La tragedia del Ruanda: Di chi è la responsabilità?
“Un istante prima che a Hitiyise, un meccanico 23enne, venisse spaccato il cranio”, riferiva un periodico, “uno degli aggressori gli ha detto: ‘Devi morire perché sei tutsi’”. — U.S.News & World Report.
NEL piccolo paese centrafricano del Ruanda, nei mesi di aprile e maggio, scene del genere si sono ripetute con raccapricciante frequenza. Allora a Kigali, capitale del Ruanda, e nei dintorni c’erano 15 congregazioni dei testimoni di Geova. Il sorvegliante di città, Eugène Ntabana, era tutsi. Lui, la moglie, il figlio e la figlia Shami, di nove anni, sono stati fra i primi a essere massacrati quando si è scatenata la violenza.
Ogni giorno, una settimana dopo l’altra, venivano uccisi migliaia di ruandesi. “Nelle ultime sei settimane”, riferiva il summenzionato periodico a metà maggio, “ben 250.000 persone sono morte in un genocidio e in un susseguirsi di vendette che fanno concorrenza alla sanguinosa epurazione dei khmer rossi in Cambogia a metà degli anni ’70”.
La rivista Time diceva: “In una scena che ricorda la Germania nazista, i bambini sono stati prelevati da un gruppo di 500 solo perché sembravano tutsi. . . . Al sindaco della cittadina meridionale di Butare, sposato con una tutsi, i contadini hutu hanno offerto [l’atroce] possibilità di salvare la moglie e i figli in cambio della vita dei familiari di sua moglie: i genitori e la sorella di lei. Ha accettato l’offerta”.
Nell’Ufficio Traduzioni dei testimoni di Geova a Kigali lavoravano sei persone, quattro hutu e due tutsi. I tutsi erano Ananie Mbanda e Denise Mukagisagara. Quando i miliziani e un gruppo di saccheggiatori sono entrati nella casa, si sono infuriati vedendo che degli hutu e dei tutsi abitavano insieme. Volevano uccidere Mbanda e Denise.
“Hanno cominciato a togliere la sicura alle granate”, dice Emmanuel Ngirente, uno dei fratelli hutu, “minacciando di ucciderci tutti perché avevamo con noi i loro nemici. . . . Hanno chiesto una grossa somma di denaro. Noi abbiamo dato loro tutto il denaro che avevamo, ma non erano soddisfatti. A titolo di compenso hanno deciso di portare via tutto quello che poteva essere loro utile, compresi il computer laptop che usavamo per la traduzione, la fotocopiatrice, le radio, le scarpe, ecc. All’improvviso se ne sono andati senza uccidere nessuno di noi, ma hanno detto che sarebbero tornati”.
Nei giorni successivi i saccheggiatori tornarono a più riprese e ogni volta i Testimoni hutu li implorarono di non uccidere i loro amici tutsi. Alla fine, quando divenne troppo pericoloso per Mbanda e Denise rimanere lì, si dispose che si rifugiassero con altri profughi tutsi in una scuola vicina. Quando la scuola fu attaccata, Mbanda e Denise riuscirono a scappare. Superarono vari posti di blocco, ma infine, a uno di essi, tutti i tutsi furono messi da una parte e uccisi, compresi Mbanda e Denise.
Quando i soldati tornarono all’Ufficio Traduzioni e scoprirono che i Testimoni tutsi se ne erano andati, se la presero con i fratelli hutu e li percossero selvaggiamente. Poi nelle vicinanze scoppiò una bomba di mortaio e i fratelli riuscirono a mettersi in salvo.
Man mano che il massacro si estendeva a tutto il paese, il numero delle vittime cresceva: si pensa abbia raggiunto il mezzo milione. Alla fine, fra i due e i tre milioni di persone, o più, degli otto milioni di abitanti del Ruanda, hanno abbandonato le loro case. Molti hanno cercato rifugio nel vicino Zaire e in Tanzania. Alcune centinaia di testimoni di Geova sono stati uccisi, e molti altri erano fra coloro che sono fuggiti per raggiungere i campi profughi fuori del paese.
Cosa ha scatenato questo massacro e questo esodo senza precedenti? Si poteva prevenire? Qual era la situazione prima dello scoppio delle violenze?
Hutu e tutsi
Sia il Ruanda che il vicino Burundi sono abitati da hutu, una popolazione bantu generalmente di bassa statura e di corporatura robusta, e da tutsi, una popolazione normalmente più alta e di pelle più chiara, chiamati anche watussi. In entrambi i paesi gli hutu rappresentano circa l’85 per cento della popolazione e i tutsi il 14 per cento. Si ha notizia di scontri fra questi gruppi etnici fin dal XV secolo. In linea di massima, però, sono vissuti insieme pacificamente.
“Vivevamo in pace”, ha detto una donna di 29 anni parlando dei 3.000 hutu e tutsi che vivevano nel villaggio di Ruganda, pochi chilometri a est dello Zaire. Tuttavia in aprile bande di hutu hanno sterminato quasi del tutto la popolazione tutsi del villaggio. Un giornale spiega:
“La situazione in questo villaggio è la stessa che c’è in tutto il Ruanda: gli hutu e i tutsi vivevano insieme e si sposavano fra loro, senza far caso o addirittura senza sapere chi fosse hutu e chi tutsi.
