PERSIA, PERSIANI
Paese e popolo menzionati di solito insieme ai medi sia nella Bibbia che nella storia secolare. Medi e persiani erano evidentemente popoli affini, appartenenti ad antiche tribù arie (indoiraniche); quindi i persiani sarebbero discendenti di Iafet, forse tramite Madai, comune antenato dei medi. (Ge 10:2) In un’iscrizione Dario il Grande si definisce “persiano, figlio di un persiano, ario, di discendenza aria”. — A. T. Olmstead, History of the Persian Empire, 1948, p. 123.
Iscrizioni assire relative all’epoca di Salmaneser III (contemporaneo, pare, di Ieu re d’Israele) menzionano un’invasione della Media e il pagamento di un tributo da parte dei re di “Parsua”, una regione apparentemente situata a O del Lago Urmia e confinante con l’Assiria. Molti studiosi ritengono che all’epoca “Parsua” fosse il nome del paese dei persiani, anche se altri lo assocerebbero con i parti. Comunque, iscrizioni posteriori indicano che i persiani stavano molto più a S, nella “Parsa”, a SE dell’Elam, in quella che oggi è la provincia iraniana di Fars. Anzan, regione o città confinante con l’Elam e un tempo inclusa nel suo reame, era pure occupata dai persiani.
All’inizio della loro storia sembra che i persiani occupassero solo la parte sudoccidentale del grande altopiano iranico, confinante con l’Elam e la Media a NO, la Partia a N, la Carmania a E e il Golfo Persico a S e SO. Fatta eccezione per le calde e umide regioni costiere del Golfo Persico, il paese era per lo più costituito dalla parte meridionale dell’impervia catena dei monti Zagros, solcata da lunghe valli assai fertili, con pendii boscosi. Nelle valli il clima è temperato, mentre nella parte più elevata dell’arido altopiano, spazzato dai venti, nei mesi invernali fa molto freddo. Come i medi, sembra che i persiani fossero dediti principalmente all’allevamento del bestiame, oltre che all’agricoltura nella misura necessaria, e il re persiano Dario il Grande vantò il suo paese nativo definendolo “bello e ricco di cavalli e di uomini”. — Encyclopædia Britannica, 1959, vol. 17, p. 603.
I persiani, che in origine conducevano una vita piuttosto austera, spesso nomade, nel periodo dell’impero manifestarono una notevole predilezione per il lusso e gli ambienti sfarzosi. (Cfr. Est 1:3-7; anche 8:15, dove sono descritti gli abiti dati a Mardocheo). A Persepoli ci sono sculture che rappresentano i persiani con calzature basse e vestiti con abiti dalle linee morbide, lunghi fino alle caviglie, legati con una cintura. I medi invece sono rappresentati con abiti aderenti a maniche lunghe, che arrivano sotto il ginocchio. (ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 328) Sembra che sia i persiani che i medi usassero anche pantaloni; soldati persiani sono rappresentati con pantaloni e una tunica senza maniche sopra la corazza a scaglie di ferro. I persiani erano abili cavalieri, e la cavalleria aveva un ruolo importante nella loro strategia bellica.
Il persiano appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee ed è considerato affine al sanscrito, antica lingua indiana. A un certo punto della loro storia i persiani cominciarono a usare la scrittura cuneiforme, ma con molti meno caratteri rispetto alle centinaia in uso presso i babilonesi e gli assiri. Anche se esistono iscrizioni in persiano antico con traduzione in accadico e in una lingua generalmente chiamata “elamico” o “susiano” risalenti all’epoca dell’impero persiano, i documenti ufficiali usati nell’amministrazione dei domini imperiali erano principalmente in aramaico, lingua internazionale. — Esd 4:7.
L’espansione dell’impero medo-persiano. (CARTINA, vol. 2, p. 327) Come i medi, sembra che i persiani fossero dominati da diverse famiglie nobili. Da una di queste ebbe origine la dinastia degli Achemenidi, da cui discese il fondatore dell’impero persiano, Ciro il Grande. Ciro, che secondo Erodoto (I, 107, 108) e Senofonte (Ciropedia, I, ii, 1) era di padre persiano e di madre meda, unì i persiani sotto il suo comando. Fino a quel momento i medi avevano avuto il predominio sui persiani, ma Ciro riportò una rapida vittoria sul re medo Astiage e ne conquistò la capitale, Ecbatana (550 a.E.V.). (Cfr. Da 8:3, 20). L’impero medo passò così sotto l’egemonia dei persiani.
