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Quando muore una persona cara . . .Svegliatevi! 1985 | 8 agosto
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Quando muore una persona cara . . .
Riccardo e Marianna erano felicemente sposati da 18 anni e avevano un figlio. Ma da circa un anno Riccardo accusava un dolore a una spalla. Nell’estate del 1981 il dolore si era intensificato ed egli stava lentamente diventando paralizzato. Operato d’urgenza, si scoprì che aveva un tumore maligno alla parte superiore della spina dorsale. Vari mesi dopo, il 2 febbraio 1982, Riccardo morì all’età di 48 anni. “Fu difficile rassegnarsi”, spiega Marianna. “Per molto tempo ebbi la sensazione che stesse ancora per entrare in casa”.
VOI o qualcuno che conoscete siete stati vittime di una tragedia simile? Quando muore una persona cara, possono venire a galla sentimenti e pensieri mai avuti prima. Forse vi chiedete se riuscirete mai a sentirvi normali. O forse, come Marianna, avete difficoltà a rassegnarvi, anche se è passato del tempo.
Ciò nondimeno è possibile riprendersi, non dimenticare, bensì riprendersi. ‘Ma come?’, chiedete. Ebbene, prima di rispondere a questa domanda, è utile sapere qualcosa di più su ciò che si prova quando muore una persona cara. Recentemente Svegliatevi! ha intervistato alcuni a cui era morto un familiare. Pubblichiamo i loro commenti in questa serie di articoli. Può essere rassicurante sapere che altri hanno provato i vostri stessi sentimenti. E può esservi di grande aiuto capire come hanno reagito.
Spiegando come si sentì subito dopo la morte di Riccardo, Marianna spiega: “Parlavo incessantemente di lui. Era un modo per mantenerlo in vita. Nel primo anno fui in stato di shock. Ci sono tantissime faccende da sbrigare per mettere a posto le cose. Si è così presi da quelle cose che non c’è tempo per occuparsi del lato emotivo.
“Fui ricoverata all’ospedale con la pressione alta. Infine, mentre ero all’ospedale, lontano dai problemi della casa e da tutto il resto, allora fui in grado di guardare in faccia l’accaduto. Fu come dire: ‘E adesso cosa faccio?’”
Una reazione insolita? In realtà no. Non appena si apprende che un proprio caro è morto, è abbastanza comune avere uno shock psicologico. Infatti, altri che hanno avuto questa esperienza dicono: ‘Tu senti quello che ti dicono eppure non senti tutto. La tua mente è parzialmente accentrata sulla realtà attuale e parzialmente no”.
Questo shock può quasi agire da anestetico. In che senso? Il libro Death and Grief in the Family (Morte e lutto in famiglia) spiega: “È una specie di protezione grazie a cui l’enormità dell’accaduto viene accettata gradualmente”. Questo shock può aiutarvi ad attutire il dolore causato dalla perdita. Stella, una vedova di New York, spiega: “Si è storditi. Non si sente nulla”.
“Dev’esserci un errore!”
Oltre a provare questo iniziale stordimento, non di rado alcuni tentano in vari modi di negare la realtà. “Dev’esserci un errore!”: queste sono parole che si odono spesso nelle prime ore di cordoglio. Per alcuni è difficile accettare la perdita, specie se non erano insieme al loro caro quando è morto. Stella rammenta: “Non ho visto morire mio marito; è accaduto all’ospedale. Era difficile credere che fosse morto. Quel giorno era uscito per andare al negozio, e avevo la sensazione che sarebbe tornato”.
Voi sapete bene che quella persona cara è morta, eppure le vostre abitudini e i vostri ricordi forse si rifiutano di accettare la realtà. Ad esempio, nel suo libro Widow (Vedova) Lynn Caine spiega: “Quando accadeva qualcosa di divertente, dicevo fra me: ‘Stasera lo dirò a Martin! Non ci crederà’. A volte, in ufficio, mi capitava di allungare il braccio per sollevare il telefono e chiamarlo, per fare due chiacchiere. Tornavo sempre alla realtà prima di fare il numero”.
Altri hanno fatto cose simili, come quella di mettere regolarmente un piatto in più a tavola o stendere la mano per prendere i cibi preferiti del defunto al supermercato. Alcuni sognano addirittura il defunto in modo molto reale o immaginano di vederlo per strada. Non di rado i familiari del defunto temono di perdere la ragione. Ma queste sono reazioni comuni quando avviene un cambiamento così drastico nella propria vita.
Infine, però, si comincia ad avvertire il dolore, forse insieme ad altri sentimenti a cui non si era preparati.