“Poi, all’improvviso, è accaduto qualcosa. In aprile bande di hutu in tutto il paese si sono messe a uccidere i tutsi dovunque li trovassero. Quando sono iniziati i massacri, i tutsi hanno cercato rifugio nelle chiese. Le folle inferocite li hanno inseguiti, trasformando i santuari in cimiteri tuttora imbrattati di sangue”. — The New York Times.
Cosa ha scatenato il massacro? La morte, in un incidente aereo avvenuto a Kigali il 6 aprile, dei presidenti del Ruanda e del Burundi, entrambi hutu. Questo episodio ha dato il via al massacro non solo dei tutsi ma anche di tutti gli hutu ritenuti loro amici.
Nello stesso tempo si sono intensificati i combattimenti tra le forze ribelli — l’R.P.F. (Fronte Patriottico Ruandese) controllato dai tutsi — e le truppe governative controllate dagli hutu. Prima dell’inizio di luglio l’R.P.F. aveva sconfitto le forze governative e assunto il controllo di Kigali e di gran parte del resto del Ruanda. Temendo rappresaglie, all’inizio di luglio centinaia di migliaia di hutu sono fuggiti dal paese.
Chi è responsabile?
Quando è stato chiesto a un agricoltore tutsi perché improvvisamente in aprile fosse scoppiata la violenza, ha detto: “Perché i nostri capi sono cattivi”.
In effetti, nel corso dei secoli, i capi politici hanno diffuso menzogne sul conto dei loro nemici. Sotto la direttiva del “governante di questo mondo”, Satana il Diavolo, gli uomini politici del mondo hanno persuaso le rispettive popolazioni a combattere e uccidere quelli di altre razze, tribù o nazioni. (Giovanni 12:31; 2 Corinti 4:4; 1 Giovanni 5:19) In Ruanda la situazione non è stata diversa. Un giornale ha detto: “Gli uomini politici hanno ripetutamente cercato di rinfocolare la fedeltà etnica e i timori etnici: nel caso degli hutu per mantenere il controllo del governo; nel caso dei tutsi per raccogliere consensi a favore del fronte dei ribelli”. — The New York Times.
Dato che gli abitanti del Ruanda sono simili sotto molti aspetti, nessuno avrebbe mai pensato che potessero odiarsi e uccidersi a vicenda. “Gli hutu e i tutsi parlano la stessa lingua e in genere hanno le stesse tradizioni”, scrive il giornalista Raymond Bonner. “Dopo molte generazioni di matrimoni misti, le differenze somatiche — i tutsi alti e magri, gli hutu bassi e robusti — si sono sfumate a tal punto che spesso i ruandesi non sanno dire con certezza se uno è hutu o tutsi”.
Eppure la recente campagna propagandistica ha avuto un effetto incredibile. Per illustrare la cosa, Alex de Waal, direttore di un gruppo per i diritti degli africani, ha detto: “I contadini delle zone conquistate dall’R.P.F. si stupiscono che i soldati tutsi non abbiano le corna, la coda e gli occhi rossi, come vengono descritti nelle trasmissioni radio che ascoltano”.
La mentalità della gente non è condizionata solo dai leader politici, ma anche da quelli religiosi. Quali sono le principali religioni del Ruanda? Sono anch’essere responsabili della tragedia?
Il ruolo della religione
Parlando del Ruanda, un’enciclopedia dice: “La maggior parte della popolazione è cattolica. . . . La Chiesa Cattolica e altre chiese cristiane gestiscono la maggioranza delle scuole elementari e superiori”. (The World Book Encyclopedia, 1994) Un giornale cattolico infatti ha definito il Ruanda una “nazione per il 70 per cento cattolica”. — National Catholic Reporter.
Un quotidiano britannico spiega così i retroscena della situazione religiosa del Ruanda: “Negli anni ’30, quando le chiese lottavano per assumere il controllo del sistema scolastico, i cattolici favorirono l’aristocrazia tutsi, mentre i protestanti si allearono con la maggioranza hutu oppressa. Nel 1959 gli hutu si impadronirono del potere e in breve tempo ottennero l’appoggio sia dei cattolici che dei protestanti. Il sostegno protestante alla maggioranza hutu è ancora molto forte”. — The Observer.
Per esempio, i leader religiosi protestanti hanno forse condannato i massacri? Il giornale risponde: “A due ecclesiastici [anglicani] è stato chiesto se condannavano gli assassini che avevano riempito le navate delle chiese ruandesi di corpi di bambini decapitati.
“Si sono rifiutati di rispondere. Erano evasivi, si agitavano, il tono della voce tradiva il loro nervosismo, e le profonde radici della crisi del Ruanda sono state chiare: gli esponenti più autorevoli della Chiesa Anglicana agivano da portaordini dei signori della politica che hanno predicato l’assassinio e riempito i fiumi di sangue”. — The Observer.
