È ora di dir loro addio?
IN AFRICA sta divampando una guerra inconsueta. Le cause non sono né il territorio, né gli ideali politici, né il credo religioso. La perdita di vite umane, seppure tragica, è stata minima in paragone a quella di altre guerre. Eppure questa battaglia ha richiamato l’attenzione delle nazioni in varie parti del mondo. È una guerra che si combatte per gli elefanti.
Da un lato del fronte ci sono i guardiani dei parchi e i guardacaccia e dall’altro i bracconieri. Guardiani dei parchi e guardacaccia hanno l’appoggio della legge, dei rispettivi governi e dei fautori della tutela dell’ambiente. I cacciatori di frodo si avvalgono delle armi moderne e sono spinti dal bisogno e dall’avidità: le zanne di elefante significano denaro, in molti casi una ricchezza neppure sognata nei paesi più poveri. Entrambe le parti in lotta sparano per uccidere. Perché tanta preoccupazione per gli elefanti? La minaccia che incombe su di loro è davvero tanto grave?
Il bracconaggio fa le sue vittime
Pensate: Negli anni ’30 c’erano circa 10 milioni di elefanti in Africa. Nel 1979 ce n’erano 1.300.000. Ora, dieci anni dopo, quella cifra è stata dimezzata. Oggi si stima che il numero degli elefanti africani si aggiri sui 625.000. Perché questa netta diminuzione? La colpa è data soprattutto al bracconaggio. È un antico reato che nei tempi moderni dilaga, con la complicità della tecnologia.
In passato i cacciatori di frodo africani erano uomini delle tribù armati di archi e frecce o di lance, inclini a fuggire alla vista di un guardacaccia disarmato. Oggi sia i guardacaccia che i bracconieri sono armati, ma spesso il bracconiere lo è di più. Gli anni di disordini civili in Africa hanno lasciato dietro di sé una gran quantità di armi, di cui i criminali possono facilmente impadronirsi. Gli odierni cacciatori di frodo si muovono in bande e danno la caccia agli elefanti con potentissime armi automatiche. In pochi minuti possono abbattere diversi elefanti, ottenerne le zanne staccando la parte frontale della testa con una motosega e proseguire la caccia. Poiché i prezzi dell’avorio sono in vertiginoso aumento in tutto il mondo, i cacciatori di frodo possono guadagnare milioni di lire in un giorno; anche i portatori possono guadagnare centinaia di migliaia di lire. U.S.News & World Report afferma: “Non si tratta di uomini delle tribù locali, ma di professionisti specializzati e spietati con un grosso volume di affari”.
Gli affari sono andati anche troppo bene. Dal 1973 la popolazione degli elefanti è diminuita dell’85 per cento in Kenya, del 53 per cento in Tanzania e dell’89 per cento in Uganda. Infatti vengono abbattuti ogni anno circa 70.000 elefanti africani per il loro avorio. Sia lo Zimbabwe che il Kenya hanno recentemente autorizzato i guardiani dei parchi a sparare a vista sui bracconieri. Il guaio è che i bracconieri rispondono al fuoco e con armi più potenti. Hanno ucciso sia guardiani dei parchi che civili senza pensarci su due volte. Nell’autunno del 1988, una banda di bracconieri assalì la sede di un guardacaccia, legò e picchiò i guardiani del parco e poi uccise i cinque rinoceronti bianchi del parco, gli ultimi di questa specie nei parchi del Kenya. Naturalmente i bracconieri presero solo i corni. Le mastodontiche carogne di questi animali rari rimasero lì a marcire.
Perché salvare gli elefanti?
I guardiani dei parchi ci rimettono la vita nel tentativo di difendere gli elefanti. Intanto si sta compiendo uno sforzo a livello internazionale per evitare l’estinzione degli elefanti, che potrebbe aver luogo prima della fine del secolo. Molti però si chiedono: ‘Perché tante storie per gli elefanti?’ Il fenomeno dell’estinzione, dopo tutto, non è una cosa nuova su questo pianeta. Un caso famoso a questo proposito è quello dei dinosauri. Perché allora preoccuparsi se gli elefanti si estinguono?
Per molti la risposta sta nel fatto che si tratta di una creatura maestosa. È un capolavoro di fattura. Senza dubbio chi ha visto un branco di elefanti allo stato selvatico proverebbe un acuto senso di vuoto al pensiero che scompaiano. Il modo in cui addestrano e proteggono i piccoli, la sbalorditiva agilità della proboscide, perfino la loro straordinaria mole sono tutte eccezionali prove di un Progettista incomparabilmente saggio.