Anche se i medi rimasero soggetti ai persiani finché durò la dinastia degli Achemenidi, non c’è dubbio che l’impero assunse una duplice natura. Infatti si legge: “La stretta affinità fra persiani e medi non fu mai dimenticata. Benché saccheggiata, Ecbatana rimase una delle residenze reali preferite. I medi ricevevano gli stessi onori dei persiani; ricoprivano alte cariche amministrative e posti di comando negli eserciti persiani. Gli stranieri parlavano abitualmente di medi e persiani; quando usavano un termine solo, era ‘i medi’”. — History of the Persian Empire, cit., p. 37.
Sotto Ciro l’impero medo-persiano si estese ulteriormente a O raggiungendo il Mar Egeo in seguito alla vittoria dei persiani su Creso re di Lidia e alla conquista di alcune città greche sulla costa. Ciro riportò la sua più importante vittoria nel 539 a.E.V. quando, alla testa degli eserciti alleati medi, persiani ed elamiti, conquistò la potente Babilonia, adempiendo le profezie della Bibbia. (Isa 21:2, 9; 44:26–45:7; Da 5:28) Con la caduta di Babilonia ebbe fine il lungo periodo di supremazia semitica, sostituita dalla prima potenza mondiale di origine aria (iafetica). Anche il paese di Giuda (come pure la Siria e la Fenicia) venne a trovarsi sotto la dominazione medo-persiana. Per decreto di Ciro, nel 537 a.E.V. fu concesso agli esiliati ebrei di tornare nella loro patria, che era rimasta desolata esattamente per 70 anni. — 2Cr 36:20-23; vedi CIRO.
Capitali persiane. In armonia con la duplice natura dell’impero, un medo di nome Dario diventò il sovrano dello sconfitto regno dei caldei, probabilmente però non un sovrano indipendente dall’autorità di Ciro. (Da 5:31; 9:1; vedi DARIO n. 1). Babilonia continuò a essere una delle capitali dell’impero medo-persiano, e anche un centro religioso e commerciale. Ma sembra che gli imperatori persiani non sopportassero le sue estati torride; quindi raramente Babilonia fu per loro più che una residenza invernale. Ci sono testimonianze archeologiche che, dopo la conquista di Babilonia, Ciro tornò ben presto a Ecbatana (l’attuale Hamadan), che sorge ai piedi del monte Alwand a un’altitudine di oltre 1900 m sul livello del mare, dove inverni con molta neve e freddo pungente sono compensati da estati incantevoli. A Ecbatana fu ritrovata, diversi anni dopo la sua emanazione, una memoria di Ciro relativa alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme. (Esd 6:2-5) La prima capitale persiana fu Pasargade, circa 650 km a SE di Ecbatana, ma più o meno alla stessa altitudine. Presso Pasargade gli imperatori persiani Dario, Serse e Artaserse Longimano costruirono in seguito la residenza reale di Persepoli, fornita di una vasta rete di gallerie sotterranee, evidentemente per il rifornimento di acqua potabile. Un’altra capitale era Susa (Susan), vicino al fiume Coaspe (Karkheh) nell’antico Elam, che aveva una posizione strategica centrale fra Babilonia, Ecbatana e Persepoli. Qui Dario il Grande costruì un sontuoso palazzo adibito generalmente a residenza invernale poiché, come a Babilonia, anche a Susa d’estate faceva molto caldo. Tuttavia col passar del tempo Susa diventò sempre più il vero centro amministrativo dell’impero. — Vedi ECBATANA; SUSA.
