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  • RICONCILIAZIONE CON DIO
  • La base della riconciliazione
  • Passi necessari per giungere a una riconciliazione
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    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
  • “Siate riconciliati con Dio”
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1954
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    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1998
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Ausiliario per capire la Bibbia
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Riconciliazione

Riconciliare significa ristabilire l’armonia o un rapporto amichevole; anche sanare o comporre divergenze. In greco i termini che hanno relazione con la riconciliazione derivano dal verbo allàsso, che fondamentalmente significa “mutare, cambiare”. — Rom. 1:23; confronta Atti 6:14; I Corinti 15:51; Galati 4:20.

Quindi la forma composta katallàssoi, pur avendo fondamentalmente il significato di “cambiare”, finì per significare “cambiare l’inimicizia di una persona in amicizia, riconciliare”. Paolo usò questo verbo parlando di una donna che doveva ‘riconciliarsi’ col marito dal quale si era separata. (I Cor. 7:11) Il verbo affine diallàsso ricorre in Matteo 5:24 nell’insegnamento di Gesù che bisogna ‘far pace’ col proprio fratello prima di presentare un’offerta sull’altare.

RICONCILIAZIONE CON DIO

La riconciliazione con Dio è necessaria perché si è creata una frattura, una separazione, mancanza di armonia o di rapporti amichevoli, addirittura uno stato di inimicizia. Questo è avvenuto a motivo del peccato del primo uomo Adamo e della conseguente peccaminosità e imperfezione ereditata da tutti i suoi discendenti. (Rom. 5:12; confronta Isaia 43:27). L’apostolo poteva quindi dire che “rivolgere la mente alla carne significa inimicizia con Dio, poiché essa non è sottoposta alla legge di Dio, né, infatti, può esservi [a motivo della natura peccaminosa, imperfetta ereditata]. Quindi quelli che sono in armonia con la carne non possono piacere a Dio”. (Rom. 8:7, 8) Esiste inimicizia perché le norme perfette di Dio non consentono che egli approvi o condoni la trasgressione. (Sal. 5:4; 89:14) Del Figlio suo, che rifletteva in modo perfetto le qualità del Padre, è scritto: “Hai amato la giustizia e hai odiato l’illegalità”. (Ebr. 1:9) Perciò, anche se “Dio è amore” e se “Dio ha tanto amato il mondo [del genere umano] che ha dato il suo unigenito Figlio” a favore di questo, resta il fatto che il genere umano nel suo insieme è in uno stato di inimicizia con Dio e che l’amore di Dio è stato un amore nei confronti di nemici, un amore dettato da principi (gr. agàpe) più che da tenerezza o amicizia (gr. philìa). — I Giov. 4:16; Giov. 3:16; confronta Giacomo 4:4.

Poiché la norma di Dio è una norma di perfetta giustizia, egli non può tollerare o considerare con favore il peccato, che è la violazione della sua espressa volontà. Dio è “clemente e misericordioso”, e “ricco in misericordia” (Sal. 145:8, 9; Efes. 2:4); ma non mostra misericordia senza tener conto della giustizia.

La base della riconciliazione

Solo mediante il sacrificio di riscatto di Cristo Gesù è possibile la piena riconciliazione con Dio; egli è “la via” e nessuno ha accesso al Padre se non per mezzo di lui. (Giov. 14:6) La sua morte servì come “sacrificio propiziatorio [gr. hilasmòs] per i nostri peccati”. (I Giov. 2:2; 4:10) Il sostantivo hilasmòs significa “mezzo per placare”, “espiazione”. Chiaramente il sacrificio di Gesù Cristo non era un “mezzo per placare” nel senso di blandire i sentimenti di Dio che erano stati offesi, addolcendolo, poiché la morte del suo diletto Figlio non poteva certo produrre un effetto del genere. Piuttosto quel sacrificio placava o soddisfaceva le esigenze della perfetta giustizia di Dio provvedendo la base equa e giusta per perdonare il peccato, affinché Dio potesse essere “giusto anche quando dichiara giusto l’uomo [per eredità peccatore] che ha fede in Gesù”. (Rom. 3:24-26) Fornendo il mezzo per espiare (o scontare completamente) le azioni illegali e i peccati dell’uomo, il sacrificio di Cristo propiziò (favori) da parte dell’uomo la ricerca e il conseguimento di giuste relazioni col Sovrano Dio. — Efes. 1:7; Ebr. 2:17; vedi RISCATTO.

