L’esempio di uomini che mantennero l’integrità
1. Quale notevole esempio di rifiuto di adorare la bestia abbiamo, durante il dominio mondiale della terza testa della bestia selvaggia?
LA “bestia selvaggia” di Apocalisse 13:18, come spiegano gli studiosi cattolici romani della Bibbia ed altri, include l’antica Babilonia o Caldea, la terza potenza mondiale. Ciò nonostante, nella storia biblica di Babilonia come terza testa della simbolica bestia selvaggia, troviamo un notevole esempio di uomini che duemilacinquecento anni fa rifiutarono di adorare tale bestia. Daniele 3:1-30 (VR) ci racconta che i tre uomini che mantennero l’integrità si chiamavano Shadrac, Meshac e Abed-nego (oppure Sidrac, Misac e Abdenago, Ricciotti). Nell’accusarli dinanzi all’imperatore babilonese, Nebucadnetsar o Nabucodonosor, i loro nemici li chiamarono “uomini giudei”. Dietro richiesta del profeta Daniele a questi tre Giudei erano stati affidati dall’imperatore Nabucodonosor alti incarichi negli affari della provincia di Babilonia, mentre Daniele stesso era alla porta dell’imperatore come capo dell’intera provincia di Babilonia e principale governatore su tutti i sapienti di Babilonia. — Dan. 2:48, 49, VR.
2, 3. Perché questi Ebrei non violavano il loro patto con Geova nel servire in tali alte cariche di un governo politico pagano?
2 Ma come mai questi Giudei, sottoposti ad un patto nazionale con Geova Dio mediante il mediatore Mosè, servivano in tali alte cariche di un governo politico pagano? Non violavano forse il loro patto con Dio, il quale aveva dato loro i Dieci Comandamenti per mezzo di Mosè? No. E perché no? Perché il loro stesso governo giudaico, il Regno stabilito a Gerusalemme, allora non esisteva. Gli eserciti di Nabucodonosor l’avevano distrutto nel 607 prima dell’èra cristiana. Già undici anni prima della sua distruzione Daniele e i suoi tre compagni ebrei erano stati portati via da Gerusalemme ed esiliati in Babilonia. Quindi sia prima che dopo la distruzione di Gerusalemme questi quattro Ebrei erano prigionieri e schiavi di Babilonia.
3 Geova Dio aveva adoperato Nabucodonosor come suo servitore per eseguire certi giudizi a danno dei popoli disubbidienti, ed Egli aveva detto ai sacerdoti e al popolo di Gerusalemme: “Sottomettetevi al re di Babilonia, e vivrete”. Ma essi avevano rifiutato e perciò subirono la morte per mano del suo giustiziere. I falsi profeti, Sedekia e Achab, avevano consigliato di non sottomettersi a Nabucodonosor. Per questa azione il re di Babilonia fece arrostire questi ostili profeti al fuoco. (Ger. 27:16, 17; 29:21-23, VR) Ma Daniele, Sidrac, Misac e Abdenago furono ubbidienti e servirono Nabucodonosor come suoi prigionieri e schiavi. Ciò nonostante, quando si trattò di rendere a Nabucodonosor qualsiasi cosa egli esigesse in violazione alla suprema legge del loro Dio, essi rifiutarono di ubbidire a questo grande governatore allora sulla terra. Fecero come Pietro e gli altri apostoli; ubbidirono a Dio come Governatore piuttosto che agli uomini. — Atti 5:29.
4. Perché Nabucodonosor eresse la statua d’oro nella pianura di Dura, di che cosa i nemici accusarono i tre compagni di Daniele?
4 Nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia, Nabucodonosor eresse una statua d’oro alta trenta metri e larga tre metri. Se fosse una statua del suo dio favorito, Marduk, o no, non è precisato. Una cosa è certa: rappresentava lo scopo dell’imperatore di unire tutti i popoli dell’impero in una comune adorazione per tenerli tutti insieme come sudditi e per indurli ad adorare la “bestia selvaggia”. Nabucodonosor fece radunare tutti i funzionari di tutte le province dell’impero per la dedicazione della statua. L’araldo proclamò che al suono della banda composta di molti strumenti musicali tutti dovevano prostrarsi per adorare unitamente questa statua d’oro. Se qualcuno non l’avesse fatto, sarebbe stato gettato in una fornace ardente. Quando la banda cominciò a suonare, sia che si trattasse dell’inno nazionale o no, “tutti, popoli, tribù e lingue, si prostrarono ad adorare la statua d’oro alzata dal re Nabucodonosor”. Ma non i tre compagni ebrei di Daniele che furono presenti. Quindi i Caldei si rivolsero a Nabucodonosor accusandoli: “Non venerano i tuoi dèi, e non adorano la statua di oro da te alzata”. — Tintori.