Ma c’è di più. Gli elefanti esercitano anche un ruolo determinante negli ecosistemi in cui vivono. Più di qualsiasi altra creatura, a parte l’uomo, l’elefante cambia e modella il proprio ambiente. A differenza dell’uomo, però, gli elefanti rendono l’ambiente più abitabile per i loro simili. In che modo? La risposta sta nel loro vorace appetito. Un elefante mangia circa 140 chili di vegetazione al giorno!
Nelle fitte foreste gli elefanti abbattono grossi rami e piccoli alberi, consentendo a una maggior quantità di luce di penetrare la fitta volta formata dalle foglie. La luce favorisce la crescita della vegetazione vicino al suolo, provvedendo così cibo agli animali più piccoli, dai bufali e i gorilla ai potamocheri. Nelle savane, le ampie pianure africane, gli elefanti rendono un servizio analogo: Col modo in cui si alimentano favoriscono lo sviluppo di un terreno misto, a pascolo e a bosco, che sostiene una varietà di creature erbivore — da giraffe e zebre a gazzelle e gnu — più ampia di quella che altrimenti esisterebbe.
Questa complessa catena di interdipendenza, però, è fragile. Si può rompere sia quando una zona perde troppi elefanti che quando ne vengono costretti troppi a vivere in una zona. L’uomo fa entrambe le cose: decima gli elefanti fuori dei parchi e ne incoraggia il sovraffollamento all’interno. La triste sorte degli elefanti illustra quindi cosa c’è di diverso nelle estinzioni causate dall’uomo: Non fanno parte di un grande proposito o disegno. Sono invece causate dall’egoismo, delle cui conseguenze ci si preoccupa poco. Dimostrano ulteriormente che l’uomo imperfetto ed egoista non è adatto per amministrare questo pianeta.
La lotta per salvarli
Alcuni lottano per arrestare il massacro. Organizzazioni per la tutela della natura e una decina di governi stanno facendo sforzi disperati per proteggere l’elefante. Ma non sono tutti d’accordo sul modo di farlo. Un gruppo ha deciso di non chiedere la messa al bando del commercio internazionale dell’avorio, ritenendo che un tale divieto spingerebbe solo i trafficanti nella clandestinità per cui sarebbe ancor più difficile controllarli. Dopo tutto, il divieto imposto sul commercio del corno di rinoceronte non ha fatto nulla per rallentare la precipitosa corsa del rinoceronte verso l’estinzione. Ciò nondimeno, nel giugno del 1989 vari gruppi per la tutela del patrimonio faunistico hanno chiesto di porre fine al commercio dell’avorio. Tre giorni dopo, il presidente americano George Bush ha vietato le importazioni di avorio. Sembra imminente un divieto di portata mondiale sul commercio dell’avorio.
Un gruppo dedito alla tutela della natura spera di salvare solo 200.000 o 300.000 elefanti circa, prefiggendosi di creare alcune decine di aree protette. Spera di contenere il commercio dell’avorio facendo appello all’interesse personale, convincendo gli abitanti del posto che gli elefanti possono far affluire più denaro nella zona quando il bracconaggio è represso. Il programma ha dato alcuni buoni risultati.
Ma se la loro sopravvivenza dipende dall’interesse personale dell’uomo, quanto possono stare tranquilli gli elefanti? Non è proprio l’interesse personale dell’uomo a minacciarli in primo luogo? Dopo tutto, il commercio dell’avorio continua a prosperare, sacrificando queste mastodontiche creature per rifornire il mondo di sigilli, gioielli e ninnoli, l’80 per cento dei quali sono fatti con avorio ottenuto illegalmente. Il governo del Kenya ha dovuto sospendere o licenziare una cinquantina di guardiani dei parchi e guardacaccia i quali, stando alle notizie, non avrebbero saputo resistere alla tentazione di tutto quel denaro e avrebbero segretamente collaborato con i bracconieri. Chi negherebbe che in questa generazione l’umanità ha dimostrato come non mai di fare il proprio interesse? Man mano che l’umanità è più ossessionata dal proprio io, il mondo diventa sempre meno sicuro.
Fatto rallegrante, la Bibbia offre una speranza di gran lunga migliore per il pianeta e la sua fauna selvatica. Ci dice che presto il Creatore riporterà la terra alla condizione che si era proposto in origine: un paradiso mondiale, dove regnerà la pace. La guerra dell’uomo agli elefanti, e a tutte le meraviglie dell’ambiente sarà finalmente cessata. — Isaia 11:6-9.
[Fonte dell’immagine a pagina 16]
Per gentile concessione di Clive Kihn