La fede di Joshua: una vittoria a favore dei diritti dei minori
DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN CANADA
“ERA la prima volta che la dottrina del minore maturo veniva considerata da una corte d’appello. E a detta di alcuni, la sentenza contiene chiare indicazioni non solo per i medici e gli ospedali del Nuovo Brunswick, ma forse anche per altre parti del Canada”. — Canadian Medical Association Journal.
Il succitato periodico fa riferimento a un caso relativo alla legge sul consenso dei minori in campo sanitario, legge secondo cui se due medici dichiarano che un minore al di sotto dei 16 anni è maturo e capisce la sua malattia e il trattamento proposto, ha il diritto legale di accettare o rifiutare il trattamento medico, come qualsiasi adulto. Riguardo al quindicenne Joshua Walker, che era affetto da leucemia mieloide acuta, W. L. Hoyt, presidente della Corte d’Appello del Nuovo Brunswick, scrisse quanto segue: “Esistono prove schiaccianti che Joshua è abbastanza maturo e che, in questo caso, il trattamento proposto è nei suoi migliori interessi e mira a salvaguardare la sua salute e il suo benessere. . . . A mio avviso l’istanza [che venisse dichiarato un minore maturo] non era necessaria”. Nella sua decisione il giudice Hoyt fece pure notare che la “common law” del Canada “riconosce la dottrina del minore maturo”.
Uno degli avvocati di Joshua, Daniel Pole, disse che la decisione scritta della corte d’appello ‘avrebbe costituito un precedente per tutto il Canada’. Essendo un caso insolito, la corte era formata da cinque giudici invece dei soliti tre. “Nelle situazioni che segnano una svolta”, disse Pole, “la corte si riunisce al completo. Forse hanno considerato la decisione importante per il Canada”. Egli affermò che questa sentenza, che costituisce un precedente, dà ai minori maturi la possibilità di prendere le proprie decisioni e che “non c’è ragione per cui la cosa venga nuovamente discussa da una corte. Ha fatto moltissimo per altri giovani”. Ribadendo ulteriormente il grande valore di questa vittoria in tribunale, Pole dichiarò: “È uno straordinario riconoscimento dei diritti dei minori, di giovani uomini e donne che hanno la capacità di decidere ciò che vogliono fare del proprio corpo”.
Un editoriale del Telegraph Journal intitolato “La vittoria di un ‘minore’” diceva: “La decisione della Corte d’Appello del Nuovo Brunswick secondo cui il quindicenne Joshua Walker ha il diritto di acconsentire a un trattamento medico o di rifiutarlo è una vittoria non solo per i testimoni di Geova, ma per tutti noi. . . . A volte le decisioni di una persona possono sembrare alla società troppo difficili da accettare, specie se è in gioco la vita di un giovane. Ma sarebbe ancor più difficile accettare una società che calpestasse regolarmente il corpo e l’anima dei suoi cittadini. Joshua Walker ha fatto la sua parte per salvaguardarci da questo”.
Una dottoressa coraggiosa
Fu la dottoressa Mary Frances Scully, specialista in ematologia e oncologia pediatrica, a diagnosticare la malattia di Joshua e a curarlo sin dall’inizio. La diagnosi e la cura del cancro nei bambini fa parte del suo lavoro.
La terapia normale per il tipo di leucemia da cui era affetto Joshua consiste di chemioterapia e trasfusioni di sangue. I familiari di Joshua sono testimoni di Geova e, per motivi scritturali, rifiutano le trasfusioni di sangue. Il decreto divino per i cristiani dice: “[Astenetevi] dalle cose contaminate dagli idoli, e dalla fornicazione e da ciò che è strangolato e dal sangue”. (Atti 15:20, 29) Joshua decise risolutamente sin dall’inizio di ubbidire alla legge di Geova di ‘astenersi dal sangue’.
La dottoressa Scully annotò sulla cartella clinica che Joshua era “molto risoluto” in proposito. Il dott. Dolan, primario del reparto di oncologia degli adulti, parlò personalmente con Joshua. Sia lui che la dottoressa Scully giunsero alla conclusione che Joshua era un minore maturo. Anche il medico di famiglia dei Walker, il dott. Lordon, considerava Joshua un minore maturo. Essendo stato dichiarato tale da tre medici, e non solo dai due richiesti, Joshua era più che qualificato, in base alla legge sul consenso dei minori, per scegliere il proprio trattamento. Non ci sarebbe neppure stato bisogno di ricorrere al tribunale.