Religione e legge. Sembra che i re persiani, benché capaci di crudeltà come i sovrani semiti dell’Assiria e della Babilonia, cercassero per lo meno all’inizio di manifestare una certa lealtà e legalità nei rapporti con i popoli vinti. La loro religione aveva a quanto pare una componente etica. Dopo la principale divinità, Ahura Mazda, un altro dio importante era Mithra, venerato, oltre che come dio della guerra, anche come difensore dei patti e dei contratti, i cui occhi e orecchi erano sempre vigili per scorgere gli eventuali violatori degli accordi. (Vedi DEI E DEE). A proposito dei persiani lo storico greco Erodoto (I, 136, 138) scrive: “Ai loro figli, a cominciare dai cinque anni fino ai venti, insegnano tre cose solamente: montare a cavallo, tirar d’arco e dire la verità. . . . La cosa più riprovevole è dai Persiani comunemente considerata la menzogna”. Anche se la loro storia rivela che i sovrani persiani non furono immuni da doppiezza e intrighi, tuttavia una certa fedeltà di fondo a qualche credo tribale che imponeva di ‘mantenere la parola’ è evidente dalla loro insistenza nel sostenere l’inviolabilità della “legge dei medi e dei persiani”. (Da 6:8, 15; Est 1:19; 8:8) Infatti quando il decreto di Ciro venne ritrovato circa 18 anni dopo la sua emanazione, il re Dario riconobbe la legittimità della posizione degli ebrei circa la ricostruzione del tempio e diede ordini che fosse prestata loro la massima collaborazione. — Esd 6:1-12.
L’ordinamento dell’impero persiano rivela una notevole abilità amministrativa. Oltre al consiglio della Corona (o comitato consultivo del re) composto di “sette principi di Persia e di Media” (Est 1:14; Esd 7:14), c’erano i satrapi preposti alle principali regioni o nazioni, come Media, Elam, Partia, Babilonia, Assiria, Arabia, Armenia, Cappadocia, Lidia, Ionia e, con l’espansione dell’impero, Egitto, Etiopia e Libia. I satrapi avevano una certa autonomia governativa, che includeva l’amministrazione di questioni giudiziarie e finanziarie locali. (Vedi SATRAPO). All’interno della satrapia sembra ci fossero governatori di grado inferiore responsabili dei distretti giurisdizionali (che ai giorni del re Assuero erano 127), e all’interno dei distretti giurisdizionali c’erano principi dei particolari gruppi etnici che ne costituivano la popolazione. (Esd 8:36; Est 3:12; 8:9) Probabilmente per ovviare allo svantaggio di avere la capitale imperiale quasi in un angolo dell’estesissimo territorio, si adottò un rapido sistema di comunicazioni: un regio servizio postale che impiegava corrieri che cavalcavano cavalli da posta; in tal modo il trono era collegato con tutti i distretti giurisdizionali. (Est 8:10, 14) Le strade regie, una delle quali andava da Susa fino a Sardi in Asia Minore, erano ben tenute.
Dalla morte di Ciro a quella di Dario. Il regno di Ciro il Grande terminò nel 530 a.E.V. con la sua morte, avvenuta durante una campagna militare. Gli succedette il figlio Cambise II che riportò la vittoria sull’Egitto. Pur non essendo menzionato per nome nella Bibbia, Cambise è evidentemente l’“Assuero” al quale coloro che si opponevano alla ricostruzione del tempio presentarono false accuse contro gli ebrei, come si legge in Esdra 4:6.
Le circostanze relative alla fine del regno di Cambise sono confuse. Una versione, fornita da Dario il Grande nell’iscrizione di Bisutun, e ripresa da Erodoto (III, 61-67) e da altri con qualche variante, è che Cambise avesse fatto mettere segretamente a morte suo fratello Bardiya (che Erodoto chiama Smerdi). Poi, mentre Cambise si trovava in Egitto, un mago di nome Gaumata (pure lui chiamato Smerdi da Erodoto), facendosi passare per Bardiya (Smerdi), usurpò il trono e riuscì a ottenere il riconoscimento ufficiale. Cambise, mentre ritornava dall’Egitto, morì, lasciando quindi il trono all’usurpatore. L’altra versione, preferita da alcuni storici, è che Bardiya non fosse stato ucciso e che lui stesso, non un impostore, avesse usurpato il trono durante l’assenza di Cambise.
