; le sue parole ‘avranno sicuro successo’. — Isa 55:8-11; 46:9-11.
Per tutte queste ragioni è evidente che “il timore di Geova è l’inizio della sapienza”. (Pr 9:10) “Chi non ti deve temere, o Re delle nazioni? poiché a te si addice; perché fra tutti i saggi delle nazioni e fra tutti i loro regni non c’è nessuno simile a te”. (Ger 10:7) “Egli è saggio di cuore e forte in potenza. Chi gli può mostrare caparbietà e uscirne incolume?” (Gb 9:4; Pr 14:16) Nella sua sapienza Dio può intervenire a piacere negli affari umani, dirigere sovrani ed eliminarli, dimostrando l’infallibilità delle sue rivelazioni profetiche. (Da 2:20-23) La storia biblica descrive i futili tentativi di re potenti e dei loro astuti consiglieri di contrapporre la loro sapienza a Dio, e sottolinea il fatto che egli ha trionfalmente rivendicato i suoi servitori che hanno proclamato lealmente il suo messaggio. — Isa 31:2; 44:25-28; cfr. Gb 12:12, 13.
“La sapienza di Dio in un sacro segreto”. La ribellione che scoppiò in Eden fu una sfida alla sapienza di Dio. Il modo sapiente di porre fine a quella ribellione — eliminandone gli effetti e ristabilendo la pace, l’armonia e il giusto ordine nella sua famiglia universale — costituiva “un sacro segreto, la sapienza nascosta, che Dio preordinò prima dei sistemi di cose”, vale a dire prima di quei sistemi che si sono affermati nel corso della storia umana fuori dell’Eden. (1Co 2:7) A grandi linee questo sacro segreto era abbozzato nelle promesse fatte da Dio ai suoi fedeli servitori per molti secoli e nel suo modo di agire nei loro confronti; era prefigurato e simboleggiato nel patto della Legge stipulato con Israele, che includeva un sacerdozio e dei sacrifici, ed era additato in innumerevoli profezie e visioni.
Infine, dopo oltre 4.000 anni, la sapienza di quel sacro segreto fu rivelata in Gesù Cristo (Col 1:26-28), per mezzo del quale Dio si propose “un’amministrazione al pieno limite dei tempi fissati, cioè radunare di nuovo tutte le cose nel Cristo, le cose nei cieli e le cose sulla terra”. (Ef 1:8-11) Furono rivelati il provvedimento del riscatto preso da Dio per la salvezza del genere umano ubbidiente e il suo proposito di istituire un Regno retto dal Figlio suo e in grado di porre fine a ogni malvagità. Poiché il grandioso proposito di Dio si basa e si impernia sul Figlio, Cristo Gesù, questi “è divenuto per noi [cristiani] sapienza di Dio”. (1Co 1:30) “Attentamente occultati in lui sono tutti i tesori della sapienza e della conoscenza”. (Col 2:3) Solo per mezzo di lui e avendo fede in lui, il “principale Agente della vita” costituito da Dio, si possono avere salvezza e vita. (At 3:15; Gv 14:6; 2Tm 3:15) Non è dunque vera sapienza quella che non rispetta Gesù Cristo, che non basa solidamente il giudizio e le decisioni sul proposito di Dio rivelato in lui. — Vedi GESÙ CRISTO (Il suo ruolo vitale nel proposito di Dio).
Sapienza umana. Nel libro di Proverbi la sapienza viene personificata come una donna che invita ad accettare quello che ha da offrire. Questo e altri brani simili mostrano che la sapienza è un insieme di molte cose: conoscenza, intendimento (che include il discernimento), capacità di pensare, esperienza, diligenza, accortezza (il contrario di inesperienza o ingenuità [Pr 14:15, 18]) e giudizio. Ma poiché la vera sapienza comincia col timore di Geova Dio (Sl 111:10; Pr 9:10), questa sapienza superiore va oltre la sapienza normale e richiede che uno si attenga ad alte norme, manifesti rettitudine e giustizia, e sostenga la verità. (Pr 1:2, 3, 20-22; 2:2-11; 6:6; 8:1, 5-12) Non tutta la sapienza è all’altezza di questa sapienza superiore.