“Ci ha lasciato!”
“I miei ragazzi erano sconvolti e dicevano: ‘Ci ha lasciato!’”, spiega Clara, che ha perso il marito un paio d’anni fa. “Io dicevo loro: ‘Non vi ha lasciati. Non poteva impedire quello che gli è accaduto’. Ma poi pensavo fra me: ‘Io dico loro così, ma mi sento allo stesso modo!’” Sì, per quanto sembri strano, molto spesso il dolore è accompagnato dall’ira.
Può essere ira contro i medici e le infermiere, pensando che avrebbero dovuto prendersi maggior cura del defunto. O può essere ira contro gli amici e i parenti i quali, sembra, dicono o fanno la cosa sbagliata. Alcuni si arrabbiano con il defunto per avere trascurato la sua salute. Stella ricorda: “Rammento che ero arrabbiata con mio marito perché sapevo che le cose sarebbero potute andare diversamente. Era stato molto male, ma aveva ignorato gli avvertimenti dei medici”.
E a volte si prova ira contro il defunto per i problemi che la sua morte causa al familiare superstite. Clara spiega: “Non sono abituata ad assolvere tutte le responsabilità che la cura della casa e della famiglia comporta. Non puoi chiamare gli altri per ogni piccola cosa. A volte mi arrabbio per questo”.
L’ira è spesso seguita da un altro sentimento: il senso di colpa.
“Non sarebbe morto se solo avessi . . .”
Alcuni si sentono in colpa per l’ira che provano, cioè si condannano perché si arrabbiano. Altri si incolpano della morte del loro caro. “Non sarebbe morto”, si convincono, “se solo lo avessi fatto andare prima dal medico” o “se l’avessi fatto andare da un altro medico” o “se l’avessi incoraggiato a pensare di più alla sua salute”.
Per altri il senso di colpa è più profondo, specie se il loro caro è morto all’improvviso, inaspettatamente. Cominciano a ricordare tutte le volte che si sono arrabbiati o che hanno litigato con lui. O forse pensano che in effetti non sono stati tutto quello che avrebbero dovuto essere per il defunto. Sono tormentati da pensieri come: ‘Avrei dovuto — o non avrei dovuto — fare questo o quello’.
Michele, un giovane poco più che ventenne, rammenta: “Non avevo mai avuto una buona relazione con mio padre. Solo negli ultimi anni avevo cominciato a parlare veramente con lui. Ora [da che suo padre è morto] ci sono tante cose che penso avrei dovuto fare o dire”. Naturalmente, il fatto che ora non sia possibile riparare può solo accrescere il senso di frustrazione e di colpa.
Per quanto sia doloroso perdere il coniuge, un genitore, un fratello o una sorella, per alcuni la perdita più tragica è la morte di un figlio.
[Riquadro a pagina 5]
Comuni reazioni al dolorea
Shock: (“Non sento nulla”)
Diniego della realtà: (“Dev’esserci un errore!”)
Ira: (“Come ha potuto lasciarmi così?”)
Colpa: (“Non sarebbe morto se solo avessi . . .”)
Ansia: (“Che ne sarà ora di me?”)
Timore di impazzire: (“Mi sembra di perdere la ragione”)
[Nota in calce]
a Con questo non si vuole intendere che ci siano necessariamente vari stadi del dolore, che si susseguano l’uno all’altro secondo un certo ordine. Ogni persona è diversa. Quindi le reazioni al dolore possono variare notevolmente di intensità e durata.
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“Morto? Non posso crederci!”
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Molti che hanno perso un familiare si sentono in colpa: “Se solo avessi . . .”
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Cosa prova un genitoreSvegliatevi! 1985 | 8 agosto
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Cosa prova un genitore
GENEAL aveva portato in vacanza i suoi sei figli, cinque femmine e un maschio; erano andati a trovare alcuni amici abitanti nella parte settentrionale dello stato di New York. Un giorno le ragazze decisero di andare in città. Il figlio Jimmy e un altro ragazzo chiesero se potevano andare a fare un’escursione a piedi. Fu raccomandato loro di stare molto attenti e di rientrare nelle prime ore del pomeriggio.
A pomeriggio inoltrato i ragazzi non erano ancora tornati. “Più passavano le ore e più aumentava la mia preoccupazione”, rammenta Geneal. “Pensavo che forse uno dei due si era fatto male e l’altro non voleva abbandonarlo”. Le ricerche proseguirono per tutta la notte. Furono ritrovati nelle prime ore della mattina dopo e fu confermato quello che tutti avevano temuto: i ragazzi erano caduti ed erano morti. Benché siano passati dieci anni, Geneal spiega: “Non dimenticherò mai l’attimo in cui il poliziotto entrò in casa. Era pallidissimo. Seppi quello che stava per dirmi ancor prima che aprisse bocca”.
