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  • g77 22/2 pp. 8-12
  • Milioni di persone vaccinate contro la “suina”

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  • Milioni di persone vaccinate contro la “suina”
  • Svegliatevi! 1977
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  • Vedi anche
  • Perché vaccinarsi contro l’influenza suina?
  • Ragioni della campagna di vaccinazione
  • Ci sarà veramente una pandemìa di influenza suina?
  • Nuova manifestazione della “spagnola”?
  • L’influenza suina è veramente letale?
  • È pericoloso mangiare maiale?
  • Quando e dove si doveva fare la vaccinazione?
  • Chi vaccinare?
  • Possibilità di effetti sfavorevoli?
  • Come viene prodotto il vaccino?
  • La decisione di vaccinarsi
  • Influenza: le conoscenze attuali
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Svegliatevi! 1977
g77 22/2 pp. 8-12

Milioni di persone vaccinate contro la “suina”

GLI abitanti degli Stati Uniti sono stati al centro di quella che potrebbe definirsi la più grande campagna per la salute pubblica mai intrapresa in quella nazione. Il 12 agosto 1976, il presidente degli Stati Uniti, Gerald Ford, firmò un progetto di legge che stabiliva un programma nazionale di vaccinazione contro l’influenza suina. Ai primi di aprile l’House Appropriations Committee aveva approvato la spesa di 135 milioni di dollari per la campagna di vaccinazione. Il governo stabilì di comprare il vaccino dai fabbricanti e poi di mettere queste dosi a disposizione dei 215 milioni di Americani.

Questa campagna ha suscitato varie domande. Sarà utile considerare alcuni punti fondamentali.

Perché vaccinarsi contro l’influenza suina?

Nell’FDA Consumer del maggio 1976, Timothy Larkin, assistente speciale del Commissario per l’alimentazione e i farmaci, scrisse: “Quando si scopre un nuovo ceppo di virus influenzale, c’è spesso una seria manifestazione della malattia nel successivo periodo dell’influenza. E quando il nuovo ceppo è strettamente affine al virus che infierì in tutto il mondo nel 1918-19, uccidendo circa 20 milioni di persone, c’è motivo di preoccuparsi e agire. Questa è la ragione per cui l’FDA [Amministrazione per l’alimentazione e i farmaci] sta facendo uno sforzo senza precedenti per attingere alle risorse e alle cognizioni del governo, dell’industria e delle professioni sanitarie per produrre, distribuire e somministrare agli Americani un vaccino che possa prevenire un’epidemia di influenza potenzialmente pericolosa”.

Questa vaccinazione viene fatta per impedire al soggetto di contrarre l’influenza suina, nota ufficialmente col nome di virus influenzale A/New Jersey/76. La dose di vaccino fa produrre al corpo della persona vaccinata gli anticorpi per combattere la malattia, e si prevede che l’organismo sia così protetto a cominciare da due settimane dopo la vaccinazione. Secondo alcuni esperti, queste vaccinazioni sono efficaci nell’85 per cento dei casi, ma secondo un’altra stima lo sarebbero solo nel 20 per cento dei casi. Si potrebbe aggiungere che siccome ci sono vari tipi di influenza, chi viene vaccinato contro un tipo non è per questo immune ad altri ceppi del virus.

Le Scritture comandano ai cristiani di astenersi dal mangiare sangue o dall’impiegarlo per nutrire il corpo o sostentare la propria vita. (Atti 15:28, 29) Tuttavia, i vaccini non si fanno col sangue. Per avere informazioni particolareggiate su sieri e vaccini, si veda Svegliatevi! dell’8 febbraio 1966, pagine 18, 19.

