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  • ‘Chi semina con lacrime mieterà con grido di gioia’

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  • ‘Chi semina con lacrime mieterà con grido di gioia’
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1991
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  • Dopo sette anni nelle prigioni della Cina rossa, ancora fermo nella fede!
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1991
w91 1/9 pp. 10-14

‘Chi semina con lacrime mieterà con grido di gioia’

Narrato da Miyo Idei

“Aiuto! Aiuto! Muoio!” La voce strozzata di mio padre echeggiava nel silenzio della notte, e io uscii di corsa da casa. Era mezzanotte, e mio padre stava avendo un attacco cardiaco. Corsi da mio zio, che abitava vicino a noi, ma quando tornammo il polso di papà non batteva più.

ERA il 14 dicembre 1918. Avevo 13 anni, ed ero rimasta senza genitori, visto che mia madre era morta quando avevo 7 anni. Avendo perso entrambi i genitori in così tenera età, cominciai a chiedermi perché si muore, e cosa succede dopo la morte.

Dopo essermi diplomata a un istituto magistrale, cominciai a insegnare nella scuola elementare Shinagawa di Tokyo. In seguito un conoscente mi presentò a un giovane, Motohiro, al quale fui data in sposa all’età di 22 anni. Sono ormai 64 anni che Motohiro ed io dividiamo gioie e dolori. Dopo non molto ci trasferimmo a Taiwan, che a quel tempo era sotto il dominio giapponese. Non immaginavo che in quel paese avrei trovato un motivo per gridare di gioia.

Imparo la verità

Nella primavera del 1932, mentre abitavamo nella periferia di Chiai, nell’interno di Taiwan, ci fece visita un uomo di nome Saburo Ochiai. Egli indicò che tra le profezie della Bibbia c’è anche la promessa che i morti risorgeranno. (Giovanni 5:28, 29) Che prospettiva meravigliosa! Desideravo ardentemente rivedere mia madre e mio padre. Grazie alle argomentazioni logiche, alle spiegazioni ragionevoli e alle chiare prove bibliche, ciò che quest’uomo diceva aveva l’accento della verità. Il tempo volò e passammo tutta la giornata a parlare della Bibbia. Improvvisamente, essa divenne per me un libro affascinante.

Dopo non molto il signor Ochiai si trasferì altrove, non prima di averci lasciato libri come La creazione, L’Arpa di Dio, Governo, Profezia, Luce e Riconciliazione, tutti pubblicati dalla Watch Tower Bible and Tract Society. Mi dedicai alla lettura di questi libri, e così facendo provai il bisogno di dire ad altri quello che stavo imparando. Se Gesù aveva iniziato il suo ministero nella sua città, a Nazaret, perché io non dovevo iniziare dove abitavo? Andai dal mio vicino di casa. Nessuno mi aveva insegnato a predicare, così andai di casa in casa con la mia Bibbia e i libri che avevo letto, predicando come meglio potevo. La gente era bendisposta e accettava le riviste. Chiesi alla Todaisha, come si chiamava a quel tempo la Watch Tower Society in Giappone, di inviarmi 150 copie dell’opuscolo Il Regno, la speranza del mondo, e le distribuii.

Un giorno una persona che aveva accettato letteratura mi disse che subito dopo che me ne ero andata era arrivata la polizia e aveva confiscato i libri. Poco tempo dopo, quattro investigatori vennero a casa mia e confiscarono tutti i libri e le riviste che avevo, lasciandomi solo la Bibbia. Per cinque anni non incontrai nessun servitore di Geova, ma il fuoco della verità continuò ad ardere nel mio cuore.

Poi, un giorno di dicembre del 1937, ricevemmo la visita di due colportori dal Giappone! Stupita, chiesi loro come avevano fatto a trovarci. Risposero: “Abbiamo qui il vostro nome”. Geova si era ricordato di noi! I due Testimoni, Yoriichi Oe e Yoshiuchi Kosaka, avevano pedalato per circa 240 chilometri, da Taipei a Chiai, su vecchie biciclette, con i loro averi ammucchiati dietro. Mentre ci parlavano, mi sentivo come l’eunuco etiope che chiese: “Che cosa mi impedisce di essere battezzato?” (Atti 8:36) La sera del giorno stesso in cui arrivarono, sia mio marito che io ci battezzammo.