E che dire dei sentimenti? Sono diversi dai comuni sentimenti che accompagnano la morte di altri familiari. Geneal spiega: “Avevo partorito Jimmy. Aveva solo 12 anni quando è morto e aveva tutta la vita davanti a sé. Ho perso altre persone care, ma si prova qualcosa di diverso quando si è genitori e muore un figlio”.
La morte di un figlio è stata definita “la perdita più grande”, “la morte più sconvolgente”. Perché? Il libro Death and Grief in the Family spiega: “La morte di un figlio è inaspettata. Non è nell’ordine naturale delle cose. . . . I genitori si aspettano di prendersi cura dei propri figli, di badare alla loro incolumità e di farli diventare adulti sani e normali. Quando muore un figlio, è come se venisse a mancare la terra sotto i piedi”.
Sotto alcuni aspetti è una prova particolarmente difficile per la madre. Dopo tutto, come ha spiegato Geneal, è morto qualcosa che è uscito da lei. E la Bibbia riconosce l’amaro dolore che una madre può provare. (II Re 4:27) È ovvio che è difficile anche per il padre. Lui pure è addolorato. (Confronta Genesi 42:36-38 e II Samuele 18:33). Ma spesso eviterà di esprimere apertamente i suoi sentimenti per paura di apparire poco virile. E forse si sente ferito quando gli altri mostrano più considerazione per i sentimenti della moglie che per i suoi.
A volte il genitore che ha perso un figlio può sentirsi particolarmente in colpa. Forse pensa: ‘Avrei potuto amarlo di più?’, ‘Gli ho detto abbastanza spesso che lo amavo?’, e: ‘Avrei voluto abbracciarlo più spesso’. Oppure, per citare le parole di Geneal: “Vorrei avere trascorso più tempo insieme a Jimmy”.
È naturale che i genitori si sentano responsabili dei propri figli. Ma a volte, quando un figlio muore, danno la colpa a se stessi, pensando di avere trascurato qualcosa che avrebbe potuto impedirne la morte. Ad esempio, la Bibbia descrive la reazione del patriarca Giacobbe quando gli fu fatto credere che il suo giovane figlio Giuseppe era stato sbranato da una bestia selvaggia. Era stato lo stesso Giacobbe a mandare Giuseppe a vedere come stavano i suoi fratelli. Quindi forse era tormentato da sentimenti di colpa come: ‘Perché ho mandato Giuseppe da solo? Perché l’ho mandato in una zona dove ci sono tante bestie selvagge?’ Perciò “tutti i suoi figli e tutte le sue figlie si levavano a confortarlo, ma egli si rifiutava di esser confortato”. — Genesi 37:33-35.
Come se la perdita di un figlio non bastasse, alcuni dicono di avere perso qualcos’altro: gli amici. Può veramente capitare che gli amici se ne stiano lontano. Perché? Geneal ha detto: “Molti rimangono timidamente in disparte perché non sanno cosa dirti”.
Quando muore un neonato
Gianna sapeva cosa vuol dire perdere un bambino appena nato. Poco più che ventenne, aveva avuto cinque aborti. Adesso era di nuovo incinta. Perciò quando fu ricoverata in ospedale in seguito a un incidente automobilistico era comprensibilmente preoccupata. Due settimane più tardi le cominciarono le doglie, prima del tempo. Poco dopo nacque la piccola Vanessa: pesava appena 900 grammi. “Ero così emozionata”, rammenta. “Finalmente ero diventata mamma!”
Ma la sua felicità fu di breve durata. Quattro giorni dopo Vanessa morì. Gianna ricorda: “Sentivo un gran vuoto. Ero stata privata della maternità. Mi sentivo incompleta. Fu penoso tornare a casa e vedere la stanza che avevamo preparato per Vanessa e guardare i camicini che le avevo comprati. Per un paio di mesi rivissi il giorno che era nata. Non volevo vedere nessuno”.
Una reazione esagerata? Forse gli altri fanno fatica a capirlo, ma le donne che l’hanno provato, come Gianna, spiegano che hanno sofferto per la morte del loro piccolo come se fosse morto qualcuno vissuto per qualche tempo. I genitori, spiegano, cominciano ad amare il bambino molto tempo prima che nasca. Così quando il neonato muore, viene a mancare una persona. Svanite sono le speranze dei genitori di prendersi cura di quell’esserino che si muoveva nel seno della madre.