La sapienza umana è quindi relativa, mai assoluta. Con i propri sforzi l’uomo può acquistare una limitata sapienza, anche se in ogni caso deve usare l’intelligenza di cui Dio (che ha dato anche agli animali una certa saggezza istintiva [Gb 35:11; Pr 30:24-28]) lo ha inizialmente dotato. L’uomo impara dall’osservazione e dall’uso di ciò che Dio ha creato. Questa sapienza può essere di vario genere e grado. Il sostantivo greco sofìa spesso si riferisce alla perizia in un’arte o mestiere, alla capacità e a un buon senso amministrativo nel campo del governo e degli affari, o a una vasta conoscenza in qualche particolare campo dello scibile o della ricerca. Similmente i termini ebraici chokhmàh e chakhàm sono usati per descrivere la perizia di navigatori e calafati (Ez 27:8, 9; cfr. Sl 107:23, 27) e di coloro che lavorano la pietra e il legno (1Cr 22:15), e la sapienza e la perizia di altri artigiani, alcuni di grande talento nelle arti più svariate. (1Re 7:14; 2Cr 2:7, 13, 14) In questi termini è pure descritto l’abile artefice che fa un’immagine scolpita. (Isa 40:20; Ger 10:3-9) Anche l’accortezza del mondo degli affari è una forma di sapienza. — Ez 28:4, 5.
Si può avere tutta questa sapienza senza però possedere la sapienza spirituale che le Scritture incoraggiano in modo particolare ad avere. Comunque lo spirito di Dio può accrescere alcune di queste forme di sapienza qualora siano utili per realizzare il suo proposito. Il suo spirito attivò coloro che costruirono il tabernacolo e i suoi arredi e tesserono gli abiti sacerdotali, sia uomini che donne, dando loro ‘sapienza e intendimento’. In tal modo essi non solo compresero cosa era richiesto da loro e come fare il lavoro, ma manifestarono anche il talento, l’abilità, la fantasia e il giudizio necessari per progettare e produrre vere opere d’arte. — Eso 28:3; 31:3-6; 35:10, 25, 26, 31, 35; 36:1, 2, 4, 8.
Uomini saggi dell’antichità. Gli uomini noti per la loro saggezza e i loro consigli erano apprezzati anticamente da re e altri, e lo sono tuttora. Egitto, Persia, Caldea, Edom e altre nazioni avevano i loro “saggi”. (Eso 7:11; Est 1:13; Ger 10:7; 50:35; Abd 8) Essi includevano non solo i sacerdoti e i funzionari governativi, ma probabilmente anche tutti quegli “anziani” della nazione noti in particolare per la loro sapienza e che abitavano vicino alla capitale per poter essere consultati. (Cfr. Ge 41:8; Sl 105:17-22; Isa 19:11, 12; Ger 51:57). I monarchi assiri avevano un consiglio della Corona costituito da sette saggi che potevano essere consultati prontamente (Est 1:13-15), e anche i funzionari persiani di grado inferiore potevano avere alle loro dipendenze dei saggi. — Est 6:13.
Giuseppe, con l’aiuto dello spirito di Dio, manifestò una discrezione e una saggezza tali che il faraone che regnava in Egitto lo fece suo primo ministro. (Ge 41:38-41; At 7:9, 10) “Mosè fu istruito in tutta la sapienza degli egiziani” ed era “potente in parole e in opere” ancor prima che Dio facesse di lui il suo portavoce. Ma quella sapienza umana e quelle capacità non lo resero idoneo per realizzare il proposito di Dio. Dopo un primo tentativo (quando aveva circa 40 anni) di recare sollievo ai suoi fratelli israeliti, Mosè dovette attendere altri 40 anni prima che Dio gli desse l’incarico, una volta divenuto un uomo spiritualmente saggio, di guidare Israele fuori dell’Egitto. — At 7:22-36; cfr. De 34:9.
Salomone era già un uomo saggio prima di assumere pienamente il potere regale (1Re 2:1, 6, 9), eppure, in preghiera a Geova Dio, riconobbe umilmente di non essere “che un ragazzino” e chiese il Suo aiuto per giudicare il popolo. Come ricompensa ebbe “un cuore saggio e che ha intendimento” senza uguali fra i re di Giuda. (1Re 3:7-12) La sua sapienza superava la famosa sapienza degli orientali e dell’Egitto, e rese Gerusalemme un luogo dove monarchi e loro rappresentanti si recavano per imparare dal re giudeo. (1Re 4:29-34; 10:1-9, 23-25) Anche certe donne dell’antichità erano note per la loro saggezza. — 2Sa 14:1-20; 20:16-22; cfr. Gdc 5:28, 29.