Ragioni della campagna di vaccinazione

Il 4 febbraio 1976, il soldato David Lewis, una recluta diciannovenne della base militare di Fort Dix, nel New Jersey, accusò febbre, oltre ad avere il naso congestionato, mal di gola e mal di testa. Benché gli dicessero di rimanere in caserma per quarantotto ore e poi presentarsi per una visita, la notte successiva il soldato partecipò a una marcia. Durante la marcia crollò e poco dopo il suo arrivo all’ospedale della base spirò. L’esame della gola rivelò la presenza di un virus somigliante a un tipo che di solito si trova solo nei maiali. E i campioni di sangue di persone sopravvissute all’influenza “spagnola” del 1918-19 indicarono che il virus presente somigliava a quello che aveva causato quell’epidemia così devastatrice.

A quanto si afferma, a Fort Dix si verificarono dodici casi di influenza suina. Tuttavia, al 10 per cento dei militari di stanza alla base furono prelevati campioni di sangue che vennero esaminati. Il dott. Fred M. Davenport della scuola di salute pubblica dell’Università del Michigan dichiarò: “In un periodo di sei settimane si sono avute le prove sierologiche di oltre 500 casi di influenza suina verificatisi tra le reclute di Fort Dix”. Quindi il virus si era propagato e oltre 500 militari ne erano stati contagiati.

In seguito ai casi di Fort Dix il problema fu dibattuto da esperti federali e statali e da altri. Dopo aver considerato le raccomandazioni fatte in un convegno di esperti in medicina e sanità, il 24 marzo 1976 l’allora presidente degli U.S.A. Ford annunciò la campagna di vaccinazione. Sebbene ci fossero delle incertezze riguardo al virus, il famoso virologo dott. Edwin D. Kilbourne disse che dall’esperienza risulta che la comparsa di un virus influenzale molto diverso “annuncia una pandemìa” o epidemia mondiale. Egli asserì: “L’identificazione di un nuovo ceppo di virus influenzale a Fort Dix ci ha dato l’opportunità, per la prima volta nella storia, di fare qualcosa in anticipo per prepararci a una pandemìa”.

Ci sarà veramente una pandemìa di influenza suina?

In effetti, nessuno può dire con certezza se ci sarà o meno una pandemìa di influenza suina. Tuttavia, alcuni fanno lo stesso ragionamento del dott. Delano Meriwether, direttore del Programma nazionale per l’immunizzazione contro l’influenza. Egli osservò: “In sostanza è come giocare d’azzardo, in base alla probabilità che accada qualcosa, senza alcuna garanzia che accada. Penso che gli Americani si sentiranno più sicuri se potranno scegliere d’essere vaccinati”.

Ai primi di giugno, però, nessun governo europeo aveva ancora ritenuto la minaccia di una seria influenza suina abbastanza concreta “da intraprendere la vaccinazione in massa, sebbene Inghilterra, Francia, Unione Sovietica e probabilmente altre nazioni stiano facendo scorte di vaccino”, scrisse il Times di New York. Il dott. W. Charles Cockburn, direttore della Divisione malattie contagiose dell’Organizzazione mondiale della sanità, precisò che a quell’epoca nell’emisfero meridionale il periodo dell’influenza era già cominciato, ma che in Nuova Zelanda, Australia e Singapore i centri appositi non avevano registrato casi di “suina”. Inoltre, i critici menzionarono che nessuno dei novantasei centri per l’influenza aveva a quell’epoca registrato ulteriori casi di influenza suina.

Nuova manifestazione della “spagnola”?

Alcune delle prime notizie sui giornali misero in relazione i casi di influenza a Fort Dix con lo “spettro del 1918”, la cosiddetta “influenza spagnola” che falciò milioni di vite. “Ci sono somiglianze comprovate”, scrive Barbara Yuncker nel Post di New York, “ma nessuno ha campioni del virus del 1918, quindi in realtà nessuno lo sa”. Boyce Rensberger riferì: “Perfino alcuni funzionari e scienziati esterni da cui dipendeva la decisione di immunizzare dicono ora che l’ipotesi iniziale, secondo cui il virus di Fort Dix era simile a quello del 1918, era infondata e avrebbe dovuto essere respinta con maggior vigore”. — Times di New York, 23 luglio 1976.

