GERUSALEMME
[possesso (fondamento) di duplice pace].
Capitale dell’antica nazione d’Israele dal 1070 a.E.V. in poi. Dopo la divisione della nazione in due regni (997 a.E.V.), Gerusalemme continuò a essere la capitale del regno meridionale di Giuda. Nelle Scritture è menzionata più di 800 volte.
Nome. Il nome più antico della città di cui si abbia memoria è “Salem”. (Ge 14:18) Anche se qualcuno vorrebbe associare il nome Gerusalemme con quello di una divinità semitica occidentale di nome Salem, l’apostolo Paolo spiega che il vero significato della seconda parte del nome è “pace”. (Eb 7:2) La grafia ebraica di quest’ultima parte del nome fa pensare a una forma duale, quindi “duplice pace”. Nei testi accadici (assiro-babilonesi) la città era chiamata Urusalim (o Ur-sa-li-im-mu). Per questo alcuni ritengono che il nome significhi “Città di pace”. Ma la forma ebraica, che logicamente dovrebbe essere determinante, significa “Possesso (fondamento) di duplice pace”.
Molti altri nomi ed espressioni ricorrono nelle Scritture in riferimento alla città. Una volta il salmista usa il nome più antico, “Salem”. (Sl 76:2) Altri appellativi sono: “città di Geova” (Isa 60:14), “città del gran Re” (Sl 48:2; cfr. Mt 5:35), “Città di Giustizia” e “Città Fedele” (Isa 1:26), “Sion” (Isa 33:20) e “città santa” (Ne 11:1; Isa 48:2; 52:1; Mt 4:5). Il nome “el Quds”, che significa “la [città] santa”, è tuttora usato comunemente in arabo. Nelle attuali carte di Israele compare come Yerushalayim.
Posizione. Relativamente lontana dalle principali carovaniere internazionali, Gerusalemme sorgeva al limite di un deserto riarso (il deserto di Giuda), e aveva riserve idriche limitate. Tuttavia due carovaniere interne s’incontravano nei pressi della città. Una in direzione N-S lungo il crinale dell’altopiano che costituiva la “spina dorsale” dell’antica Palestina collegava le città di Dotan, Sichem, Betel, Betleem, Ebron e Beer-Seba. La seconda in direzione E-O da Rabba (l’odierna ʽAmman) scendeva lungo le valli dei torrenti fino al bacino del Giordano e risaliva i ripidi pendii della Giudea per ridiscendere serpeggiando fino alla costa del Mediterraneo e al porto di Ioppe a O. Trovandosi al centro della Terra Promessa, Gerusalemme era perciò un’appropriata sede amministrativa.
Distante circa 55 km dal Mediterraneo e 25 km dall’estremità N del Mar Morto, Gerusalemme è circondata dalle alture della catena montuosa centrale. (Cfr. Sl 125:2). Con un’altitudine di circa 750 m sul livello del mare, era una delle capitali più alte del mondo. La sua “elevazione” è menzionata nelle Scritture, e per raggiungere la città dalla pianura costiera i viaggiatori dovevano ‘salire’. (Sl 48:2; 122:3, 4) Il clima è piacevole, con notti fresche, una temperatura media annuale che si aggira sui 17°C e, principalmente fra novembre e aprile, circa 630 mm di precipitazioni.
Nonostante l’altezza, Gerusalemme non sovrasta il territorio circostante. Il viaggiatore gode una veduta completa della città solo quando è quasi arrivato. Ad E c’è il Monte degli Ulivi, alto circa 800 m. A N di questo c’è il monte Scopus alto circa 820 m, e le colline circostanti a S e a O raggiungono un’altitudine di 835 m. Queste cifre danno un’idea della situazione altimetrica rispetto al Monte del Tempio (ca. 740 m).
Si potrebbe pensare che in tempo di guerra questo fosse un grave inconveniente. Ma qualsiasi svantaggio era compensato dal fatto che da tre parti la città era circondata da valli molto ripide: la valle del torrente Chidron a E e la valle di Innom a S e O. Una valle centrale, che Giuseppe Flavio chiama valle del Tiropeon (o “dei Formaggiai”), divideva in due la città formando un colle, o sperone, orientale e uno occidentale. (Guerra giudaica, V, 136, 140 [iv, 1]) Nel corso dei secoli questa valle centrale è stata notevolmente colmata, ma per attraversare la città il visitatore deve ancora percorrere una discesa piuttosto ripida e poi risalire dall’altra parte. Sembra che oltre alla valle centrale che attraversava la città in direzione N-S, altre due depressioni o valli minori laterali dividessero le alture in direzione E-O, una attraverso il colle orientale e l’altra attraverso quello occidentale.
Pare che in tutte le epoche i ripidi pendii abbiano fatto parte del sistema difensivo delle mura. L’unico lato della città privo di una difesa naturale era quello a N, dove le mura erano particolarmente forti. Secondo Giuseppe Flavio, quando nel 70 E.V. Tito attaccò la città da questo lato si trovò di fronte una triplice cinta di mura.
Riserva idrica. In caso di assedio gli abitanti di Gerusalemme soffrivano molto per la mancanza di viveri, ma evidentemente non avevano problemi gravi per l’acqua. Infatti, nonostante la vicinanza del riarso deserto della Giudea, la città aveva accesso a una fonte costante d’acqua dolce ed entro le mura della città c’erano riserve idriche adeguate.
Nei pressi della città c’erano due sorgenti: En-Roghel e Ghihon. La prima, poco più a S del punto d’incontro della valle del Chidron con la valle di Innom, era una preziosa fonte d’acqua, ma a motivo della sua posizione era impraticabile durante un attacco o un assedio. La sorgente di Ghihon si trovava sul pendio O della valle del Chidron, presso la cosiddetta Città di Davide. Pur trovandosi fuori delle mura della città, era così vicina che fu possibile scavare un tunnel collegato a un pozzo per permettere agli abitanti della città di attingere acqua senza uscire dalle mura di protezione. Questo, secondo testimonianze archeologiche, fu aperto all’inizio della storia della città. Gli scavi compiuti nel 1961 e 1962 hanno riportato alla luce un tratto delle antiche mura, che si trovavano sotto la parte superiore o entrata del tunnel, e perciò lo recingevano. Forse si tratta delle mura dell’antica città gebusea.
Nel corso degli anni furono aggiunte altre gallerie e condutture per incanalare le acque di Ghihon. Dall’imboccatura della grotta in cui si trova la sorgente, un canale scendeva lungo la valle e intorno al colle sudorientale fino a una piscina che si trovava nel punto in cui la valle di Innom si congiungeva con la valle centrale o valle del Tiropeon. Secondo i ritrovamenti si trattava di una specie di fossato coperto da lastre di pietra e scavato a tratti nel fianco della collina. A intervalli, delle aperture permettevano di attingere acqua per irrigare le terrazze coltivate della valle sottostante. Una pendenza di 4 o 5 mm per metro produceva un flusso dolce e lento che fa pensare alle “acque di Siloe che scorrono dolcemente”. (Isa 8:6) Pare che questo canale, indifeso e vulnerabile, sia stato costruito durante il regno di Salomone, in condizioni di pace e sicurezza.
