Fate la conoscenza del veloce guanaco della Patagonia
L’auto sale lentamente per una curva della strada ghiaiosa, ai limiti dei laghi delle Ande meridionali. All’improvviso uno dei ragazzi fa segno col dito e grida eccitato: “Guanaco!” Tutti guardano in quella direzione, un punto all’incirca a metà del monte boscoso, e allungando il collo e acuendo la vista siamo ricompensati scorgendo un piccolo gruppo di macchie color arancio, tutte in fila. Fra l’animato chiacchierio che ne segue, si leva una voce al di sopra delle altre.
“Ma che cos’è il guanaco? Io non ho visto niente!”
Tutti guardano il piccolo Gianni. “Ha ragione”, dice Susanna, “abbiamo dimenticato il nostro visitatore del nord. Non ha mai visto un guanaco. Be’, chiedilo al nonno, Gianni. Sa tutto di loro. Una volta dava loro la caccia.
“Sì”, interrompe Guglielmo, “e dicci anche, nonno, come davano loro la caccia gli Indiani”.
Il vecchio signore ride e dice: “Aspettate un po’. Tutto a suo tempo. Forse a Gianni piacerebbe vedere prima un guanaco da vicino”.
“Ma come può vederlo?” chiede Susanna. “Non potremmo mai prenderne uno. Hai detto tu stesso che nemmeno un buon cavallo può raggiungerlo”.
“Sì, Susanna, ma non parlavo di un animale addomesticato. Ora, accade che nella prossima fattoria, o estancia, come la chiamiamo qui, c’è un guanaco che viene tenuto come animale favorito. Il proprietario dell’estancia è un mio amico, e sono sicuro che sarebbe felicissimo di farci andare a vederlo. Vi piacerebbe andare?”
“Oh, sì. Andiamo”, dicono in coro i tre ragazzi.
A casa in Patagonia
Mentre avanzano, Gianni comincia a guardare più attentamente lo sconosciuto paesaggio. Le pecore brucano in vasti pascoli dorati punteggiati da stentati alberi curvati dal vento. Ci sono stagni d’acqua pieni di canne dove nuotano piccole oche e anitre selvatiche. Più presto nella giornata aveva visto graziosi cigni bianchi dal collo nero. Verdi uccelli come pappagalli volavano su un’area boscosa lungo la strada, e aveva perfino visto durante il viaggio dei fenicotteri rosa. Prima di giungere a questa parte più meridionale del Cile, aveva pensato che ci fosse tutta neve e ghiacciai e vento. Che sorpresa!
Ora il nonno ha voltato l’auto imboccando il lungo sentiero che porta alla casa del proprietario dell’estancia.
“Era qui che davi la caccia ai guanaco?” chiede Gianni.
“No”, risponde il nonno. “Era vicino al Rio Santa Cruz in Argentina. Vedi, il guanaco si può trovare in tutta la Patagonia. Geograficamente parlando, la Patagonia è la parte dell’America Meridionale dal Rio Negro dell’Argentina a sud verso lo stretto di Magellano. La parte che si estende a ovest dei monti delle Ande appartiene al Cile e ha molti laghi e insenature rocciose. La parte a est dei monti appartiene all’Argentina e consiste di altipiani tagliati da profondi precipizi, ondulate colline, sterile terreno in luoghi che hanno solo arbusti e spini, e altri luoghi di sola argilla e ghiaia. Ma il guanaco se la passa bene in questo terreno piuttosto inospitale. Ma eccoci alla casa, e lì vicino al recinto è il guanaco”.
“Strano animale”
Quando il nonno finisce di chiudere lo sportello dell’auto, i tre ragazzi sono già al di là del recinto, a fare la conoscenza con il loro nuovo amico. “Guarda, non ha nessuna paura di noi”, urla Guglielmo.
“No”, risponde il nonno, venendogli dietro, “è molto addomesticato. Quelli che vagano liberi sono molto più cauti alla vista dell’uomo. Comunque, a volte permettono a un uomo a piedi o a cavallo di andargli abbastanza vicino, guardandolo nel frattempo con curiosità, prima di andarsene infine via. Mi è stato detto che quando fa molto freddo un uomo può camminare fra loro quasi senza essere notato. Naturalmente, i giovani sono molto più avvicinabili se separati dagli adulti. Sono stati osservati galoppare con un gruppo di uomini a cavallo”.
Mentre ascoltava parlare il vecchio, Gianni cercava di ricordare con esattezza l’aspetto del guanaco così che l’avrebbe potuto raccontare a sua sorella quando sarebbe tornato a casa. Vide che il guanaco in realtà non era affatto di color arancio. Il suo vello era di colore giallo bruno, col bianco lungo la parte interna delle zampe, lo stomaco e la gola. Il pelo sul dorso e i fianchi era lanoso come quello di una pecora, ma più peloso sul collo e sulle zampe. Aveva una curiosa piccola coda a ventaglio che stava in alto diritta, mentre si muoveva. I suoi orecchi si rizzavano, e aveva grandi e begli occhi castani. “Sei per certo diverso da qualsiasi animale che io abbia mai visto!” pensa ad alta voce Gianni.