5. Che cosa Nabucodonosor, con le sue minacce, ordinò ai tre funzionari ebrei di violare?
5 Nabucodonosor fece chiamare i tre funzionari; li minacciò. Ordinò loro di violare i primi due dei Dieci Comandamenti, che dicono: “Io sono [Geova] il Signore Dio tuo, che ti ho tratto dalla terra di Egitto, dalla casa di servitù. Non avrai altri dèi dinanzi a me. Non ti farai alcuna scultura, né alcuna rappresentazione di quel che è lassù in cielo, o quaggiù in terra, o nelle acque sotto terra. Non adorerai tali cose, e non presterai loro culto. Io sono [Geova] il Signore Dio tuo, forte, geloso”. (Eso. 20:2-5, Sales) In base a ciò, come risposero questi tre schiavi al loro padrone, il capo dello Stato?
6. Come risposero questi tre uomini al capo dello Stato?
6 Essi mantennero l’integrità verso Geova Dio attenendosi saldamente ai princìpi precisati nei suoi comandamenti, e dissero al re Nabucodonosor: “Sopra questo non è necessario darti una risposta; perché senza dubbio il nostro Dio, da noi adorato, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente, e sottrarci, o re, al tuo potere, e se anche non lo volesse fare, sappi, o re, che noi non veneriamo i tuoi dei, non adoriamo la statua da te eretta”. — Tintori.
7. Quale fu l’esperienza dei tre Ebrei nella fornace ardente, e quale riconoscimento Nabucodonosor allora espresse rispetto al loro Dio?
7 Nabucodonosor era un adoratore molto devoto del falso dio Marduk e si adirò per il contegno temerario dei tre Ebrei. Nel suo furore ordinò che fossero legati e gettati nella fornace riscaldata straordinariamente sette volte più del solito, dimostrando quanto infocato egli stesso fosse contro di loro. Coloro che ve li gettarono furono essi stessi consumati dalle fiamme della fornace surriscaldata. Quindi, anche i tre adoratori di Geova saranno stati certamente consumati! Ma niente affatto! Mentre Nabucodonosor guardava da una buona distanza egli disse: “Ecco, io vedo quattro uomini, sciolti, che camminano in mezzo al fuoco, senz’aver sofferto danno alcuno; e l’aspetto del quarto è come quello d’un figlio degli dèi”. Spaventato, egli alzò la voce, rivolto non al quarto uomo simile ad un figlio degli dèi, ma ai tre adoratori di Geova, esclamando: “Servi dell’Iddio altissimo, uscite, venite!” Nel far ciò, tutti attorno videro che “il fuoco non aveva avuto alcun potere sul loro corpo, che i capelli del loro capo non erano stati arsi, che le loro tuniche non erano state alterate, e ch’essi non avevano odor di fuoco”. In seguito il più potente governatore allora sulla terra benedisse il loro Dio, “il quale ha mandato il suo angelo, e ha liberato i suoi servi, che hanno confidato in lui, hanno trasgredito l’ordine del re e hanno esposto i loro corpi, per non servire e non adorare altro dio che il loro! . . . non v’è alcun altro dio che possa salvare a questo modo”. (VR) Con questo, Nabucodonosor intendeva Geova Dio dei Dieci Comandamenti.
8. Quali interessi sembrava che questi tre Ebrei mettessero in pericolo con la loro determinazione contro l’imperatore e contro l’adorazione dello Stato, ma quale effetto la loro fedele costanza ha avuto sul popolo di Dio fino ai nostri giorni?