In tal modo, per mezzo di Cristo, Dio rese di nuovo possibile “riconciliare a sé tutte le altre cose facendo la pace mediante il sangue che [Gesù] sparse sul palo di tortura”, e perciò coloro che un tempo erano estranei e nemici avendo la mente volta a opere malvage potevano ora essere ‘riconciliati mediante il corpo carnale di lui per mezzo della sua morte, per presentarsi santi e senza difetto e non esposti a nessuna accusa dinanzi a Dio’. (Col. 1:19-22) Geova Dio poteva ora ‘dichiarare giusti’ quelli che sceglieva perché divenissero suoi figli spirituali; essi non sarebbero stati soggetti a nessuna accusa dal momento che ora erano persone pienamente riconciliate e in pace con Dio. — Confronta Atti 13:38, 39; Romani 5:9, 10; 8:33.

Ma che dire degli uomini che servirono Dio in epoche precedenti alla morte di Cristo, come Abele, al quale “fu resa la testimonianza ch’era giusto, rendendo Dio testimonianza riguardo ai suoi doni”, Enoc, che “ebbe la testimonianza d’essere stato accetto a Dio”, Abraamo, che “fu chiamato ‘l’amico di Geova’”, Mosè, Giosuè, Samuele, Davide, Daniele e molti altri, fra cui Giovanni il Battezzatore e i discepoli di Cristo (quelli ai quali Gesù disse prima di morire: “Il Padre stesso ha affetto per voi”)? (Ebr. 11:4, 5; Giac. 2:23; Dan. 9:23; Giov. 16:27) Geova ebbe a che fare con tutti loro e li benedisse. Come mai hanno dunque bisogno di una riconciliazione mediante la morte di Cristo?

Questi evidentemente avevano avuto in una certa misura una riconciliazione con Dio. Tuttavia, come il resto del mondo del genere umano, per eredità erano ancora peccatori e si erano riconosciuti tali mediante i sacrifici animali offerti. (Rom. 3:9, 22, 23; Ebr. 10:1, 2) È vero, alcuni uomini avevano commesso peccati più gravi o evidenti, essendo apertamente ribelli; ma il peccato è peccato, qualunque sia la sua gravità o portata. Quindi, essendo tutti peccatori, tutti i discendenti di Adamo hanno senza eccezione bisogno della riconciliazione con Dio resa possibile dal sacrificio del Figlio suo.

La relativa amicizia di Dio per uomini come quelli già menzionati aveva come base la loro fede, fede che includeva la convinzione che Dio a suo tempo avrebbe provveduto il mezzo per liberarli completamente dalla loro condizione peccaminosa. (Confronta Ebrei 11:1, 2, 39,40; Giovanni 1:29; 8:56; Atti 2:29-31). Quindi, quella misura di riconciliazione di cui godettero dipendeva dal futuro provvedimento di Dio del riscatto. Dio aveva considerato o riconosciuto in anticipo la loro fede come giustizia e, su questa base, e con l’assoluta certezza che in seguito egli stesso avrebbe provveduto un riscatto, Geova poté avere temporaneamente relazioni amichevoli con loro senza violare le sue norme di perfetta giustizia. (Confronta Romani 3:25, 26; 4:17). Comunque, le giuste esigenze della sua giustizia dovevano alla fine essere soddisfatte, affinché ciò che era stato loro “accreditato” potesse essere coperto dall’effettivo pagamento del richiesto prezzo di riscatto. Tutto questo esalta l’importanza del ruolo di Cristo nella disposizione di Dio, e dimostra che, senza Cristo Gesù, gli uomini non possiedono la giustizia che potrebbe renderli idonei a stare alla presenza di Dio. — Confronta Isaia 64:6; Romani 7:18, 21-25; I Corinti 1:30, 31; 1 Giovanni 1:8-10.