Purtroppo la situazione cambiò. Al fine di cautelarsi, l’ospedale, pur considerando Joshua un minore maturo, volle che ciò venisse confermato da un provvedimento giudiziario. Dopo una lunga e penosa indagine, il giudice sentenziò che Joshua non aveva il diritto di rifiutare il trattamento. Contro questa decisione fu immediatamente presentato appello a una corte superiore: i risultati furono quelli menzionati nel paragrafo iniziale di questo articolo.
Durante tutta questa difficile vicenda la dottoressa Scully si attenne al proprio rifiuto di somministrare sangue a Joshua in qualsiasi circostanza salvo che egli non avesse cambiato idea e vi avesse acconsentito. Scrivendo in merito all’atteggiamento della dottoressa, il Canadian Medical Association Journal le attribuì queste parole: “La mia più grande preoccupazione era che Joshua o la sua famiglia fossero così turbati da andarsene senza avere alcuna alternativa”. L’articolo proseguiva: “Altri medici le hanno detto in seguito che si sarebbero del tutto rifiutati di curare [Joshua]. Tuttavia una simile idea non le è mai passata per la mente”. La sua ragionevole e nobile presa di posizione fu di grande incoraggiamento per Joshua e la sua famiglia.
Joshua amava la vita e si attirava le simpatie
Joshua Walker amava la vita; non voleva morire. La sua famiglia non voleva che morisse. In tanti paesi i testimoni di Geova, suoi fratelli spirituali, speravano che guarisse e vivesse. Joshua aveva accettato di buon grado la sua situazione; grazie alla sua fede in Dio era convinto che sarebbe tornato nella risurrezione. Aveva trovato conforto nelle parole di Gesù: “L’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe commemorative udranno la . . . voce [del Figlio di Dio] e ne verranno fuori”. — Giovanni 5:25, 28, 29.
Il conforto gli giunse da molti luoghi. L’Evening Times Globe disse: “Entrambi i genitori hanno ribadito ieri che non abbandoneranno Joshua. Lo hanno portato all’Ospedale Regionale perché riceva le migliori cure mediche possibili, senza sangue. ‘L’avremmo tenuto a casa se avessimo voluto che morisse’, ha affermato il padre. ‘Non vogliamo che Josh muoia. Facciamo tutto il possibile dal punto di vista medico perché viva. Chiunque farebbe questo per i suoi cari. Non siamo qui per vederlo morire. Siamo qui perché il ragazzo stia meglio, così che possa uscire e tornare ai suoi trenini, andare di nuovo alla Sala del Regno, alle adunanze e in servizio, e forse tornare a giocare un po’ a pallacanestro’”.
La sua famiglia rimase letteralmente al suo fianco. Un giornale osservò: “Mentre a turno uno dei familiari teneva compagnia a Joshua, gli altri se ne stavano in una saletta attigua, qualcuno ancora con il camice indosso e la mascherina appesa al collo. È la stessa scena che si ripete dal 31 marzo, allorché Joshua fu ricoverato in ospedale. In tre settimane non c’è stato un solo momento in cui non ci sia stato un familiare in camice e mascherina con Joshua nella sua camera d’ospedale. . . . Spesso, entrambi i genitori passano la notte con Joshua, dormendo in un letto accanto a lui. [La madre ha detto:] ‘C’è bisogno di noi qui, e farei qualsiasi cosa per Josh o per chiunque dei miei figli’. ‘Rimarrei seduto nel parcheggio se fosse necessario’, ha detto il padre”.
Confidenze e conversazioni
Nelle serate in cui il padre o la madre erano con lui fecero conversazioni intime. Una sera disse: “Per favore, mamma, scrivi questo. Giovani, state vicini a Geova affinché se dovesse capitarvi qualcosa, possiate rimanere integri. Prometto che quando starò meglio farò di più nel dichiarare il nome di Geova. Voi giovani che siete in buona salute, fate di più se potete”.
Una notte, mentre era all’ospedale, Josh disse: “Mamma, molte volte, quando esci per andare al bagno o a prendere papà, i medici entrano e dicono: ‘Josh, hai bisogno di una trasfusione di sangue. Senza, morirai. Vogliamo aiutarti’. ‘Allora rispettate i miei desideri riguardo al sangue’, rispondo. A un medico che cercava di persuadermi ad accettare il sangue ho detto: ‘Lei penserà che sono matto, ma sono nel pieno delle mie facoltà mentali. Voglio solo vivere conforme alla legge di Geova sul sangue. Lui sa cos’è meglio per noi. La cosa migliore per me è rispettare la santità della vita, e se muoio vivrò di nuovo’”.
Il dott. Garry, primario di pediatria, disse ai genitori di Josh: “Siate fieri di Josh. In vita mia non ho mai visto una fede come la sua”. Li abbracciò entrambi e disse: “Siete una famiglia coraggiosa”.