8 Per la loro integrità verso di lui Geova li liberò. Con la loro coraggiosa e salda determinazione contro l’imperatore mondiale e l’adorazione dello Stato sembrava che mettessero in pericolo gli interessi di tutti gli altri Ebrei allora in cattività a Babilonia. Questi tre schiavi ebrei, con incarichi di funzionari, sapevano ciò. Ma neanche per l’apparente beneficio dei loro conservi ebrei avrebbero essi fatto un compromesso con un governante inferiore al loro Dio. Amavano Dio più di se stessi e più del prossimo. La loro fedele determinazione veramente spronava i loro conservi ebrei ad amare Dio più di ogni altra cosa. Ha rafforzato tutti gli altri schiavi e conservi ebrei, come anche tutti i veri Cristiani fino al giorno d’oggi, perché mantengano l’integrità verso Geova come Dio, e non adorino qualsiasi immagine un governatore politico possa erigere e comandare che sia adorata. Ciò comprende anche l’adorazione della simbolica bestia selvaggia e della sua immagine.
9. Come sappiamo scritturalmente di chi furono testimoni Daniele e i suoi tre compagni?
9 Daniele e gli altri tre schiavi ebrei, tutti funzionari di Nabucodonosor, sono indubbiamente quelli particolarmente menzionati in Ebrei 11:33, 34 come uomini di fede che “chiusero le bocche di leoni, resistettero alla violenza del fuoco”. Ebrei 11:1, 2 dice: “La fede . . . per mezzo d’essa fu resa testimonianza agli uomini dell’antichità”. Dopo che il capitolo undici nomina e descrive molti di questi fedeli uomini e donne dell’antichità ai quali “fu resa testimonianza”, Ebrei 12:1 dice ai Cristiani: “Dunque abbiamo un così gran nuvolo di testimoni che ci circondano”. Di chi furono testimoni Daniele, Sidrac, Misac e Abdenago? Testimoni di Geova, ubbidienti al suo comando affermato in Isaia 43:10-12 (SA): “Voi siete i miei testimoni, dice Geova, . . . e io sono Dio”.
10. Quale esempio dunque dobbiamo oggi seguire, e chi dobbiamo specialmente guardare come esempio?
10 Tutti noi dedicati Cristiani siamo, come gli apostoli, circondati da un così gran nuvolo di testimoni. Dobbiamo seguire il loro esempio, guardando specialmente il più grande di tutti i testimoni di Geova, Gesù Cristo, “il capo e perfezionatore della nostra fede”. (Ebr. 12:1, 2) Gesù Cristo non adorò la “bestia selvaggia”.
11. In che modo Gesù, nella tentazione, non si comportò come la “bestia selvaggia”, e quale principio affermò quindi per la nostra guida?
11 Immediatamente dopo che Gesù fu battezzato in acqua, fu condotto nel deserto mediante l’azione dello spirito di Dio che era sceso su di lui, ungendolo. Quivi egli fu messo alla prova da Satana il Diavolo. Satana era il simbolico Dragone che aveva fatto uscire la bestia selvaggia fuori dal mare e che diede alla bestia selvaggia “la sua potenza e il suo trono e grande autorità”. (Apoc. 13:1, 2) Tentato da questo Dragone, Gesù non si comportò come quella bestia selvaggia, ma si serbò in armonia con il proposito di Dio concernente il regno di Dio, il regno dei cieli. Per tentare Gesù, il Diavolo gli mostrò “in un attimo di tempo tutti i regni della terra abitata” e disse: “Ti darò tutta questa autorità e la loro gloria, perché m’è stata data e io la do a chi voglio. Se, dunque, tu fai un atto di adorazione davanti a me, sarà tutta tua”. Invece di bramare i regni di questo vecchio mondo, come la “bestia selvaggia” priva d’intendimento, Gesù si attenne al principio dell’adorazione di Geova e restò leale al regno celeste di Dio. Come Capo del Cristianesimo, Gesù rispose in modo dovuto al “dio di questo sistema di cose” e dichiarò lo speciale principio che dirige la sua condotta e anche la nostra, se siamo cristiani: “È Geova, il tuo Dio, che devi adorare, ed è a lui solo che devi rendere sacro servizio”. — Luca 4:5-8; Deut. 6:13.
12. Quale regno cercava Gesù?
12 Per questa ragione Gesù non s’immischiò nella politica e non ebbe ambizioni politiche, mondane. Il suo regno non proveniva dalla stessa sorgente di quello di Cesare o di quello della simbolica bestia selvaggia. (Giov. 18:36) Gesù non raccolse alcun esercito per liberare l’antico Israele dall’imposizione di tasse e dal controllo di Cesare o per stabilire uno Stato politico sulla terra. Egli predisse la distruzione dell’Israele naturale e permise che fosse distrutto dagli eserciti del Cesare romano alla caduta di Gerusalemme e del suo tempio nel 70 d.C. E perché? Perché Gesù sosteneva l’Israele spirituale. Il regno che egli anelava era il regno spirituale nei cieli, il regno che predicava e comandò ai suoi veri seguaci di predicare in questo tempo della fine del vecchio mondo. — Matt. 24:14.
