Governanti insieme al “leone della tribù di Giuda”
“Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone del comando di tra i suoi piedi, finché venga Colui che darà il riposo [Sciloh, nota in calce], e al quale ubbidiranno i popoli”. — Gen. 49:10, VR.
1. Perché, malgrado il titolo che prese, l’ubbidienza dei popoli non andò al papa Leone XIII, e a chi dà la Bibbia questo titolo?
QUANDO l’italiano Gioacchino Pecci fu eletto papa dal collegio dei cardinali della Chiesa Cattolica Romana e ascese al trono pontificio il 3 marzo 1878, prese il titolo di Leone XIII. Poco dopo la sua incoronazione a papa egli si attribuì il titolo latino “Leo de tribus Juda”, che significa “il Leone della tribù di Giuda”. Ubbidirono i popoli, sia pure in senso religioso, al papa Leone XIII? La storia risponde di no! C’era da aspettarselo, perché il papa non era né Giudeo, né discendente della tribù di Giuda. Quindi l’ubbidienza di tutti i popoli viventi sulla terra non gli era dovuta. L’ultimo libro della Sacra Bibbia, scritto dall’apostolo Giovanni, attribuisce questo titolo a uno che nacque effettivamente come Giudeo della tribù di Giuda e nella famiglia reale del re Davide, cioè Gesù Cristo glorificato.
2. In quali circostanze fu menzionato questo titolo e fu rivelato colui che ne è degno?
2 L’apostolo Giovanni dice che nella sua visione ispirata egli pianse perché nessuno in cielo e sulla terra era in quel momento degno di prendere il rotolo profetico dalla destra di Dio per aprirlo, leggerne il contenuto e avverarlo. Quindi Giovanni dice: “E uno dei vegliardi mi disse: ‘Non piangere! Ecco che il leone della tribù di Giuda, il rampollo di Davide, ha vinto sì da poter aprire il rotolo e i suoi sette sigilli’”. Giovanni fu consolato quando vide l’Agnello di Dio, il Signore Gesù Cristo, che Giovanni aveva conosciuto sessant’anni prima sulla terra, apparire e prendere il rotolo profetico e avverarne il contenuto. — Apoc. 5:1-10, PB.
3. Perché non trarrebbe alcun beneficio l’uomo che si attribuisse questo titolo sulla terra?
3 Di conseguenza nessun uomo oggi sulla terra, indipendentemente dalla sua condizione religiosa o politica, ha il diritto di prendere il titolo di “leone della tribù di Giuda”. Non gliene verrà alcun beneficio attribuendoselo, poiché l’ubbidenza di tutti i popoli non gli apparterrà né gli sarà mai resa. Essa è dovuta solo al glorificato e intronizzato Gesù Cristo nel cielo.
4. (a) Perché Gesù Cristo fu giustamente chiamato con questo nome? (b) Perché è dunque giusto che vi sia una tribù di Giuda nell’Israele spirituale e che riceva quell’alto incarico?
4 Nella profezia che pronunciò sul letto di morte, l’antico patriarca Giacobbe disse: “Giuda è un giovine leone”. Fu quindi molto appropriato che Gesù, che era nato nella tribù di Giuda e nella discendenza reale di Davide, fosse chiamato “il leone della tribù di Giuda”. Egli vinse questo empio mondo di Satana il Diavolo, benché ciò gli costasse la vita terrena. (Giov. 16:33) È anche giusto che, tra i 144.000 cristiani delle dodici tribù dell’Israele spirituale, una tribù sia chiamata la “tribù di Giuda”. Poiché Giuda, pur essendo il quarto figlio del patriarca Giacobbe, ricevette la supremazia mediante la profezia che Giacobbe pronunciò sul letto di morte, la tribù di Giuda viene per prima nell’elenco delle dodici tribù dell’Israele spirituale. — Apoc. 7:4, 5.
5. Che cosa non indica per questa tribù il significato di tale nome, ma perché è importante che nell’Israele spirituale vi sia una tribù con questo nome?