Aiuto ai fratelli in prigione

Nel 1939 in tutto il Giappone ci fu un gran numero di arresti di testimoni di Geova. L’ondata di persecuzione raggiunse presto Taiwan. In aprile sia il fratello Oe che il fratello Kosaka furono arrestati. Due mesi dopo lo fummo anche noi. Essendo un’insegnante, fui rimessa in libertà il giorno dopo, ma mio marito rimase in prigione per quattro mesi. Non appena mio marito fu liberato, ci trasferimmo a Taipei. Qui eravamo più vicini alla prigione in cui erano rinchiusi i due fratelli, e questo si rivelò un bene.

La prigione di Taipei era un carcere di massima sicurezza. Portando cibo e vestiario, andai a trovare i fratelli. Per primo, dietro una finestrella di 30 centimetri chiusa da una rete metallica, comparve il fratello Kosaka, scortato da una guardia e da un agente di polizia. Era pallido e aveva le labbra rosse come fragole mature. Aveva contratto la tubercolosi.

Poi vidi il fratello Oe. Sorrideva e ripeteva contento: “Che bello che sei potuta venire!” Aveva la faccia gialla e gonfia, per cui gli chiesi del suo stato di salute. “Sto benissimo!”, rispose. “Qui ti trattano da re. Niente cimici né pidocchi. Posso persino mangiare tagliatelle di grano saraceno. È praticamente un residence!” Il poliziotto e la guardia non riuscirono a trattenere le risate, e dissero: “Eh, questo Oe non si dà mai per vinto”.

Di nuovo in prigione

Verso la mezzanotte del 30 novembre 1941, pochi giorni dopo aver fatto visita ai fratelli, sentii picchiare alla porta. Attraverso la porta scorrevole di vetro scorsi il profilo di diversi cappelli, che sembravano montagne. Ne contai otto. Erano poliziotti. Fecero irruzione in casa nostra e misero tutto quanto sottosopra, ma invano. Dopo aver rovistato per un’ora, confiscarono alcuni album di fotografie e ci dissero di andare con loro. Ricordai che Gesù fu arrestato nel cuore della notte. (Matteo 26:31, 55-57; Giovanni 18:3-12) L’idea che otto uomini facessero tanto baccano per noi due mi divertiva.

Fummo portati in un edificio enorme e buio che non avevo mai visto prima. In seguito scoprimmo che era la prigione Hichisei di Taipei. Ci fecero sedere davanti a una grande scrivania, e cominciarono a interrogarci. Più e più volte ci chiesero: “Chi conoscete?”, ed entrambi rispondemmo che non conoscevamo nessuno. Come facevamo a conoscere quelli che erano in Giappone? Conoscevamo solo i fratelli Oe e Kosaka, e ci guardammo bene dal menzionare altri nomi che potevamo aver udito indirettamente.

Ben presto arrivarono le cinque del mattino, e due agenti mi portarono nella mia cella. Mi ci volle del tempo per abituarmi al nuovo ambiente. Per la prima volta nella mia vita conobbi le cimici. Nonostante schiacciassi tutte le cimici che venivano verso di me, questi piccoli insetti, fermamente risoluti a banchettare a spese dei nuovi arrivati, non mi davano tregua, mentre lasciavano in pace le altre due donne che erano nella cella. Alla fine mi arresi, rassegnandomi a diventare il loro pasto.

Il nostro cibo consisteva in una tazza di una specie di polenta di riso semicruda, che il mio palato continuava a considerare riso crudo. Insieme a questa c’era qualche foglia salata di daikon (ravanello giapponese), ancora sporca di terra. All’inizio non riuscivo a mandar giù quel cibo così maleodorante e disgustoso, per cui le altre detenute si spartivano la mia razione. Naturalmente, col tempo mi adattai per sopravvivere.

