POTENZA, OPERE POTENTI
Potenza è la capacità di compiere azioni, di produrre effetti concreti, di operare; nel senso di potere, anche autorità o influenza derivante da doti o posizione. I termini ebraici kòach e gevuràh sono tradotti “potere; potenza”; ʽoz, “forza”. Il greco dỳnamis è tradotto “potere; potenza” o “opere potenti” a seconda del contesto.
Alla fine del sesto “giorno” creativo, Dio cominciò a ‘riposarsi da tutta la sua opera che egli aveva creato allo scopo di fare’. (Ge 2:2, 3) Si riposò da quelle opere creative, ma la sua potenza non è divenuta inerte né è rimasta inoperante. Più di 4.000 anni dopo il completamento della creazione terrestre, suo Figlio dichiarò: “Il Padre mio ha continuato a operare fino ad ora, e io continuo a operare”. (Gv 5:17) Geova non è stato attivo solo nei confronti del reame spirituale; nella Bibbia troviamo numerosissime espressioni della Sua potenza e dei potenti atti da lui compiuti verso il genere umano. Anche se a volte ‘è stato zitto . . . esercitando padronanza di sé’, ogni volta che è giunto il tempo di agire egli ha intrapreso un’azione energica con “piena potenza”. — Isa 42:13, 14; cfr. Sl 80:2; Isa 63:15.
Per “opera” s’intende un’attività svolta con uno scopo preciso. Le azioni di Geova non sono manifestazioni isolate, incoerenti o imprevedibili di energia, ma azioni coordinate, intenzionali, compiute con un preciso intento. Anche se la sua potenza sostiene l’universo e le creature viventi che lo popolano (Sl 136:25; 148:2-6; Mt 5:45), Geova non è paragonabile a un’impersonale centrale elettrica; le sue azioni dimostrano che egli è un Dio con una personalità e un proposito ben preciso. È anche un Dio storico, poiché è intervenuto con cognizione di causa negli affari umani in precise date storiche, in luoghi stabiliti, e nei confronti di particolari persone o popoli. Il “Dio vivente e vero” (1Ts 1:9; Gsè 3:10; Ger 10:10) si è mostrato ben consapevole di tutto ciò che avviene nell’universo e ha reagito secondo la necessità, prendendo inoltre l’iniziativa nel portare avanti il suo proposito.
Le sue varie manifestazioni di potenza sono sempre state conformi alla sua giustizia (Sl 98:1, 2; 111:2, 3, 7; Isa 5:16) e fonte di luce spirituale per le sue creature. Da un lato mostrano che è giusto aver timore di lui, poiché è un Dio “che esige esclusiva devozione” ed è “un fuoco consumante” per quelli che praticano la malvagità, per cui “è pauroso cadere nelle mani dell’Iddio vivente”. (Ger 10:6, 7; Eso 20:5; Eb 10:26-31; 12:28, 29) Non è consigliabile cercare di prendersi gioco di lui. — Eso 8:29.
Dall’altro lato la potenza viene impiegata da Dio in modo ancor più meraviglioso per ricompensare le persone di cuore retto che lo cercano sinceramente, dando loro la forza di eseguire i compiti assegnati e il lavoro necessario (Sl 84:5-7; Isa 40:29-31) nonché di perseverare sotto pressione (Sl 46:1; Isa 25:4), provvedendo loro il necessario e sostenendole (Sl 145:14-16), proteggendole, salvandole e liberandole nei momenti di pericolo e in caso di aggressione. (Sl 20:6, 7) “I suoi occhi scorrono tutta la terra per mostrare la sua forza a favore di quelli il cui cuore è completo verso di lui”. (2Cr 16:9) Quelli che imparano a conoscerlo riscontrano che il suo nome è “una forte torre” in cui rifugiarsi. (Pr 18:10; Sl 91:1-8) La conoscenza dei suoi possenti atti fornisce l’assicurazione che egli ode le preghiere dei suoi fiduciosi servitori ed è in grado di rispondere, se necessario, ‘con cose tremende nella giustizia’. (Sl 65:2, 5) Figurativamente parlando, egli è “vicino” e può quindi rispondere con rapidità. — Sl 145:18, 19; Gda 24, 25.
Potenza manifesta nella creazione. L’uomo vede l’impronta della potenza in tutta la creazione fisica, dagli innumerevoli e immensi corpi stellari (cfr. Gb 38:31-33) a tutto ciò che si trova sulla terra. Del suolo stesso è detto che ha potenza (Ge 4:12) e che produce cibo che dà potenza (1Sa 28:22); la potenza è evidente in tutti gli esseri viventi: piante, animali e uomo. Nei tempi moderni si è scoperta la tremenda potenza che può essere sprigionata anche dai minuscoli elementi atomici di cui è costituita tutta la materia. A volte gli scienziati parlano della materia come di energia organizzata.
In tutte le Scritture si dà ripetutamente risalto alla potenza e all’“energia dinamica” di Dio quale Fattore del cielo e della terra. (Isa 40:25, 26; Ger 10:12; 32:17) La stessa parola ebraica tradotta “Dio” (ʼEl) deriva probabilmente da un termine che significa “potenza” o “potente”. (Cfr. l’uso del termine in Ge 31:29 nell’espressione “potere [ʼel] della mia mano”).