5 Ciò non significa che la tribù spirituale di Giuda sia nominata per governare sopra le altre undici tribù spirituali; né significa che solo i 12.000 membri della tribù spirituale di Giuda siano nominati per regnare insieme al “leone della tribù di Giuda” nel regno celeste. No; tutti i 144.000 di tutte le dodici tribù dell’Israele spirituale sono coeredi di Gesù Cristo. Riguardo a tutti i 144.000 membri, Apocalisse 20:4, 6 (VR) dice: “Ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni. Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione. Su loro non ha potestà la morte seconda ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui per mille anni”. Quindi una tribù chiamata Giuda è compresa nell’Israele spirituale, poiché se non fosse così, la somiglianza tra l’Israele spirituale e l’antico Israele naturale sarebbe priva di un elemento molto importante.
6. Come fu Giuda simile a un leone che risaliva dalla preda?
6 Notate ora come il morente patriarca Giacobbe, nell’anno 1712 prima dell’Èra Cristiana, additò la venuta di questo simbolico “leone della tribù di Giuda”. Dopo aver paragonato suo figlio Giuda a un giovane leone, Giacobbe disse: “Tu risali dalla preda, figliuol mio; egli si china, s’accovaccia come un leone, come una leonessa: chi lo farà levare?” (Gen. 49:9, VR) Quando prendeva parte alle battaglie di Geova, la tribù di Giuda s’impadroniva veramente della preda come un leone, sconfiggendo i nemici di Geova e prendendone le spoglie. Poiché Gerusalemme fu infine conquistata dal re Davide, e poiché buona parte del territorio di Giuda era sulle montagne, si poteva ben dire che la tribù risaliva dalla preda quando i suoi uomini tornavano alle loro case.
7, 8. (a) Come fu Giuda simile a un leone che si accovacciava e non bisognava provocare, e in che modo fu ben illustrato questo? (b) Che cosa hanno fatto le nazioni sin dal 1914 d.C. che non dovremmo quindi imitare?
7 Il combattimento non era la sola occupazione ed esperienza di questa tribù di Giuda, ma vi sarebbero stati tempi di pace e tranquillità, come per un aryéh (nome africano del “leone”). Perciò quando la tribù di Giuda viveva in pace e godeva dei frutti del suo lavoro, chi osava provocarla a fare la guerra, dato che la tribù era come un lebì (nome asiatico del “leone”) per ferocia?
8 L’accovacciarsi del leone in modo pacifico e soddisfatto fu ben illustrato dal pacifico regno del saggio re Salomone nei quarant’anni dopo la morte di suo padre Davide. Colui che è più grande del re Salomone, cioè “il leone della tribù di Giuda”, stabilirà un pacifico regno di mille anni. Sin dall’inizio del suo regno celeste nel 1914 d.C. le nazioni dell’empio mondo di Satana hanno osato provocarlo sfidando il suo diritto di governare sopra tutti i popoli della terra, malgrado l’avvertimento dato da Giacobbe tanto tempo fa. Alla battaglia di Armaghedon tanto vicina, il “leone della tribù di Giuda” frantumerà le nazioni e risalirà vittorioso dalla preda. Perciò nessuno di noi osi mai provocarlo!
9. Quale ispirata ragione indicò Giacobbe per cui le altre tribù dovevano essere leali e sottomesse a Giuda, ma perché in principio Giuda dovette avere pazienza?
9 Per indicare la ragione ispirata per cui le altre undici tribù d’Israele dovevano essere leali e sottomesse alla tribù di Giuda, Giacobbe spiegò il significato della profezia relativa a Giuda e disse: “Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone del comando di fra i suoi piedi, finché venga Colui che darà il riposo [Sciloh, nota in calce], e al quale ubbidiranno i popoli”. (Gen. 49:10, VR) La tribù di Giuda, in particolare, dev’essere rimasta sorpresa quando Dio scelse un uomo della tribù di Beniamino, Saul figlio di Kis, perché fosse il primo re umano d’Israele. Tuttavia la tribù di Giuda combatté lealmente a fianco del beniaminita re Saul, poiché sapeva che al tempo fissato da Dio lo scettro e il bastone del comando sarebbero passati alla tribù di Giuda e questa, ottenutone il possesso, non li avrebbe lasciati finché non fosse venuto da tale tribù il Governante eterno, e gli sarebbero appartenuti per sempre. Quindi gli uomini di Giuda ebbero pazienza.
SCILOH
10. Perché questo Governante permanente è chiamato profeticamente Sciloh?
10 Perché questo eterno Governante è chiamato Sciloh? Perché questo nome indica il suo diritto, in quanto il nome significa “Colui del quale esso è” o “Colui al quale esso appartiene”. Quindi la Sacra Bibbia di Fulvio Nardoni traduce questo versetto come segue: “Finché non venga Colui, al quale appartiene”. Certamente l’ubbidienza dei popoli non sarebbe dovuta giustamente a nessun altro.
