MITEZZA
Un lessico neotestamentario dice a proposito dell’aggettivo praỳs: “Nel greco classico questa è una parola piacevole. Riferito a cose significa ‘dolce’. È usato, per esempio, parlando di una leggera brezza o di una voce gentile. Riferito a persone significa ‘mite’ o ‘benigno’. . . . C’è dolcezza in praus ma dietro la dolcezza c’è la forza dell’acciaio . . . Non è una gentilezza sdolcinata, un affetto sentimentale, un quietismo passivo”. (W. Barclay, A New Testament Wordbook, Londra, 1956, pp. 103, 104) Un altro lessico afferma che il sostantivo praỳtes “non indica ‘soltanto un comportamento esteriore, né i rapporti con i propri simili, né tanto meno una semplice inclinazione naturale. Piuttosto è un’insita grazia dell’anima; e viene esercitata in primo luogo e soprattutto verso Dio. È lo stato d’animo in cui riconosciamo che il Suo operato nei nostri confronti è buono, e perciò non lo mettiamo in discussione né vi opponiamo resistenza; è strettamente legato al termine tapeinophrosunē [umiltà], e ne è la diretta conseguenza’”. — Vine’s Expository Dictionary of Old and New Testament Words, 1981, vol. 3, pp. 55, 56.
L’aggettivo praỳs è reso nelle traduzioni della Bibbia “mansueto”, “mite” e “d’indole mite”. (VR, CEI, NM) Tuttavia, come dice l’opera di Barclay citata sopra, praỳs indica più che dolcezza e, quando è riferito a persone, significa mite, benigno.
Per quanto non tolleri il peccato e la malvagità, Geova ha amorevolmente provveduto il modo di accostarsi a lui tramite il sacrificio di riscatto e il servizio sacerdotale di Gesù Cristo. I servitori e gli adoratori di Geova possono quindi ricercare la sua faccia senza provare timore morboso né terrore. (Eb 4:16; 10:19-22; 1Gv 4:17, 18) Gesù rappresentava Geova in modo così perfetto che poté dire: “Chi ha visto me ha visto anche il Padre”. Inoltre disse: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, poiché io sono d’indole mite [gr. praỳs] e modesto di cuore, e troverete ristoro per le anime vostre. Poiché il mio giogo è piacevole e il mio carico è leggero”. (Gv 14:9; Mt 11:28-30) Quindi Geova Dio è pienamente avvicinabile per coloro che lo amano, e genera mitezza, grande fiducia e forza in chi si rivolge a lui.
Denota forza. La mitezza di temperamento o di spirito non è una qualità di chi ha un carattere debole. Gesù Cristo disse: “Io sono d’indole mite e modesto di cuore”. (Mt 11:29; 2Co 10:1) Eppure Gesù aveva dietro di sé tutta la potenza del Padre suo, ed era risoluto a difendere ciò che è giusto; quando fu necessario manifestò grande libertà di parola e di azione. — Mt 23:13-39; cfr. 21:5.
La persona d’indole mite è tale perché ha fede e ha una fonte da cui attingere forza. Non perde facilmente l’equilibrio né il buon senso. La mancanza di mitezza deriva da insicurezza, da frustrazione, da mancanza di fede e speranza, e anche da disperazione. Il proverbio descrive chi non è d’indole mite: “Come una città diroccata, senza mura, è l’uomo che non tiene a freno il suo spirito”. (Pr 25:28) È vulnerabile, soggetto a ogni genere di idee sbagliate, che possono spingerlo a compiere azioni scorrette.
Un frutto dello spirito. La mitezza è un frutto dello spirito santo, la forza attiva di Dio. (Gal 5:22, 23) Dio è dunque la Fonte della mitezza, e chi vuole avere un’indole veramente mite deve chiedergli il suo spirito e coltivare questo frutto dello spirito. La mitezza non si acquista con la sola forza di volontà, ma deriva dall’appressarsi a Dio.
La mancanza di mitezza provoca eccessiva eccitabilità, durezza, mancanza di padronanza di sé e liti. D’altra parte al cristiano viene consigliato di preservare la pace e l’unità con “modestia di mente e mitezza”. — Ef 4:1-3.
Gelosia e contesa, se si lascia che mettano radice e crescano, causeranno difficoltà d’ogni genere. La mitezza, viceversa, impedirà che situazioni simili si verifichino fra i seguaci di Cristo. Infatti lo scrittore biblico Giacomo esorta quanti sono saggi e hanno intendimento nella congregazione a manifestare un’“eccellente condotta” contrassegnata dalla “mitezza che appartiene alla sapienza”, “la sapienza dall’alto”. — Gc 3:13, 17.