Speciali dimostrazioni di potenza. Il primo uomo conosceva Geova Dio come suo Creatore, suo unico Genitore e Datore di vita. Dio dotò l’uomo di un certo grado di potenza, intellettuale e fisica, e gli diede un lavoro da compiere. (Ge 1:26-28; 2:15) Questa potenza va esercitata in armonia con la volontà del Creatore e con altre qualità divine di cui l’uomo è stato dotato, come sapienza, giustizia e amore.
La ribellione in Eden rappresentò una sfida alla sovranità di Dio. Benché si trattasse fondamentalmente di una questione morale, nondimeno indusse Dio a esercitare la sua potenza in modi speciali. (Vedi GEOVA [La suprema contesa è una contesa morale]). Istigatore della ribellione fu un figlio spirituale di Dio che divenne così il principale oppositore (ebr. satàn) di Dio. Geova reagì, giudicando i ribelli. L’espulsione della coppia umana dall’Eden e il fatto che leali creature spirituali fossero messe a guardia del giardino furono dimostrazioni della potenza divina. (Ge 3:4, 5, 19, 22-24) La parola di Geova non si rivelò impotente, debole o incerta, ma piena di potenza, adempiendosi irresistibilmente. (Cfr. Ger 23:29). In qualità di Sovrano, Dio si dimostrò pronto a sostenere la sua parola col pieno peso della sua autorità, e capace di farlo.
Stabilito il suo proposito, Geova ha coerentemente operato per la sua realizzazione. (Ge 3:15; Ef 1:8-11) A tempo debito egli porrà fine a ogni ribellione terrena, e farà in modo che l’originale spirito ribelle e i suoi alleati siano schiacciati come si schiaccia la testa a un serpente. (Cfr. Ro 16:20). Pur permettendo che il suo Avversario spirituale continuasse a esistere per un certo tempo e cercasse di riuscire nella sua sfida, Geova non avrebbe rinunciato alla sua posizione sovrana. Esercitando la sua legittima autorità, avrebbe ricompensato o punito come e quando lo avesse ritenuto opportuno, giudicando gli uomini secondo le loro azioni. (Eso 34:6, 7; Ger 32:17-19) Inoltre avrebbe usato il suo potere per confermare le credenziali di quelli che avrebbe incaricato come suoi rappresentanti sulla terra. Manifestando il suo potere, avrebbe conferito il crisma dell’autenticità ai messaggi che essi avrebbero pronunciato.
Questo è stato un atto di benignità da parte di Dio. Così facendo Dio ha fornito agli uomini la prova che egli, e nessun altro, è il vero Dio; ha dimostrato di essere degno di ricevere il timore, il rispetto, la fiducia, la lode e l’amore delle sue creature intelligenti. (Sl 31:24; 86:16, 17; Isa 41:10-13) Nel corso dei secoli Geova ha ripetutamente assicurato ai suoi servitori che la sua potenza non si è affievolita, che la sua “mano” non è divenuta “corta” e che il suo “orecchio” non è diventato troppo grave per udire. (Nu 11:23; Isa 40:28; 50:2; 59:1) Cosa più importante, queste manifestazioni di potenza hanno contribuito a magnificare il nome stesso di Geova. Il modo in cui egli impiega la sua potenza lo glorifica, non lo degrada, non macchia la sua reputazione; al contrario, mediante essa egli si fa “un bel nome”. — Gb 36:22, 23; 37:23, 24; Isa 63:12-14.
Prima e durante il diluvio universale. Nel periodo prediluviano, gli uomini ebbero ampie testimonianze della potenza di Dio. Sapevano che la via d’accesso all’Eden era sbarrata da potenti creature spirituali. Dio mostrò di essere al corrente di quanto succedeva, approvando il sacrificio di Abele, condannando il suo fratello omicida, Caino, e diffidando inoltre gli uomini dal mettere a morte quest’ultimo. — Ge 3:24; 4:2-15.
Circa 1.400 anni dopo, la terra divenne piena di malvagità e violenza. (Ge 6:1-5, 11, 12) Dio espresse il suo dispiacere per quella situazione. Dopo aver fatto risuonare l’avvertimento tramite il suo servitore Noè, egli dimostrò energicamente per mezzo di un diluvio universale che non avrebbe permesso agli uomini malvagi di rovinare la terra. Non usò la sua potenza per costringerli ad adorarlo, ma, mediante l’opera di Noè quale “predicatore di giustizia”, diede loro l’opportunità di cambiare. Nello stesso tempo mostrò la sua capacità di liberare le persone di cuore retto da un ambiente empio. (2Pt 2:4, 5, 9) Il suo giudizio si abbatté all’improvviso sui malvagi e la distruzione non ‘sonnecchiò’, in quanto li spazzò via nell’arco di 40 giorni: similmente egli agirà nel futuro. — 2Pt 2:3; Ge 7:17-23; Mt 24:37-39.