11. Quale fu il vero nome del promesso Sciloh, e in che modo fu acquisito e comprovato il suo diritto?
11 Il nome di colui che dimostrò di essere questo promesso Sciloh fu in effetti Gesù, il Figlio di Dio. Egli venne dal cielo e nacque come Giudeo nella linea di discendenza del re Davide. Da parte della madre Maria egli aveva un naturale diritto alla dignità reale di Davide; da parte del padre putativo Giuseppe aveva il diritto legale allo scettro e al bastone del comando di Davide. Ma quando Dio unse Gesù con lo spirito santo dal cielo, questo comprovò il diritto di Gesù e valse a nominarlo re di un regno più grande di quello di Davide, il regno dei cieli.
12. Quando fu evidente che lo scettro e il bastone del comando erano stati rimossi da Giuda, ma che cosa mostra Ezechiele 21:31, 32?
12 La tribù di Giuda cominciò a portare lo scettro con Davide, e per quasi cinquecento anni il bastone del comando rimase ai piedi di lui e dei suoi figli che sedevano sul trono. Nel 607 prima dell’Èra Cristiana la famiglia di Davide smise temporaneamente di portare lo scettro e il bastone del comando. Questo accadde quando la potenza mondiale, Babilonia, rovesciò il regno, distrusse la capitale, Gerusalemme, e abbatté il tempio costruito dal re Salomone per l’adorazione di Geova e Israele perdette la sovranità nazionale. Ciò non significò che lo scettro e il bastone del comando fossero rimossi da Giuda. Il diritto ad essi rimase in Giuda, nella famiglia reale di Davide. Geova Dio lo indicò quando ispirò il profeta Ezechiele a dire a Sedechia, l’ultimo re regnante a Gerusalemme:
“La tiara sarà tolta, il diadema sarà levato; tutto sarà mutato; ciò ch’è in basso sarà innalzato; ciò ch’è in alto sarà abbassato. Ruina! ruina! ruina! Questo farò di lei; anch’essa non sarà più, finché non venga colui a cui appartiene il giudizio, e al quale lo rimetterò”. — Ezech. 21:31, 32, VR.
13, 14. (a) A chi avrebbe dato Dio il regno di Davide, secondo ciò che disse l’angelo Gabriele? (b) Che cosa poté dire Gesù del regno, dopo il suo battesimo, ma quando venne egli in quel regno, per adempiere Daniele 7:13, 14?
13 Quando annunciò alla vergine giudea Maria l’imminente nascita di Gesù, l’angelo Gabriele dichiarò che Dio avrebbe dato a Gesù il trono del suo antenato Davide. (Luca 1:31-33) All’età di trent’anni Gesù fu battezzato in acqua e unto con lo spirito di Dio, e poté così dire anche ai suoi nemici giudei: “Il regno di Dio è già tra voi”. (Luca 17:21, PB) Dopo essere stato risuscitato da una morte da martire ed esaltato al cielo, egli si sedette alla destra di Dio per attendere il tempo in cui Dio lo avrebbe incoronato re celeste e lo avrebbe autorizzato a usare lo scettro e il bastone del comando.
14 Nell’anno 1914, secondo il calcolo biblico, egli venne nel suo regno celeste e cominciò a governare, contro la volontà dei suoi nemici in cielo e sulla terra. (Ebr. 10:12, 13; Sal. 110:1, 2) La profezia di Daniele 7:13, 14 (Na) predisse questa venuta, con le seguenti parole:
“Ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino all’Antico di giorni e fu presentato a Lui, che gli dette potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo dovranno servire: il suo potere è un potere eterno, che mai tramonta, e il suo regno è tale, che non sarà mai distrutto”.
15. (a) A chi è dunque dovuta la nostra ubbidienza, e chi gliela rende oggi? (b) Che cosa accadrà a quelli che non sono ubbidienti e perché?