Le condizioni di vita nella prigione erano tragiche. Una volta udii un uomo, sospettato di essere una spia, gridare per giorni e giorni sotto le torture. Un mio vicino di cella morì di stenti davanti ai miei occhi. Vedendo tutte queste cose, ero fermamente convinta che questo vecchio sistema doveva finire, e la mia speranza nelle promesse di Dio divenne più forte che mai.

Gli interrogatori

Rimasi in prigione per circa un anno, e fui sottoposta a cinque interrogatori. La prima volta mi portarono in una cella angusta che serviva per gli interrogatori. La prima cosa che mi chiese l’uomo che era venuto a interrogarmi fu: “Chi è più grande, Amaterasu Omikami [la dea del sole] o Geova? Rispondi!” Pensai un po’ a come rispondere.

“Dimmi chi è più grande o ti riempio di botte!” Mi guardava con occhi torvi.

Senza perdere la calma, risposi: “All’inizio della Bibbia sta scritto: ‘In principio Dio creò i cieli e la terra’”. Non ritenni necessario aggiungere altro. Lui mi fissò in viso senza dire parola e poi cambiò argomento.

Dopo tutto, per quale motivo ero in prigione? Il rapporto dell’interrogatorio diceva: “Si teme che essa possa sviare il pubblico mediante i suoi discorsi e le sue azioni”. Ecco perché ero in prigione senza aver avuto un regolare processo.

In tutte queste prove Geova mi è stato sempre vicino. Grazie alla sua benignità, ricevetti una copia tascabile delle Scritture Greche Cristiane. Un agente me la gettò un giorno nella cella, dicendo: “Ti permetto di avere questa”. La leggevo ogni giorno, tanto da imparare a memoria ciò che leggevo. Gli intrepidi esempi dei cristiani del I secolo di cui leggevo nel libro di Atti divennero una grande fonte di incoraggiamento. Anche le 14 lettere di Paolo mi rafforzarono. Paolo subì molta persecuzione, ma lo spirito santo lo sostenne sempre. Questi racconti mi rafforzarono.

Divenni molto magra e fragile, ma Geova mi sostenne, spesso in modi inaspettati. Una domenica, un agente che non avevo mai visto prima venne con un pacco avvolto in un tovagliolo. Aprì la porta della cella e mi condusse nel cortile. Quando arrivammo sotto un grande canforo, aprì il pacco. Meraviglia delle meraviglie! Conteneva banane e focacce. L’agente mi disse di mangiarle lì, e aggiunse: “Voi siete tutti bravissime persone. Tuttavia, siamo costretti a trattarvi così. Non vedo l’ora di lasciare questo lavoro”. Così le guardie e gli agenti di polizia cominciarono a trattarmi benevolmente. Si fidavano di me, permettendomi di pulire le loro stanze e dandomi diversi tipi di lavoro privilegiato.

Verso la fine del 1942 fui convocata da uno degli investigatori che ci avevano arrestato, il quale mi disse: “Anche se meriti la pena di morte, sarai liberata oggi”. Mio marito era già a casa da circa un mese.

Di nuovo insieme ai Testimoni

Mentre eravamo in prigione, il Giappone era entrato nella seconda guerra mondiale. Poi, nel 1945, apprendemmo che il Giappone aveva perso la guerra, e leggemmo sui giornali che i prigionieri politici sarebbero stati liberati. Sapevamo che il fratello Kosaka era morto di malattia in prigione, ma scrissi immediatamente alle prigioni di Taipei, di Hsinchu e di altre città chiedendo notizie del fratello Oe. Non ricevetti nessuna risposta. In seguito seppi che il fratello Oe era stato fucilato.