È comprensibile che dopo una tale perdita una donna si senta a disagio quando vede altre donne incinte e madri coi loro bambini. Gianna rammenta: “Non sopportavo di vedere una donna incinta. Mi è capitato di uscire addirittura da un negozio mentre stavo facendo la spesa perché avevo visto una donna incinta”.
Ci sono poi altri sentimenti, come la paura (‘Potrò mai avere un bambino normale?’), o l’imbarazzo (‘Cosa dirò agli amici e ai parenti?’), o l’ira. Bruna, che ha perso una bambina di due giorni e mezzo, rammenta: “Certe volte dicevo fra me: ‘Perché proprio io? Perché la mia piccolina?’” E a volte c’è l’umiliazione. Gianna spiega: “Le altre madri lasciavano l’ospedale con i loro bambini in braccio, e io non avevo altro che un animale di peluche comprato da mio marito. Mi sentivo umiliata”.
Se avete perso un vostro caro, può essere utile sapere che quello che state provando è normale, che altri hanno fatto la stessa esperienza e hanno nutrito gli stessi sentimenti.
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Per molti, la morte di un figlio è “la perdita più grande”
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L’aiuto che altri possono dareSvegliatevi! 1985 | 8 agosto
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L’aiuto che altri possono dare
“SE POSSO aiutarti, fammelo sapere”, potremmo dire a un amico o a un parente che ha appena avuto un lutto in famiglia. E siamo sinceri. Faremmo qualsiasi cosa per aiutarlo.
Ma quella persona ci telefonerà mai per dirci: “C’è qualcosa che potresti fare per aiutarmi”? Di solito non succede. È chiaro che se vogliamo veramente assistere e confortare qualcuno che è addolorato per la perdita di un suo caro dobbiamo essere noi a prendere l’iniziativa.
Un proverbio biblico dice: “Come mele d’oro in cesellature d’argento è la parola pronunciata a suo tempo”. (Proverbi 25:11; 15:23) È saggio sapere cosa dire e cosa non dire, cosa fare e cosa non fare. Ecco alcuni utili suggerimenti basati su ciò che è stato detto a Svegliatevi! da familiari di defunti.
Cosa fare . . .
Ascoltate: Una delle cose più utili che si possano fare per chi ha perso un suo caro è quella di partecipare al suo dolore ascoltandolo. Chiedete dunque: “Desideri parlarne?” Lasciate che sia lui o lei a decidere. Rammentando il tempo in cui morì suo padre Tina dice: “Mi faceva molto piacere quando altri mi chiedevano cos’era accaduto e poi ascoltavano veramente”. Ascoltate dunque con pazienza e comprensione. “Piangete con le persone che piangono”, suggerisce la Bibbia. — Romani 12:15; Giacomo 1:19.
Siate rassicuranti: Assicurate loro che hanno fatto tutto il possibile (oppure dite qualsiasi altra cosa che sapete essere vera e positiva). Rassicurateli dicendo loro che forse quello che provano non è affatto strano. Raccontate loro di altri che conoscete e che sono riusciti a superare una perdita simile. — Proverbi 16:24; I Tessalonicesi 5:11, 14.
Siate disponibili: Rendetevi disponibili non solo i primi giorni quando sono presenti molti amici e parenti, ma anche mesi dopo quando gli altri sono tornati alla loro vita normale. “I nostri amici facevano in modo che le nostre serate fossero così piene che non dovevamo passare troppo tempo a casa da soli”, spiega Teresa, che ha perso un figlio in un incidente stradale. “Questo ci aiutò a combattere il senso di vuoto che provavamo”. — Confronta Atti 28:15.
Prendete l’iniziativa: “Molti si sono rimboccati le maniche e hanno fatto quel che c’era da fare”, rammenta Cindy. “Non si sono limitati a chiedere: ‘Cosa posso fare?’” Prendete dunque l’iniziativa. Anziché dire: “Vieni quando vuoi”, stabilite il giorno e l’ora. Se dapprima la persona rifiuta, non vi date per vinti troppo facilmente. Siate come l’ospitale Lidia menzionata nella Bibbia. Luca dice che, dopo averli invitati a casa sua, ‘li costrinse ad accettare’. — Atti 16:15, CEI.