Sfida dei falsi dèi dopo il Diluvio. Sia le Scritture che antiche testimonianze secolari rivelano che dopo il Diluvio l’uomo deviò dall’adorazione del vero Dio. Ci sono fondati motivi per credere che Nimrod, il quale “si mostrò potente cacciatore in opposizione a Geova”, ebbe in questo un ruolo determinante; e ci sono testimonianze indicanti che Babele (Babilonia) fu il luogo principale in cui si sviluppò la falsa adorazione. (Ge 10:8-12; 11:1-4, 9; vedi BABELE; BABILONIA n. 1; DEI E DEE). La torre che gli uomini volevano costruire a Babele era una dimostrazione della loro potenza e abilità, esercitata in maniera indipendente da Dio, senza la sua autorizzazione. Doveva servire a rendere celebri i suoi costruttori, non Dio. E, come Dio ben comprese, quello sarebbe stato solo l’inizio. Avrebbe potuto condurre a una serie di ambiziose e potenti imprese che avrebbero allontanato sempre più gli uomini dal vero Dio, in atto di sfida verso di lui e verso il suo proposito per il pianeta e per la razza umana. Ancora una volta Dio intervenne: vanificò il progetto confondendo le facoltà umane della parola e facendo così in modo che i popoli si disperdessero su tutto il globo. — Ge 11:5-9.
“Dèi della natura” in contrasto col vero Dio. Antichi documenti provenienti da Babilonia e da località raggiunte dalla migrazione dei popoli rivelano che l’adorazione di “dèi della natura” (come il dio-sole babilonese Shamash e il dio cananeo della fertilità Baal) acquistò grande rilevanza in quei tempi remoti. Gli uomini associavano gli “dèi della natura” con periodiche o cicliche manifestazioni di potenza, come il quotidiano rifulgere dei raggi del sole, gli effetti stagionali dei solstizi e degli equinozi (che determinano estate e inverno, primavera e autunno), i venti e le tempeste, la pioggia e il suo rapporto con la fertilità della terra al tempo della semina e della mietitura, e altri fenomeni. Queste sono tutte forze impersonali. A ciò gli uomini supplivano con la loro immaginazione, attribuendo personalità ai loro dèi. La personalità degli dèi, come essi li immaginavano, era generalmente capricciosa; simili dèi non avevano un proposito definito, ed erano moralmente degradati e indegni di essere adorati e serviti.
Eppure i cieli visibili e la terra dimostrano chiaramente l’esistenza di una Fonte superiore di potenza che creò tutte queste forze coordinandole fra loro, a conferma di un innegabile disegno intelligente. A questa Fonte è diretta l’acclamazione: “Degno sei, Geova, Dio nostro, di ricevere la gloria e l’onore e la potenza, perché tu creasti tutte le cose, e a causa della tua volontà esse esisterono e furono create”! (Ri 4:11) Geova non è un Dio condizionato o governato da cicli celesti o terrestri. Le espressioni della sua potenza non sono capricciose, imprevedibili o incoerenti. In ciascun caso esse rivelano qualcosa della sua personalità, delle sue norme, del suo proposito. Nel commentare il concetto di Dio espresso nelle Scritture Ebraiche, il Grande Lessico del Nuovo Testamento osserva infatti che l’idea di un Dio personale “abbassa la ‘potenza’ a strumento della volontà divina”, aggiungendo che ‘questo dato teologico fondamentale riveste un’importanza decisiva nella coscienza religiosa ebraica’. — G. Kittel, Brescia, 1966, vol. II, col. 1491.
L’adorazione di tali “dèi della natura” da parte degli israeliti era un atto di apostasia, un sopprimere la verità in favore della menzogna, un atteggiamento irragionevole che portava ad adorare la creazione anziché il Creatore; questo è quanto l’apostolo afferma in Romani 1:18-25. Benché invisibile, Geova Dio aveva reso manifeste le sue qualità fra gli uomini, poiché, come dice Paolo, “le sue invisibili qualità, perfino la sua sempiterna potenza e Divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, perché si comprendono dalle cose fatte, così che sono inescusabili”.
Autorità di Dio sulle forze naturali. Era ragionevole aspettarsi che Geova, per dimostrare di essere il vero Dio, manifestasse la sua autorità sulle forze del creato, e che lo facesse in un modo chiaramente ricollegabile al suo Nome. (Sl 135:5, 6) Il sole, la luna, i pianeti e le stelle seguono il loro corso regolare, le condizioni atmosferiche della terra (che provocano vento, pioggia e altri fenomeni) ubbidiscono alle leggi che le governano, le locuste sciamano e gli uccelli migrano, per cui questi e molti altri fenomeni naturali non sarebbero stati sufficienti a santificare il nome di Dio di fronte a opposizione e falsa adorazione.
Tuttavia Geova Dio poteva far sì che la creazione e gli elementi naturali attestassero la sua Divinità servendosene per raggiungere precisi intenti al di là delle loro normali funzioni, spesso in un tempo specificamente stabilito. Anche quando in se stessi gli avvenimenti non erano straordinari, come una siccità, un acquazzone o fenomeni del genere, il fatto che accadessero in adempimento di una profezia di Geova li rendeva speciali. (Cfr. 1Re 17:1; 18:1, 2, 41-45). Nella maggioranza dei casi, comunque, gli avvenimenti stessi erano realmente straordinari, sia per estensione che per intensità (Eso 9:24), oppure perché si verificavano in modo insolito, persino inaudito, o in un tempo inconsueto. — Eso 34:10; 1Sa 12:16-18.