Non sempre usata bene. La sapienza umana può essere usata bene o male. In quest’ultimo caso rivela di essere sapienza solamente carnale e non spirituale, non da Dio. Gionadab era “un uomo molto saggio”, ma il consiglio che diede ad Amnon figlio di Davide si basava su un’astuta strategia e su una manovra ingannevole, ed ebbe dubbio successo e conseguenze disastrose. (2Sa 13:1-31) Absalom si batté astutamente per spodestare il re Davide, suo padre (2Sa 14:28-33; 15:1-6) e, impadronitosi di Gerusalemme, chiese consiglio a due consiglieri di suo padre, Ahitofel e Husai, sul da farsi per agire accortamente. I saggi consigli di Ahitofel erano sempre così accurati che sembrava venissero da Dio. Tuttavia egli aveva tradito l’unto di Geova, e Geova fece sì che il suo saggio piano di battaglia fosse respinto a favore del piano del fedele Husai, che abilmente fece leva sulla vanità e sulle debolezze umane di Absalom per provocarne la caduta. (2Sa 16:15-23; 17:1-14) Parlando di Dio, Paolo scrisse: “‘Egli prende i saggi nella loro astuzia’. E ancora: ‘Geova sa che i ragionamenti dei saggi sono futili’”. — 1Co 3:19, 20; cfr. Eso 1:9, 10, 20, 21; Lu 20:19-26.
Saggi, profeti e sacerdoti apostati della nazione d’Israele indussero a volte il popolo ad opporsi ai consigli e ai comandi di Dio dati dai suoi servitori leali. (Ger 18:18) Perciò Geova fece in modo che ‘la sapienza dei suoi saggi perisse e l’intendimento dei suoi uomini discreti si nascondesse’ (Isa 29:13, 14; Ger 8:8, 9), causando dopo 500 anni la rovina del regno (come fece poi per l’orgogliosa nemica di Gerusalemme, Babilonia, e per la vanagloriosa dinastia di Tiro). (Isa 47:10-15; Ez 28:2-17) Alla sapienza spirituale essi preferivano la sapienza carnale.
Vanità di gran parte della sapienza umana. Nell’investigare la “calamitosa occupazione” che il peccato e l’imperfezione hanno recato al genere umano, il re Salomone soppesò il valore della sapienza che gli uomini in genere manifestano e conseguono e riscontrò che era “un correr dietro al vento”. Il disordine, la perversione e i difetti dell’imperfetta società umana erano talmente superiori alla capacità umana di porvi rimedio che avendo “una gran quantità di sapienza” non si poteva evitare un senso di frustrazione e irritazione, evidentemente per la profonda consapevolezza di poter fare ben poco per migliorare le cose. — Ec 1:13-18; 7:29; cfr. Ro 8:19-22, dove l’apostolo indica il provvedimento di Dio per porre fine alla schiavitù dell’uomo alla corruzione e alla futilità.
Salomone riscontrò inoltre che, per quanto la sapienza umana presentasse lati piacevoli e potesse procurare ricchezza materiale, non poteva recare vera felicità né soddisfazione durevole. Il saggio moriva come lo stupido, senza sapere cosa sarebbe accaduto ai suoi possedimenti, e la sua sapienza umana finiva nella tomba. (Ec 2:3-11, 16, 18-21; 4:4; 9:10; cfr. Sl 49:10). Anche in vita “il tempo e l’avvenimento imprevisto” potevano provocare un’improvvisa calamità, lasciando il saggio senza neanche il necessario per vivere. (Ec 9:11, 12) Con la propria sapienza l’uomo non potrebbe mai scoprire “l’opera del vero Dio”, né acquistare mai completa conoscenza di come risolvere i principali problemi umani. — Ec 8:16, 17; cfr. Gb cap. 28.