Aspettatevi sentimenti negativi: Non vi meravigliate troppo per quello che potranno dire dapprima i familiari del defunto. Rammentate che forse sono adirati e si sentono in colpa. Se sfogano la loro ira su di voi, dovrete avere discernimento e compassione per non irritarvi a vostra volta. — Colossesi 3:12, 13.
Scrivete una lettera: Il valore di una lettera di condoglianze è spesso dimenticato. Cindy osserva: “Un’amica mi scrisse una bella lettera. Mi fu di grande aiuto perché potei rileggerla più volte”. Non c’è bisogno che la lettera sia lunga, è sufficiente che sia scritta col cuore.
Pregate con loro: Non sottovalutate il valore delle vostre preghiere con e per i familiari del defunto. La Bibbia dice: “La supplicazione del giusto . . . ha molta forza”. (Giacomo 5:16) Per esempio, udendovi pregare per loro possono essere aiutati a superare sentimenti negativi come il senso di colpa. — Confronta Giacomo 5:13-15.
Cosa non fare . . .
Non insistete perché smettano di affliggersi: “Su, su, non piangere”, potremmo voler dire. Ma forse è meglio lasciare scorrere le lacrime. “Penso sia importante lasciare sfogare i familiari del defunto”, dice Caterina, ripensando alla morte del marito. — Romani 12:15.
Non dite: ‘Puoi avere un altro bambino’: “Non sopportavo mi dicessero che potevo avere un altro bambino”, rammenta Teresa. Forse le intenzioni sono buone, ma dire a un genitore che il suo bambino morto può essere sostituito può ferirlo come i “colpi di una spada”. (Proverbi 12:18) Un bambino non può mai sostituirne completamente un altro.
Non evitate necessariamente di menzionare il defunto: “Tanti non menzionavano neppure il nome di mio figlio Jimmy né ne parlavano”, rammenta Geneal. “Devo ammettere che rimanevo piuttosto male quando gli altri si comportavano così”. Perciò non cambiate necessariamente argomento. Chiedete alla persona se sente il bisogno di parlare del suo caro. Ad alcuni fa piacere sentire gli amici parlare delle speciali qualità che avevano reso il defunto caro al loro cuore.
Non affrettatevi a dire: ‘È stato meglio così’: Non è sempre confortante cercare di trovare qualcosa di positivo nella morte. Cindy rammenta: “Altri dicevano: ‘Non soffre’, oppure: ‘Almeno è in pace’. Ma io non volevo sentire questo”.
Forse è meglio non dire: ‘So come ti senti’: Lo sapete veramente? Ad esempio, potete sapere cosa prova un genitore quando gli muore un figlio se voi stessi non lo avete provato? E anche se aveste perso un figlio, rendetevi conto che altri possono non sentirsi esattamente come vi sentivate voi. — Confronta Lamentazioni 1:12.
Per aiutare chi ha perso una persona cara dovrete mostrare compassione, discernimento e tanto amore. Non aspettate che sia il familiare del defunto a venire da voi. Non dite semplicemente: “Se posso aiutarti . . .” Prendete l’iniziativa e fate qualcosa di utile.
C’è ancora una domanda a cui rispondere: Come possono i familiari del defunto far fronte alla situazione e sopportare meglio la perdita?
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Cosa potete fare per sopportare la perditaSvegliatevi! 1985 | 8 agosto
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Cosa potete fare per sopportare la perdita
“MI SENTIVO spinto a tenere chiuso dentro di me ciò che provavo”, spiega Michele, rammentando la morte del padre. Imparò un’utile lezione. Così quando un amico di Michele perse il nonno, cosa disse Michele? “Un paio d’anni fa gli avrei dato un colpetto su una spalla e avrei detto: ‘Sii uomo’. Ma questa volta gli ho messo una mano sul braccio e ho detto: ‘Non soffocare i tuoi sentimenti. Sarai aiutato a sopportare il dolore. Se vuoi che me ne vada, me ne vado. Se vuoi che resti, resto. Ma non avere paura di manifestare i tuoi sentimenti’”.
Anche Marianna si sentiva spinta a tenere tutto chiuso dentro di sé quando morì suo marito. “Mi preoccupavo tanto di dare il buon esempio”, rammenta, “che non mi lasciavo andare come sarebbe stato normale. Pensavo che questo fosse ciò che gli altri si aspettavano da me. Ma infine scoprii che cercare d’essere una colonna per gli altri non mi aiutava certo. Cominciai ad analizzare la mia situazione e a dire: ‘Adesso tirati su. Smetti di crogiolarti nel tuo dolore. Piangi se hai bisogno di piangere. Non cercare d’essere troppo forte. Sfogati’”.