Similmente, la nascita di un bambino era una cosa normale. Ma la nascita di un bambino da una donna che era stata sterile per tutta la vita e che non era più in età di avere figli (come nel caso di Sara) era una cosa straordinaria. (Ge 18:10, 11; 21:1, 2) Dimostrava l’intervento di Dio. Anche la morte era un fatto comune. Ma quando la morte avveniva nel tempo stabilito o nel modo preannunciato, per cause altrimenti sconosciute, era un fatto straordinario, un segno dell’intervento di Dio. (1Sa 2:34; 2Re 7:1, 2, 20; Ger 28:16, 17) Tutte queste cose dimostravano che Geova è il vero Dio, e che gli “dèi della natura” erano “dèi senza valore”. — Sl 96:5.
Geova mostra di essere Dio ad Abraamo. Abraamo e i suoi approvati discendenti Isacco e Giacobbe impararono a conoscere Dio come Onnipotente. (Eso 6:3) Quale loro “scudo”, egli protesse loro e le loro famiglie dai potenti della terra. (Ge 12:14-20; 14:13-20; 15:1; 20:1-18; 26:26-29; Sl 105:7-15) La nascita di Isacco da genitori anziani dimostrò che nulla è “troppo straordinario per Geova”. (Ge 18:14; 21:1-3) Dio fece prosperare i suoi servitori; li preservò in tempo di carestia. (Ge 12:10; 13:1, 2; 26:1-6, 12, 16; 31:4-13) In qualità di “Giudice di tutta la terra”, Geova eseguì la sentenza contro le infami città di Sodoma e Gomorra, salvando la vita al fedele Lot e alle sue figlie, per considerazione verso Abraamo suo amico. (Ge 18:25; 19:27-29; Gc 2:23) Questi uomini avevano valide ragioni per nutrire una forte fede in Dio, credendo non solo che esisteva, ma anche che era il potente “rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”. (Eb 11:6) Abraamo, chiamato a sacrificare il figlio diletto, aveva una solida base per confidare nella capacità di Dio di destare Isacco anche dai morti. — Eb 11:17-19; Ge 17:7, 8.
Mostra di essere Dio a Israele. Alla nazione di Israele, schiava in Egitto, Geova promise: “In realtà mostrerò d’essere Dio per voi; e certamente conoscerete che io sono Geova vostro Dio”. (Eso 6:6, 7) Il faraone confidava nella potenza degli dèi d’Egitto per annullare l’operato di Geova. Di proposito Dio lasciò che il faraone portasse avanti per un certo tempo la sua sfida contro di lui. Questa dilazione permise a Geova di ‘mostrare la sua potenza e far dichiarare il suo nome in tutta la terra’. (Eso 9:13-16; 7:3-5) Gli permise di moltiplicare i suoi “segni” e “miracoli” (Sl 105:27), di mandare dieci piaghe a dimostrazione dell’autorità che quale Creatore aveva sulle acque, sulla luce del sole, sugli insetti, sugli animali e sull’organismo umano. — Eso 7–12.
In tal modo Geova si rivelò diverso dagli “dèi della natura”. Queste piaghe, fra cui oscurità, tempesta, grandine, locuste e fenomeni simili, furono predette e si verificarono esattamente come indicato. Non si trattò di semplici coincidenze o di eventi accidentali. Gli avvertimenti dati in anticipo permisero a quelli che diedero ascolto di sfuggire a certe piaghe. (Eso 9:18-21; 12:1-13) Dio poteva essere selettivo circa l’effetto delle piaghe, facendo sì che alcune risparmiassero una determinata zona, in modo da identificare i suoi approvati servitori. (Eso 8:22, 23; 9:3-7, 26) Poteva far iniziare e cessare le piaghe a suo piacimento. (Eso 8:8-11; 9:29) Benché i sacerdoti del faraone con le loro pratiche magiche riuscissero apparentemente a imitare le prime due piaghe (forse cercando addirittura di attribuirle agli dèi d’Egitto), presto le loro arti occulte li piantarono in asso, ed essi furono costretti a riconoscere “il dito di Dio” nell’abbattersi della terza piaga. (Eso 7:22; 8:6, 7, 16-19) Non riuscirono a revocare le piaghe e ne furono essi stessi colpiti. — Eso 9:11.
Geova ‘mostrò d’essere Dio a Israele’ e ‘vicino a loro’, reclamandoli “con braccio steso e con grandi giudizi”. (Eso 6:6, 7; De 4:7) Dopo la distruzione delle schiere del faraone nel Mar Rosso, il popolo d’Israele “temeva Geova e riponeva fede in Geova e in Mosè suo servitore”. — Eso 14:31.
Istituzione del patto della Legge. Prima di istituire il patto della Legge con Israele, Geova compì miracoli, provvedendo acqua e cibo per i milioni di israeliti nel deserto del Sinai e concedendo loro la vittoria sugli aggressori. (Eso 15:22-25; 16:11-15; 17:5-16) Nel luogo precedentemente indicato, il monte Sinai, Geova diede una tremenda dimostrazione della sua autorità sulle forze terrestri da lui create. (Eso 19:16-19; cfr. Eb 12:18-21). La nazione aveva ogni motivo per riconoscere la divina Fonte del patto e accettarne le condizioni con profondo rispetto. (De 4:32-36, 39) Anche il modo straordinario in cui Geova impiegò Mosè fornì al popolo una base concreta per accettare con piena convinzione l’ispirazione divina del Pentateuco, la prima parte delle Sacre Scritture scritta per mano di Mosè. (Cfr. De 34:10-12; Gsè 1:7, 8). Quando l’autorità del sacerdozio aaronnico fu messa in dubbio, Geova diede un’ulteriore conferma visibile. — Nu capp. 16, 17.