“È vero”, dice il nonno. “Un uomo, descrivendolo, disse: ‘Sei un animale strano. Hai il nitrito del cavallo, la lana della pecora, il collo del cammello e lo zoccolo del capriolo’”.
“Penso che questa sia una buona descrizione”, ride il ragazzo. “Per certo ha il collo lungo”.
“Sì, ce l’ha”, acconsente il nonno. “E quel collo lungo gli dà una larga visuale. Stando in alto, può vedere tutto il terreno intorno. Per questa ragione, oltre alla grande velocità a cui può correre, è difficile che l’uomo lo prenda. Anche se permette a un cavaliere di avvicinarglisi, solo in pochi salti si allontana perfino dal cavallo più veloce”.
Il sig. Gomez, proprietario dell’estancia, si è appena avvicinato al gruppo. “È vero”, aggiunge, “anche i guanachi giovani possono tenersi al passo coi più vecchi. E una vista insolita è un gruppo di guanachi che corrono a valle. Ogni volta che le loro zampe anteriori toccano il suolo, le loro teste si abbassano fino a terra!”
A un improvviso grido di Susanna tutti si voltano per vederla a terra con le mani e i piedi. “Mi ha dato una spinta”, brontola, additando il guanaco.
“Ha! Ha!” ride il nonno. “Devi badargli, Susanna. È uno dei suoi scherzi favoriti”.
“Sì”, aggiunge il sig. Gomez, “più di una volta questo signorino mi ha fatto cadere. State attenti! Eccolo che torna”.
Sembrava che avesse preso Guglielmo per bersaglio, poiché andò verso di lui al piccolo galoppo, tirò indietro la testa e lo colpì in piena spalla col petto. Ma Guglielmo soltanto ride e cerca di mantenersi in equilibrio. “Cerca di lottare con noi?” chiede.
“Oh, no, soltanto scherza, suppongo” risponde il sig. Gomez. “Benché quando guanachi maschi lottano, si diano colpi di petto in questo modo. Ma colpiscono anche con le zampe anteriori e mordono il collo dell’avversario. Nonostante che la pelle del loro collo sia molto spessa, la maggioranza dei vecchi animali hanno profonde cicatrici delle passate battaglie. Oh, e a proposito, prima che me lo dimentichi, è meglio che vi avverta di un’altra abitudine che ha il guanaco. Sputa, proprio come il cammello. E posso dirvi per mia personale esperienza che è molto bravo a far centro!”
“Oh, povera me, spero che non decida di prenderci a suo bersaglio”, dice Susanna. “Ma, nonno, tu hai promesso che ci avresti detto come andavi a caccia di guanachi”.
“Sì”, acconsente Gianni. “Se sono così veloci, come potevi mai avvicinarti a loro?”
“Be’, ragazzi, lasciatemi accomodare su questa roccia, e ve lo dirò”.
Caccia di guanachi: alla maniera dei Tehuelche
Dopo una pausa, il nonno continua: “Il guanaco, come gli altri animali, era a volte cacciato con i fucili, ma la maggioranza dei cacciatori preferivano il metodo antico della ‘bola’”.
“Che cos’è?” chiede Gianni.
“Io lo so”, risponde Guglielmo. “È qualche cosa che usavano gli Indiani. Non è vero, nonno?”
“Sì, Guglielmo, hai ragione. Vedi, Gianni, anni fa c’era un popolo numeroso chiamato ‘Tehuelche’ che abitavano la Patagonia. Non piantavano messi, ma vivevano di caccia. Per questa ragione erano nomadi, e trasferivano il campo da un luogo all’altro, seguendo le mandre di guanachi. Erano eccellenti cavalieri, ma, come abbiamo già detto, un cavallo non è all’altezza del guanaco per velocità. Usavano anche veloci cani per l’inseguimento, ma il successo della loro caccia dipendeva principalmente dall’abilità di usare le bola. Questo strumento era fatto di tre cinghie di cuoio, tutte unite a un’estremità, con una palla coperta di cuoio — una pietra liscia rotonda o un pezzo di metallo — attaccata a ciascuna delle tre estremità. Il cacciatore afferrava una delle palle con la mano, faceva ruotare le estremità libere sopra la sua testa, e lanciava il proietto contro il collo dell’animale in fuga. Il guanaco, naturalmente, alzava e abbassava la testa per non essere colpito dalla cinghia, e così gli s’impigliavano le zampe nelle altre cinghie. Allora il cacciatore poteva facilmente avvicinarglisi”.
“Ma ancora non capisco come s’avvicinavano abbastanza da gettare la bola”, interrompe Gianni.