In effetti le chiese della cristianità in Ruanda non sono diverse dalle chiese altrove. Parlando ad esempio del sostegno dato dalle chiese ai leader politici durante la prima guerra mondiale, il generale di brigata inglese Frank P. Crozier ebbe a dire: “Le chiese cristiane sono le più brave a eccitare la sete di sangue, e ce ne siamo serviti liberamente”.
Sì, i capi religiosi hanno gran parte della responsabilità di ciò che è successo in Ruanda! Un periodico cattolico ha scritto: “I combattimenti nel paese africano rappresentano ‘un vero e proprio genocidio, di cui purtroppo sono responsabili anche dei cattolici’, ha detto il papa”. — National Catholic Reporter, 3 giugno 1994.
È chiaro che le chiese non sono riuscite a insegnare i veri princìpi cristiani, basati su passi biblici come Isaia 2:4 e Matteo 26:52. Secondo il giornale francese Le Monde, un sacerdote ha detto con rammarico: “Si massacrano e dimenticano di essere fratelli”. Un altro sacerdote ruandese ha ammesso: “Cristiani sono stati uccisi da altri cristiani, dopo un secolo di prediche sull’amore e sul perdono. È un fallimento”. Le Monde chiede: “Come si fa a non pensare che i tutsi e gli hutu che si combattono nel Burundi e nel Ruanda sono stati educati dagli stessi missionari cristiani e frequentano le stesse chiese?”
I veri cristiani sono diversi
I veri seguaci di Gesù Cristo si attengono al suo comando di ‘amarsi gli uni gli altri’. (Giovanni 13:34) Riuscite a immaginarvi Gesù o uno degli apostoli che ammazza qualcuno a colpi di machete? Questo sfrenato spirito omicida identifica “i figli del Diavolo”. — 1 Giovanni 3:10-12.
I testimoni di Geova non partecipano in alcun modo alle guerre, alle rivoluzioni o ad alcun altro conflitto promosso dai politici del mondo, che sono sotto il controllo di Satana il Diavolo. (Giovanni 17:14, 16; 18:36; Rivelazione 12:9) Piuttosto, i testimoni di Geova manifestano vero amore gli uni per gli altri. Per questo durante i massacri i Testimoni hutu non hanno esitato a rischiare la vita per proteggere i loro fratelli tutsi.
Eppure queste tragedie non dovrebbero sorprenderci. Nella sua profezia sul “termine del sistema di cose”, Gesù predisse: “Quindi . . . vi uccideranno”. (Matteo 24:3, 9) È incoraggiante sapere che secondo la promessa di Gesù chi è stato fedele verrà ricordato nella risurrezione dei morti. — Giovanni 5:28, 29.
Nel frattempo i testimoni di Geova in Ruanda e altrove sono determinati a continuare a dimostrarsi discepoli di Cristo amandosi gli uni gli altri. (Giovanni 13:35) Il loro amore sta dando testimonianza anche in mezzo alle difficoltà attuali, come rivela l’accluso rapporto “Testimoni nei campi profughi”. Tutti noi dobbiamo ricordare ciò che Gesù disse nella sua profezia: “Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato”. — Matteo 24:13.
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TESTIMONI NEI CAMPI PROFUGHI
Nel luglio di quest’anno più di 4.700 Testimoni e loro compagni si trovavano nei campi profughi. Nello Zaire, ce n’erano 2.376 a Goma, 454 a Bukavu e 1.592 a Uvira. Inoltre ce n’erano circa 230 a Benaco, in Tanzania.
Anche solo raggiungere i campi profughi non era facile. Una congregazione di 60 Testimoni ha cercato di attraversare il ponte Rusumo, una delle principali vie di fuga per raggiungere i campi profughi della Tanzania. Essendo stato rifiutato loro il passaggio, hanno vagato per una settimana sulle rive del fiume. Poi hanno deciso di attraversarlo con le canoe. Ci sono riusciti e, dopo alcuni giorni, hanno raggiunto sani e salvi il campo profughi in Tanzania.
I testimoni di Geova di altri paesi hanno organizzato estese operazioni di soccorso. In Francia i Testimoni hanno raccolto più di cento tonnellate di vestiario e nove tonnellate di scarpe, e le hanno spedite insieme a integratori alimentari e a medicinali nelle zone in cui c’era bisogno. Spesso, però, la prima cosa che i fratelli nei campi profughi chiedevano era una Bibbia o qualche rivista Torre di Guardia o Svegliatevi!
Molti osservatori sono rimasti colpiti dall’amore mostrato dai Testimoni dello Zaire e della Tanzania, che sono andati a visitare e ad aiutare i fratelli sfollati. “Voi siete stati visitati da quelli della vostra religione”, dicono i rifugiati, “ma noi non abbiamo ricevuto la visita di un nostro sacerdote”.
I Testimoni sono ben conosciuti nei campi, in gran parte a motivo della loro unità, dell’ordine e dell’indole amorevole. (Giovanni 13:35) È interessante notare che a Benaco, in Tanzania, ai Testimoni sono bastati 15 minuti per rintracciare i profughi Testimoni in mezzo ai circa 250.000 rifugiati presenti nel campo.