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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1961 | 1° gennaio
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Domande dai lettori
● Il nostro ragazzo diciassettenne è stato difficile a correggersi per un certo numero d’anni, e a volte minaccia di toglierci la vita se non assecondiamo ciò che pensa e fa. Ha un temperamento violento. Fa ben poco per trovare lavoro, ma dice che è nostra responsabilità sostenerlo materialmente in tutto ciò che desidera. Che dovremmo fare? — E. D., U.S.A.
Per superare la tendenza alla disubbidienza dei ragazzi i genitori devono avere molta pazienza. Mentre bisogna essere fermi, i genitori devono senza dubbio mostrare vero amore ai loro figli. Si dovrebbe ricorrere di continuo all’autorità scritturale e alla ragione, e l’esempio dei genitori dovrebbe mostrare che essi pure sono soggetti a tale autorità. Fino ad una certa età i figli sono trattabili, ma quando un adolescente ricorre all’aperta ribellione, sono necessarie misure più severe. — Ebr. 12:7-11.
Ai giorni dell’antico Israele, quando un figlio si ribellava apertamente ai genitori, veniva consegnato agli anziani della città perché lo punissero. Questi sentenziavano la morte mediante la lapidazione. La ribellione non era scusata dal motivo della giovinezza. Quantunque oggi non abbiamo un governo tipicamente teocratico nel paese, abbiamo regole teocratiche nella casa e nella congregazione oltre alla legge civile del paese. Quando un figlio rifiuta di riconoscere il governo teocratico della casa, si dovrebbe fare appello al governo teocratico della congregazione. Se il figlio ribelle rifiuta di ascoltare la voce della congregazione, i genitori sono pienamente giustificati se si rivolgono alle autorità del paese onde prendano le misure che ritengono migliori. Le prospettive di questa azione potrebbero bastare per mettere a posto un figlio ribelle.
È vero che i genitori hanno l’obbligo di sostenere i loro figli, ma solo finché i figli sono incapaci di provvedere a se stessi e fino a quando riconoscono l’autorità dei genitori, cooperando col resto della famiglia. Se rifiutano di far questo, non hanno nessun diritto di ricevere i benefici della dimora dei genitori. Si applicherebbe anche il principio dichiarato in 2 Tessalonicesi 3:10: “Se qualcuno non vuole lavorare, neppure mangi”.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1961 | 1° gennaio
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Domande dai lettori
● In Genesi 3:16 la Traduzione del Nuovo Mondo dice: “Alla donna disse: ‘Io aumenterò grandemente le pene della tua gravidanza; con dolore partorirai figli’”. Le scritture che parlano del parto sembra sostengano tutte l’idea secondo cui il parto sarebbe penoso. Ma se gli scrittori biblici fossero vissuti nei nostri giorni, in cui si fa molto per eliminare il timore un tempo posto in relazione col parto, non sarebbero stati diversi in proposito i loro pensieri? — B. F., U.S.A.
Traduzioni moderne (Na, NM, VR) di Genesi 3:6 usano la parola “pena” rispetto al parto. La parola ebraica è ‘itsabòn. Dizionari ebraici moderni definiscono questa parola come “fatica, pena, dolore, afflizione”, e come “pena, fatica, tristezza”. Geova Dio usò la stessa parola quando si rivolse ad Adamo in Genesi 3:17. Lamec usò la stessa parola in Genesi 5:29, e la Traduzione del Nuovo Mondo la rende “la pena” delle nostre mani. Certo quando una persona deve faticare con le sue mani non prova comodità, agio e sollievo delle mani.
Vi è poi la parola ebraica usata in Genesi 3:16, cioè ‘etseb, che la Traduzione del Nuovo Mondo rende ‘dolori del parto’. Questa parola ebraica ricorre in Salmo 127:2; Proverbi 5:10; 10:22; 14:23; 15:1, nel testo ebraico. La Traduzione del Nuovo Mondo rende questa parola con lo stesso senso di pena.
Perché si fa questo? Perché queste parole ‘etseb ed ‘itsabòn derivano dal verbo ebraico ‘atsàb. Questo verbo ricorre in Genesi 6:6; 34:7; 45:5 e in molti altri libri delle Scritture Ebraiche. In tutti i casi significa subire un’esperienza spiacevole, provare dolore e pena. Perciò in Genesi 6:6 si legge che Geova Dio “se ne addolorò nel suo cuore”. In Genesi 34:7 si legge che i figli di Giacobbe “si addolorarono” quando scoprirono che la loro sorella Dina era stata violentata e rapita.
Le parole che Geova Dio disse a Eva sono state confermate dall’esperienza del parto avuta dalla donna nei millenni trascorsi dai suoi giorni ai nostri. Questo non significa però che i dolori non possano essere alquanto alleviati con qualche metodo preparatorio seguìto in modo naturale. Il parto è ancora una dolorosa esperienza fisica, benché sia sostenuto con coraggio sapendo che cosa bisogna aspettarsi e come si debba cooperare con la natura e a motivo della gioia di dare alla luce una creatura umana. — Giov. 16:21.
Alcuni anni fa si fece in Francia una pellicola cinematografica che esaltava le virtù del parto
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