Nel 1948 ricevemmo una lettera inaspettata da Shanghai. Proveniva dal fratello Stanley Jones, che era stato mandato in Cina dopo aver frequentato la Scuola di Galaad, una scuola missionaria dei testimoni di Geova fondata da poco. Geova si era nuovamente ricordato di noi! Fui felicissima di venire di nuovo in contatto con l’organizzazione di Geova. Erano passati sette anni dall’ultima volta che avevamo visto il fratello Oe. Pur essendo stata completamente isolata per tutto questo tempo, avevo parlato ad altri della buona notizia.

La prima visita del fratello Jones fu un’occasione molto gioiosa. Lui era molto amichevole. Pur non avendolo mai visto prima, ci sembrava di accogliere in casa nostra un parente stretto. Poco dopo il fratello Jones andò a T’ai-tung, oltre le montagne, e mio marito lo accompagnò in qualità di interprete. Tornarono dopo una settimana circa: avevano organizzato un’assemblea di un giorno e avevano battezzato circa 300 persone della tribù yami che abitavano sulla costa orientale.

Per me la visita del fratello Jones fu significativa anche sotto un altro aspetto. Fino ad allora avevo predicato da sola. Ora, durante la visita del fratello Jones, fu battezzata una coppia: il nostro padrone di casa e sua moglie. Da allora, ho provato molte volte la gioia di fare discepoli oltre a quella di dichiarare il Regno. In seguito ci trasferimmo a Hsinchu, dove il fratello Jones venne a trovarci tre volte, fermandosi ogni volta due settimane. Apprezzavo moltissimo la sua compagnia edificante. L’ultima volta disse: “La prossima volta porterò il mio compagno, Harold King”. Ma quella “prossima volta” non venne mai, poiché poco dopo sia lui che il suo compagno furono messi in prigione in Cina.

Nel 1949 arrivarono a Taiwan Joseph McGrath e Cyril Charles, missionari dell’11ª classe della Scuola di Galaad. Essi promossero l’opera a Taiwan, usando la nostra casa come base operativa. Il loro esempio fu per me di vero incoraggiamento. Tuttavia, la situazione politica li costrinse ad andarsene ad Hong Kong. Quando partirono, scortati da un poliziotto, non riuscii a trattenere le lacrime. “Non piangere, Miyo”, disse Joe. Poi aggiunse: “Grazie”, e mi diede come ricordo la sua penna a sfera, di cui aveva fatto buon uso.

Educare una figlia

Mio marito e io non avevamo figli, così adottammo la nipote di mio marito quando aveva quattro mesi. La madre della bambina era in pericolo di vita a motivo dell’asma.

Nel 1952 il fratello Lloyd Barry, che era missionario in Giappone, venne a Taiwan per cercare di ottenere il riconoscimento legale per le attività dei testimoni di Geova. Fu nostro ospite e ci incoraggiò moltissimo. A quel tempo nostra figlia aveva 18 mesi. Lui la prese in braccio e le chiese: “Come si chiama Dio?” Sorpresa, gli chiesi: “Vuoi dire che dovremmo insegnarglielo anche se è così piccola?” “Sì”, rispose con decisione. Poi mi parlò dell’importanza di addestrare i figli sin dalla più tenera età. Le sue parole: “Vostra figlia è un dono di Geova per la vostra consolazione” rimasero impresse nella mia mente.

Cominciai subito ad ammaestrare mia figlia, Akemi, perché conoscesse e amasse Geova e divenisse una sua servitrice. Le insegnai i simboli fonetici, a iniziare dalle tre lettere e, ho e ba, che compongono la parola “Ehoba”, cioè Geova in giapponese. Quando compì due anni, Akemi era in grado di capire ciò che le spiegavo. Perciò ogni sera, prima di metterla a letto, le narravo racconti biblici. Lei ascoltava con interesse e li ricordava.

