Affidamento dei figli: La religione e la legge
NELLE cause di divorzio e per l’affidamento dei figli la religione può essere un elemento importante, e alquanto complesso. Ad esempio, possono sorgere domande come queste:
Un giudice dovrebbe tener conto delle testimonianze secondo cui un genitore non sarebbe adatto per avere in affidamento un figlio a motivo della sua religione, specie se si tratta di una religione minoritaria? Dovrebbe tener conto delle testimonianze relative alle credenze e alle pratiche religiose dei genitori al fine di determinare quale religione, secondo lui, sarebbe migliore per il figlio? Dovrebbe poi disporre che il figlio venga allevato in quella religione, proibendogli di venire in contatto con altre religioni?
Oggi sempre più persone si sposano con individui diversi per religione e gruppo etnico di provenienza. Perciò quando queste coppie divorziano, i figli possono essere già legati a due comunità religiose. A volte succede che un genitore coinvolto in una causa di divorzio abbia abbracciato di recente una religione diversa da quella che professava un tempo. Questo nuovo vincolo religioso può essere un elemento stabilizzatore nella sua vita e può essere molto importante per lui, ma nel contempo può essere una novità per i figli. Sorge così un’altra domanda: Può un tribunale proibire al genitore di portare i figli alle funzioni religiose di questa religione solo perché è diversa da quella che i genitori professavano in precedenza?
Sono domande difficili. Richiedono che un giudice tenga in considerazione non solo i bisogni del figlio ma anche gli interessi e i diritti dei genitori.
Diritti fondamentali dei genitori e dei figli
È vero che i giudici possono essere influenzati dalle proprie convinzioni personali in campo religioso. Tuttavia in molti paesi è difficile che vengano ignorati i diritti religiosi dei genitori o del figlio. In questi paesi probabilmente c’è una costituzione che vieta al giudice di limitare il diritto fondamentale dei genitori di educare i figli, e quindi di decidere in merito alla loro istruzione scolastica e formazione religiosa.
A sua volta, il figlio ha il diritto di essere educato dai genitori sotto questi aspetti. Perché un giudice possa legittimamente interferire con l’educazione religiosa di un figlio, il tribunale deve prima udire prove convincenti che “determinate pratiche religiose rappresentano una minaccia immediata e sostanziale per il benessere temporale del minore”. (Il corsivo è nostro). I semplici disaccordi o anche l’ostilità tra i genitori per motivi religiosi non sono sufficienti a giustificare l’intervento dello Stato.
Nel Nebraska (USA), la posizione ragionevole assunta da una madre che è testimone di Geova in una causa per l’affidamento dei figli illustra in che modo queste disposizioni legali tutelano sia i genitori che i figli. Il padre, non Testimone, non voleva che la figlia frequentasse le funzioni religiose dei testimoni di Geova nella Sala del Regno. Il tribunale diede ragione al padre.
La madre si appellò quindi alla Corte Suprema del Nebraska. Secondo lei non c’era alcuna prova che una qualsiasi delle attività dei testimoni di Geova rappresentasse una minaccia immediata e sostanziale per il benessere della figlia. Nella sua deposizione affermò che “assistendo e partecipando alle attività religiose di entrambi i genitori . . . la figlia avrebbe avuto una base sulla quale determinare quale religione scegliere una volta raggiunta un’età sufficiente”.
La Corte Suprema annullò la sentenza del tribunale di grado inferiore e dichiarò che ‘il tribunale [di grado inferiore] aveva commesso un abuso di discrezionalità nel limitare il diritto della madre affidataria di disporre circa l’educazione religiosa della figlia minorenne’. Non c’era assolutamente nessuna prova che la figlia venisse danneggiata dall’assistere alle funzioni religiose nella Sala del Regno dei testimoni di Geova.
I diritti dei genitori non affidatari
A volte i genitori divorziati cercano di sfruttare le dispute sull’educazione religiosa come mezzo per assumere il controllo dei figli. Ad esempio, nella causa Khalsa contro Khalsa, dibattuta nello stato americano del Nuovo Messico, finché erano sposati, entrambi i genitori avevano professato la religione sikh. Poco dopo il divorzio, però, la madre si era convertita al cattolicesimo e aveva cominciato a dissuadere i figli dal praticare il sikhismo.
Il padre ne fu molto risentito e si rivolse a un tribunale per ottenere maggiore autorità di indirizzare i figli verso la religione sikh. Come reagì il tribunale di prima istanza alla richiesta del padre? La respinse. Ordinò che “quando i figli erano con [il padre] non potevano partecipare in maniera volontaria o involontaria ad alcuna attività sikh, ivi compresi l’assistere a qualsiasi funzione religiosa e il frequentare qualsiasi campeggio o asilo [gestiti dalla comunità] sikh”.