Passi necessari per giungere a una riconciliazione

Dal momento che Dio è la parte offesa la cui legge è stata ed è violata, è l’uomo che deve riconciliarsi con Dio, non Dio con l’uomo. (Sal. 51:1-4) L’uomo non si pub mettere sullo stesso piano di Dio, né la posizione di Dio in quanto a ciò che è giusto è soggetta a cambiamento, correzione o modifica. (Isa. 55:6-11; Mal. 3:6; confronta Giacomo 1:17). Le condizioni da lui poste per la riconciliazione sono dunque “inalterabili”, non soggette a discussione o compromesso. (Confronta Giobbe 40:1, 2, 6-8; Isaia 40:13, 14). Anche se molte traduzioni rendono Isaia 1:18 come segue: “‘Su, venite e discutiamo’, dice il Signore” (CEI; vedi anche Ga; VR; ecc.), una traduzione più corretta e coerente è: “‘Venite, ora, e mettiamo le cose a posto fra noi [“riconciliamoci”, Luzzatto]’, dice Geova”. (NM) La colpa alla base della frattura è tutta dell’uomo, non di Dio. — Confronta Ezechiele 18:25, 29-32.

Questo non impedisce a Dio di prendere misericordiosamente l’iniziativa di aprire la via alla riconciliazione. Egli l’ha fatto per mezzo del Figlio suo. (Rom. 5:6-11) Gesù, che “non conobbe peccato”, fu “fatto peccato per noi” e morì come umana offerta per il peccato, al fine di liberare gli esseri umani dall’accusa e dalla pena del peccato. Sollevati dall’accusa del peccato, potevano così apparire giusti agli occhi di Dio, e quindi ‘divenire giustizia di Dio mediante Gesù’. — II Cor. 5:18, 21.

Dio inoltre manifesta la sua misericordia e il suo amore inviando ambasciatori all’umanità peccatrice. Nell’antichità gli ambasciatori venivano inviati principalmente in tempo di ostilità (confronta Luca 19:14) non di pace, e spesso la loro missione consisteva nel vedere se si poteva evitare la guerra o nello stabilire condizioni di pace quando prevaleva uno stato di guerra. (Isa. 33:7; Luca 14:31, 32; vedi AMBASCIATORE). Dio invia i suoi ambasciatori cristiani per permettere agli uomini di conoscere le sue condizioni per la riconciliazione e di avvalersene. — II Cor. 5:20.

Riconoscendo la necessità di una riconciliazione e accettando il provvedimento di Dio che la rende possibile, cioè il sacrificio del Figlio suo, la persona deve pentirsi della propria condotta peccaminosa, e convertirsi, vale a dire ritrarsi dal seguire la via del peccaminoso mondo del genere umano. Rivolgendosi a Dio sulla base del riscatto di Cristo, si possono ottenere il perdono dei peccati e la riconciliazione, e quindi ‘stagioni di ristoro dalla persona di Geova’ (Atti 3:18, 19), e pace della mente e del cuore. (Filip. 4:6, 7) Non più nemici esposti all’ira di Dio, in effetti ‘si passa dalla morte alla vita’. (Giov. 3:16; 5:24) Dopo di che si deve conservare la buona volontà di Dio ‘invocandolo in verità’, ‘rimanendo nella fede e non essendo smossi dalla speranza della buona notizia’. — Sal. 145:18; Filip. 4:9; Col. 1:22, 23.

RICONCILIARE A SÉ UN MONDO

L’apostolo Paolo dice che Dio “riconciliava a sé il mondo mediante Cristo, non annoverando loro i loro falli”. (II Cor. 5:19) Questo non va frainteso nel senso che tutti siano automaticamente riconciliati con Dio mediante il sacrificio di Gesù; infatti l’apostolo prosegue descrivendo l’opera di un ambasciatore che ‘supplica’ gli uomini di ‘essere riconciliati con Dio’. (II Cor. 5:20) In tal modo fu provveduto a tutti quelli del mondo del genere umano disposti ad accettarlo il mezzo per giungere alla riconciliazione. Perciò Gesù venne “per dare la sua anima come riscatto in cambio di molti”, e “chi esercita fede nel Figlio ha vita eterna; chi disubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui”. — Matt. 20:28; Giov. 3:36; confronta Romani 5:18, 19; II Tessalonicesi 1:7, 8.

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