13. Quale era il “trono di Geova” sul quale Gesù voleva sedere?
13 Il “trono di Geova” sul quale Gesù voleva sedere come Unto Governatore non era quel trono sul quale si era seduto il re Davide e che il re Nabucodonosor aveva rovesciato nel 607 a.C., ma era il vero trono di Geova nei più alti cieli, dove fu riservato il posto per Gesù alla destra di Geova. — Sal. 110:1, 2; Ebr. 10:12, 13.
14. Se amiamo Geova con tutto ciò che abbiamo, chi anche dobbiamo amare e quindi imitare, e perché?
14 Se ci è comandato di amare Geova con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, dobbiamo anche amare Gesù Cristo, l’Immagine vivente di Geova. (Ebr. 1:2, 3; Col. 1:15; Giov. 14:9) I Cristiani devono dunque imitare il loro Capo, Gesù Cristo. Seguire lui dev’essere un principio direttivo nella vita dei suoi dedicati seguaci. Dobbiamo essere il popolo della giusta adorazione. Solo come tale saremo liberati.
L’ASSOCIAZIONE COL POPOLO DEL NUOVO MONDO
15. (a) Che cosa disse Davide nel Salmo 26 per dimostrare che aveva camminato nel principio dell’adorazione di Geova? (b) Che cosa pertanto poteva implorare che Geova non facesse a lui?
15 Per dimostrare che aveva camminato secondo i princìpi dell’adorazione di Geova e in qualità di rappresentante del regno di Geova, Davide disse: “Ho camminato nella tua verità. Poiché non mi sono seduto con uomini d’inganno, e con quelli che nascondono ciò che sono io non entro. Ho odiato la congregazione dei malfattori, e non mi siedo con gli empi. Mi laverò le mani nell’innocenza stessa, e marcerò intorno al tuo altare, o Geova, per far udire rendimento di grazie, e per dichiarare tutte le tue opere meravigliose. Non togliere la mia anima insieme ai peccatori, né la mia vita insieme agli uomini colpevoli di sangue, nelle cui mani vi è condotta dissoluta e la cui destra è piena di doni per corrompere”. (Sal. 26:3-7, 9, 10) Il re Davide non voleva associarsi con tali persone durante la sua vita. Non voleva neanche esser trovato morto con loro, sia che fossero governanti, funzionari politici o semplici cittadini. Con questo desiderio nel suo cuore li evitò durante la sua vita e si tenne lontano dall’inganno e dall’ipocrisia, dalla colpevolezza di sangue e condotta dissoluta, e dall’accettare o esigere doni. In base a ciò egli poteva implorare Dio di non togliere la sua anima e la sua vita insieme agli uomini peccatori e colpevoli di sangue. Voleva essere liberato dalla distruzione che tali peccatori e uomini macchiati di sangue avrebbero subìto per mano di Dio. Sebbene il regno teocratico d’Israele di cui Davide era governatore si trovasse in mezzo a quel mondo nel Medio Oriente, tuttavia egli non desiderava che il suo regno facesse parte di tale mondo.
16. Conformemente, con chi dobbiamo noi come seguaci del più grande Davide rifiutare di associarci, e quale principio affermato da Gesù sostiene questo?
16 Ciò mette in risalto il principio che dovrà guidare noi che seguiamo il più grande Davide, vale a dire, Gesù Cristo, figlio di Davide secondo la carne, ma ora Signore di Davide secondo la vita spirituale che egli ha in cielo. Se professiamo di essere i suoi seguaci, dobbiamo evitare di associarci con questo vecchio mondo, oggi così pieno di uomini come quelli che Davide evitò. Poiché siamo di carne e sangue come gli altri uomini, dobbiamo vivere in questo mondo durante il suo “tempo della fine”. Ma non possiamo far parte di questo vecchio mondo e nello stesso tempo far parte del nuovo mondo di Dio che noi predichiamo. Gesù stesso dichiarò questo principio con queste parole: “Se faceste parte del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo. Ora poiché non fate parte del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questa ragione il mondo vi odia”. Secondo questo stesso principio Gesù pregò Dio e disse: “Io ho dato loro la tua parola, ma il mondo li ha odiati, perché non fanno parte del mondo come io non faccio parte del mondo. Io ti chiedo, non di toglierli dal mondo, ma di vegliare su loro a causa del malvagio”. — Giov. 15:19; 17:14, 15.