Una sera, dopo che la famiglia aveva ricevuto cattive notizie sulle condizioni di Josh, con lui all’ospedale c’erano suo fratello Jeff e sua sorella Janice. Jeff piangeva e Josh gli disse: “Jeff, smettila di piangere. Comunque vada, io ho vinto. Non preoccuparti per me”. Il suo argomento era che se guariva dalla sua malattia, aveva vinto; se non guariva e moriva e veniva risuscitato sulla terra paradisiaca, senza dubbio aveva vinto lo stesso.
Quando si parlò di un trapianto di midollo osseo, suo fratello Jerry fu il primo a offrirglielo. Un tempo i suoi fratelli John e Joe gli davano il bacio della buonanotte. Quando però compì 13 anni, fece dir loro dalla madre di smettere, perché ormai era troppo grande. Ma durante la malattia, benché avesse 15 anni, ricominciarono a baciarlo e abbracciarlo e a pregare con lui, e Josh disse alla madre che ora andava bene: era segno che lo amavano ancora.
L’appoggio della comunità
Jerry e Sandra, i genitori di Joshua, dicono che la comunità è stata di grande e valido appoggio. Nel maggio 1994 un giornale disse: “Joshua riceve in media 20 cartoline di auguri al giorno. Ne sono arrivate perfino dalla Romania e dal Messico. Ha ricevuto telefonate e fax da luoghi lontani come la provincia dell’Alberta e lo stato di Washington. Oltre a tutto ciò, gli hanno mandato cesti di frutta e tantissimi fiori. . . . Quando i suoi valori . . . migliorarono, le infermiere organizzarono in suo onore una festa hawaiana. Da sacchetti di plastica ricavarono gonnellini simili a quelli tradizionali di paglia e ballarono la hula nella sua stanza. ‘Rideva così tanto che pensai si sarebbe messo a piangere’, ha detto Sandra”.
Jerry, il padre di Josh, aggiunse qualcos’altro: “Non potevamo far entrare nella stanza tutti i ragazzi della scuola che venivano a trovarlo. Così venne il preside a chiedere sue notizie. Dato che Josh andava matto per i trenini, i compagni gli inviarono un puzzle di 1.000 pezzi per ricomporre la figura di una ferrovia. La polizia voleva organizzare un ballo di beneficenza per aiutarlo a pagare certe spese, ma noi non lo abbiamo permesso. A scuola, nella lezione di scienze sociali, si parlava dei diritti umani e ciascuno degli studenti scrisse a Josh di fare loro un discorso su quell’argomento, spiegando i propri sentimenti”.
In tutto quel periodo i giornali parlarono moltissimo della cosa, e sulle prime pagine di parecchi quotidiani apparvero articoli corredati di foto. I direttori delle scuole trasmisero comunicati sulla salute di Joshua. Lui fu invitato a parlare una volta guarito, e nelle scuole riservarono del tempo per trattare il caso nei particolari.
“Secondo voi Joshua è cambiato molto da quando è stato colpito da questa malattia che ha messo in pericolo la sua vita?”, ha chiesto Svegliatevi! Jerry, il padre di Josh, ha commentato: “È avvenuto un enorme cambiamento in lui quasi da un giorno all’altro. Josh era un ragazzo tranquillo e spensierato, che aveva bisogno ogni tanto di consigli come tutti i quindicenni. Mi sono messo a sedere e l’ho guardato con rispetto. È quasi come se fosse cresciuto in una notte. Una sera il suo avvocato voleva parlargli e Joshua mi ha chiesto di uscire. Ieri era il pagliaccio della classe; poi all’improvviso è diventato un ragazzo maturo che parlava con giudici e avvocati. Un grave problema può tirar fuori dal più profondo del cuore cose che uno non avrebbe mai sospettato ci fossero”.
La dottoressa Scully ha avuto per Joshua parole di lode. Ha detto a sua madre: “Di tutti i pazienti che ho avuto in cura è il più amichevole, il più premuroso, il più gentile e il più compassionevole che abbia mai conosciuto. È un ragazzo molto coraggioso che non dimenticheremo mai. È una persona molto simpatica. Può essere veramente fiera di lui, signora Walker”.
Nel giro di poche settimane la leucemia si aggravò. I brevi periodi di remissione finirono; il cancro si ripresentò. La dottoressa Scully disse alla famiglia che forse Josh non sarebbe vissuto a lungo, forse qualche settimana, magari qualche mese. La sera successiva, alla presenza dei genitori, la dottoressa Scully disse a Joshua che il cancro si era ripresentato e che a quel punto poteva anche essere nello stomaco. Joshua disse: “Oh, no,... ne è sicura?” La dottoressa Scully disse: “Josh, le tue analisi del sangue non vanno molto bene”. Subito dopo il padre uscì dalla stanza, seguito dalla dottoressa Scully.