La conquista di Canaan. La conquista di sette nazioni di Canaan “più popolose e potenti” di Israele (De 7:1, 2) fu un’ulteriore testimonianza della Divinità di Geova. (Gsè 23:3, 8-11) La sua fama spianò la via (Eso 9:16; Ger 32:20, 21), e “spavento e terrore” indebolirono gli oppositori di Israele inducendoli a riconoscerlo quale popolo di Dio. (De 11:25; Eso 15:14-17) Perciò gli oppositori erano ancor più riprensibili, in quanto avevano la prova che quello era il popolo del vero Dio; combattere contro di esso significava combattere contro Dio. Come altri prima di loro, alcuni cananei riconobbero saggiamente la superiorità di Geova sui loro dèi idolatrici e cercarono il suo favore. — Gsè 2:1, 9-13.
Sole e luna immobili. Nell’intervenire in soccorso dei gabaoniti assediati, i quali pur essendo cananei avevano riposto fede in lui, Geova permise che l’attacco degli israeliti contro gli assedianti si prolungasse. A questo scopo fece sì che il sole e la luna mantenessero la loro posizione dal punto di vista di coloro che erano sul campo di battaglia, ritardando il tramonto di quasi un giorno. (Gsè 10:1-14) Anche se ciò potrebbe voler dire l’arresto del moto di rotazione terrestre, lo stesso effetto si sarebbe potuto ottenere con altri mezzi, ad esempio con una particolare rifrazione dei raggi della luce solare e lunare. Qualunque fosse il metodo impiegato, fu dimostrato ancora una volta che “ogni cosa che Geova si dilettò a fare egli ha fatto nei cieli e sulla terra, nei mari e in tutte le acque degli abissi”. (Sl 135:6) In seguito l’apostolo Paolo scrisse: “Ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito tutte le cose è Dio”. (Eb 3:4) Con la casa che ha costruito, Geova fa quello che desidera, utilizzandola come meglio crede, così come farebbe un costruttore umano. — Cfr. 2Re 20:8-11.
Nei successivi quattro secoli, per tutto il periodo dei Giudici, Geova continuò a sostenere gli israeliti quando erano leali a lui e a privarli del suo appoggio quando si volgevano ad altri dèi. — Gdc 6:11-22, 36-40; 4:14-16; 5:31; 14:3, 4, 6, 19; 15:14; 16:15-21, 23-30.
Sotto la monarchia. Durante i 510 anni della monarchia israelita, il possente “braccio” di Geova e la sua “mano” protettiva tennero spesso a bada potenti aggressori, gettarono in confusione e scompaginarono i loro eserciti, e li misero in rotta costringendoli a tornare nei rispettivi territori. Quelle nazioni non adoravano solo “dèi della natura”, ma anche dèi della guerra. In certi casi il governante stesso del paese era considerato un dio. Poiché insistevano nel far guerra al suo popolo, Geova mostrò nuovamente di essere “una virile persona di guerra”, un ‘Re glorioso, potente in battaglia’. (Eso 15:3; Sl 24:7-10; Isa 59:17-19) In effetti egli affrontò i nemici su ogni tipo di terreno, impiegò strategie belliche che colsero alla sprovvista i loro vanagloriosi generali, e sconfisse guerrieri di molte nazioni con tutto il loro equipaggiamento bellico. (2Sa 5:22-25; 10:18; 1Re 20:23-30; 2Cr 14:9-12) Rivelò dettagliatamente al suo popolo i loro segreti piani di battaglia, come se nei loro palazzi fossero stati installati sistemi elettronici d’ascolto. (2Re 6:8-12) A volte rafforzò il suo popolo perché combattesse; altre volte riportò vittorie senza che essi muovessero un dito. (2Re 7:6, 7; 2Cr 20:15, 17, 22, 24, 29) Così facendo Geova svergognò gli dèi pagani della guerra, rivelandone l’impotenza e la natura fraudolenta. — Isa 41:21-24; Ger 10:10-15; 43:10-13.
Durante l’esilio e la restaurazione. Pur lasciando che la nazione andasse in esilio — il regno settentrionale fu conquistato dall’Assiria e il regno di Giuda fu distrutto da Babilonia — Geova preservò la discendenza davidica in adempimento del suo patto con Davide per un regno eterno. (Sl 89:3, 4, 35-37) Durante l’esilio, inoltre, Dio tenne viva la fede del suo popolo, impiegando in modo meraviglioso Daniele e altri, compiendo atti miracolosi che indussero persino governanti mondiali a riconoscere umilmente la sua potenza. (Da 3:19-29; 4:34-37; 6:16-23) Con la caduta della potente Babilonia, Geova dimostrò ancora una volta la propria incomparabile Divinità, smascherò l’irrealtà degli dèi delle nazioni e li svergognò. Il suo popolo ne fu testimone. (Isa 41:21-29; 43:10-15; 46:1, 2, 5-7) Egli spinse i sovrani di Persia ad agire a favore di Israele, liberando i suoi servitori e facendoli tornare in patria, dove poterono ricostruire il tempio e in seguito la città di Gerusalemme. (Esd 1:1-4; 7:6, 27, 28; Ne 1:11; 2:1-8) Esdra giustamente si vergognò di chiedere al re di Persia una scorta militare per il suo gruppo, sebbene trasportassero oggetti per un valore ingente. Esaudendo la loro preghiera, Geova li custodì durante il viaggio fino a Gerusalemme. — Esd 8:21-27.