Salomone non disse che la sapienza umana fosse interamente priva di valore. In paragone con la stoltezza e la follia, che egli pure investigò, il vantaggio della sapienza è paragonabile a quello ‘della luce sulle tenebre’. Infatti il saggio “ha gli occhi in testa”, al servizio delle sue facoltà intellettive, mentre gli occhi dello stupido non vedono con sensato discernimento. (Ec 2:12-14; cfr. Pr 17:24; Mt 6:22, 23). La sapienza offre una protezione migliore del denaro. (Ec 7:11, 12) Ma Salomone mostrò che il suo valore era tutto relativo, poiché dipendeva interamente dalla conformità alla sapienza e al proposito di Dio. (Ec 2:24; 3:11-15, 17; 8:12, 13; 9:1) Si può andare agli eccessi nel tentativo di manifestare sapienza, spingendosi oltre i limiti delle proprie capacità imperfette, a propria rovina. (Ec 7:16; cfr. 12:12). Invece a chi gli ubbidisce e lo serve, accontentandosi di mangiare e bere e del bene che gli procura il suo duro lavoro, il Creatore darà la “sapienza e conoscenza e allegrezza” necessarie. — Ec 2:24-26; 12:13.
Contrapposta al sacro segreto di Dio. Nel corso dei secoli il mondo del genere umano ha acquistato un bagaglio di sapienza, in gran parte insegnata nelle scuole e con altri metodi d’istruzione, e in parte acquisita dai singoli attraverso i contatti personali con altri o l’esperienza. È necessario che i cristiani conoscano il giusto atteggiamento da adottare nei confronti di tale sapienza. Nell’illustrazione dell’economo ingiusto che alterò i conti del padrone con certi debitori per assicurarsi un avvenire sicuro, Gesù disse che l’economo “aveva agito con saggezza [fronìmos, “assennatamente”]”. Questa avvedutezza però era saggezza dei “figli di questo sistema di cose”, non dei “figli della luce”. (Lu 16:1-8, Int) In precedenza Gesù aveva lodato il Padre celeste per aver nascosto certe verità “ai saggi e agli intellettuali” rivelandole invece ai suoi discepoli che in paragone erano come “bambini”. (Lu 10:21-24) Gli scribi e i farisei, educati nelle scuole rabbiniche, erano fra quei saggi e intellettuali. — Cfr. Mt 13:54-57; Gv 7:15.
Nel I secolo i greci erano particolarmente famosi per la loro cultura, per la sapienza che avevano accumulato e per le loro scuole filosofiche. Probabilmente per questa ragione Paolo fece un parallelo fra ‘greci e barbari’, ‘saggi e insensati’. (Ro 1:14) Egli ribadì ai cristiani di Corinto, in Grecia, che il cristianesimo non dipende né è caratterizzato dalla “sapienza [forma di sofìa] del mondo”, cioè del mondo del genere umano ostile a Dio. (1Co 1:20; vedi MONDO [Il mondo ostile a Dio]). Non che tra i molteplici aspetti della sapienza del mondo non ci fosse nulla di utile o benefico, poiché Paolo a volte ricorse all’esperienza acquisita nel fare tende e citò anche opere letterarie di autori mondani per illustrare certi aspetti della verità. (At 18:2, 3; 17:28, 29; Tit 1:12) Ma la prospettiva generale, i metodi, i criteri e gli obiettivi del mondo — la sua filosofia — non erano in armonia con la verità, erano contrari alla ‘sapienza di Dio nel sacro segreto’.
Quindi il mondo nella sua sapienza rifiutò come stoltezza il provvedimento preso da Dio per mezzo di Cristo; i suoi governanti, anche se potevano essere amministratori abili e giudiziosi, arrivarono al punto di ‘mettere al palo il glorioso Signore’. (1Co 1:18; 2:7, 8) Ma Dio, a sua volta, dimostrò che la sapienza degli esperti delle cose del mondo era stoltezza, svergognando questi uomini saggi mediante quella che essi consideravano “una cosa stolta di Dio”, e servendosi di persone che essi ritenevano ‘stolte, deboli e ignobili’ per realizzare il Suo inarrestabile proposito. (1Co 1:19-28) Paolo ricordò ai cristiani di Corinto che “la sapienza di questo sistema di cose [e] quella dei governanti di questo sistema di cose” sarebbe stata ridotta a nulla e che quindi una sapienza del genere non faceva parte del suo messaggio spirituale. (1Co 2:6, 13) Paolo esortò i cristiani di Colosse a non farsi irretire ‘dalla filosofia [lett. “amore della sapienza”] e dal vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini’. — Col 2:8; cfr. vv. 20-23.