Le case e gli edifici di Gerusalemme erano evidentemente dotati di cisterne sotterranee in aggiunta alle riserve d’acqua sorgiva. Qui veniva conservata, fresca e pulita, l’acqua piovana raccolta sui tetti. Sembra che nell’area del tempio ci fossero cisterne particolarmente grandi. Infatti gli archeologi affermano di avere individuato 37 cisterne con una capacità complessiva di quasi 38 milioni di litri d’acqua, una delle quali si calcola capace di contenerne oltre 7 milioni e mezzo.
Nel corso dei secoli si costruirono diversi acquedotti per il rifornimento idrico di Gerusalemme. La tradizione attribuisce a Salomone la costruzione di una conduttura dalle “Piscine di Salomone” (tre serbatoi a SO di Betleem) fino all’area del tempio a Gerusalemme. In Ecclesiaste 2:6 Salomone dice: “Mi feci piscine d’acqua, per irrigare con esse la foresta”. Una grande impresa come quella di costruire le piscine poté benissimo includere la costruzione di un acquedotto per provvedere la maggior quantità d’acqua necessaria a Gerusalemme dopo l’istituzione dei servizi del tempio. Però non ci sono prove, oltre alla tradizione, che consentano di attribuire a Salomone la costruzione di una conduttura dalle Piscine di Salomone fino a Gerusalemme. Esistono tuttora tracce di altri acquedotti. Uno, costruito per portare l’acqua dalle sorgenti del Wadi el-ʽArrub, 20 km a SSO di Gerusalemme, fino alle Piscine di Salomone, potrebbe essere quello che secondo Giuseppe Flavio fu costruito da Ponzio Pilato con i fondi del tesoro del tempio. (Antichità giudaiche, XVIII, 60 [iii, 2]; Guerra giudaica, II, 175 [ix, 4]) Dei due acquedotti che collegavano le Piscine di Salomone con Gerusalemme, quello inferiore è il più antico, forse dell’epoca di Erode o degli Asmonei. Questo acquedotto passava sotto il villaggio di Betleem e raggiungeva il Monte del Tempio passando sull’Arco di Wilson.
Ricerche archeologiche. Per quante ricerche e scavi si siano fatti, pochi elementi concreti sono stati stabiliti circa la città esistente nei tempi biblici. Vari fattori hanno ristretto l’indagine o ne hanno limitato l’importanza. Nell’era volgare Gerusalemme è stata quasi sempre abitata, e questo ha ridotto notevolmente l’area in cui effettuare gli scavi. Inoltre la città fu distrutta più volte, e sulle rovine sorsero nuove città spesso costruite, almeno in parte, con materiale preso dalle rovine precedenti. L’accumulo di detriti e macerie, in alcuni punti profondo circa 30 m, ha alterato in parte la configurazione del luogo e reso molto precaria l’interpretazione dei reperti. Sono stati riportati alla luce sezioni di mura, piscine, tunnel per l’acqua e antiche tombe, ma pochissimo materiale scritto. Le principali scoperte archeologiche provengono dal colle sudorientale, che ora si trova fuori delle mura della città.
Le principali fonti d’informazione sulla città antica rimangono dunque la Bibbia e la descrizione della città del I secolo fatta dallo storico ebreo Giuseppe Flavio.
Primi cenni storici. La prima menzione della città risale al decennio fra il 1943 e il 1933 a.E.V., quando ebbe luogo l’incontro di Abraamo con Melchisedec, “re di Salem” e “sacerdote dell’Iddio Altissimo”. (Ge 14:17-20) Tuttavia l’origine della città e della sua popolazione rimane oscura come l’origine del suo re-sacerdote Melchisedec. — Cfr. Eb 7:1-3.
Un altro evento della vita di Abraamo ebbe luogo pare nei pressi di Gerusalemme. Abraamo ricevette il comando di sacrificare suo figlio Isacco su “uno dei monti” del “paese di Moria”. Il tempio costruito da Salomone sorgeva sul “monte Moria” su un’area che in precedenza era stata un’aia. (Ge 22:2; 2Cr 3:1) Quindi la Bibbia sembra collegare il luogo in cui Abraamo si era accinto a compiere il sacrificio con la regione montuosa intorno a Gerusalemme. (Vedi MORIA). Non è rivelato se in quel tempo Melchisedec fosse ancora in vita; comunque quello di Salem era probabilmente rimasto per Abraamo un paese amico.
Le tavolette di Tell el-Amarna, scritte da sovrani cananei al loro signore in Egitto, includono sette lettere del re o governatore di Gerusalemme (Urusalim). Quelle lettere furono scritte prima della conquista di Canaan da parte degli israeliti. Quindi Gerusalemme, nei circa 465 anni intercorsi fra l’incontro di Abraamo con Melchisedec e la conquista israelita, era caduta nelle mani di pagani cananei di origine camitica ed era sotto la dominazione dell’Egitto, una potenza camitica.
Nella descrizione della travolgente conquista di Canaan da parte di Giosuè è menzionato Adoni-Zedec, re di Gerusalemme, fra i re confederati che attaccarono Gabaon. Il suo nome (che significa “(il mio) signore è giustizia”) è molto simile a quello del più antico re di Gerusalemme Melchisedec (“re di giustizia”), tuttavia Adoni-Zedec non era un adoratore dell’Iddio Altissimo, Geova. — Gsè 10:1-5, 23, 26; 12:7, 8, 10.
Nella suddivisione del territorio fra le tribù, Gerusalemme venne a trovarsi sul confine fra Giuda e Beniamino, confine che correva lungo la valle di Innom. Quindi almeno quella che in seguito divenne la “Città di Davide”, situata sul crinale fra la valle del Chidron e quella del Tiropeon, si trovava nel territorio di Beniamino. Ma sembra che la città cananea includesse altri abitati o “sobborghi”, e parte della zona urbana sconfinava forse nel territorio di Giuda a O e a S della valle di Innom. In Giudici 1:8 l’iniziale conquista di Gerusalemme è attribuita a Giuda, ma, quando l’esercito invasore proseguì l’avanzata, gli abitanti gebusei rimasero (o tornarono) in numero sufficiente da formare in seguito una sacca di resistenza che né Giuda né Beniamino poterono eliminare. Infatti sia di Giuda che di Beniamino viene detto che ‘i gebusei continuarono a dimorare con loro in Gerusalemme’. (Gsè 15:63; Gdc 1:21) Questa situazione rimase immutata per circa quattro secoli, e la città a volte era chiamata “Gebus”, “una città di stranieri”. — Gdc 19:10-12; 1Cr 11:4, 5.
Finché il regno rimase unito. Il quartier generale del re Saul si trovava a Ghibea nel territorio di Beniamino. La capitale di Davide era stata dapprima Ebron in Giuda, circa 30 km a SSO di Gerusalemme. Dopo avervi regnato per ben sette anni e mezzo (2Sa 5:5), Davide decise di trasferire la capitale a Gerusalemme. Questo avvenne per volere di Dio (2Cr 6:4-6), poiché secoli prima Geova aveva parlato del ‘luogo che avrebbe scelto per porvi il suo nome’. — De 12:5; 26:2; cfr. 2Cr 7:12.