Nella Bibbia la “mitezza” è spesso collegata con lo “spirito”, come nelle espressioni “mitezza di spirito” o ‘spirito mite’. La vera mitezza è quindi più che una qualità esteriore, transitoria o occasionale; fa parte del proprio temperamento o personalità. L’apostolo Pietro lo sottolineò dicendo: “E il vostro adornamento non sia quello dell’esteriore intrecciatura dei capelli e del mettersi ornamenti d’oro o dell’indossar mantelli, ma sia la persona segreta del cuore nella veste incorruttibile dello spirito quieto e mite, che è di grande valore agli occhi di Dio”. — 1Pt 3:3, 4.
L’apostolo Paolo scrisse: ‘Rivestitevi di mitezza’. A una lettura superficiale potrebbe dare l’idea di una specie di vernice per conferire un certo aspetto esteriore, ma nello stesso contesto egli consigliò: “Rivestitevi della nuova personalità, che per mezzo dell’accurata conoscenza si rinnova secondo l’immagine di Colui che la creò”. (Col 3:10, 12; Ef 4:22-24) Questo indica che la mitezza è veramente un tratto della personalità, acquisito in primo luogo come frutto dello spirito di Dio attraverso l’accurata conoscenza e la sua applicazione, e non semplicemente innato.
Essenziale per i sorveglianti. Dando al giovane Timoteo istruzioni circa la dovuta cura della congregazione, Paolo gli ordinò come affrontare problemi difficili: “Lo schiavo del Signore non ha bisogno di contendere, ma di essere gentile verso tutti, qualificato per insegnare, mantenendosi a freno nel male, istruendo con mitezza quelli che non sono favorevolmente disposti, se mai Dio conceda loro il pentimento”. (2Tm 2:24, 25) Qui si vede l’analogia fra mitezza e longanimità. L’individuo comprende perché si trova di fronte a una difficoltà: Dio l’ha permessa, e come sorvegliante deve risolverla nell’interesse della parte o delle parti in causa. Deve occuparsi con pazienza della cosa senza agitarsi, finché è appianata.
Tito, un altro sorvegliante che risiedeva a Creta, ricevette pure il consiglio di ricordare ai suoi fratelli cristiani “di essere ragionevoli, mostrando ogni mitezza verso tutti gli uomini”. Per ribadire la necessità di essere miti, Paolo ricordò a Tito che l’amore e la misericordia senza pari manifestati da Dio tramite suo Figlio richiedono la rinuncia delle vecchie vie di malizia e odio per seguire la nuova via della vita eterna. — Tit 3:1-7.
In un’altra occasione Paolo, rivolgendosi a coloro che sono spiritualmente maturi nella congregazione, spiega qual è la loro responsabilità: “Anche se un uomo fa qualche passo falso prima che se ne renda conto, voi che siete spiritualmente qualificati cercate di ristabilire tale uomo con uno spirito di mitezza, badando a te stesso affinché anche tu non sia tentato”. (Gal 6:1) Dovrebbero sempre ricordare come Dio è stato longanime con loro. Perciò non dovrebbero rimproverare aspramente chi sbaglia, ma dovrebbero cercare di ristabilirlo con spirito di mitezza. Questo sarà molto più efficace e utile per tutti.
In situazioni difficili o quando si ha a che fare con persone adirate, la mitezza riesce ad appianare le difficoltà, mentre l’asprezza peggiora la situazione. Il proverbio dice: “La risposta, quando è mite, allontana il furore, ma la parola che causa pena fa sorgere l’ira”. (Pr 15:1) La mitezza può avere molta forza. “Con la pazienza si persuade un comandante, e la stessa lingua mite può rompere un osso”. — Pr 25:15.
Indispensabile quando si è disciplinati. Un altro ottimo principio che riguarda la calma o mitezza fu enunciato da Salomone. Riguarda la possibile tendenza a manifestare uno spirito ribelle quando si viene corretti o puniti da chi ha autorità. Ci si potrebbe indignare al punto di non rimanere al proprio posto, sottomessi, rinunciando frettolosamente all’incarico ricevuto. Ma Salomone consigliò: “Se lo spirito del governante si inalberasse contro di te, non lasciare il tuo proprio luogo, poiché la calma stessa allevia grandi peccati”. (Ec 10:4; cfr. Tit 3:2). Il giusto atteggiamento calmo e mite quando si è disciplinati non solo evita ulteriore collera da parte dell’autorità, ma ci permette di migliorare la nostra personalità padroneggiandoci, rimanendo al nostro posto e accettando la disciplina.
Questo è particolarmente vero quando il governante è Geova Dio e quando la disciplina viene da chi ha ricevuto da lui l’autorità. (Eb 12:7-11; 13:17) Si applica pure ai nostri rapporti con le autorità governative mondane permesse da Dio. (Ro 13:1-7) Anche se qualcuno che ha autorità può chiedere con asprezza al cristiano la ragione della sua speranza, questi, pur mettendo decisamente al primo posto l’ubbidienza a Dio, dovrebbe rispondere “con mitezza e profondo rispetto”. — 1Pt 3:15.