Pertanto sia Michele che Marianna raccomandano di sfogare il proprio dolore. E gli esperti di igiene mentale sono d’accordo. Il libro Death and Grief in the Family infatti fa notare: “La cosa più importante è quella di manifestare il proprio dolore, di seguire il processo della guarigione”. Perché?
“È uno sfogo”, ha detto uno psicologo a Svegliatevi! “Manifestando i propri sentimenti si può essere aiutati ad allentare la pressione”. Un altro medico aggiunge: “La naturale espressione delle emozioni, se unita alla comprensione e ad accurate informazioni, permette di vedere i propri sentimenti nella giusta luce”.
C’è da tenere presente che non tutti manifestano il dolore allo stesso modo. E il fatto che un familiare sia morto all’improvviso o dopo una lunga malattia potrebbe influire sul modo in cui i parenti reagiscono emotivamente. Ma una cosa sembra certa: Reprimere i propri sentimenti può essere nocivo sia dal lato fisico che emotivo. Non abbiate dunque paura di manifestare il vostro dolore. Ma come?
Manifestare il dolore: Come?
Può essere utile parlare, come scrive Shakespeare nel Macbeth: “Date al dolore la parola; il dolore che non parla, sussurra al cuore oppresso e gli dice di spezzarsi”. Quindi, parlare dei vostri sentimenti a un “vero compagno” che sia disposto ad ascoltare con pazienza e comprensione può dare un certo sollievo. (Proverbi 17:17) E se chi ascolta è uno che ha perso una persona cara e ha superato bene la perdita, forse potrete ricevere alcuni suggerimenti pratici su come anche voi potete farcela.
Il fatto di esprimere i propri sentimenti può anche aiutare a chiarire eventuali malintesi. Teresa spiega: “Avevamo sentito di altre coppie che dopo avere perso un figlio avevano divorziato, e non volevamo che accadesse anche a noi. Così ogni volta che eravamo arrabbiati e volevamo incolparci a vicenda, ne parlavamo. Credo che così facendo ci siamo maggiormente avvicinati l’uno all’altro”. Perciò il fatto di esprimere i propri sentimenti può aiutare a capire che forse un altro soffre in modo diverso.
Cindy fu aiutata a sopportare il dolore per la morte della madre parlando dei suoi sentimenti a un’intima amica. Essa rammenta: “La mia amica era sempre disponibile. Pianse con me. Parlò con me. Potevo manifestare apertamente i miei sentimenti, e questo era molto importante per me. Non dovevo sentirmi in imbarazzo se piangevo”.
Cindy menziona qualcos’altro che può aiutare a sfogare il dolore: piangere. In molti casi le lacrime scorrono automaticamente. Ma in alcune culture si è portati a soffocare questo prezioso sfogo. Perché? Il libro The Sorrow and the Fury (Il dolore e la rabbia) spiega: “La società guarda con disprezzo chiunque pianga per il dolore, l’ira o la solitudine. Le medaglie vanno agli stoici, quale che sia la loro pena interiore”.
Specie gli uomini sentono spesso il bisogno di trattenere le lacrime. Dopo tutto, viene loro insegnato, un “vero” uomo non piange. Fa bene alla salute questo? Il libro Recovering From the Loss of a Child (Come riprendersi dopo la perdita di un figlio) risponde: “La sincera istintiva emozione di lavarsi l’animo con lacrime di dolore si può paragonare al drenaggio di una ferita per eliminare l’infezione. Sia l’uomo che la donna hanno diritto di espiare il dolore”.
E la Bibbia è d’accordo. Leggiamo infatti che “Abraamo venne a fare il lamento per Sara [sua moglie] e a piangerla”, e che Davide ‘faceva lamento e piangeva’ quando il re Saul e Gionatan morirono. (Genesi 23:2; II Samuele 1:11, 12) E che dire di Gesù Cristo? Non c’è dubbio che era un “vero” uomo e che nessuno era paragonabile a lui. Eppure quando il suo caro amico Lazzaro morì, Gesù “gemé nello spirito e si turbò”, e poco dopo “lagrimò”. (Giovanni 11:33, 35) Allora piangere è proprio una dimostrazione di scarsa virilità?
Come reagire al senso di colpa
Come si è notato negli articoli precedenti, alcuni che hanno perso un loro caro provano sentimenti di colpa. Può già essere d’aiuto rendersi conto che questo è piuttosto normale. E anche in tal caso, non tenete questi sentimenti per voi. Parlare del fatto che vi sentite in colpa può essere proprio lo sfogo di cui avete bisogno.
