Persecuzione in un paese pacifico
DA OLTRE sessant’anni il paese viveva in pace, e il popolo, amichevole, era governato da un buon re. Poi il re morì. Quasi da un giorno all’altro quel pacifico paese è divenuto teatro di sofferenze inflitte a una minoranza conosciuta in tutto il mondo per il suo amore del prossimo e il rispetto per l’autorità. Perché queste persone sono perseguitate? Perché desiderano vivere secondo i principi biblici. Dov’è accaduto tutto questo? Nello Swaziland.
Lo Swaziland è un piccolo paese ameno con una superficie di circa 17.363 chilometri quadrati situato fra la Repubblica Sudafricana e il Mozambico. Lussureggiante e montuoso a ovest, pianeggiante e asciutto a est, ha solo mezzo milione di abitanti o poco più. Gli Swazi occuparono il territorio al principio del XVIII secolo. Nel 1903 la nazione venne a trovarsi sotto l’amministrazione britannica, ma nel 1968 è diventata un regno indipendente, governato dal re Sobhuza II.
Questo uomo straordinario si distinse a suo tempo come il sovrano più vecchio del mondo e sul trono da più tempo, avendo regnato dal 1921 fino alla sua morte avvenuta il 21 agosto 1982. Era noto per la sua saggezza e il suo discernimento. Essendo il suo paese stretto fra la Repubblica Sudafricana e il Mozambico e la loro politica molto contrastante, si mantenne neutrale. In tal modo lo Swaziland continuò ad essere un paese di pace e di crescente prosperità.
La religione
Come la maggioranza dei popoli africani, gli swazi praticano da secoli l’adorazione degli antenati. Recentemente molte missioni e chiese sono state libere di svolgere le loro attività nello Swaziland, ma le usanze e i riti tradizionali occupano ancora un posto importante nella vita della maggioranza degli abitanti. Al principio degli anni trenta i testimoni di Geova mandarono missionari nel paese per diffondervi la buona notizia del Regno di Dio. Questi missionari facevano visite frequenti al re Sobhuza, che invariabilmente riservava loro splendide accoglienze.
Col tempo diversi swazi accettarono il messaggio predicato dai testimoni di Geova. Poiché ora ubbidivano alla legge di Dio esposta nella Bibbia, essi non potevano più seguire certe usanze religiose non cristiane. Questo attirò loro l’opposizione di alcuni capi, ma il re non permetteva che i testimoni di Geova fossero perseguitati. Perciò i Testimoni hanno buoni motivi per essergli grati e per piangere sinceramente la sua morte. Ma significa questo che debbano partecipare alle usanze religiose relative al lutto, come quella di radersi la testa?
Riti funebri
Tali riti sono molto importanti per chi li osserva. Il dottor I. Schapera, esperto di usanze africane, ha scritto: “L’adorazione degli antenati si basa sulla credenza che quando un uomo muore continui a influire sulla vita dei parenti rimasti sulla terra”. Riguardo a questi defunti, egli spiega: “Qualora siano offesi, da qualche inosservanza della consuetudine, possono anche mandare siccità, peste bovina, catastrofi su persone o intere tribù, malattie o morte”. Trattandosi di un capo, osservare l’usanza è ancora più importante. Perciò chi crede in queste usanze tradizionali non si sognerebbe neppure di non osservare il lutto per la morte di un re.
I cristiani però devono tener conto di come Geova Dio considera usanze del genere. Migliaia d’anni fa Dio disse al suo popolo eletto: “Non vi dovete fare tagli né vi dovete imporre calvizie sulla fronte per una persona morta. Poiché tu sei un popolo santo a Geova tuo Dio”. — Deuteronomio 14:1, 2.
Questo è logico perché non possiamo fare nulla per piacere o dispiacere a chi è morto. Infatti, ‘i morti non sono consci di nulla’. (Ecclesiaste 9:5) Alla morte anche un governante “torna alla sua terra; in quel giorno periscono in effetti i suoi pensieri”. (Salmo 146:3, 4) Ora egli dorme ed è inconscio. La sua unica speranza dipende dalla futura risurrezione da parte di Dio. Egli non può fare né del bene né del male ai suoi ex sudditi.
Chi si rasasse la testa in onore di un morto darebbe l’impressione di credere che la sua anima è ancora viva. Un tale gesto sarebbe ipocrita per un testimone di Geova. (Ezechiele 18:4) Egli ‘praticherebbe la menzogna’ e sarebbe disapprovato da Dio. (Rivelazione 22:15) I veri cristiani inoltre sono severamente ammoniti di non mischiare usanze non cristiane con la loro adorazione. (II Corinti 6:14) Non possono coscienziosamente osservare riti in segno di lutto che sono in contrasto con la Bibbia, indipendentemente dal dolore che possono provare per la morte di un amico.