Sembra che in quel tempo la città gebusea si trovasse sulla parte S del contrafforte orientale. Gli abitanti erano sicuri dell’inespugnabilità della loro cittadella, grazie alla difesa naturale fornita dai ripidi pendii delle valli su tre lati e, probabilmente, a speciali fortificazioni a N. Era nota come il “luogo di difficile accesso” (1Cr 11:7), e i gebusei si fecero beffe di Davide dicendo che persino ‘i ciechi e gli zoppi della città’ potevano respingere i suoi attacchi. Ma Davide conquistò la città, presa d’assalto da Gioab, che riuscì a penetrarvi attraverso il “tunnel dell’acqua”. (2Sa 5:6-9; 1Cr 11:4-8) Gli studiosi hanno qualche incertezza circa il significato del termine ebraico qui reso “tunnel dell’acqua”, ma in genere accettano questo o termini simili (“canale”, CEI, VR; “acquedotto”, Lu) come il significato più probabile. La breve descrizione non indica in che modo fu aperta una breccia nelle fortificazioni della città. È opinione comune che, dopo la scoperta del tunnel e del pozzo che portano alla sorgente di Ghihon, Gioab alla testa dei suoi uomini abbia sferrato un attacco di sorpresa penetrando nella città attraverso il pozzo verticale e il tunnel inclinato. (ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 951) Comunque la città fu conquistata e Davide vi trasferì la capitale (1070 a.E.V.). La roccaforte gebusea fu quindi chiamata “Città di Davide”, o anche “Sion”. — 2Sa 5:7.
Davide cominciò a costruire nella zona, migliorando inoltre il sistema difensivo della città. (2Sa 5:9-11; 1Cr 11:8) ‘Il Terrapieno’ (ebr. hamMillòhʼ) menzionato qui (2Sa 5:9) e in descrizioni successive (1Re 9:15, 24; 11:27) era una struttura naturale della città, ben nota allora ma non identificabile oggi. Quando in seguito Davide dalla casa di Obed-Edom trasferì la sacra “arca di Geova” a Gerusalemme, la città diventò il centro religioso, oltre che amministrativo, della nazione. — 2Sa 6:11, 12, 17; vedi CITTÀ DI DAVIDE; SEPOLTURA, LUOGHI DI SEPOLTURA; TERRAPIENO.
Non si ha notizia che Gerusalemme abbia subito attacchi di eserciti nemici durante il regno di Davide, mentre questi combatteva contro i suoi avversari. (Cfr. 2Sa 5:17-25; 8:1-14; 11:1). Una volta però Davide ritenne opportuno abbandonare la città di fronte all’avanzata di forze ribelli capeggiate dal suo stesso figlio Absalom. Può darsi che la ritirata del re avesse lo scopo di evitare spargimento di sangue in una guerra civile proprio nel luogo dove era invocato il nome di Geova. (2Sa 15:13-17) Qualunque fosse il motivo della ritirata, portò all’adempimento dell’ispirata profezia di Natan. (2Sa 12:11; 16:15-23) Davide non permise che l’arca del patto venisse evacuata insieme a lui, ma ordinò ai sacerdoti fedeli di riportarla in città, nel luogo scelto da Dio. (2Sa 15:23-29) La descrizione della parte iniziale della fuga di Davide riportata in 2 Samuele capitolo 15 delinea molto bene gli aspetti geografici della zona a E della città.
Verso la fine del suo regno, Davide cominciò a preparare il materiale per la costruzione del tempio. (1Cr 22:1, 2; cfr. 1Re 6:7). Le pietre già squadrate potevano provenire da cave della zona, in quanto la viva roccia su cui era costruita Gerusalemme è facile da tagliare e lavorare, ma, esposta alle intemperie, si indurisce formando pietre da costruzione belle e resistenti. Pare che nei pressi dell’odierna Porta di Damasco ci fosse un’antica cava da cui nel corso del tempo è stata estratta una gran quantità di pietra.
Un’altra idea della configurazione del terreno intorno a Gerusalemme, questa volta a E e a S, viene data dal resoconto dell’unzione di Salomone per ordine dell’anziano re Davide. Un altro figlio, Adonia, presso la sorgente di En-Roghel, complottava di usurpare il trono, quando Salomone venne unto presso la sorgente di Ghihon. La distanza fra le due località era abbastanza breve (ca. 700 m), tanto che Adonia e i cospiratori udirono il suono del corno e dei festeggiamenti presso Ghihon. — 1Re 1:5-9, 32-41.
Durante il regno di Salomone si fecero notevoli lavori di costruzione (e forse di ricostruzione) all’interno della città che cominciò a espandersi. (1Re 3:1; 9:15-19, 24; 11:27; cfr. Ec 2:3-6, 9). Il tempio, la sua opera più notevole, con gli annessi cortili, fu costruito sul contrafforte E, sul monte Moria, a N della “Città di Davide”, evidentemente sull’area occupata attualmente dalla Cupola della Roccia. (2Cr 3:1; 1Re 6:37, 38; 7:12) Altri imponenti edifici costruiti da Salomone furono la sua stessa casa o palazzo reale, la Casa della Foresta del Libano in legno di cedro, il Portico delle Colonne, e il Portico del Trono dove si amministrava la giustizia. (1Re 7:1-8) Questo complesso si trovava pare a S del tempio sul declivio che scendeva verso la “Città di Davide”. — CARTINA, vol. 1, p. 752; ILLUSTRAZIONE, vol. 1, p. 748.
Dopo la divisione del regno (997-607 a.E.V.). La ribellione di Geroboamo spaccò in due la nazione, e Gerusalemme rimase la capitale del regno delle due tribù, Beniamino e Giuda, sotto Roboamo figlio di Salomone. Anche i sacerdoti e i leviti si trasferirono nella città su cui era invocato il nome di Geova, rafforzando così il regno di Roboamo. (2Cr 11:1-17) Gerusalemme non era più il centro geografico del regno, poiché venne a trovarsi solo a pochi chilometri dal confine dell’ostile regno settentrionale delle dieci tribù. Nei cinque anni che seguirono la morte di Salomone la città subì la prima di una serie di invasioni. Sisac re d’Egitto attaccò il regno di Giuda, senza dubbio considerandolo vulnerabile ora che era così ridotto. A motivo dell’infedeltà della nazione, riuscì a entrare in Gerusalemme e a portare via i tesori del tempio e altri preziosi. Solo perché fu mostrato pentimento Dio concesse una certa protezione, che evitò la completa rovina della città. — 1Re 14:25, 26; 2Cr 12:2-12.
Durante il regno del fedele re Asa, Baasa re del regno settentrionale fece il vano tentativo di ammassare un esercito lungo la frontiera N di Giuda per isolare Gerusalemme e impedire le comunicazioni (e forse ogni espressione di lealtà al regno di Giuda da parte dei suoi sudditi). (1Re 15:17-22) Per la fedeltà alla pura adorazione, manifestata anche durante il regno di Giosafat figlio di Asa, la città ebbe la protezione di Dio e grandi benefìci, fra cui migliori provvedimenti per risolvere i casi giudiziari. — 2Cr 19:8-11; 20:1, 22, 23, 27-30.
La stessa cosa si verificò per tutto il resto della storia di Gerusalemme quale capitale del regno di Giuda: la vera adorazione portava la benedizione e la protezione di Geova, mentre l’apostasia provocava problemi e la rendeva vulnerabile. Durante il regno dell’infedele figlio di Giosafat, Ieoram (913-ca. 907 a.E.V.), la città, nonostante le forti mura difensive, venne invasa e saccheggiata una seconda volta da una coalizione arabo-filistea. (2Cr 21:12-17) Durante il secolo successivo, siccome il re Ioas abbandonò la retta via, eserciti siri “invadevano Giuda e Gerusalemme”, e dal contesto sembra che siano riusciti a penetrare nella città. (2Cr 24:20-25) Durante il regno dell’apostata Amazia il regno settentrionale d’Israele invase Giuda, e abbatté un tratto di circa 178 m delle importanti mura settentrionali fra la Porta dell’Angolo (all’estremità NO) e la Porta di Efraim (a E della Porta dell’Angolo). (2Cr 25:22-24) Può darsi che in un tempo precedente la città si fosse estesa oltre la valle centrale fino al crinale O.