Nonostante i suoi benefìci e i suoi successi passeggeri, la sapienza del mondo era destinata al fallimento. Invece la congregazione cristiana degli unti di Dio aveva la sapienza spirituale che portava “all’insondabile ricchezza del Cristo”. Poiché la congregazione faceva parte del sacro segreto di Dio, questi, per mezzo della congregazione, (mediante i rapporti che aveva con questa e i suoi propositi in essa adempiuti) rese nota o rivelò “la grandemente varia sapienza di Dio” persino “ai governi e alle autorità nei luoghi celesti”. (Ef 3:8-11; 1:17, 18; cfr. 1Pt 1:12). Avendo “la mente di Cristo” (cfr. Flp 2:5-8), i componenti della congregazione avevano conoscenza e intendimento di gran lunga superiori a quelli del mondo, per cui potevano parlare “non con parole insegnate da sapienza umana, ma con quelle insegnate dallo spirito”, con “una bocca e una sapienza” che gli oppositori non potevano confutare, anche se i cristiani potevano essere disprezzati e ritenuti “illetterati e comuni” secondo il metro del mondo. — 1Co 2:11-16; Lu 21:15; At 4:13; 6:9, 10.
Nella guerra spirituale. L’apostolo Paolo confidava nella santa sapienza per sostenere un combattimento spirituale contro chiunque minacciasse di sovvertire le congregazioni cristiane, come quella di Corinto. (1Co 5:6, 7, 13; 2Co 10:3-6; cfr. 2Co 6:7). Sapeva che “la sapienza è meglio degli arnesi da combattimento, e un solo peccatore può distruggere molto di buono”. (Ec 9:18; 7:19) Il suo riferimento al “rovesciare cose fortemente trincerate” (2Co 10:4) corrisponde all’idea espressa dalla traduzione di parte di Proverbi 21:22 nella Settanta greca. Paolo conosceva la tendenza umana a prestare più attenzione a chi si fa notare per i suoi modi, ha talento o ha una forte personalità e una maniera di parlare vigorosa; sapeva che ‘le parole pacate di un saggio dai pochi mezzi materiali’ sono spesso ignorate a favore delle parole di chi ostenta maggior potere. (Cfr. Ec 9:13-17). Anche a Gesù, che non aveva la posizione e la ricchezza terrena di Salomone ma possedeva una sapienza di gran lunga superiore, sia i governanti che il popolo mostrarono poco rispetto e attenzione. — Cfr. Mt 12:42; 13:54-58; Isa 52:13-15; 53:1-3.
A certuni che si vantavano di avere capacità carnali (cfr. Ger 9:23, 24) più che qualità del cuore, l’aspetto di Paolo sembrava “debole e la sua parola spregevole”. (2Co 5:12; 10:10) Eppure egli evitò ogni stravaganza nel parlare e ogni sfoggio di sapienza umana e del suo potere persuasivo, affinché la fede degli ascoltatori fosse rafforzata mediante lo spirito e la potenza di Dio e si basasse su Cristo e non sulla “sapienza degli uomini”. (1Co 1:17; 2:1-5; 2Co 5:12) Essendo spiritualmente previdente, Paolo era un “saggio direttore dei lavori”, non di costruzioni materiali ma di costruzioni spirituali, che collaborava con Dio per produrre discepoli che manifestassero qualità veramente cristiane. — 1Co 3:9-16.
Per quanta sapienza mondana uno potesse quindi avere grazie a perizia nel lavoro, abilità negli affari, capacità amministrativa e cultura scientifica o filosofica, la regola era: “Se qualcuno fra voi pensa di essere saggio in questo sistema di cose, divenga stolto, affinché divenga saggio”. (1Co 3:18) Poteva vantarsi unicamente ‘di avere perspicacia e conoscenza di Geova, Colui che esercita amorevole benignità, diritto e giustizia sulla terra’, poiché in questo Geova prova piacere. — Ger 9:23, 24; 1Co 1:31; 3:19-23.
Saggia amministrazione. La sapienza personificata dice: “Ho consiglio e saggezza. Io, intendimento; ho potenza. Mediante me i re stessi continuano a regnare, e gli stessi alti funzionari continuano a decretare giustizia. Mediante me i principi stessi continuano a governare come principi, e i nobili giudicano tutti nella giustizia. Io stessa amo quelli che mi amano, e quelli che mi cercano son quelli che mi trovano”. (Pr 8:12, 14-17) Il Re messianico manifesta la sapienza superiore che viene da Dio. (Isa 11:1-5; cfr. Ri 5:12). Questa è superiore alla capacità che gli uomini possono avere o acquistare naturalmente, rende saggi secondo i princìpi della legge di Dio e, con l’aiuto del suo spirito, permette di prendere decisioni giudiziarie giuste e imparziali. (Esd 7:25; 1Re 3:28; Pr 24:23; cfr. De 16:18, 19; Gc 2:1-9). Questa sapienza non è indifferente alla malvagità, ma la combatte. — Pr 20:26.