La reazione delle autorità
Il 13 settembre 1982 The Times dello Swaziland pubblicò questa notizia: “Il governatore del Palazzo Reale di Lobamba ha reso note le istruzioni che dovranno essere seguite dalla nazione degli swazi nel periodo di lutto in onore del defunto re Sobhuza II. Con una trasmissione radiofonica diffusa in tutto il paese il consigliere Vusumuzi Bhembe ha annunciato che in segno di lutto tutti i maschi swazi devono tagliarsi i capelli [raderli a zero]. . . . Le donne sposate si taglieranno i capelli tutt’attorno alla testa sopra le orecchie”. Furono subito fatte pressioni su coloro che per coscienza non potevano ottemperare a questa ordinanza.
Il giovedì 23 settembre 1982, ad Andreas Xaba, un veterinario che lavorava per il governo swazi, fu chiesto dal suo superiore, il signor Mavimbela, perché non si era rapato. Quando Andreas fece per spiegare, Mavimbela si rifiutò di ascoltare e mandò a chiamare tre soldati di un campo militare delle vicinanze. I soldati, però, decisero che spettava alla polizia occuparsi della cosa.
In attesa della polizia, Mavimbela chiese a uno dei soldati di andare a casa di Andreas a prendere sua moglie, perché nemmeno lei si era tagliata i capelli. Giunse la polizia, ma l’ufficiale di grado più elevato disse che dovevano lasciare in pace i coniugi Xaba perché il governo non aveva dato istruzioni di arrestare quelli che non si erano tagliati i capelli.
Ad ogni modo quella sera sette soldati accompagnati da Mavimbela si recarono a casa degli Xaba e li portarono nel campo militare. Lì tutti i soldati si radunarono e, dopo averli interrogati, picchiarono a più riprese Andreas e sua moglie che furono poi costretti a sdraiarsi per terra mentre i soldati li percotevano ai piedi. Infine furono rapati con la forza e rimessi in libertà.
L’11 ottobre 1982 quattro testimoni di Geova furono processati presso la corte nazionale di Manzini. Prima di emettere la sentenza il presidente della corte, Mabhula Shongwe, ordinò alla polizia di raparli. L’ordine fu eseguito in modo brutale. Testimoni oculari riferiscono che dalle ferite alla testa colava sangue. Fu quindi emessa la sentenza: o un anno di prigione o il pagamento di una multa di 100 rand.
Due giorni dopo undici Testimoni, dieci uomini e una donna, furono arrestati nel luogo di lavoro, la Mhlume Company. Il giorno seguente i poliziotti della ditta si recarono a casa di questi uomini, e arrestarono anche le loro mogli e i loro figli. Il 20 ottobre fu concessa a tutti loro l’opportunità di spiegare alla corte perché non si rapavano. In modo rispettoso spiegarono la ragione, citando passi biblici come Deuteronomio 14:1 e Matteo 6:17, 18. Nondimeno furono condannati a un anno di prigione o al pagamento di una multa di 100 rand. Inoltre, essi, le loro mogli e i loro figli furono tutti rapati con la forza. In seguito vennero licenziati dalla Mhlume Company.
Il 28 settembre 1982 tredici Testimoni che lavoravano presso la Usuthu Pulp Company furono condannati dal principe Logiyela Dlamini della Corte Nazionale di Bunya al pagamento di una multa di 60 rand. Successivamente fu loro impedito di raggiungere il posto di lavoro. Chiesero di vedere il direttore ma il 7 ottobre dovettero invece presentarsi davanti al Consiglio supremo della Corona di Lobamba.
Il presidente di questo consiglio, Lusendvo Fakudze, diede ai Testimoni il permesso di spiegare la loro posizione. Durante il dibattito uno dei capi disse con tono minaccioso: “Nel 1975 volevamo sbarazzarci di voi, ma il defunto re vi proteggeva. Chi vi proteggerà ora?” Infine i Testimoni furono informati che la cosa sarebbe stata deferita al consiglio dei principi e poi alla regina madre a Lobamba. Nel frattempo fu consigliato ai loro datori di lavoro di non riaccettarli salvo che si rapassero la testa.
La settimana seguente questi Testimoni furono nuovamente arrestati. Sei dovevano essere processati il 19 ottobre, nella medesima Corte Nazionale di Bunya. Giunto il giorno stabilito, il presidente della corte non si presentò. Fu necessario rimandare la causa al giorno successivo e nominare un nuovo presidente, Magomba Dlamini. Egli ordinò di rapare i Testimoni e li condannò a tre mesi di prigione o al pagamento di una multa di 30 rand.