Il re Uzzia (829-778 a.E.V.) accrebbe notevolmente le difese della città, fortificando la Porta dell’Angolo (a NO) e la Porta della Valle (all’estremità SO) con torri, e costruendo anche una torre “presso il Contrafforte” (“sul Cantone”, CEI, PIB; “sullo svolto”, VR), probabilmente una parte delle mura orientali non lontano dagli edifici reali di Davide o di Salomone. (2Cr 26:9; Ne 3:24, 25) Uzzia inoltre dotò le torri e gli angoli di “macchine da guerra”, forse catapulte per lanciare frecce e grosse pietre. (2Cr 26:14, 15) Suo figlio Iotam continuò il programma edilizio. — 2Cr 27:3, 4.
Il fedele re Ezechia, succeduto al padre, l’apostata Acaz, purificò e restaurò l’area del tempio, e indisse la celebrazione di una grande Pasqua che fece convenire a Gerusalemme adoratori da tutto il paese, regno settentrionale incluso. (2Cr 29:1-5, 18, 19; 30:1, 10-26) Presto però a questo slancio per la vera adorazione fece seguito un attacco da parte di pagani schernitori del vero Dio il cui nome era invocato su Gerusalemme. Nel 732 a.E.V., otto anni dopo la conquista assira del regno settentrionale d’Israele, Sennacherib re d’Assiria invase Giuda e mandò un distaccamento del suo esercito a minacciare Gerusalemme. (2Cr 32:1, 9) Ezechia aveva preparato la città per un assedio. Tappò le sorgenti d’acqua che si trovavano fuori della città per nasconderle e creare difficoltà al nemico, e inoltre rafforzò e fortificò le mura. (2Cr 32:2-5, 27-30) Sembrerebbe che “la conduttura” per portare l’acqua in città dalla sorgente di Ghihon fosse già stata costruita, probabilmente in tempo di pace. (2Re 20:20; 2Cr 32:30) Se, come si ritiene, si trattava della conduttura che include il tunnel scavato attraverso il pendio della valle del Chidron e che termina nella Piscina di Siloam nella valle del Tiropeon, non era impresa che si poteva portare a termine in qualche giorno. (Vedi ARCHEOLOGIA [Palestina e Siria]; GHIHON n. 2). Ad ogni modo la forza della città non sarebbe dipesa dai suoi sistemi difensivi né dai rifornimenti, ma dalla potente protezione di Geova Dio, che aveva detto: “Certamente difenderò questa città per salvarla, per amore di me stesso e per amore di Davide mio servitore”. (2Re 19:32-34) Il miracoloso sterminio di 185.000 soldati assiri indusse Sennacherib a tornare precipitosamente in Assiria. (2Re 19:35, 36) Nel descrivere questa campagna gli annali assiri vantano il fatto che Sennacherib aveva rinchiuso Ezechia all’interno di Gerusalemme come ‘un uccello in gabbia’, ma non accennano alla conquista della città. — Vedi SENNACHERIB.
Durante il regno di Manasse (716-662 a.E.V.) furono fatte nuove aggiunte alle mura lungo la valle del Chidron, ma la nazione si allontanò sempre più dalla vera adorazione. (2Cr 33:1-9, 14) Giosia, nipote di Manasse, arrestò temporaneamente questo declino e durante il suo regno la valle di Innom, usata per ignobili cerimonie dagli idolatri, venne ‘resa non idonea per l’adorazione’; probabilmente fu profanata trasformandola in un immondezzaio per la città. (2Re 23:10; 2Cr 33:6) La “Porta dei Mucchi di Cenere” si apriva pare su questa valle. (Ne 3:13, 14; vedi GEENNA; VALLE DI INNOM). All’epoca di Giosia viene menzionato per la prima volta il “secondo quartiere” (“nuovo quartiere”, PIB) della città. (2Re 22:14; 2Cr 34:22) In genere si pensa che questo “secondo quartiere” fosse la parte della città a O o a NO dell’area del tempio. — Sof 1:10.
Dopo la morte di Giosia la condizione di Gerusalemme si deteriorò rapidamente a motivo del succedersi di quattro re infedeli. Nell’ottavo anno del re Ioiachim il regno di Giuda diventò vassallo di Babilonia. Tre anni dopo, la rivolta di Ioiachim provocò l’assedio di Gerusalemme da parte dei babilonesi, il saccheggio dei tesori della città e la deportazione di Ioiachin, allora re, e di altri cittadini. (2Re 24:1-16; 2Cr 36:5-10) Il re Sedechia, designato da Babilonia, cercò di sottrarsi al giogo babilonese e nel nono anno del suo regno (609 a.E.V.) Gerusalemme venne nuovamente assediata. (2Re 24:17-20; 25:1; 2Cr 36:11-14) Truppe egiziane mandate in aiuto di Gerusalemme riuscirono a far ritirare solo temporaneamente gli assedianti. (Ger 37:5-10) Come Geova aveva predetto per mezzo di Geremia, i babilonesi tornarono e ripresero l’assedio. (Ger 34:1, 21, 22; 52:5-11) Geremia trascorse l’ultima parte dell’assedio imprigionato nel “Cortile della Guardia” (Ger 32:2; 38:28), collegato con la “Casa del Re”. (Ne 3:25) Infine, 18 mesi dopo l’inizio dell’assedio, che portò fame, malattie e morte, nell’11º anno di Sedechia fu aperta una breccia nelle mura di Gerusalemme e la città fu presa. — 2Re 25:2-4; Ger 39:1-3.
Desolazione e restaurazione. Il 9 tammuz del 607 a.E.V. venne aperta una breccia nelle mura della città. Un mese dopo, il 10 ab, Nebuzaradan, inviato di Nabucodonosor, entrò nella città vinta e cominciò a demolirla, incendiando il tempio e altri edifici e abbattendo le mura. Il re e gran parte della popolazione furono esiliati in Babilonia e i tesori di Gerusalemme furono portati via come bottino. — 2Re 25:7-17; 2Cr 36:17-20; Ger 52:12-20; ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 326.
Le parole dell’archeologo Conder, secondo il quale “la storia della città in rovina rimane una pagina bianca fino all’epoca di Ciro”, sono vere non solo a proposito di Gerusalemme, ma anche di tutto il regno di Giuda. A differenza degli assiri, il re di Babilonia non sostituì con altra gente la popolazione della regione conquistata. Come era stato profetizzato, iniziarono 70 anni di desolazione. — Ger 25:11; 2Cr 36:21.