Gli uomini qualificati che ricoprivano incarichi nella congregazione cristiana venivano scelti non in base al successo mondano, alla sapienza carnale o alle capacità naturali, ma perché erano “pieni di spirito e sapienza”. (At 6:1-5; cfr. 1Tm 3:1-13; Tit 1:5-9). Facevano parte dei “profeti e saggi e pubblici insegnanti” che Gesù aveva promesso di mandare, e potevano anche prestare servizio come giudici e consiglieri all’interno della congregazione, come l’Israele carnale aveva avuto i suoi saggi che prestavano servizio in modo simile. (Mt 23:34; 1Co 6:5) Essi riconoscevano l’importanza di consultarsi fra loro. — Pr 13:10; 24:5, 6; cfr. At 15:1-22.
Acquistare vera sapienza. Il proverbio consiglia: “Compra la verità stessa e non venderla, sapienza e disciplina e intendimento”. (Pr 23:23) Geova concede generosamente la vera sapienza di cui è la Fonte a quelli che sinceramente la cercano e la chiedono con fede, mostrandogli un sano, riverente timore. (Pr 2:1-7; Gc 1:5-8) Ma chi la cerca deve dedicare tempo allo studio della Parola di Dio, deve imparare i comandi, le leggi, i rammemoratori e i consigli di Dio, deve esaminare la storia delle azioni e delle attività di Dio, e deve quindi mettere in pratica queste cose nella propria vita. (De 4:5, 6; Sl 19:7; 107:43; 119:98-101; Pr 10:8; cfr. 2Tm 3:15-17). Saggiamente egli riscatta il tempo opportuno, e non agisce in modo irragionevole nei momenti difficili, ma ‘comprende qual è la volontà di Geova’. (Ef 5:15-20; Col 4:5, 6) Deve avere forte fede e incrollabile convinzione che la potenza di Dio è invincibile, che la sua volontà avrà sicuro successo, e che la sua promessa e la sua capacità di premiare la fedeltà sono certe. — Eb 11:1, 6; 1Co 15:13, 14, 19.
Solo in questo modo potrà prendere decisioni giuste circa la condotta da seguire, senza lasciarsi sviare da timore, avidità, desideri immorali e altri sentimenti nocivi. (Pr 2:6-16; 3:21-26; Isa 33:2, 6) La sapienza personificata dice: “Felice è l’uomo che mi ascolta mantenendosi sveglio di giorno in giorno alle mie porte, essendo a guardia degli stipiti dei miei ingressi. Poiché chi mi trova certamente troverà la vita, e otterrà buona volontà da Geova. Ma chi mi perde fa violenza alla sua anima; tutti quelli che mi odiano intensamente sono quelli che davvero amano la morte”. — Pr 8:34-36; 13:14; 24:13, 14.
La sapienza e il cuore. L’intelligenza ovviamente è un importante coefficiente della sapienza, eppure il cuore, che ha a che fare non solo con i pensieri ma anche con i motivi e gli affetti, è chiaramente un fattore più importante per acquistare vera sapienza. (Sl 49:3, 4; Pr 14:33; vedi CUORE). Il servitore di Dio vuole avere “completa sapienza” nel suo “intimo” e motivi saggi nel programmare la sua vita. (Cfr. Sl 51:6, 10; 90:12). “Il cuore del saggio è alla sua destra [vale a dire, è pronto ad aiutarlo e a proteggerlo nei momenti critici (cfr. Sl 16:8; 109:31)], ma il cuore dello stupido [è] alla sua sinistra [non lo guida verso la saggezza]”. (Ec 10:2, 3; cfr. Pr 17:16; Ro 1:21, 22). La persona veramente saggia addestra e disciplina il proprio cuore nella via della sapienza (Pr 23:15, 16, 19; 28:26); è come se avesse scritto leggi e comandamenti giusti ‘sulla tavoletta del suo cuore’. — Pr 7:1-3; 2:2, 10.