Tra i condannati c’erano Aaron Phakathi, Leonard Mabuza, Bartholomew Mbuli, Stephen Mngomezulu, John Shabangu e Lina Mbuli. Questi venivano ora condannati una seconda volta per lo stesso reato. Sono stati poi tutti licenziati dalla Usuthu Pulp Company.
Al tempo della stesura di questo articolo almeno novanta Testimoni erano stati arrestati e condannati, secondo le notizie pervenute. Alcuni sono stati arrestati più di una volta.
Alcuni buoni risultati
Nonostante le difficoltà questa persecuzione inaspettata ha avuto alcuni incoraggianti risultati. Considerate il seguente rapporto fatto dai Testimoni detenuti nella prigione di Manzini:
“Quando arrivammo in questo posto l’agente di custodia ci era molto contrario e diceva che combattevamo contro il governo. Impedì ai fratelli di venire a trovarci e li rimandò indietro con tutto il cibo che ci avevano portato. Ma continuammo a mostrargli profondo rispetto e a rispondergli gentilmente. Vedendo ciò, il suo atteggiamento cambiò. Ci diede la sua Bibbia e ci chiese di predicare a tutti i detenuti. Tutti quelli che erano lì capirono poi che eravamo in prigione per amore della giustizia e sia i detenuti che la polizia ci incoraggiavano a rimanere saldi”.
Dio o Cesare?
I testimoni di Geova prendono a cuore le parole dell’apostolo Paolo: “Ogni anima sia sottoposta alle autorità superiori”. (Romani 13:1) Ricordano pure che Gesù insegnò: “Rendete dunque a Cesare le cose di Cesare”. Tuttavia Gesù aggiunse “. . . ma a Dio le cose di Dio”. (Matteo 22:19-21) Quando fu ordinato loro di smettere di fare qualcosa che Dio aveva comandato, gli apostoli di Gesù risposero: “Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini”. (Atti 5:29) Non volevano disubbidire ai loro governanti umani. Ma quando quei governanti li costrinsero a scegliere fra ubbidire a Dio e ubbidire agli uomini, preferirono ubbidire a Dio.
I testimoni di Geova seguono questo esempio cristiano. Nello stesso tempo pregano che le autorità capiscano il loro punto di vista. L’apostolo Paolo scrisse: “Esorto perciò, prima di tutto, che si facciano supplicazioni, preghiere, intercessioni, rendimenti di grazie . . . riguardo a re e a tutti quelli che sono altolocati; onde continuiamo a condurre una vita calma e quieta”. — I Timoteo 2:1, 2.
Le autorità swazi sanno senz’altro che i testimoni di Geova si sforzano di condurre “una vita calma e quieta”. Come gruppo pagano le tasse e conducono una vita pura e retta. Ma dalla morte del re Sobhuza viene stabilito un pericoloso precedente di persecuzione religiosa. E molti Testimoni, uomini e donne, sono ora privi di un mezzo di sussistenza, essendo stati licenziati dal lavoro.
Che ne pensate?
Vi sorprende sapere che in questa era moderna un’intera nazione sia costretta a osservare riti per placare i defunti? Credete che si debba poter adorare secondo i dettami della propria coscienza? Provate compassione per coloro che soffrono perché questo loro diritto è negato? In tal caso, se lo desiderate inviate un telegramma o una lettera — scritti in tono rispettoso e gentile — a uno o più funzionari del governo swazi. Nel riquadro qui accanto sono indicati i nomi di alcuni alti funzionari a cui, se lo desiderate, potete scrivere.
[Riquadro a pagina 30]
Sua Maestà la Regina Reggente
Ndlovukazi Dzeliwe
Lobamba Royal Residence
P. O. Box 1
LOBAMBA
Swaziland
Presidente del Consiglio Supremo
Principe Sozisa
Lobamba Royal Residence
P. O. Box 1
LOBAMBA
Swaziland
Ministro degli Interni
Principe Gabheni
P. O. Box 432
MBABANE
Swaziland
Primo Ministro
Principe Mabandla
P. O. Box 395
MBABANE
Swaziland
Ministro della Giustizia
Sig. Polycarp KaLazarus Dlamini
P. O. Box 924
MBABANE
Swaziland
Questore Sig. Titus Msibi
P. O. Box 49
MBABANE
Swaziland
Federazione dei Datori di Lavoro dello Swaziland
P. O. Box 386
MBABANE
Swaziland
Consigliere Vusumuzi Bhembe
Lobamba Royal Residence
P. O. Box 1
LOBAMBA
Swaziland
Consigliere Lusendvo Fakudze
Lobamba Royal Residence
P. O. Box 1
LOBAMBA
Swaziland
Presidente della Corte
Sig. C. J. Nathan
P. O. Box 924
MBABANE
Swaziland
Incaricato del Re per la Religione
Sig. A. K. Hlophe
P. O. Box 162
MBABANE
Swaziland