Nel “primo anno” (evidentemente quale sovrano di Babilonia) di Ciro il Persiano (538 a.E.V.) fu emanato il decreto reale che permetteva agli ebrei esiliati di ‘salire a Gerusalemme, che è in Giuda, e riedificare la casa di Geova l’Iddio d’Israele’. (Esd 1:1-4) Coloro che compirono il lungo viaggio fino a Gerusalemme, portando con sé i tesori del tempio, includevano 42.360 israeliti, oltre agli schiavi e ai cantori. Arrivarono in tempo per celebrare la festa delle capanne nel mese di tishri (settembre-ottobre) del 537 a.E.V. (Esd 2:64, 65; 3:1-4) La ricostruzione del tempio prese il via sotto la guida del governatore Zorobabele e, nonostante le gravi interferenze e una certa apatia fra gli ebrei rimpatriati, fu finalmente ultimata nel marzo del 515 a.E.V. Altri esiliati tornarono col sacerdote e scriba Esdra nel 468 a.E.V., portando altre cose “per abbellire la casa di Geova, che è a Gerusalemme” (Esd 7:27), questo con l’autorizzazione del re Artaserse (Longimano). I tesori che portarono avevano un valore ingente. — Esd 8:25-27.
Circa un secolo e mezzo dopo la conquista da parte di Nabucodonosor le mura e le porte della città erano ancora in rovina. Neemia ottenne da Artaserse il permesso di andare a Gerusalemme per porre rimedio alla situazione. (Ne 2:1-8) La descrizione dell’ispezione notturna effettuata da Neemia e della suddivisione del lavoro di costruzione fra diversi gruppi familiari costituisce un’importante fonte di informazioni circa la configurazione della città in quel tempo, specie per quanto riguarda le porte. (Ne 2:11-15; 3:1-32; vedi PORTA [Le porte delle città]). Quest’opera di ricostruzione adempiva la profezia di Daniele e segnava l’inizio delle 70 “settimane” profetiche relative alla venuta del Messia. (Da 9:24-27) Nonostante le difficoltà, in soli 52 giorni, nel 455 a.E.V., le mura e le porte di Gerusalemme furono ultimate. — Ne 4:1-23; 6:15; 7:1; vedi SETTANTA SETTIMANE (“Dall’emanazione della parola”).
Ora Gerusalemme era “ampia e grande, [ma] dentro c’era poca gente”. (Ne 7:4) Dopo la lettura pubblica delle Scritture e le celebrazioni tenute “nella pubblica piazza che era davanti alla Porta delle Acque” nella parte E della città (Ne 3:26; 8:1-18), si presero disposizioni per aumentare la popolazione della città stabilendo che un israelita su dieci vi andasse ad abitare. Questo fu deciso a sorte, ma evidentemente ci furono anche dei volontari. (Ne 11:1, 2) Si compì un’opera di purificazione spirituale per dare alla popolazione un solido fondamento in quanto alla vera adorazione. (Ne 12:47–13:3) Il governatorato di Neemia durò 12 anni o più, durante i quali egli si recò anche alla corte dei re di Persia. Ritornato a Gerusalemme, vide che era necessaria un’ulteriore purificazione. (Ne 13:4-31) Con la descrizione di quanto fu fatto per estirpare alla radice l’apostasia si concluse la stesura delle Scritture Ebraiche, qualche tempo dopo il 443 a.E.V.
Dominazione ellenica e maccabea. Il passaggio dalla dominazione medo-persiana a quella greca avvenne nel 332 a.E.V. quando Alessandro Magno invase Giuda. Gli storici greci non parlano di un’entrata di Alessandro in Gerusalemme. Tuttavia la città venne a trovarsi sotto la dominazione ellenica ed è ragionevole presumere che non sia stata completamente ignorata da Alessandro. Nel I secolo E.V. Giuseppe Flavio menziona la tradizione ebraica secondo la quale, mentre Alessandro si avvicinava a Gerusalemme, il sommo sacerdote gli andò incontro e gli mostrò le profezie ispirate del libro di Daniele che predicevano le fulminee conquiste greche. (Antichità giudaiche, XI, 326-338 [viii, 4, 5]; Da 8:5-7, 20, 21) Comunque siano andate le cose, Gerusalemme non subì alcun danno nel passaggio dei poteri.
Dopo la morte di Alessandro, Gerusalemme e la Giudea finirono sotto la dominazione dei Tolomei d’Egitto. Nel 198 a.E.V. Antioco il Grande re di Siria, dopo essersi impadronito della città fortificata di Sidone, conquistò Gerusalemme, e la Giudea passò sotto la dominazione dei Seleucidi. (Cfr. Da 11:16). Gerusalemme rimase soggetta ai Seleucidi per 30 anni. Quindi nel 168 a.E.V. il re di Siria Antioco IV (Epifane), nel tentativo di ellenizzare completamente gli ebrei, dedicò a Zeus (Giove) il tempio di Gerusalemme e profanò l’altare con un sacrificio impuro. (1 Maccabei 1:57, 62; 2 Maccabei 6:1, 2, 5; ILLUSTRAZIONI, vol. 2, p. 335) Questo provocò l’insurrezione dei Maccabei (o Asmonei). Dopo tre anni di lotta Giuda Maccabeo s’impadronì della città e del tempio, e il 25 chislev 165 a.E.V., nell’anniversario della sua profanazione, ridedicò l’altare di Geova alla vera adorazione. — 1 Maccabei 4:52-54; 2 Maccabei 10:5; cfr. Gv 10:22.
La guerra contro i Seleucidi non era terminata. Gli ebrei chiesero aiuto a Roma e così, nel 160 a.E.V., entrò in scena a Gerusalemme una nuova potenza. (1 Maccabei 8:17, 18) Gerusalemme si trovava ormai sotto l’influenza della crescente potenza romana. Verso il 142 a.E.V. Simone Maccabeo riuscì a fare di Gerusalemme la capitale di una regione apparentemente autonoma e non soggetta a pagare tasse ad alcuna nazione gentile. Aristobulo I, sommo sacerdote di Gerusalemme, nel 104 a.E.V. assunse persino il titolo di “re”. Egli non era però di discendenza davidica.
In quel periodo Gerusalemme non era affatto una ‘città di pace’. Dissidi interni alimentati da ambizioni egoistiche e acuiti da fazioni religiose rivali — sadducei, farisei, zeloti e altri — indebolirono notevolmente la città. Un violento dissidio fra Aristobulo II e suo fratello Ircano provocò il ricorso all’arbitrato di Roma. Nel 63 a.E.V. reparti romani al comando di Pompeo assediarono per tre mesi Gerusalemme prima di poter penetrare nella città e sedare la disputa. Viene riferito che 12.000 ebrei perirono, molti per mano di altri israeliti.
Nel descrivere la conquista della città da parte di Pompeo, Giuseppe Flavio menziona per la prima volta il viadotto che attraversava la valle del Tiropeon. Questo collegava la parte O della città con quella E e consentiva a coloro che abitavano nella parte O di accedere direttamente all’area del tempio.
L’idumeo Antipatro (II) venne quindi nominato governatore romano della Giudea, mentre un Maccabeo rimase sommo sacerdote e locale etnarca di Gerusalemme. In seguito il figlio di Antipatro, Erode (il Grande), venne nominato da Roma “re” della Giudea. Egli non riuscì ad assumere il controllo di Gerusalemme fino al 37 o 36 a.E.V., data in cui ebbe effettivamente inizio il suo regno.