Nel periodo che intercorse fra il completamento delle Scritture Ebraiche e la nascita del Figlio di Dio sulla terra, la potenza di Dio dovette senz’altro essere attiva per assicurare la preservazione del popolo d’Israele, della capitale Gerusalemme, della vicina cittadina di Betleem, del tempio e del sacerdozio, e di altri aspetti del sistema giudaico. Tutte queste cose infatti avrebbero dovuto continuare a esistere perché si adempissero le profezie relative a Cristo Gesù e alla sua attività. La storia rivela che furono fatti tentativi per sostituire completamente il sistema di cose giudaico mediante un processo di ellenizzazione, convertendolo cioè al sistema religioso greco. Ma questi tentativi fallirono. — Vedi GRECIA, GRECI (Risultati dell’ellenizzazione sugli ebrei).
“Cristo potenza di Dio”. Dalla nascita miracolosa di Gesù in poi la potenza di Dio si manifestò verso di lui e per mezzo di lui come mai prima. A somiglianza del salmista, Gesù divenne “proprio come un miracolo” per molti. (Sl 71:7) Egli e i discepoli, a somiglianza di Isaia e dei suoi figli, divennero “come segni e come miracoli in Israele da parte di Geova degli eserciti”, preannunciando il futuro e rivelando il proposito di Dio. (Isa 8:18; Eb 2:13; cfr. Lu 2:10-14). In Gesù trovò realizzazione, o giunse a compimento, la potente attività svolta da Dio per migliaia di anni. Giustamente l’apostolo poté parlare di Gesù come della “potenza di Dio e sapienza di Dio”. — 1Co 1:24.
Gesù dimostrò di essere il Messia lungamente atteso, l’Unto di Geova, che secondo la profezia doveva manifestare lo ‘spirito di potenza’. (Isa 11:1-5) C’era quindi da aspettarsi che le sue credenziali fossero sorrette da una poderosa testimonianza. (Mic 5:2-5; cfr. Gv 7:31). Già con la nascita di Gesù da una vergine ebrea, Dio aveva cominciato a testimoniare a favore del Figlio. (Lu 1:35-37) Quella nascita non fu semplicemente una spettacolare manifestazione della potenza divina ma servì a scopi ben precisi. Provvide un essere umano perfetto, un ‘secondo Adamo’, in grado di santificare il nome del Padre suo, di cancellare il disonore che il primo figlio umano aveva recato su quel nome, smentendo così l’accusa di Satana; il perfetto Gesù poteva anche provvedere una base legale per riscattare l’umanità ubbidiente dalla morsa del peccato e della morte. (1Co 15:45-47; Eb 2:14, 15; Ro 5:18-21; vedi RISCATTO). Inoltre quel perfetto discendente di Davide sarebbe stato l’erede di un Regno eterno. — Lu 1:31-33.
Gesù fu unto da Dio “con spirito santo e potenza”. (At 10:38) Mosè era stato “potente in parole e in opere”. Quale ‘profeta più grande di Mosè’, Gesù doveva avere credenziali proporzionalmente superiori. (De 34:10-12; At 7:22; Lu 24:19; Gv 6:14) Giustamente ‘insegnava con autorità’. (Mt 7:28, 29) Così Dio, come aveva fornito validi motivi per avere fede in Mosè, Giosuè e altri, ora fornì una solida base per avere fede in suo Figlio. (Mt 11:2-6; Gv 6:29) Gesù non si attribuì alcun merito, ma riconobbe sempre che Dio era la Fonte delle sue opere potenti. (Gv 5:19, 26; 7:28, 29; 9:3, 4; 14:10) Le persone sincere riconobbero la “maestosa potenza di Dio” manifestata per mezzo di lui. — Lu 9:43; 19:37; Gv 3:2; 9:28-33; cfr. Lu 1:68; 7:16.
Cosa lasciavano intravedere i miracoli di Gesù?
L’operato di Gesù dimostrò che Dio si interessava del genere umano e diede prova di ciò che Dio avrebbe fatto a suo tempo a favore di tutti coloro che amano la giustizia. Le opere potenti compiute da Gesù erano in gran parte legate ai problemi del genere umano, fra i quali, primo e fondamentale, il peccato, con tutti i suoi effetti deleteri. Malattie e morte sono conseguenze del peccato, e la capacità di Gesù di sanare malattie di ogni genere (Mt 8:14, 15; Lu 6:19; 17:11-14; 8:43-48) e perfino di risuscitare i morti (Mt 9:23-25; Lu 7:14, 15; Gv 11:39-44) dimostrò che egli era lo strumento costituito da Dio per liberare il genere umano dal peccato e dalle sue conseguenze. (Cfr. Mr 2:5-12). Di gran lunga superiore alla manna che Israele aveva mangiato nel deserto, Gesù era “il vero pane dal cielo”, “il pane della vita”. (Gv 6:31-35, 48-51) Egli non offriva acqua letterale scaturita da una roccia, ma “acqua viva”, ‘acqua di vita’. — Gv 7:37, 38; Ri 22:17; cfr. Gv 4:13, 14.