Ad ogni modo il regno di Cambise terminò nel 522 a.E.V. e il regno successivo durò sette mesi, terminando anch’esso nel 522 a.E.V. con l’assassinio dell’usurpatore (Bardiya o Gaumata lo pseudo Smerdi). Eppure sembra che durante questo breve regno una seconda accusa contro gli ebrei venisse presentata all’allora re di Persia, chiamato nella Bibbia “Artaserse” (forse un nome o titolo regale), e questa volta le accuse sfociarono nell’interdetto reale che intimò di sospendere la costruzione del tempio. (Esd 4:7-23) I lavori del tempio rimasero quindi fermi “fino al secondo anno del regno di Dario re di Persia”. — Esd 4:24.
Dario I (Dario il Grande, figlio di Istaspe) salì evidentemente al trono dopo avere organizzato o istigato l’uccisione di colui che occupava il trono di Persia. A Gerusalemme, con l’approvazione di Dario, furono ripresi i lavori del tempio, che fu completato nel sesto anno del suo regno (agli inizi del 515 a.E.V.). (Esd 6:1-15) Sotto Dario l’impero ebbe un periodo di espansione. Egli estese il dominio persiano fino all’India a E, e alla Tracia e alla Macedonia a O.
A quel tempo i sovrani di Persia avevano già adempiuto le profezie di Daniele 7:5 e 8:4, dove, con i simboli di un orso e di un montone, l’impero medo-persiano è descritto nell’atto di occupare territori in tre direzioni principali: a N, a O e a S. Tuttavia nel 490 a.E.V., durante una campagna contro la Grecia, gli eserciti di Dario furono sconfitti a Maratona. Dario morì nel 486 a.E.V. — Vedi DARIO n. 2.
I regni di Serse e di Artaserse. Serse, figlio di Dario, è evidentemente il re chiamato “Assuero” nel libro di Ester. Le sue azioni corrispondono anche alla descrizione del quarto re di Persia, che avrebbe sollevato “ogni cosa contro il regno di Grecia”. (Da 11:2) Nel tentativo di vendicare la sconfitta subita dai persiani a Maratona, nel 480 a.E.V. Serse sferrò un imponente attacco contro la Grecia. Dopo aver riportato una difficile vittoria alle Termopili e aver distrutto Atene, l’esercito di Serse fu sconfitto prima a Salamina e poi a Platea, ed egli fu costretto a far ritorno in Persia.
Il regno di Serse fu contrassegnato da alcune riforme amministrative e dal completamento di molte opere architettoniche iniziate dal padre a Persepoli. (Cfr. Est 10:1, 2). A proposito della fine del regno di Serse, opere di scrittori greci menzionano difficoltà coniugali, disordini nell’harem, e una presunta influenza esercitata su Serse da alcuni cortigiani. Queste descrizioni possono rispecchiare, anche se in modo molto confuso e distorto, alcuni episodi fondamentali del libro di Ester, fra cui la deposizione della regina Vasti, sostituita da Ester, e anche l’ascesa di Mardocheo a una posizione di grande autorità nel reame. (Est 2:17; 10:3) Secondo la storia secolare, Serse fu assassinato da uno dei suoi cortigiani.
Artaserse Longimano, successore di Serse, è degno di nota per aver autorizzato Esdra a tornare a Gerusalemme con un’ingente contribuzione per il tempio. Questo avvenne nel settimo anno del regno di Artaserse (468 a.E.V.). (Esd 7:1-26; 8:24-36) Durante il 20º anno di Artaserse (455 a.E.V.), Neemia ebbe il permesso di tornare a Gerusalemme per ricostruire la città. (Ne 1:3; 2:1, 5-8) In seguito Neemia tornò per qualche tempo alla corte di Artaserse, nel 32º anno del suo regno (443 a.E.V.). — Ne 13:6.