17. Che cosa non potremmo fare sotto la protezione di Dio, se fossimo tolti da questo mondo?
17 Se noi fossimo tolti da questo mondo non potremmo essere testimoni di Geova Dio né testimoni di Gesù, l’unto Re di Dio che regna sin dal 1914. Perciò non siamo stati tolti da questo mondo, ma ci è stato concesso di restarvi per rendere testimonianza al regno di Dio. Ma Gesù ha pregato per noi affinché il suo Padre celeste vegli su di noi a causa del malvagio, Satana il Diavolo, che è stato cacciato dal cielo giù su questa terra.
18. In quale controversia universale non possiamo essere neutrali, e come dimostriamo di non essere neutrali secondo il principio di Romani 10:9, 10?
18 Poiché la cosa principale da dimostrare dinanzi a tutta la creazione intelligente è la sovranità universale di Geova Dio, il regno di Dio, il regno dei cieli, è il più importante insegnamento della sua Parola scritta, la Sacra Bibbia. Tutti i dedicati Cristiani hanno ricevuto il comando di predicare tale regno come la migliore notizia possibile. La controversia ora infuria con veemenza fra il regno di Dio istituito nei cieli nel 1914 d.C. e i regni di questo vecchio mondo. In questa controversia universale non possiamo essere neutrali. È vero che dobbiamo pagare le tasse a Cesare nel rendere a Cesare ciò che appartiene a lui, anche in questo tempo della sua fine. Ma ora e per sempre dobbiamo schierarci col regno di Dio mediante Cristo. Dobbiamo far conoscere apertamente che lo sosteniamo predicandolo a Cesare e a ogni altra persona. Nessun governo politico di questo mondo condannato è escluso dall’ascoltare la predicazione della testimonianza del Regno. (Matt. 24:14) Mentre crediamo con tutto il cuore che il Cristo risuscitato è ora Re, dobbiamo tuttavia rendere pubblica dichiarazione della nostra convinzione se vogliamo essere salvati, o se vogliamo essere liberati. Questo è l’immutabile principio scritto in Romani 10:9, 10.
19. Come Pietro, e ancora prima Gioele, misero in risalto questo stesso principio?
19 Diciannove secoli fa nel giorno della Pentecoste l’apostolo Pietro mise in risalto questo stesso principio, dicendo: “Prima che giunga il grande e famoso giorno di Geova . . . chiunque invoca il nome di Geova sarà salvato”. (Atti 2:20, 21) Il profeta Gioele, che Pietro citava, dichiarò questo stesso principio ancora prima, centinaia di anni prima di Pietro, in Gioele 2:31, 32. Oggi possiamo mantenere l’integrità solo osservando questo principio, ossia invocando il nome di Geova e dichiarandolo pubblicamente.
20. Per essere in armonia con questo stesso principio quale casa preferiva Davide, e dunque a beneficio di chi erano i suoi salmi?
20 Molto tempo fa il re Davide seguì questo principio nello stesso tempo in cui pregava di non essere giustiziato con gli empi e di essere riscattato e approvato da Geova Dio. Per questo motivo egli preferì la casa di adorazione di Geova alla compagnia e associazione degli empi. Egli disse: “Geova, io ho amato il soggiorno della tua casa e il luogo dove risiede la tua gloria”. L’adorazione nella casa di Dio gli offrì l’opportunità di camminare intorno all’altare espiatorio di Dio, di far udire rendimento di grazie e di dichiarare tutte le opere meravigliose di Geova. Con questo proposito Davide concluse il salmo ventisei, dicendo: “Fra le folle congregate io benedirò Geova”. (Sal. 26:8, 12) La pubblica dichiarazione che Davide rese e quindi mise per iscritto nei salmi operò per la sua salvezza nel nuovo mondo di Dio e opera anche per la salvezza dei Cristiani che leggono i salmi di Davide.
21. Che cosa viene fatto per indurci a venir meno al nostro dovere e diritto di predicare la buona notizia, e perché Paolo non cercò di corrompere ma fece ricorso per il suo processo?