Forse pensate che qualche negligenza da parte vostra abbia contribuito alla morte del vostro caro. Se le cose stanno così, rendetevi conto che, per quanto amiamo qualcuno, la sua vita non dipende da noi. Non possiamo impedire che “il tempo e l’avvenimento imprevisto” capitino a quelli che amiamo. (Ecclesiaste 9:11) Inoltre non c’è dubbio che i vostri motivi non erano cattivi. Ad esempio, non fissando prima un appuntamento col medico volevate che il vostro familiare si ammalasse e morisse? Naturalmente no! Allora siete veramente colpevoli della sua morte?
Teresa imparò come reagire al senso di colpa dopo aver perso la figlia in un incidente automobilistico. Infatti spiega: “Mi sentivo in colpa per averla fatta uscire. Ma mi resi conto che questo era ridicolo. Non c’era nulla di male nell’averla mandata a fare una commissione insieme al padre. Era stato solo un terribile incidente”.
‘Ma ci sono tante cose che vorrei aver detto e fatto’, potreste dire. È vero, ma chi di noi può affermare d’essere stato il padre, la madre o il figlio perfetto? La Bibbia ci rammenta: “Tutti inciampiamo molte volte. Se uno non inciampa in parola, questi è un uomo perfetto”. (Giacomo 3:2; Romani 5:12) Quindi ammettete il fatto che non siete perfetti. Non cambierete nulla rimuginando su ogni specie di “se”, anzi, potete metterci di più a riprendervi.
Se ritenete che la vostra colpa sia reale e non immaginaria, allora considerate la cosa più importante che ci sia per lenire la colpa: il perdono di Dio. La Bibbia ci assicura: “Se tu guardassi gli errori, o Iah, o Geova, chi starebbe? Poiché presso di te è il vero perdono, onde tu sia temuto”. (Salmo 130:3, 4) Non si può tornare indietro e cambiare qualcosa. Ma si può implorare il perdono di Dio per gli errori commessi. E Poi? Ebbene, se Dio promette di dare un colpo di spugna sul passato, non dovreste fare altrettanto voi? — Proverbi 28:13; I Giovanni 1:9.
Come reagire all’ira
Vi sentite anche un po’ adirati, forse con i medici, le infermiere, gli amici o perfino con il defunto? Rendetevi conto che anche questa è una reazione piuttosto comune quando muore qualcuno. Perché? Uno psicologo spiega: “Dolore e ira vanno a braccetto. Per esempio, quando qualcuno ferisce i vostri sentimenti, siete inclini ad arrabbiarvi. L’ira è un’emozione protettiva, difensiva”.
Perciò chiedetevi: ‘Perché sono arrabbiato?’ Se non riuscite a trovare una risposta soddisfacente, allora forse la vostra ira è la naturale conseguenza del dolore che provate. Può essere utile riconoscere questo fatto. Il libro The Sorrow and the Fury spiega: “Solo prendendo coscienza dell’ira — non agendo sotto l’impulso d’essa, ma essendone consapevoli — potete liberarvi del suo effetto deleterio”.
Può anche essere utile esprimere l’ira. In che modo? Certo non con manifestazioni incontrollate. La Bibbia avverte che può essere pericoloso continuare a nutrire ira. (Proverbi 14:29, 30) Ma alcuni esprimono l’ira per iscritto. Una vedova disse che metteva per iscritto i suoi sentimenti e poi giorni dopo rileggeva quello che aveva scritto. Trovò in questo un utile sfogo. Altri quando sono arrabbiati trovano utile fare energici esercizi fisici. Voi magari trarrete conforto parlando della cosa con un amico comprensivo.
Sebbene sia importante esprimere apertamente e sinceramente i propri sentimenti, bisogna stare attenti. Il libro The Ultimate Loss (La perdita più grande) spiega: “Si deve fare una distinzione fra esprimere [ira o frustrazione] a qualcuno, e scaricarla l’uno sull’altro. . . . Dobbiamo rendere noto l’uno all’altro che, anche se manifestiamo le nostre emozioni, non ci stiamo incolpando a vicenda di averle causate”. Badate dunque di esprimere i vostri sentimenti in modo da non spaventare l’altra persona. — Proverbi 18:21.
Oltre a questi suggerimenti, c’è qualcos’altro che può aiutarci a sopportare il dolore. ‘Di cosa si tratta?’, chiederete.a
L’aiuto di Dio
La Bibbia ci assicura: “Geova è vicino a quelli che hanno il cuore rotto; e salva quelli che sono di spirito affranto”. (Salmo 34:18) Sì, il fatto di avere una relazione con Dio può aiutarvi più di qualsiasi altra cosa a sopportare la perdita di una persona cara. In che modo?