Gli storici non sono pienamente concordi sui regni di Serse e di Artaserse. Alcune opere di consultazione pongono l’anno di accessione di Artaserse nel 465 a.E.V. Certi documenti attribuiscono a suo padre Serse un regno che continuò fino al 21º anno. Il regno di Serse viene generalmente fatto iniziare nel 486 a.E.V., con la morte del padre Dario. Il suo primo anno di regno viene fatto iniziare nel 485 a.E.V., e il suo 21º anno, e anno di accessione di Artaserse, viene spesso identificato col 465 a.E.V. In quanto ad Artaserse, gli studiosi in genere ritengono che il suo ultimo anno di regno abbia avuto inizio nel 424 a.E.V. Secondo certi documenti, quello sarebbe stato il 41º anno del regno di Artaserse. Se così fosse, il suo anno di accessione sarebbe stato il 465 a.E.V. e il suo primo anno di regno sarebbe iniziato nel 464 a.E.V.
Ci sono però validi motivi per ritenere che l’ultimo anno di Serse e anno di accessione di Artaserse sia stato il 475 a.E.V. Le testimonianze sono di triplice fonte: greca, persiana e babilonese.
Fonti greche. Un episodio della storia greca ci può aiutare a determinare quando cominciò a regnare Artaserse. Temistocle, uomo politico e generale ateniese, cadde in disgrazia presso i suoi concittadini e cercò scampo in Persia. Secondo lo storico greco Tucidide (I, CXXXVII, 3), noto per la sua accuratezza, in quel tempo Temistocle “inviò una lettera al re Artaserse figlio di Serse, che era salito al trono da poco”. Il biografo greco Plutarco (Vita di Temistocle, XXVII, 1) afferma che “Tucidide, e Carone di Lampsaco, riferiscono che dopo che Serse era morto Temistocle incontrò il figlio, Artaserse”. Carone era un suddito persiano che visse nel periodo del passaggio del regno da Serse ad Artaserse. Dalle testimonianze di Tucidide e di Carone di Lampsaco si desume che quando Temistocle arrivò in Persia, Artaserse aveva da poco cominciato a regnare.
Possiamo stabilire quando Artaserse cominciò a regnare mediante un calcolo a ritroso, partendo dalla morte di Temistocle. Non tutte le opere di consultazione indicano lo stesso anno come data della sua morte. Tuttavia lo storico Diodoro Siculo (XI, 54, 1; XI, 58, 3) descrive la morte di Temistocle insieme ad altri avvenimenti verificatisi “quando Prassiergo era arconte in Atene”. Prassiergo fu arconte ad Atene nel 471/470 a.E.V. (Alan E. Samuel, Greek and Roman Chronology, Monaco, 1972, p. 206) Secondo Tucidide, l’arrivo di Temistocle in Persia fu seguito da un anno di studio della lingua in preparazione dell’udienza con Artaserse. Dopo ciò il re gli concesse di stabilirsi in Persia con grandi onori. Se Temistocle morì nel 471/470 a.E.V., non può essersi stabilito in Persia più tardi del 472 a.E.V., e deve esservi arrivato un anno prima, nel 473 a.E.V. A quel tempo Artaserse “era salito al trono da poco”.
Riguardo al tempo in cui Serse morì e Artaserse ascese al trono, M. de Koutorga scrisse: “Abbiamo visto che, secondo la cronologia di Tucidide, Serse morì verso la fine del 475 a.E.V., e che, secondo il medesimo storico, Temistocle arrivò in Asia Minore poco dopo l’ascesa al trono di Artaserse Longimano”. — Mémoires présentés par divers savants à l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres de l’Institut Impérial de France, prima serie, vol. VI, parte II, Parigi, 1864, p. 147.
A ulteriore conferma di ciò, E. Levesque osservò: “È pertanto necessario, stando al Chronicon Alexandrinum, collocare la morte di Serse nel 475 a.E.V., dopo undici anni di regno. Lo storico Giustino [Giuniano], III, 1, conferma questa cronaca e le affermazioni di Tucidide. Secondo lui, all’epoca dell’assassinio di Serse, il figlio Artaserse non era che un fanciullo, puer, il che è vero se Serse morì nel 475. Artaserse aveva allora 16 anni, mentre nel 465 ne avrebbe avuti 26, e ciò non giustificherebbe più l’espressione di Giustino. Secondo questa cronologia, dato che Artaserse cominciò a regnare nel 475, il 20º anno del suo regno dev’essere stato il 455 e non il 445 come abbastanza spesso si sente dire”. — Revue apologétique, Parigi, 1939, vol. 68, p. 94.