Sotto Erode il Grande. Il regno di Erode si distinse per un ambizioso programma edilizio e una notevole prosperità. La città si arricchì di un teatro, una palestra e un circo (ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 535), e di altri edifici pubblici. Erode costruì inoltre un palazzo reale ben fortificato (ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 538), evidentemente sul lato O della città a S dell’attuale Porta di Giaffa, dove gli archeologi ritengono di aver trovato le fondamenta di una delle torri. Un’altra fortezza, l’Antonia, sorgeva vicino al tempio, con cui era collegata da un passaggio coperto. (ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 535; Antichità giudaiche, XV, 424 [xi, 7]) La guarnigione romana poteva così accedere rapidamente all’area del tempio come probabilmente avvenne quando i soldati liberarono Paolo dalla turba che vi si era radunata. — At 21:31, 32.
La più importante opera di Erode fu però la ricostruzione del tempio e del complesso di edifici annessi, iniziata nel 18º anno del suo regno. (Antichità giudaiche, XV, 380, [xi, 1]) Il santuario venne ultimato in un anno e mezzo, ma il lavoro degli edifici e dei cortili adiacenti proseguì anche dopo la sua morte. (Gv 2:20) Complessivamente questi occupavano un’area grande quasi il doppio dell’area del tempio precedente. A quanto pare esiste ancora parte del muro occidentale del cortile del tempio, il cosiddetto Muro del pianto o Muro occidentale. Secondo gli archeologi i corsi inferiori di enormi massi alti 90 cm appartengono alla costruzione erodiana.
Dal 2 a.E.V. al 70 E.V. A questo punto sono le Scritture Greche Cristiane a portare avanti la descrizione degli avvenimenti che interessano Gerusalemme. La nascita di Gesù non avvenne a Gerusalemme, ma nella vicina Betleem, la “città di Davide”. (Lu 2:10, 11) Comunque la notizia portata in seguito dagli astrologi della nascita del “re dei giudei” mise in agitazione Erode e “con lui tutta Gerusalemme”. (Mt 2:1-3) Poco dopo avere emanato l’infame decreto che ordinava la strage di tutti i bambini di Betleem, Erode morì, evidentemente nell’1 a.E.V. (Vedi ERODE n. 1). Suo figlio Archelao assunse il potere su Gerusalemme, sulla Giudea e su altre regioni. Più tardi Roma depose Archelao per i suoi misfatti; dopo di che governarono procuratori nominati direttamente da Roma, come Ponzio Pilato durante il ministero di Gesù. — Lu 3:1.
Gesù fu portato a Gerusalemme 40 giorni dopo la nascita e presentato al tempio come figlio primogenito di Maria. Gli anziani Simeone e Anna si rallegrarono al vedere il promesso Messia, e Anna parlò di lui “a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme”. (Lu 2:21-38; cfr. Le 12:2-4). Quante altre volte Gesù sia stato portato a Gerusalemme durante gli anni dell’infanzia non è precisato; è specificamente menzionata solo la visita fatta quando aveva 12 anni. Quella volta rimase a parlare con i maestri nell’area del tempio, e perciò ‘nella casa del Padre suo’, nella città che il Padre aveva scelto. — Lu 2:41-49.
Dopo il battesimo e nei tre anni e mezzo del suo ministero Gesù si recò periodicamente a Gerusalemme, e certo era là per le tre feste annuali alle quali tutti gli ebrei maschi avevano l’obbligo di assistere. (Eso 23:14-17) Tuttavia trascorse molto tempo lontano dalla capitale, predicando e insegnando nella Galilea e in altre regioni.
Oltre all’area del tempio, dove Gesù spesso insegnava, alcuni altri luoghi della città sono menzionati in relazione al suo ministero. La piscina di Betzata con i suoi cinque colonnati (Gv 5:2) si ritiene sia quella rinvenuta a N dell’area del tempio. (Vedi BETZATA). La riserva d’acqua di Siloam del I secolo potrebbe essere una piscina rinvenuta di recente nel tratto inferiore della Valle del Tiropeon, che è alimentata dalla sorgente di Ghihon mediante un canale. (Gv 9:11; ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 950) Dell’ultima visita di Gesù a Gerusalemme abbiamo un quadro più dettagliato. — CARTINA, vol. 2, p. 742; ILLUSTRAZIONI, vol. 2, p. 743.
Sei giorni prima della Pasqua del 33 E.V. Gesù si recò a Betania, sul pendio E del Monte degli Ulivi. L’indomani, 9 nisan, si diresse verso la capitale quale unto Re di Geova, cavalcando un puledro d’asina, in adempimento della profezia di Zaccaria 9:9. (Mt 21:1-9) Mentre scendeva dal Monte degli Ulivi si soffermò ad ammirare la città e pianse su di essa, predicendone l’assedio e la desolazione. (Lu 19:37-44) Quando giunse in città, probabilmente da una porta delle mura orientali, “l’intera città fu messa in agitazione” dato che la notizia si sparse rapidamente in tutta la zona, relativamente piccola. — Mt 21:10.
Nel restante tempo, durante il quale di giorno stava a Gerusalemme e di notte a Betania (Lu 21:37, 38), Gesù purificò l’area del tempio dai commercianti (Mt 21:12, 13) come aveva fatto tre anni prima. (Gv 2:13-16) L’11 nisan andò con quattro discepoli sul Monte degli Ulivi, da dove si potevano ammirare la città e il tempio, e pronunciò la grande profezia relativa alla distruzione di Gerusalemme, al “termine del sistema di cose” e anche alla sua presenza. (Mt 24; Mr 13; Lu 21) Il 13 nisan Pietro e Giovanni fecero i preparativi per la cena pasquale in una stanza al piano superiore di una casa di Gerusalemme dove, quella sera (l’inizio del 14 nisan), Gesù consumò il pasto con gli apostoli. Dopo aver conversato, uscirono insieme dalla città, attraversarono il “torrente invernale di Chidron” e salirono il pendio del Monte degli Ulivi fino al giardino chiamato Getsemani. (Mt 26:36; Lu 22:39; Gv 18:1, 2) Getsemani significa “frantoio dell’olio”, e sul pendio si trovano tuttora olivi molto antichi. Ma oggi la sua esatta ubicazione è puramente ipotetica. — Vedi GETSEMANI.
Quella notte Gesù venne arrestato, riportato a Gerusalemme davanti ai sacerdoti Anna e Caiafa e poi nella sala del Sinedrio per essere processato. (Mt 26:57–27:1; Gv 18:13-27) Di là all’alba fu condotto da Pilato “nel palazzo del governatore” (Mt 27:2; Mr 15:1, 16) e poi da Erode Antipa, che pure si trovava a Gerusalemme in quel tempo. (Lu 23:6, 7) Alla fine venne rimandato da Pilato per il giudizio finale nel “luogo chiamato Lastrico, ma, in ebraico, Gabbathà”. — Lu 23:11; Gv 19:13; vedi LASTRICO.
Il Golgota, che significa “[Luogo del] Teschio”, fu la zona in cui Gesù venne messo al palo. (Mt 27:33-35; Lu 23:33) Ovviamente si trovava fuori delle mura della città, pare verso N, ma non può essere identificato con sicurezza. (Vedi GOLGOTA). Lo stesso dicasi per il luogo dove Gesù fu sepolto. — ILLUSTRAZIONI, vol. 2, p. 948.