“Be’, vedi, i Tehuelche non andavano a caccia da soli, ma in grandi gruppi. Cavalcavano a due a due, spargendosi in varie direzioni, formando in tal modo un largo cerchio, e accendevano fuochi per le segnalazioni mentre si spostavano. Gli animali naturalmente fuggivano dai cavalieri e dai fuochi. Mentre il cerchio si stringeva, i cavalieri potevano facilmente gettare la bola contro il loro collo. Un cavaliere rimaneva dietro per uccidere l’animale, mentre l’altro cavalcava oltre per prenderne un altro. A volte davano la caccia in questo modo nello stesso tempo in cui spostavano il campo. Quindi la fila delle donne e dei bambini che si trasferiva lentamente formava la base, e gli uomini si allargavano formando una mezzaluna, e prendendo tutto quello che trovavano per chilometri”.
“Devono aver mangiato molta carne di guanaco!” esclama Susanna.
“Non tanta quanto potresti credere. Benché mangiassero in effetti la carne, preferivano lo struzzo, perché era più grasso. Ma usavano il guanaco in molti altri modi. Le loro tende erano fatte con la pelle degli animali adulti; le pelli dei giovani o dei piccoli non ancora nati erano usate per gli indumenti. La spessa, resistente pelle del collo era usata per fare lacci, cinghie, briglie, ecc. I nervi della parte posteriore erano usati come corda. Uno strumento musicale era fatto con l’osso della coscia. La lana era usata per riempire i materassi dei letti, e usavano perfino una piccola pietra trovata nello stomaco che era altamente considerata per le sue proprietà medicinali”.
Ancora popolare
“Ma mi risulta che i Tehuelche sono tutti scomparsi”, interrompe Gianni. “Perché altri diedero la caccia ai guanachi?”
“Perché le pelli erano ancora di valore. Usando un abito di guanaco si sta caldi nella fredda notte della Patagonia, sia in aperta campagna che dentro la casa. Inoltre, gli indumenti sono molto belli, e molte donne sono fiere di mostrare sul proprio letto la soffice coperta di sericeo guanaco. Poiché per queste cose si potevano usare soltanto le pelli di piccoli nati da poco, si dava la caccia ai giovani guanachi di quattro o cinque giorni. In seguito il loro vello comincia a divenire lanoso”.
“Hai dato loro la caccia in cerchio come gli Indiani?” chiede Gianni.
“No, di solito ero solo, quindi cercavo naturalmente di avvicinarmi a loro il più possibile senza esser visto. Eccetto quando fa molto freddo, si tengono su terreno alto. Siccome hanno l’abitudine di far cadere il loro sterco in un posto e mettersi a giacere in depressioni vicine, quando si vede uno di questi luoghi si sa che la mandra è nelle vicinanze. Spesso il primo animale che si scorge è la sentinella su una prominenza rocciosa. Quasi certamente di dietro a lui c’è una piccola mandra dei suoi compagni con i loro piccoli. Alla vista dell’intruso, nitrisce e tutti si mettono in guardia. Se esso corre, tutti corrono, di solito su terreno più alto. Se alcuni rimangono indietro, esso li spinge e sputa contro di loro”.
“Come li prendevi dunque se cominciavano a correre?” chiede Susanna.
“Normalmente formano un largo cerchio quando sono inseguiti, tornando infine dove hanno cominciato. Il cacciatore cerca di attraversare il loro percorso, anziché inseguirli. Anche in questo modo, era necessario un cavallo veloce e non stanco. Io usavo sempre sette cavalli, uno per ciascun giorno”.
“Essi non sono solo veloci”, aggiunge il sig. Gomez, “ma sono anche molto ingegnosi nel proteggere i loro piccoli quando sono inseguiti. Si raggruppano improvvisamente insieme, corrono per un po’, quindi si sparpagliano di nuovo; ma dopo che si sono sparpagliati non c’è più nessun piccolo in vista! Mentre corrono tenendosi vicini, fanno in modo di nascondere i piccoli nell’erba, in una buca, o dietro qualche arbusto conveniente! Molti cacciatori hanno perduto in questo modo la loro preda”.
“Sono rimasti molti guanachi?” chiede Guglielmo.
“Un secolo fa, si riferiva che ci fossero mandre di oltre cento animali. Ma da allora il loro numero è diminuito grandemente. Son caduti vittime non solo dell’uomo, ma del puma, delle malattie e del freddo intenso. Il governo cileno proibisce ora la caccia al guanaco, nello sforzo di impedire che sia estinto.
“Ebbene, ragazzi, penso che ora dobbiamo andare se vogliamo arrivare a casa prima di notte. Salutate il sig. Gomez”.
Con riluttanza i ragazzi si congedano dal sig. Gomez e dal suo affascinante animale favorito. Mentre riprendono il sentiero che conduce alla strada, tutt’e tre si voltano per dare un ultimo sguardo al loro incomparabile nuovo conoscente, il guanaco della Patagonia.