Se Dario morì nel 486 a.E.V. e Serse nel 475 a.E.V., come mai alcuni documenti antichi attribuiscono a Serse un regno di 21 anni? È ben noto che un re e suo figlio potevano regnare insieme, in una coreggenza. Se questo è ciò che avvenne nel caso di Dario e Serse, gli storici potevano contare gli anni del regno di Serse o dall’inizio della reggenza col padre o dalla morte del padre. Se Serse regnò 10 anni col padre e 11 da solo, alcune fonti possono attribuirgli 21 anni di regno, mentre altre 11 anni.
Ci sono validi motivi per credere che Serse e il padre Dario abbiano regnato insieme. Lo storico greco Erodoto (VII, 3) scrive: “Dario, che aveva riconosciuto giusto quanto [Serse] gli diceva [cioè di farlo re], designò re proprio lui. Secondo il mio parere, Serse sarebbe stato re anche senza questo consiglio”. Questo indica che Serse fu designato re durante il regno di suo padre Dario.
Fonti persiane. L’esistenza di una coreggenza di Serse e Dario è particolarmente evidente dall’esame di alcuni bassorilievi persiani. Vari bassorilievi rinvenuti a Persepoli rappresentano Serse in piedi dietro il trono del padre, con lo stesso abbigliamento del padre e con la testa al medesimo livello. Questo è inconsueto, dato che di solito la testa del re viene raffigurata più in alto di tutte le altre. Ernst E. Herzfeld (A New Inscription of Xerxes From Persepolis, 1932) fa notare che sia le iscrizioni che gli edifici scoperti a Persepoli presuppongono una reggenza di Serse col padre Dario. A pagina 8, Herzfeld scrive: “Il carattere particolare delle iscrizioni di Serse a Persepoli, la maggior parte delle quali non distingue fra le attività sue e quelle di suo padre, e la relazione altrettanto particolare esistente fra i loro edifici, che non possono essere attribuiti specificamente a Dario o a Serse, hanno sempre lasciato presupporre un qualche tipo di coreggenza da parte di Serse. A Persepoli ci sono inoltre due sculture che illustrano questa relazione”. Riferendosi a una di queste sculture, Herzfeld spiega: “Dario, con tutti gli attributi regali, è raffigurato su un trono che poggia su un’alta piattaforma sorretta da rappresentanti delle varie nazioni dell’impero. Dietro di lui sul bassorilievo, cioè in realtà alla sua destra, si vede in piedi Serse con gli stessi attributi regali, con la mano sinistra appoggiata sull’alta spalliera del trono. Questo è un gesto che attesta chiaramente un ruolo non di semplice successore; indica una coreggenza”.
In quanto alla datazione dei bassorilievi che raffigurano Dario e Serse in questo modo, Ann Farkas (Achaemenid Sculpture, Istanbul, 1974, p. 53) afferma che “i bassorilievi possono essere stati installati nel Tesoro durante la costruzione del primo ampliamento, 494/493–492/491 a.C.; questo sarebbe stato certamente il tempo più adatto per trasferire tali ingombranti lastre di pietra. Ma a prescindere dalla data in cui vennero rimosse e trasferite nel Tesoro, le sculture furono forse eseguite nel decennio anteriore al 490”.
Fonti babilonesi. A Babilonia sono state trovate testimonianze che Serse iniziò a regnare insieme al padre nel decennio anteriore al 490 a.E.V. Scavi eseguiti sul luogo hanno portato alla luce un palazzo di Serse ultimato nel 496 a.E.V. A questo riguardo A. T. Olmstead scrive: “Apprendiamo che il 23 ottobre del 498 a Babilonia era in corso di costruzione la casa del figlio del re [cioè del figlio di Dario, Serse]; senza dubbio si tratta del palazzo di Dario nella parte centrale che abbiamo già descritto. Due anni dopo [nel 496 a.E.V.], un documento commerciale della vicina Borsippa fa riferimento al ‘nuovo palazzo’ come già ultimato”. — History of the Persian Empire, cit., p. 215.