Il padre ricorse in appello presso la Corte d’Appello del Nuovo Messico. Questo tribunale di grado superiore diede ragione al padre e annullò la sentenza del tribunale di prima istanza. La Corte d’Appello spiegò: “I tribunali devono rimanere imparziali nei confronti delle religioni, e devono intervenire in questo campo delicato e protetto da garanzie costituzionali solo qualora venga dimostrato in maniera chiara e concreta che i figli subiscono un danno. Se si impongono restrizioni in questo campo c’è il pericolo che le limitazioni disposte dal tribunale violino in maniera anticostituzionale la libertà di religione del genitore o che vengano recepite come se la violassero”.
Questa sentenza è in armonia con una lunga serie di princìpi riconosciuti in molti paesi. Un genitore ragionevole rifletterà su questi princìpi. Oltre a ciò, il genitore cristiano rifletterà attentamente sul bisogno che il figlio ha di interagire con entrambi i genitori, come pure sul suo obbligo di mostrare onore sia alla madre che al padre. — Efesini 6:1-3.
Mediazione extragiudiziale
Anche se la mediazione extragiudiziale in genere è meno formale di un’udienza davanti a un giudice, il genitore non dovrebbe prenderla alla leggera. Qualsiasi accordo o clausola circa l’affidamento dei figli su cui si convenga in questa sede può essere reso vincolante attraverso successive ordinanze del tribunale. Pertanto, sarebbe consigliabile che un genitore consultasse un avvocato esperto in diritto di famiglia per essere certo che tutte le questioni relative all’affidamento siano trattate in maniera adeguata ed equa.
Entrambi i genitori dovrebbero prendersi il tempo di prepararsi per il procedimento di mediazione. Il contegno e la condotta di un genitore durante questo procedimento possono influire molto sul risultato. Troppo spesso capita che i genitori che divorziano siano così coinvolti emotivamente nel divorzio da perdere di vista le questioni importanti: Cos’è nei migliori interessi del figlio? Di che cosa ha bisogno il figlio per il suo sviluppo psicologico, emotivo e fisico?
Ricordate che, dal punto di vista legale, la cosa principale su cui si cerca una mediazione non sono i contrasti personali dovuti a motivi religiosi o di altro genere, ma il modo in cui i genitori possono trovare un punto d’incontro e giungere a un accordo per il bene dei figli. Un genitore può trovarsi a dover affrontare pregiudizi religiosi o di altro genere, domande inaspettate o manovre fatte apposta per metterlo in agitazione o innervosirlo. I difetti di entrambi i genitori possono essere sbandierati o persino esagerati. Se le parti si mantengono ragionevoli, tuttavia, si può giungere a una decisione.
A volte il procedimento di mediazione può sembrare lungo e frustrante. L’alternativa è una prolungata azione giudiziaria, con tutto ciò che questo comporta in quanto a pubblicità imbarazzante, costi economici e ripercussioni sul figlio. Di certo questo è meno desiderabile. Come per qualsiasi problema serio della vita, un genitore cristiano vorrà prepararsi al procedimento di mediazione in preghiera, ricordando l’invito ispirato che dice: “Rotola su Geova la tua via, e confida in lui, ed egli stesso agirà”. — Salmo 37:5.
Ma che dire se non si riesce a raggiungere una soluzione e il giudice decide di affidare il figlio all’altro genitore? E che dire se uno dei genitori è disassociato dalla congregazione cristiana? Inoltre, come vanno considerate le alternative dell’affidamento congiunto e dell’affidamento a uno solo dei genitori? L’articolo che segue prenderà in considerazione queste domande e alcuni princìpi biblici attinenti.
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Tre qualità importanti
Un giudice che tratta cause relative al diritto di famiglia ha detto a Svegliatevi! che tra le qualità importanti che cerca in un genitore ci sono queste tre:
Ragionevolezza: l’essere disposti a concedere all’altro genitore il massimo accesso al figlio (laddove questo non comporti rischi di natura fisica o morale per il figlio)
Sensibilità: il rendersi conto dei bisogni emotivi del figlio
Padronanza di sé: il condurre una vita familiare equilibrata, creando un’atmosfera tranquilla in cui il figlio possa crescere sereno
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Linee guida per i giudici
Fissando delle linee guida, alcuni giudici hanno cercato di evitare inutili dispute sui valori religiosi di un genitore. Ad esempio:
1. Bisogna favorire un buon rapporto tra il figlio ed entrambi i genitori. John Sopinka, giudice della Corte Suprema canadese, ha detto che si dovrebbe permettere a entrambi i genitori di “svolgere quelle attività che contribuiscono a identificare il genitore per quello che veramente è [comprese le sue pratiche religiose]. Non ci si aspetta che il genitore che beneficia del diritto di visita reciti una parte o adotti un modo di vivere fasullo nei periodi di visita”.
2. Proibire al genitore che beneficia del diritto di visita di insegnare al figlio le proprie credenze religiose viola la libertà di religione del genitore, eccetto quei casi in cui vi siano prove chiare e concrete di un danno imminente e sostanziale per il figlio.
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I giudici che devono decidere le cause di affidamento dei figli hanno una grave responsabilità
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Un mediatore può aiutare i genitori ad appianare le divergenze evitando lunghe azioni legali