L’influenza suina è veramente letale?

Un caso di morte verificatosi a Fort Dix fu messo in relazione con l’influenza suina. È interessante però quanto scrive il dott. Arnold Chanin di Los Angeles: “Noi che esercitiamo la professione medica sappiamo che l’influenza non è letale. I ‘500.000’ decessi registrati negli Stati Uniti durante l’epidemia del 1918 e messi in relazione con l’influenza, furono dovuti, come tutti i decessi attribuiti in seguito all’influenza, a complicazioni, principalmente broncopolmonite, polmonite virale e altre forme di infezione delle vie respiratorie superiori”.

Il dott. Chanin, parlando della morte della recluta di Fort Dix, dice: “Il giovane morì di polmonite virale”. Egli aggiunge: “Il quadro generale è non che l’influenza possa uccidere, ma che molteplici fattori, uniti all’influenza, possono determinare uno stato patologico e la morte. In questo caso vi contribuirono tre elementi: esaurimento in seguito alla marcia, infezione influenzale e polmonite virale. Possono esserci stati altri fattori che finora non sono stati rivelati alla stampa”. — Medical Tribune, 1º settembre 1976.

Naturalmente, non si può dire che un’epidemia di influenza non causi decessi. Certi scienziati non sono d’accordo sulla possibilità che in questo periodo di influenza ci sia una manifestazione di “suina”. Ma John Irvin, che ha diretto la campagna di vaccinazione nell’Ohio, ha espresso il sentimento prevalente, dicendo: “È molto meglio fare qualcosa e sbagliarsi che non fare nulla e andare incontro a una spaventosa epidemia”. Quindi, anche se ci sono sostenitori e oppositori, la campagna di immunizzazione contro la “suina” ha avuto luogo.

È pericoloso mangiare maiale?

Gli esperti dicono che se il virus fosse presente, si troverebbe solo nel tessuto polmonare del maiale, non nella carne consumata dall’uomo. Inoltre, il virus verrebbe distrutto nella cottura, anche a temperature considerevolmente inferiori a 77 gradi centigradi (170 °F.).

Quando e dove si doveva fare la vaccinazione?

La campagna di immunizzazione contro l’influenza suina negli U.S.A. doveva cominciare alla fine di settembre e continuare fino a dicembre del 1976. Fu lasciato ai dipartimenti della sanità locali e statali di determinare i luoghi e i tempi della vaccinazione. Le vaccinazioni potevano anche essere effettuate da medici privati. Il vaccino era fornito gratis, sebbene in certi casi si potessero chiedere offerte volontarie. I medici privati potevano far pagare la visita in studio o la vaccinazione praticata, ma se ci fossero stati danni non avrebbero avuto la protezione della legge approvata ai primi di agosto dal Congresso degli U.S.A.

Chi vaccinare?

Michael White, occupato presso l’ufficio del Dipartimento della sanità, dell’istruzione e della previdenza sociale che si interessa dei casi di “suina”, spiegò che la vaccinazione era raccomandata specialmente a quelli che erano sopra i sessantacinque anni, ai diabetici e ai soggetti affetti da malattie croniche, ai malati di cuore, di polmoni e di reni. (Veniva raccomandato loro un vaccino preparato per proteggere contro il ceppo Victoria e della “suina”, mentre altri adulti potevano farsi vaccinare solo contro l’influenza suina). Secondo White, i medici non ritengono la vaccinazione pericolosa per il feto nel caso di una donna incinta. La vaccinazione contro l’influenza suina era raccomandata a tutti coloro che avevano compiuto i venticinque anni, nel qual caso bastava un’iniezione. Per i più piccoli potevano essere necessarie la vaccinazione e l’iniezione di richiamo.