Due insolite tavolette d’argilla potrebbero costituire un’ulteriore testimonianza della coreggenza di Serse e Dario. Una è un testo commerciale relativo all’affitto di un edificio nell’anno di accessione di Serse. La tavoletta porta la data del primo mese dell’anno, nisan. (R. Campbell Thompson, A Catalogue of the Late Babylonian Tablets in the Bodleian Library, Oxford, Londra, 1927, p. 13, tavoletta A. 124) Un’altra tavoletta reca la data: “mese di ab(?), anno di accessione di Serse”. Fatto degno di nota, quest’ultima tavoletta non attribuisce a Serse il titolo di “re di Babilonia, re di paesi”, che era comune a quel tempo. — M. San Nicolò e A. Ungnad, Neubabylonische Rechts- und Verwaltungsurkunden übersetzt und erläutert, Lipsia, 1934, vol. I, parte 4ª, p. 544, tavoletta n. 634, classificata VAT 4397.
Queste due tavolette lasciano perplessi. Ordinariamente l’anno di accessione di un re comincia dopo la morte del suo predecessore. Tuttavia ci sono testimonianze che il predecessore di Serse (Dario) visse fino al settimo mese del suo ultimo anno, mentre questi due documenti relativi all’anno di accessione di Serse recano date anteriori al settimo mese (una porta la data del primo mese, l’altra del quinto). Perciò questi documenti non si riferiscono a un periodo di accessione di Serse posteriore alla morte del padre, ma a un anno di accessione durante la sua reggenza con Dario. Se tale anno di accessione fu il 496 a.E.V., quando il palazzo di Serse a Babilonia era stato ultimato, il suo primo anno come coreggente sarebbe iniziato il nisan successivo, nel 495 a.E.V., e il suo 21º e ultimo anno di regno avrebbe avuto inizio nel 475 a.E.V. In tal caso Serse avrebbe regnato 10 anni con Dario (dal 496 al 486 a.E.V.) e 11 anni da solo (dal 486 al 475 a.E.V.).
Dall’altro lato, gli storici sono concordi nel dire che il primo anno di regno di Dario II iniziò nella primavera del 423 a.E.V. Una tavoletta babilonese indica che nel suo anno di accessione Dario II era già sul trono il 4º giorno dell’11º mese, cioè il 13 febbraio del 423 a.E.V. (R. A. Parker e W. H. Dubberstein, Babylonian Chronology, 626 B.C.–A.D. 75, 1971, p. 18) Comunque, due tavolette mostrano che Artaserse continuò a regnare dopo il 4º giorno dell’11º mese del suo 41º anno. Una porta la data del 17º giorno dell’11º mese del suo 41º anno. (Ibid.) L’altra reca la data del 12º mese del suo 41º anno. (Old Testament and Semitic Studies, a cura di Harper, Brown e Moore, 1908, vol. 1, p. 304, tavoletta n. 12, classificata CBM, 5505) Perciò Artaserse non fu sostituito nel trono durante il suo 41º anno di regno, ma regnò per l’intero anno. Questo indica che Artaserse deve aver regnato più di 41 anni e che il suo primo anno di regno non deve quindi contarsi dal 464 a.E.V.
Una prova che Artaserse Longimano continuò a regnare dopo il suo 41º anno è data da un documento commerciale di Borsippa datato al 50º anno di Artaserse. (E. Leichty e A. K. Grayson, Catalogue of the Babylonian Tablets in the British Museum, vol. VII: Tavolette provenienti da Sippar 2, 1987, p. 153; tavoletta classificata B. M. 65494) Una delle tavolette che collegano la fine del regno di Artaserse con l’inizio del regno di Dario II è così datata: “51º anno, anno di accessione, 12º mese, giorno 20, Dario, re di paesi”. (Albert T. Clay, The Babylonian Expedition of the University of Pennsylvania, Series A: Cuneiform Texts, 1908, vol. VIII, parte I, pp. 34, 83, e tavola 57, tavoletta n. 127, classificata CBM 12803) Poiché il primo anno di regno di Dario II fu il 423 a.E.V., il 51º anno di regno di Artaserse dev’essere stato il 424 a.E.V. e il suo primo anno di regno il 474 a.E.V.