Le sue opere potenti erano anche portenti che lasciavano intravedere le benedizioni che sarebbero state portate dal suo Regno. Mentre Eliseo aveva sfamato 100 uomini con soli 20 pani e un po’ di grano, con molto meno Gesù ne sfamò migliaia. (2Re 4:42-44; Mt 14:19-21; 15:32-38) Mosè ed Eliseo avevano reso potabile acqua amara o avvelenata. Gesù trasformò semplice acqua in ottimo vino per contribuire alla gioia di una festa nuziale. (Eso 15:22-25; 2Re 2:21, 22; Gv 2:1-11) Perciò il suo governo avrebbe senz’altro liberato dalla fame tutti i suoi sudditi, imbandendo un piacevole ‘banchetto per tutti i popoli’. (Isa 25:6) La sua capacità di rendere altamente produttivo il lavoro degli uomini, come avvenne per le attività di pesca dei discepoli, assicurava che, sotto la benedizione del suo Regno, gli uomini non si sarebbero ridotti a lavorare affannosamente solo per sopravvivere. — Lu 5:4-9; cfr. Gv 21:3-7.
Fatto ancora più importante, queste cose avevano tutte relazione con aspetti spirituali. Oltre a dare vista, parola e salute spirituali a coloro che erano spiritualmente ciechi, muti e malati, Gesù offrì e assicurò anche cibo e bevanda spirituale in abbondanza e garantì la produttività del ministero dei discepoli. (Cfr. Lu 5:10, 11; Gv 6:35, 36). In certe occasioni soddisfece le necessità fisiche di alcuni soprattutto per rafforzare la fede. Queste cose non erano mai fine a se stesse. (Cfr. Gv 6:25-27). Si doveva cercare prima il Regno e la giustizia di Dio, non il mangiare e il bere. (Mt 6:31-33) Gesù diede l’esempio anche in questo, rifiutando di trasformare le pietre in pane per proprio uso. — Mt 4:1-3.
Liberazione spirituale. Israele aveva conosciuto guerrieri potenti, ma la potenza di Dio per mezzo del Figlio non mirava a combattere semplici guerrafondai umani, ma nemici più grandi. Gesù era il Liberatore (Lu 1:69-74) che avrebbe liberato dalla principale fonte di oppressione, Satana e i suoi demoni. (Eb 2:14, 15) Non solo liberò personalmente molti indemoniati (Lu 4:33-36), ma con le sue potenti parole di verità spalancò le porte della libertà a coloro che desideravano sottrarsi agli oppressivi pesi e alla schiavitù imposta loro dalla falsa religione. (Mt 23:4; Lu 4:18; Gv 8:31, 32) Con la sua condotta fedele, integra, egli non vinse semplicemente una città o un impero, ma “il mondo”. — Gv 14:30; 16:33.
Importanza relativa dei miracoli. Sebbene Gesù desse principalmente risalto alle verità che proclamava, mostrò nondimeno che le sue opere potenti avevano un’importanza relativa, facendo sempre notare che esse servivano ad autenticare la sua missione e il suo messaggio. La loro importanza stava soprattutto nel fatto che adempivano le profezie. (Gv 5:36-39, 46, 47; 10:24-27, 31-38; 14:11; 20:27-29) Coloro che vedevano quelle opere divenivano maggiormente responsabili. (Mt 11:20-24; Gv 15:24) Come in seguito Pietro disse alle folle alla Pentecoste, Gesù era un “uomo pubblicamente mostratovi da Dio per mezzo di opere potenti e portenti e segni che Dio fece fra voi per mezzo di lui, come voi stessi sapete”. (At 2:22) Queste testimonianze di potenza divina dimostravano che il Regno di Dio li aveva “raggiunti”. — Mt 12:28, 31, 32.
Impiegando il Figlio in questo modo particolare, Dio fece sì che ‘i ragionamenti di molti cuori venissero scoperti’. (Lu 2:34, 35) La gente vedeva il “braccio di Geova” all’opera, ma molti, la maggioranza, preferivano attribuire qualche altro significato agli avvenimenti a cui assistevano, o lasciavano che interessi egoistici impedissero loro di agire in armonia con il ‘segno’ visto. (Gv 12:37-43; 11:45-48) Molti volevano trarre vantaggi personali dalla potenza di Dio, ma non avevano sinceramente fame di verità e di giustizia. Il loro cuore non era toccato dalla compassione e dalla benignità che motivavano tante opere potenti di Gesù (cfr. Lu 1:78; Mt 9:35, 36; 15:32-37; 20:34; Mr 1:40, 41; Lu 7:11-15 con Lu 14:1-6; Mr 3:1-6), compassione che rispecchiava quella del Padre suo. — Mr 5:18, 19.