Il “campo del vasaio per seppellirvi gli stranieri”, acquistato col denaro del tradimento che Giuda riportò ai sacerdoti (Mt 27:5-7), per tradizione viene identificato con un luogo sul pendio S della valle di Innom, quasi nel punto in cui si congiunge con il Chidron. Nella zona ci sono molte tombe. — Vedi AKELDAMÀ
Durante il periodo apostolico. Dopo la risurrezione, Gesù ordinò ai suoi discepoli di non lasciare per il momento Gerusalemme. (Lu 24:49; At 1:4) Di là si doveva cominciare a predicare il pentimento per il perdono dei peccati nel nome di Cristo. (Lu 24:46-48) Dieci giorni dopo la sua ascensione al cielo, i discepoli radunati in una stanza al piano superiore di una casa ricevettero l’unzione mediante spirito santo. (At 1:13, 14; 2:1-4) Gerusalemme era affollata di ebrei e proseliti provenienti da ogni parte dell’impero romano, venuti per la festa di Pentecoste. Il risultato della testimonianza data da quei cristiani pieni di spirito fu che moltissimi diventarono discepoli battezzati. Con migliaia di persone che davano testimonianza della propria fede, non meraviglia che gli adirati capi religiosi gridassero: “Ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento”. (At 5:28) I miracoli, come la guarigione del mendicante zoppo alla “porta del tempio chiamata Bella”, probabilmente la porta E del cortile delle donne, diedero maggior forza alla testimonianza. — At 3:2, 6, 7.
Anche dopo che la testimonianza cominciò a estendersi alla “Samaria e fino alla più distante parte della terra” (At 1:8), Gerusalemme continuò a essere la sede del corpo direttivo della congregazione cristiana. A motivo della persecuzione, presto “tutti, eccetto gli apostoli, furono dispersi in tutte le regioni della Giudea e della Samaria”. (At 8:1; cfr. Gal 1:17-19; 2:1-9). Da Gerusalemme alcuni apostoli e discepoli furono mandati ad aiutare nuovi gruppi di credenti, per esempio in Samaria. (At 8:14; 11:19-22, 27) Poco tempo dopo Saulo di Tarso (Paolo), divenuto cristiano, ritenne opportuno abbreviare la sua prima visita a Gerusalemme a motivo dei tentativi di sopprimerlo. (At 9:26-30) Ci furono comunque anche dei periodi più tranquilli. (At 9:31) Sempre a Gerusalemme Pietro riferì all’assemblea cristiana che Dio aveva accolto i credenti gentili e lì furono risolti anche il problema della circoncisione e alcune questioni relative. — At 11:1-4, 18; 15:1, 2, 22-29; Gal 2:1, 2.
Gesù aveva detto: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati”. (Mt 23:37; cfr. vv. 34-36). Anche se molti degli abitanti manifestarono fede nel Figlio di Dio, la città nel suo insieme continuò a comportarsi come nel passato. Per questo ‘la sua casa le fu abbandonata’. (Mt 23:38) Nel 66 E.V., in seguito alla rivolta ebraica, gli eserciti romani al comando di Cestio Gallo circondarono la città e attaccarono proprio le mura del tempio. All’improvviso e senza ragione apparente, Cestio Gallo si ritirò. Questo permise ai cristiani di mettere in atto le istruzioni di Gesù: “Quindi quelli che sono nella Giudea fuggano ai monti, e quelli che sono in mezzo [a Gerusalemme] si ritirino, e quelli che sono nelle campagne non vi entrino”. (Lu 21:20-22) Nella sua Storia ecclesiastica (III, V, 3) Eusebio afferma che i cristiani da Gerusalemme e da tutta la Giudea fuggirono in una città della Perea chiamata Pella.
Gerusalemme ebbe un po’ di sollievo in seguito al ritiro dei romani, ma per poco, come era avvenuto quando i babilonesi si erano ritirati temporaneamente per respingere gli egiziani verso la fine del regno di Sedechia. Al comando di Tito gli eserciti romani tornarono nel 70 E.V. ancora più numerosi e cinsero d’assedio la città, affollata per la celebrazione della Pasqua. I romani innalzarono terrapieni ed eressero un muro o palizzata continua tutto intorno alla città per impedire la fuga sia di giorno che di notte. Anche questo adempì la profezia di Gesù. (Lu 19:43) All’interno della città fazioni rivali disputavano e lottavano fra loro, molte delle riserve alimentari andarono distrutte, e coloro che venivano sorpresi nel tentativo di abbandonare la città erano uccisi come traditori. Giuseppe Flavio, fonte di queste informazioni, riferisce che la carestia diventò così grave che la gente si ridusse a mangiare manciate di fieno e cuoio, e perfino i propri figli. (Cfr. La 2:11, 12, 19, 20; De 28:56, 57). Le offerte di pace di Tito erano costantemente respinte dagli ostinati capi della città.
Infine le mura della città furono sistematicamente abbattute dai romani, e i soldati invasero la città. (ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 752) Nonostante l’ordine di risparmiare il tempio, questo venne incendiato e distrutto. Secondo Giuseppe Flavio, ciò ebbe luogo proprio nell’anniversario della distruzione del primo tempio ad opera di Nabucodonosor avvenuta secoli prima. Egli afferma che fu appiccato il fuoco anche agli archivi che contenevano le registrazioni genealogiche della discendenza e dei diritti ereditari di ogni tribù e famiglia. (Guerra giudaica, VI, 250, 251 [iv, 5]; II, 426-428 [xvii, 6]; VI, 354 [vi, 3]) Quindi non sarebbe più stato possibile stabilire legalmente l’appartenenza alla tribù messianica di Giuda e alla tribù sacerdotale di Levi.
La conquista era avvenuta in soli 4 mesi e 25 giorni, dal 3 aprile al 30 agosto del 70 E.V. La tribolazione dunque, anche se intensa, fu assai breve. Le azioni e il comportamento irragionevole degli ebrei all’interno della città senza dubbio contribuirono ad abbreviarla. Giuseppe Flavio fa ammontare a 1.100.000 il numero dei morti, ma ci furono superstiti. Vennero presi 97.000 prigionieri, molti dei quali furono venduti schiavi in Egitto o furono uccisi dai gladiatori o dalle belve nelle arene delle province romane. Anche questo adempì una profezia. — De 28:68.
La città fu rasa al suolo: rimasero in piedi solo le torri del palazzo di Erode e un tratto del muro occidentale come testimonianza per le future generazioni che la potenza difensiva non era valsa a nulla. Giuseppe Flavio osserva che, a parte ciò, “tutto il resto della cinta muraria fu abbattuto e distrutto in maniera così radicale, che chiunque fosse arrivato in quel luogo non avrebbe mai creduto che vi sorgeva una città”. (Guerra giudaica, VII, 3 [i, 1]) Un bassorilievo dell’Arco di Tito a Roma rappresenta soldati romani che portano via i sacri arredi del tempio distrutto. — Cfr. Mt 24:2; ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 752.
Periodi successivi. Gerusalemme rimase praticamente desolata fin verso il 130 E.V., quando l’imperatore Adriano vi fondò una nuova città chiamata Aelia Capitolina. Questo provocò l’insurrezione ebraica di Bar Kokeba (132-135 E.V.), che ebbe successo per un po’ ma infine fu stroncata. Per quasi due secoli nella città romana non fu consentito l’accesso agli ebrei. Nel IV secolo Elena, madre di Costantino il Grande, si recò a Gerusalemme e iniziò l’identificazione di molti cosiddetti luoghi santi e santuari. In seguito la città fu conquistata dai musulmani. Oggi sul Monte del Tempio ci sono due edifici islamici. Verso la fine del VII secolo il califfo ʽAbd al-Malik ibn Marwan edificò una moschea, la Cupola della Roccia, sull’area del tempio o nei pressi. Più a S c’è la moschea el-Aqsa, costruita inizialmente nell’VIII secolo, ma ampiamente ricostruita nell’XI secolo.