Perciò, testimonianze provenienti da fonti greche, persiane e babilonesi concordano nell’additare il 475 a.E.V. come anno di accessione di Artaserse e il 474 a.E.V. come suo primo anno di regno. Di conseguenza il 20º anno di Artaserse, anno da cui cominciano a contarsi le 70 settimane di Daniele 9:24, fu il 455 a.E.V. Se sulla base di Daniele 9:25 contiamo 69 settimane di anni (483 anni) a partire dal 455 a.E.V., arriviamo a un anno significativo per l’arrivo di Messia il Condottiero.
Dal 455 a.E.V. all’1 E.V. ci sono 455 anni interi. Aggiungendo i rimanenti 28 anni (per fare 483 anni) si arriva al 29 E.V., l’anno esatto in cui Gesù di Nazaret fu battezzato in acqua e unto con spirito santo, e in cui cominciò il suo ministero pubblico come Messia, o Cristo. — Lu 3:1, 2, 21, 22.
Fino alla caduta e alla divisione dell’impero. Circa i successori di Artaserse Longimano al trono di Persia, Diodoro Siculo (XII, 71, 1) fornisce questa informazione: “In Asia il re Serse morì dopo aver regnato un anno, o, secondo alcuni, due mesi; gli succedette suo fratello Sogdiano, che regnò sette mesi. Questi fu ucciso da Dario, che regnò diciannove anni”. Questo Dario (conosciuto come Dario II) in origine si chiamava Oco, ma una volta salito al trono assunse il nome di Dario. Sembra che sia il “Dario” menzionato in Neemia 12:22.
A Dario II succedette Artaserse II (Mnemone), durante il cui regno l’Egitto si ribellò e i rapporti con la Grecia peggiorarono. Il suo regno (404-359 a.E.V.) fu seguito da quello di suo figlio Artaserse III (anch’egli chiamato Oco), il quale pare abbia regnato circa 21 anni (358-338 a.E.V.) e si dice sia stato il più sanguinario di tutti i sovrani persiani. La sua maggiore impresa fu la riconquista dell’Egitto. Secondo la storia secolare seguirono poi Arse che regnò due anni e Dario III (Codomano) che regnò cinque anni; durante il regno di Dario III, Filippo il Macedone fu assassinato (336 a.E.V.) e gli succedette il figlio Alessandro. Nel 334 a.E.V. Alessandro cominciò la sua campagna contro l’impero persiano, sconfiggendo gli eserciti persiani prima presso il fiume Granico all’estremità NO dell’Asia Minore e poi a Isso all’estremità opposta (333 a.E.V.). Infine, dopo che i greci ebbero conquistato la Fenicia e l’Egitto, nel 331 a.E.V. cadde Gaugamela, l’ultimo caposaldo persiano, e l’impero persiano giunse alla sua fine.
Dopo la morte di Alessandro e la successiva divisione dell’impero, Seleuco Nicatore si impadronì di gran parte dei territori asiatici con al centro la Persia. Ebbe così inizio la dinastia dei Seleucidi, che continuò fino al 64 a.E.V. Sembra che con Seleuco Nicatore abbia cominciato a manifestarsi la figura profetica del “re del nord” della profezia di Daniele, in opposizione ai Tolomei che regnavano in Egitto, i quali inizialmente sembra abbiano assunto il ruolo del simbolico “re del sud”. — Da 11:4-6.
I Seleucidi dovettero ritirarsi nella parte occidentale del loro regno a motivo delle incursioni dei parti, che nel III e II secolo a.E.V. conquistarono la Persia propriamente detta. Nel III secolo E.V. questi furono sconfitti dai Sassanidi, che regnarono fino alla conquista araba avvenuta nel VII secolo.
La profezia di Ezechiele (27:10) include dei persiani fra gli uomini di guerra che prestavano servizio nell’esercito della ricca Tiro e che contribuirono al suo splendore. La Persia è menzionata anche fra le nazioni che fanno parte delle orde guidate dal simbolico “Gog del paese di Magog” contro il popolo del patto di Geova. — Ez 38:2, 4, 5, 8, 9.