Possibilità di effetti sfavorevoli?

Alcuni non dovrebbero vaccinarsi. La vaccinazione era sconsigliata a chi aveva la febbre e a chi era allergico alle uova, poiché poteva provocare orticaria o asma, o anche grave shock. In caso di dubbio si suggeriva di consultare il proprio medico.

Secondo Michael White, tra le reazioni alla vaccinazione possono esserci dolore al braccio e arrossamento intorno al punto in cui è praticata l’iniezione. Può esserci per alcuni giorni febbre da 37,8 a 40 °C. (da 100 a 104 °F.). Le reazioni sfavorevoli possono verificarsi entro 48 ore dalla vaccinazione, ma gli esperimenti sembrano indicare che questi effetti collaterali non sono peggiori dell’influenza stessa. White precisò che negli esperimenti, solo l’1,9 per cento dei vaccinati aveva avuto la febbre. Un altro esperto dichiarò che non c’era pericolo di prendere la “suina” in seguito all’iniezione, né di trasmettere la malattia ad altri in seguito alla vaccinazione.

Il dott. Anthony Morris, ex direttore dello Slow, Latent and Temporate Virus Branch dell’Amministrazione per l’alimentazione e i farmaci, avrebbe intrapreso studi sull’ipersensibilizzazione all’influenza. Dando una spiegazione, una notizia pubblicata il 29 luglio 1976 diceva: “L’ipersensibilizzazione significa che chi riceve il vaccino antinfluenzale e in seguito è esposto all’influenza, ne contrarrà una forma più grave di quella che avrebbe avuta se non si fosse affatto vaccinato. . . .

“In un solo studio del 1968, il 54 per cento dei soggetti vaccinati contro l’influenza ne fu gravemente colpito nella successiva epidemia di influenza, mentre solo il 25 per cento di quelli che non si erano vaccinati presero l’influenza”.

Naturalmente le vedute e le opinioni dei medici variano. A metà dello scorso agosto il vaccino contro la “suina” era stato sperimentato su oltre 5.000 soggetti. I dirigenti del Centro per il controllo delle malattie comunicarono che dagli studi risultava che il vaccino era innocuo e per la maggioranza degli adulti sarebbe stato efficace.

In questa campagna le compagnie assicuratrici non hanno voluto assicurare contro eventuali responsabilità i fabbricanti di vaccino per l’influenza “suina”. Ma il Congresso degli U.S.A. ha approvato una legge secondo la quale tutte le richieste di risarcimento danni nel corso della campagna dovevano essere presentate al governo federale. Esso, a sua volta, poteva citare il fabbricante del vaccino o chiunque altro fosse accusato di negligenza nella causa originale.

Come viene prodotto il vaccino?

Negli U.S.A. il virus contenuto in questo vaccino è coltivato in uova di gallina. Per questo motivo i soggetti allergici alle uova non dovrebbero vaccinarsi contro l’influenza suina.

Le operazioni seguite dai fabbricanti variano notevolmente. Prima, però, ciascun uovo che si intende usare per la produzione dei vaccini viene esaminato in trasparenza con una luce, per essere certi che contenga un embrione vivo. Quindi la vita animale è un fattore necessario. Ma l’uomo ha diritto di usare tale vita animale per proprio beneficio. — Gen. 9:3, 4.

Successivamente in queste uova di undici giorni è inoculato il virus. Dopo un periodo di incubazione, le uova vengono aperte meccanicamente e si toglie il liquido allantoideo pieno di virus, che sono uccisi con la formaldeide. La produzione del vaccino è completa solo dopo ulteriore lavorazione. Forse ci vorranno centinaia di milioni di uova fertili per produrre il vaccino contro l’influenza suina.

La decisione di vaccinarsi

Poiché negli Stati Uniti questa vaccinazione era volontaria, la decisione di sottoporvisi, una volta considerati i potenziali benefici e rischi, era del tutto personale.

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