Quando Akemi aveva tre anni e mezzo, il fratello Barry venne di nuovo a trovarci e le regalò una Bibbia scritta in giapponese colloquiale. Lei andava su e giù per la stanza con la Bibbia in mano, dicendo: “La Bibbia di Akemi! La Bibbia di Akemi!” Pochi minuti dopo, però, esclamò: “La Bibbia di Akemi non ha Geova! Non la voglio!”, e la gettò a terra. Sorpresa, controllai il testo. Per prima cosa lessi Isaia capitolo 42, versetto 8. Lì il nome Geova era stato sostituito con “Signore”. Consultai altri versetti, ma non riuscii a trovare il nome divino, Geova. Akemi si tranquillizzò solo quando le feci vedere di nuovo il nome di Geova nella mia vecchia Bibbia, scritta in giapponese arcaico.

Di nuovo in Giappone

Tornammo in Giappone nel 1958 e ci unimmo alla congregazione Sannomiya, nella città di Kobe. Avendo tanti motivi per essere grata a Geova, volli esprimere questa gratitudine divenendo pioniera, cioè ministro a tempo pieno dei testimoni di Geova. Come tale, mi diedi da fare, e come risultato fui in grado di condurre molti studi biblici a domicilio ed ebbi la gioia di aiutare 70-80 persone a venire alla verità. Per un periodo ebbi anche il privilegio di prestare servizio come pioniera speciale, dedicando alla predicazione più di 150 ore ogni mese, oltre a prendermi cura di mio marito e di mia figlia.

Vivere in Giappone dopo essere vissuti a Taiwan per oltre 30 anni fu un vero e proprio shock culturale, e passai diversi momenti difficili. In tali circostanze Akemi divenne la mia consolazione e il mio sostegno, proprio come il fratello Barry mi aveva detto anni prima. Quando ero depressa, mi diceva: “Mamma, fatti coraggio, Geova farà la via d’uscita”. “La farà, non è vero?”, rispondevo, e l’abbracciavo forte. Che fonte di incoraggiamento! Come potevo non ringraziare Geova?

Offro mia figlia a Geova

Akemi divenne proclamatrice a 7 anni e si battezzò a 12, nell’estate del 1963. Cercavo di trascorrere più tempo possibile con lei. (Deuteronomio 6:6, 7) Durante l’adolescenza ci fu qualche problema, ma grazie all’eccellente esempio e all’incoraggiamento dei pionieri speciali che furono inviati nella nostra congregazione, Akemi alla fine si prefisse la meta di fare la pioniera in nuovi territori.

All’assemblea di distretto del 1968 Akemi impersonò la figlia di Iefte nel dramma biblico. Mentre guardavo il dramma decisi anch’io, come aveva fatto Iefte, di offrire a Geova per il servizio a tempo pieno la mia unica figlia, che amavo tanto. Come sarebbe stata la vita senza mia figlia vicino? Era una sfida, visto che avevo già superato la sessantina.

Nel 1970 arrivò il momento di separarci da nostra figlia. Essa ottenne il permesso da mio marito e andò a fare la pioniera a Kyoto. Comprendendo i nostri sentimenti, le piangeva il cuore mentre ci salutava. Nel salutarla le citai Salmo 126:5, 6: “Quelli che seminano con lacrime mieteranno pure con grido di gioia. Colui che immancabilmente esce, pure piangendo, portando una borsa di seme, immancabilmente verrà con grido di gioia, portando i suoi covoni”. Queste parole incoraggiarono anche me.

In seguito Akemi si sposò e continuò a fare la pioniera speciale insieme a suo marito. Nel 1977 il marito fu nominato sorvegliante di circoscrizione, e da quell’anno loro due compiono l’opera viaggiante. Regolarmente apro una carta geografica e “viaggio” sulla carta insieme a mia figlia. Per me è una gioia udire le loro esperienze, e conoscere attraverso mia figlia così tante sorelle.

Ho già 86 anni. I giorni che sono passati sembrano solo una veglia durante la notte. Non posso predicare come una volta, ma il servizio di campo mi dà ancora gioia. Quando medito sui 60 anni che sono passati da quando ho conosciuto la verità, il mio cuore trabocca di gratitudine per la rassicurante promessa di Dio. Sì, Geova, che agirà con lealtà verso quelli che sono leali, ci fa mietere gioia in abbondanza. — Salmo 18:25.

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