Per altre informazioni sulle località geografiche che hanno relazione con Gerusalemme, si vedano le voci: CHIDRON, VALLE DEL TORRENTE; EN-ROGHEL; MACTES; MONTE DEGLI ULIVI; OFEL; SION; TEMPIO.
Importanza della città. Gerusalemme era molto più che la capitale di una nazione terrena. Era l’unica città di tutta la terra su cui Geova Dio aveva posto il suo nome. (1Re 11:36) Dopo che vi fu trasferita l’arca del patto, simbolo della presenza di Dio, e ancor più quando vi fu costruito il santuario del tempio, o casa di Dio, Gerusalemme diventò figurativamente la “dimora” di Geova, il suo “luogo di riposo”. (Sl 78:68, 69; 132:13, 14; 135:21; cfr. 2Sa 7:1-7, 12, 13). Poiché i re di discendenza davidica erano gli unti di Dio e sedevano sul “trono di Geova” (1Cr 29:23; Sl 122:3-5), la città stessa era pure chiamata “il trono di Geova”, e le tribù o nazioni che si volgevano verso Gerusalemme riconoscendo la sovranità di Dio si radunavano in effetti nel nome di Geova. (Ger 3:17; Sl 122:1-4; Isa 27:13) Coloro che si mostravano ostili o combattevano contro Gerusalemme, si opponevano in realtà all’espressione della sovranità di Dio. Questo sarebbe sicuramente accaduto, secondo le parole profetiche di Genesi 3:15.
Gerusalemme rappresentava dunque la sede del governo costituito da Dio o del tipico regno di Dio. Da essa emanavano la legge di Dio, la sua parola e la sua benedizione. (Mic 4:2; Sl 128:5) Coloro che contribuivano alla pace di Gerusalemme e al suo bene contribuivano al successo del giusto proposito di Dio, all’attuazione della sua volontà. (Sl 122:6-9) Benché Gerusalemme fosse situata fra i monti di Giuda e fosse senza dubbio imponente, la sua vera grandezza e bellezza derivavano dal fatto che Geova Dio l’aveva onorata e glorificata, affinché potesse essere per lui una “corona di bellezza”. — Sl 48:1-3, 11-14; 50:2; Isa 62:1-7.
Poiché sono principalmente le creature intelligenti che lodano Geova e fanno la sua volontà, non furono gli edifici della città ma i suoi abitanti, governanti e governati, sacerdoti e popolo, a determinare il destino della città. (Sl 102:18-22; Isa 26:1, 2) Finché furono fedeli e onorarono il nome di Geova con le parole e con la condotta, egli benedisse e difese Gerusalemme. (Sl 125:1, 2; Isa 31:4, 5) Ma il disfavore di Geova colpì ben presto la popolazione e i sovrani a motivo della condotta apostata della maggioranza. Per questa ragione Geova dichiarò il suo proposito di rigettare la città che aveva portato il suo nome. (2Re 21:12-15; 23:27) Avrebbe tolto alla città “sostegno e appoggio”, col risultato che si sarebbe riempita di tirannia, delinquenza minorile, mancanza di rispetto per chi aveva una posizione onorevole: grande sarebbe stata la degradazione e l’umiliazione di Gerusalemme. (Isa 3:1-8, 16-26) Anche se 70 anni dopo avere permesso che fosse distrutta da Babilonia Geova Dio restituì alla città la sua bellezza facendone di nuovo il gioioso centro della vera adorazione sulla terra (Isa 52:1-9; 65:17-19), gli abitanti e i loro capi caddero di nuovo nell’apostasia.
Geova preservò la città finché mandò suo Figlio sulla terra. Doveva esistere perché si adempissero le profezie messianiche. (Isa 28:16; 52:7; Zac 9:9) L’apostasia di Israele giunse al culmine quando venne messo al palo il Messia, Gesù Cristo. (Cfr. Mt 21:33-41). Questo avvenne a Gerusalemme, per istigazione dei capi della nazione con l’appoggio della popolazione, e rese certo il completo e irreversibile ripudio da parte di Dio della città che non poteva più rappresentarlo e portare il suo nome. (Cfr. Mt 16:21; Lu 13:33-35). Né Gesù né gli apostoli predissero la restaurazione della Gerusalemme terrena da parte di Dio dopo la distruzione da Lui decretata, che si abbatté sulla città nel 70 E.V.
Eppure il nome Gerusalemme continuò a simboleggiare qualcosa di più grande della città terrena. L’apostolo Paolo, per divina ispirazione, rivelò che c’era una “Gerusalemme di sopra”, che definì la “madre” dei cristiani unti. (Gal 4:25, 26) Questo attribuisce alla “Gerusalemme di sopra” la posizione di moglie di Geova Dio, il grande Padre e Datore di vita. Quando la Gerusalemme terrena era la capitale della nazione eletta di Dio, anche di lei si parlava come di una donna, la moglie di Dio, legata a lui dai santi vincoli di un patto. (Isa 51:17, 21, 22; 54:1, 5; 60:1, 14) Come tale rappresentava l’intera congregazione dei servitori umani di Dio. Perciò la “Gerusalemme di sopra” deve rappresentare l’intera congregazione dei servitori spirituali di Dio.
La Nuova Gerusalemme. Nella Rivelazione ispirata, l’apostolo Giovanni parla della “nuova Gerusalemme”. (Ri 3:12) Giovanni vede in visione questa “città santa . . . scendere dal cielo, da Dio, e preparata come una sposa adorna per il suo marito”. Tutto questo in relazione alla visione di “un nuovo cielo e una nuova terra”. Questa “sposa”, viene precisato, è “la moglie dell’Agnello”. (Ri 21:1-3, 9-27) Altri scritti apostolici applicano la stessa illustrazione alla congregazione cristiana degli unti. (2Co 11:2; Ef 5:21-32) In Rivelazione capitolo 14 è descritto “l’Agnello”, Cristo Gesù, sul monte Sion, nome anch’esso associato a quello di Gerusalemme (cfr. 1Pt 2:6), e con lui 144.000 che hanno il nome suo e il nome del Padre suo scritto sulla fronte. — Ri 14:1-5; vedi NUOVA GERUSALEMME.
La Gerusalemme infedele. Dal momento che molto di quanto viene detto di Gerusalemme nelle Scritture viene detto a sua condanna, è chiaro che solo quando era fedele Gerusalemme simboleggiava la parte celeste dell’organizzazione di Geova o, a volte, la vera congregazione cristiana, l’“Israele di Dio”. (Gal 6:16) Quando era infedele, veniva rappresentata come una prostituta o un’adultera; era diventata simile agli amorrei e agli ittiti pagani che un tempo avevano dominato la città. (Ez 16:3, 15, 30-42) Come tale poteva solo rappresentare gli apostati, coloro che ‘si prostituiscono’ seguendo una condotta di infedeltà al Dio il cui nome affermano di portare. — Gc 4:4.
È dunque chiaro che “Gerusalemme” ha più di un significato e in ciascun caso si deve esaminare il contesto per avere il corretto intendimento. — Vedi TEMPI FISSATI DELLE NAZIONI.