Due cuori in pena trovano pace
La madre di Josh descrive la scena: “C’era silenzio. Avvicinai la sedia al suo letto e gli presi la mano. Gli chiesi se era preoccupato o depresso per quello che aveva detto la dottoressa. Rispose: ‘Non avevo pensato di morire e di lasciarvi così presto. Ma non preoccuparti, mamma. Non ho paura di morire, né ho paura della morte. Non voglio essere solo nel momento della morte. Mi starai vicina?’ Mi misi a piangere e l’abbracciai. Anche lui piangeva e disse: ‘Mamma, sono nelle mani di Geova’. E continuò: ‘Voglio che rimaniate tutti nella verità così sarete lì ad accogliermi nella risurrezione. Posso dirti una cosa in tutta certezza, mamma: Sono convinto che Geova mi riporterà in vita nella risurrezione. Lui ha letto il mio cuore e sa quanto lo amo’.
“Ricominciai a piangere. Gli dissi quanto lo amavamo e quanto eravamo stati fieri di lui per i 16 anni in cui l’avevamo avuto con noi, e soprattutto che Geova lo stava guardando con approvazione. Disse: ‘Lo so, mamma’. Continuai: ‘Josh, per quanto detesti il pensiero che tu ci lasci, sarebbe solo egoistico da parte nostra volere che tu rimanga’. Disse: ‘Lo so, mamma, e in un certo senso sono stanco di lottare’”.
Conseguenze legali
Daniel Pole, uno degli avvocati di Joshua, si occupò insieme ad altri legali delle questioni sollevate in relazione al caso di Joshua Walker. Cos’è un minore maturo secondo la legge sul consenso dei minori in campo sanitario? Il diritto al consenso in campo sanitario include anche il diritto di rifiutare un trattamento? L’argomento del parens patriae, in virtù del quale lo stato agisce per conto di qualcuno incapace di farlo per conto proprio, è applicabile in questo caso? La persona ha secondo la legge il diritto di determinare a cosa sottoporre il suo corpo? L’integrità fisica è inviolabile? E che dire della “common law” del Canada? Si applica in questo caso? Infine, c’era bisogno che il caso di Joshua Walker finisse in tribunale?
Queste questioni furono risolte con la decisione scritta della corte d’appello? Sì. Al termine dell’udienza la corte formata da cinque giudici si ritirò e poi tornò in aula pronunciando oralmente la decisione unanime dei giudici, come segue:
“L’appello è stato accolto. La decisione di J. Turnbull [il giudice della corte inferiore] è revocata. Joshua Walker è dichiarato minore maturo in base alla vigente legge sul consenso dei minori in campo sanitario e il consenso dei suoi genitori in quanto alla cura cui sottoporsi non è richiesto. L’argomento delle spese processuali sarà trattato nella sentenza scritta”.
La “common law” del Canada era applicabile in questo caso? Sì. Il verbale stampato dell’udienza dichiara: “In Canada la common law riconosce la dottrina del minore maturo, cioè quello che è in grado di capire la natura e le conseguenze del trattamento proposto. . . . Il Nuovo Brunswick ha codificato la common law nella misura espressa nella vigente legge sul consenso dei minori in campo sanitario”.
Infine, era necessario che il caso di Joshua finisse in tribunale perché egli fosse legalmente capace di rifiutare le trasfusioni di sangue? No. “Finché le disposizioni della legge sono osservate, tale istanza non è necessaria”.
Il presidente della corte W. L. Hoyt trasse questa conclusione: “L’istanza è stata presentata in buona fede e con tutte le cautele del caso. Nondimeno il risultato dell’istanza è stato quello di coinvolgere Joshua e la sua famiglia in una inutile controversia legale. Per tale ragione, a mio avviso, hanno diritto al risarcimento delle spese processuali da parte dell’ospedale”.
Joshua è morto il 4 ottobre 1994.
[Testo in evidenza a pagina 12]
“La sentenza contiene chiare indicazioni . . . per i medici e gli ospedali”. — Canadian Medical Association Journal
[Testo in evidenza a pagina 13]
“Una vittoria non solo per i testimoni di Geova, ma per tutti noi”. — Telegraph Journal
[Testo in evidenza a pagina 14]
“Voglio solo vivere conforme alla legge di Geova sul sangue”. — Joshua Walker
[Testo in evidenza a pagina 15]
“In vita mia non ho mai visto una fede come la sua”. — Dott. Garry