21 Come dedicati Cristiani non dobbiamo mai venir meno al nostro dovere e diritto di predicare la buona notizia del Regno come Cristo comandò. Egli e i suoi discepoli ci avvertirono che le potenze politiche e religiose di questo mondo avrebbero cercato di toglierci il diritto divino di predicare, per sopprimere il messaggio, se non anche per uccidere noi e soffocare le nostre voci. Per quanto riguarda questo diritto l’apostolo Paolo non fece compromessi. Uomini religiosi, compresi coloro che professarono di adorare il Signore Dio, sollevarono opposizione contro Paolo a Filippi, a Tessalonica, a Berea e infine a Gerusalemme. Non era in alcun modo un compromesso che Paolo infine facesse appello a Cesare perché ponesse termine a questa oppressione da parte dei religionisti e stabilisse legalmente il diritto di predicare il regno di Dio. Perché dunque Paolo fece appello? Per continuare la lotta fino alla fine, fino alla più alta corte dell’Impero Romano, non chiedendo al nemico nessun favore né accordandolo a lui. Neanche le leggi di Cesare autorizzavano i religionisti di quel tempo ad impedire la predicazione del regno di Dio. Inoltre, le leggi di Dio promuovevano questa predicazione. Quindi Paolo combattè con tutte le armi che egli aveva il diritto di usare. Neanche per la sua convenienza personale Paolo adoperò mezzi nascosti, che avrebbero lasciato la questione ancora indecisa, non ancora legalmente difinita. Perciò egli rifiutò di corrompere il governatore Felice per farsi liberare dalla prigione. — Atti 24:26, 27.
22. A che cosa si era dedicato Paolo in questo riguardo?
22 Come cittadino romano Paolo rese dignitoso il messaggio del Regno facendo appello alla più alta autorità giudiziaria terrena di quel tempo, a Cesare, al quale Paolo come Cristiano pagava le tasse. (Atti 25:10-12) Paolo si era dedicato completamente a “difendere e stabilire legalmente [il diritto di predicare] la buona notizia”. (Filip. 1:7) Questa condotta contribuì all’adempimento della profezia di Gesù in Matteo 10:18.
23. In che modo dunque i testimoni di Geova, come Paolo, si comportano dove non sono messi al bando e dove esiste un bando, aspettando la salvezza da chi?
23 Oggi noi sosteniamo la giustezza del principio che fu seguito dall’apostolo cristiano Paolo. Nei luoghi in cui non esiste un bando contro i testimoni di Geova, noi come cittadini che pagano le tasse facciamo appello al Cesare dei nostri giorni, per fermare gli avversari della predicazione del Regno mediante le leggi stesse di Cesare. Dove esiste un bando, i testimoni di Geova sottoposti al bando non possono far appello a Cesare entro i confini del suo territorio. Ma per quanto riguarda il comando di Geova ai Suoi testimoni di predicare il suo regno, essi ubbidiscono a Dio come Governatore piuttosto che al bando imposto da uomini che combattono contro Dio e che periranno in questo giorno oppure non più tardi della guerra universale di Armaghedon. (Isa. 51:12) Salvezza per la vita eterna nel nuovo mondo di Dio non verrà mediante Cesare, che presto deve perire, bensì mediante Dio, Geova, e mediante Gesù Cristo, il suo dominante Re.
24. Come dunque agiremo esattamente come è dichiarato da Davide in Salmo 26, e in che modo pertanto saranno esaudite le nostre preghiere?
24 Come il re Davide, noi, il rimanente degli eredi del regno di Dio e anche la gran folla dei compagni di buona volontà verso il regno di Dio, amiamo il soggiorno della casa di Geova e questo luogo in cui risiede la sua gloria. Qui continueremo ad adorarlo in amorevole osservanza ai princìpi che egli ha esposti nella sua Parola scritta per guidare e regolare la nostra condotta cristiana. Qui fra le folle congregate dei suoi adoratori benediremo Geova ora e per sempre. Fino alla fine di questo vecchio mondo cammineremo coscienziosamente nella nostra integrità verso Dio com’è definita nelle Scritture. Facendo ciò, le nostre preghiere saranno a lui accettevoli ed egli ci redimerà mediante Cristo. Quando toglierà l’anima e la vita dei peccatori e degli uomini colpevoli del sangue di questo mondo, egli ci preserverà oltre la loro fine catastrofica. Come rimuneratore di quelli che lo cercano sinceramente egli ci libererà conducendoci in quel suo promesso nuovo mondo, mondo di divini princìpi e integrità.