Esperienza e buone compagnie. L’esperienza accresce notevolmente la saggezza. Anche Gesù acquistò ulteriore sapienza man mano che cresceva. (Lu 2:52) Mosè assegnò come capi principali uomini che erano “saggi e discreti ed esperti”. (De 1:13-15) Subendo una punizione o vedendo altri che la ricevono si acquista una certa saggezza (Pr 21:11), ma un modo migliore e più rapido di acquistare sapienza è quello di approfittare e imparare dall’esperienza di chi è già saggio, preferendo la sua compagnia a quella degli “inesperti”. (Pr 9:1-6; 13:20; 22:17, 18; cfr. 2Cr 9:7). Le persone anziane, specie quelle che dimostrano di avere lo spirito di Dio, molto probabilmente possiedono tale saggezza. (Gb 32:7-9) Questo fu dimostrato in modo notevole all’epoca di Roboamo. (1Re 12:5-16) Tuttavia “è meglio un fanciullo bisognoso ma saggio [relativamente parlando] che un re vecchio ma stupido, che non è giunto a conoscere abbastanza da essere ancora avvertito”. — Ec 4:13-15.
Alle porte della città (che spesso avevano piazze adiacenti) gli anziani davano saggi consigli e prendevano decisioni giudiziarie. (Cfr. Pr 1:20, 21; 8:1-3). Di solito in un’atmosfera del genere non si udiva la voce degli sciocchi (né per chiedere sapienza né per impartirla): essi andavano altrove a chiacchierare. (Pr 24:7) Anche se stando in compagnia dei saggi si può essere disciplinati e a volte rimproverati, questo è molto meglio del canto e delle risa dello stupido. (Ec 7:5, 6) Chi si isola, seguendo la propria limitata, ristretta veduta della vita e i propri desideri egoistici, finirà per prendere un indirizzo totalmente contrario alla saggezza. — Pr 18:1.
Si manifesta con le parole e con le azioni. Proverbi 11:2 afferma che “la sapienza è con i modesti”; Giacomo parla della “mitezza che appartiene alla sapienza”. (Gc 3:13) Chi manifesta gelosia, spirito di contraddizione, vanteria e ostinazione manca di vera sapienza e si lascia invece guidare da una sapienza che è “terrena, animale, demonica”. La vera sapienza è “pacifica, ragionevole, pronta a ubbidire”. (Gc 3:13-18) “La verga della superbia è nella bocca dello stolto, ma le medesime labbra dei saggi li custodiranno”. Saggiamente essi evitano le parole presuntuose, aspre o avventate. (Pr 14:3; 17:27, 28; Ec 10:12-14) Dalla lingua e dalle labbra dei saggi escono parole ben meditate, salutari, piacevoli e benefiche (Pr 12:18; 16:21; Ec 12:9-11; Col 3:15, 16), ed essi, invece di causare guai, cercano di calmare e ‘guadagnare anime’ facendo saggia opera di persuasione. — Pr 11:30; 15:1-7; 16:21-23; 29:8.
Chi diventa “saggio ai suoi propri occhi”, innalzandosi al di sopra degli altri (persino al di sopra di Dio), è peggiore di chi è stupido ma non pretende di essere saggio. (Pr 26:5, 12; 12:15) Chi è presuntuoso ha troppo orgoglio per accettare la correzione. (Pr 3:7; 15:12; Isa 5:20, 21) Paradossalmente sia il pigro che il ricco hanno questa tendenza. (Pr 26:16; 28:11; cfr. 1Tm 6:17). Ma “un orecchino d’oro, e un ornamento d’oro speciale, è il saggio che riprende per l’orecchio che ode” (Pr 25:12); sì, “riprendi il saggio e ti amerà”. — Pr 9:8; 15:31-33.
Nella famiglia. La sapienza edifica una casa, non l’edificio soltanto, ma la famiglia e la felice vita in comune. (Pr 24:3, 4; cfr. Pr 3:19, 20; Sl 104:5-24). I genitori saggi non trattengono la verga e la riprensione, anzi mediante la disciplina e i consigli proteggono i figli dal commettere errori. (Pr 29:15) La moglie saggia contribuisce enormemente al successo e alla felicità della famiglia. (Pr 14:1; 31:26) I figli che saggiamente si sottomettono alla disciplina dei genitori recano gioia e onore alla famiglia, ne sostengono la reputazione contro calunnie e accuse, e dimostrano ad altri l’addestramento ricevuto e la sapienza del proprio padre. — Pr 10:1; 13:1; 15:20; 23:24, 25; 27:11.