Primo, può aiutarvi a sopportare il dolore ora. Molti dei pratici suggerimenti dati finora si basano sulla Parola di Dio, la Bibbia. Seguendo questi princìpi potete essere aiutati a far fronte alla situazione.
Oltre a ciò, non si deve sottovalutare il potere della preghiera. La Bibbia ci dà questa esortazione: “Getta su Geova stesso il tuo peso, ed egli stesso ti sosterrà”. (Salmo 55:22) Se, come abbiamo già notato, può essere utile esprimere i propri sentimenti a un amico comprensivo, quanto più utile sarà aprire il proprio cuore all’“Iddio d’ogni conforto”. — II Corinti 1:3, 4.
I benefìci della preghiera, naturalmente, non sono soltanto psicologici. L’“Uditore di preghiera” promette di dare lo spirito santo ai suoi servitori che glielo chiedono sinceramente. (Salmo 65:2; Luca 11:13) E quello spirito santo, o forza attiva, può darvi “potenza oltre ciò che è normale” per andare avanti di giorno in giorno. (II Corinti 4:7) Ricordate: Non c’è problema a cui i servitori fedeli vanno incontro che Dio non possa aiutarli a sopportare. — Confronta I Corinti 10:13.
Un secondo modo in cui l’avere una relazione con Dio ci aiuta a sopportare il dolore è che essa infonde speranza. Pensate: Come vi sentireste se sapeste che in un prossimo futuro potrete riunirvi con la persona cara defunta proprio qui sulla terra in condizioni giuste? Una prospettiva davvero emozionante! Ma è realistica? Gesù promise: “L’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno fuori”. — Giovanni 5:28, 29; Rivelazione 20:13; 21:3, 4.
Possiamo davvero credere in una promessa del genere? Dal momento che Geova Dio creò in primo luogo la vita non dovrebbe essere capace di riportare in vita qualcuno che è già vissuto? Inoltre, dal momento che “Dio, che non può mentire”, lo ha promesso, non possiamo avere fiducia che manterrà la parola? — Tito 1:2; Isaia 55:10, 11.
Michele lo crede fermamente. Avendo forte fede nella speranza della risurrezione, egli osserva: “Devo pensare a quello che devo fare ora per piacere a Dio, così che quando mio padre tornerà nella risurrezione sarò lì ad attenderlo”.
I testimoni di Geova saranno lieti di aiutarvi a sapere di più su questa incoraggiante speranza. Tale speranza rende le cose diverse. No, non elimina il dolore, ma può renderlo più sopportabile. Ciò non significa che non piangerete più o che dimenticherete la persona cara. Ma potete riprendervi. E nel contempo, la vostra esperienza può rendervi più comprensivi e sensibili nell’aiutare altri a sopportare una perdita simile.
[Nota in calce]
a È opportuno notare che in alcuni casi può essere necessario ricorrere all’aiuto di un esperto, specie se il familiare del defunto ha avuto disturbi mentali o pensa al suicidio. Per avere delle indicazioni, vedi Svegliatevi! dell’8 aprile 1982, pagine 24 e 25.
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Alcuni suggerimenti pratici
Fate assegnamento sugli amici: Se qualcuno vuole aiutarvi, permettetegli di farlo. Comprendete che forse questo è il suo modo per dimostrarvi i propri sentimenti; forse non riesce a trovare le parole giuste.
Abbiate cura della vostra salute: Il vostro corpo ha bisogno come non mai di sufficiente riposo, sano esercizio e appropriato nutrimento. Se avete trascurato la vostra salute, forse è opportuno farvi controllare dal vostro medico.
Rimandate le decisioni importanti: Se è possibile, perché non aspettate finché non siate in grado di ragionare più chiaramente prima di decidere se vendere la casa o cambiare lavoro? — Proverbi 21:5.
Siate indulgenti con gli altri: Sforzatevi d’essere pazienti. Comprendete il loro imbarazzo. Non sapendo cosa dire, forse dicono goffamente la cosa sbagliata.
Non siate troppo ansiosi: Forse siete preoccupati e pensate: ‘Che ne sarà ora di me?’ La Bibbia consiglia di preoccuparsi di un giorno alla volta. “Mi è veramente di aiuto vivere un giorno per volta”, spiega una vedova. — Matteo 6:25-34.
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