Uso responsabile della potenza. Gesù fece sempre un uso responsabile della potenza, mai per ostentazione. La maledizione del fico sterile aveva evidentemente un significato simbolico. (Mr 11:12-14; cfr. Mt 7:19, 20; 21:42, 43; Lu 13:6-9). Gesù rifiutò di compiere inutili azioni spettacolari come quelle suggerite da Satana. Quando camminò sull’acqua lo fece perché stava andando da qualche parte e a quell’ora della notte non c’erano mezzi di trasporto, cosa ben diversa dal saltare giù dal parapetto del tempio, come un potenziale suicida. (Mt 4:5-7; Mr 6:45-50) La curiosità di Erode, dovuta a motivi errati, rimase insoddisfatta perché Gesù si rifiutò di dare spettacolo davanti a lui. (Lu 23:8) In precedenza Gesù si era rifiutato di provvedere “un segno dal cielo” chiesto da farisei e sadducei, senz’altro perché non lo chiedevano per rafforzare la propria fede nell’adempimento della Parola di Dio, ma per poter fare a meno di tale fede. Il loro motivo era sbagliato. — Mt 16:1-4; cfr. 15:1-6; 22:23, 29.
Similmente la mancanza di fede che Gesù notò a Nazaret lo trattenne dal compiere molte opere potenti, non certo perché la fonte della sua potenza fosse insufficiente, ma perché le circostanze non lo giustificavano, non lo consentivano. Non si doveva sprecare la potenza divina per scettici insensibili. (Mr 6:1-6; cfr. Mt 10:14; Lu 16:29-31). Che la fede altrui non fosse un elemento assolutamente indispensabile per compiere azioni miracolose è evidente dal fatto che Gesù sanò l’orecchio allo schiavo del sommo sacerdote, il quale faceva parte della folla venuta ad arrestarlo. — Lu 22:50, 51.
La risurrezione di Gesù Cristo alla vita spirituale fu la massima espressione della potenza di Dio. Senza di essa la fede cristiana sarebbe stata “vana”, e i seguaci di Gesù sarebbero stati “i più miserevoli di tutti gli uomini”. (1Co 15:12-19) Fu l’evento più spesso ricordato dai discepoli e il massimo singolo fattore per rafforzare la fede. La distanza non aveva impedito a Gesù di esercitare potenza quando era sulla terra (Mt 8:5-13; Gv 4:46-53), e ora, dalla sua posizione celeste, alla Pentecoste egli unse i suoi seguaci con lo spirito di Dio, dando loro la possibilità di compiere opere potenti in sua assenza. In tal modo autenticò la loro testimonianza circa la sua risurrezione (At 4:33; Eb 2:3, 4) e diede anche prova che quello era il popolo che Dio approvava, la sua congregazione. — At 2:1-4, 14-36, 43; 3:11-18.
La morte del Figlio come uomo non aveva accorciato la mano di Geova, come attestano i molti miracoli, segni e portenti compiuti dagli apostoli e da altri. (At 4:29, 30; 6:8; 14:3; 19:11, 12) Le opere potenti che essi compirono erano simili a quelle del loro Maestro: guarirono zoppi (At 3:1-9; 14:8-10) e malati (At 5:12-16; 28:7-9), risuscitarono morti (At 9:36-41; 20:9-11), espulsero demoni (At 8:6, 7; 16:16-18), e questo senza cercare né vantaggi personali né onori. (At 3:12; 8:9-24; 13:15-17) Per mezzo loro Dio espresse giudizi contro malfattori, come aveva fatto per mezzo degli antichi profeti, incutendo il dovuto rispetto verso se stesso e verso i suoi rappresentanti. (At 5:1-11; 13:8-12) Furono concesse loro nuove facoltà, come quella di parlare in lingue straniere e di interpretarle. Anche questo “per uno scopo utile”, dato che ben presto avrebbero dovuto estendere l’opera di predicazione fuori di Israele, annunciando le meravigliose opere di Geova fra le nazioni. — 1Co 12:4-11; Sl 96:3, 7.
Geova Dio compì anche altre opere potenti, aprendo ai suoi servitori le ‘porte’ o l’opportunità di predicare in certi territori, proteggendoli da quelli che volevano porre fine al loro ministero e guidando la loro attività in modi che generalmente passavano inosservati al pubblico. — At 5:17-20; 8:26-29, 39, 40; 9:1-8; 10:19-22, 44-48; 12:6-11; 13:2; 16:6-10, 25-33; 18:9, 10; 1Co 16:8, 9.
Fu predetto che i poteri miracolosi concessi dallo spirito agli apostoli, e da questi trasmessi ad altri, sarebbero stati limitati all’‘infanzia’ della congregazione cristiana, dopo di che sarebbero cessati. (1Co 13:8-11; vedi DONI DI DIO [Doni dello spirito]). Secondo la Cyclopædia di M’Clintock e Strong (vol. VI, p. 320), è “un fatto incontestato che durante i primi cento anni dopo la morte degli apostoli si sente parlare poco o nulla di miracoli compiuti dai primi cristiani”. Gesù e i suoi apostoli misero comunque in guardia contro ingannevoli opere potenti che sarebbero state compiute da apostati e anche da una simbolica bestia selvaggia, cioè da nemici di Dio. — Mt 7:21-23; 24:23-25; 2Ts 2:9, 10; Ri 13:11-13; vedi BESTIE SIMBOLICHE.
Le manifestazioni della potenza di Dio raggiungono l’apice con l’istituzione del suo Regno retto da Cristo Gesù e i susseguenti atti di giudizio.
Vedi RIEMPIRE LA MANO DI POTERE.