15 Dato che fu intronizzato nel cielo nel 1914, egli è Colui che dovremmo riconoscere quale Governante a cui è dovuta la nostra ubbidienza. Le poche migliaia dei 144.000 membri dell’Israele spirituale che sono ancora sulla terra gli rendono lealmente ubbidienza. Ubbidiscono al suo comando secondo cui “questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata in testimonianza a tutte le nazioni”. (Matt. 24:14) Centinaia di migliaia di mansuete persone che odono la buona notizia del Regno riconoscono che questo Sciloh è Colui al quale spetta la loro ubbidienza. Quindi ubbidiscono e prendono parte alla predicazione della buona notizia dell’istituito regno di Dio. Tutti coloro che ora non gli ubbidiscono saranno distrutti quando sopraggiungerà la fine su questo empio vecchio mondo nel disastro di Armaghedon. Questo Sciloh, “il leone della tribù di Giuda”, deve governare finché tutti i nemici siano stati posti sotto i suoi piedi. — 1 Cor. 15:25.
16. In che modo il profetico riferimento di Giacobbe a un asino si avverò nella vita terrena di Gesù, e con quale significato?
16 Come era stato predetto dal morente patriarca Giacobbe, un asino e una vite ebbero una notevole importanza nella vita terrena di Gesù Cristo. Pochi giorni prima di essere ucciso per aver predicato il regno di Dio, Gesù entrò in Gerusalemme cavalcando il puledro di un’asina, mentre moltitudini di Giudei lo acclamavano come re. Nei tempi antichi eminenti Israeliti, giudici e profeti avevano cavalcato asini. (Giud. 5:10; 10:3, 4; Num. 22:22-33) L’eletto re Salomone, figlio di Davide, andò a farsi ungere per ricevere l’incarico cavalcando la mula di suo padre. (1 Re 1:33-40) Similmente Gesù adempì la profezia di Zaccaria 9:9 cavalcando, non un cavallo, ma il puledro di un’asina, quando entrò a Gerusalemme. Ma il politicante sommo sacerdote giudeo si rifiutò di ungerlo nel tempio quale Sciloh promesso. In seguito chiese la morte di Gesù.
17. (a) In che modo Gesù legò il suo asino a una vite scelta? (b) In che modo laverà egli “la sua veste col vino e il suo manto col sangue dell’uva”?
17 Gesù non legò il suo asino a una vite letterale. Legò i suoi diritti reali a una vite simbolica, una vite spirituale, cioè al regno di Dio. Si paragonò a una vite spirituale e paragonò i suoi unti seguaci ai tralci di quella vite reale. (Giov. 15:1-8) Egli narrò ai Giudei che lo avevano rigettato una parabola o illustrazione che parlava di una vigna. Quindi applicò l’ammaestramento che ne derivava, dicendo loro: “Il Regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato ad una gente che ne faccia i frutti”. (Matt. 21:33-43, VR) Tuttavia, i fedeli eredi di questo regno celeste saranno come la vite più produttiva, che provvederà molto succo per fare vino. Egli preserverà questa vite simbolica che porta frutti del Regno in abbondanza, ma distruggerà la falsa vite religiosa che produce uve amare. Il sangue dell’uva di questa falsa vite sarà tanto quando calpesterà la falsa vite e le sue abbondanti uve marce che egli, per così dire, “[laverà] la sua veste col vino, e il suo manto col sangue dell’uva”. Le macchie sulla sua veste saranno indice di vittoria. — Apoc. 14:19, 20; Isa. 63:1-6.
18. Che cosa significa il fatto che i suoi occhi sono rossi dal vino e i suoi denti bianchi dal latte?
18 Secondo la traduzione di Genesi 49:12 nella Versione dei Settanta greca, nella Vulgata latina e nelle versioni siriache della Bibbia, gli occhi di Giuda dovevano essere di un rosso più scuro di quello del vino scintillante, e i suoi denti più bianchi del latte. Tuttavia, Isaia 55:1-4 mette il vino e il latte in relazione col patto del Regno che Geova Dio fece col re Davide. È quindi evidente che la profezia di Giacobbe si riferisce alla prosperità spirituale e alla gioia dei cristiani che sono inclusi in questo patto del Regno per governare insieme al “leone della tribù di Giuda”. Quindi non si intende alcuna ubriachezza con la profezia che parla degli occhi rossi dal vino, né si intende immaturità o puerilità con la profezia che parla dei denti bianchi dal latte. Poiché il vino denotava allegrezza e il latte ricchezza e abbondanza, il regno del “leone della tribù di Giuda” doveva essere un regno di gioia devota e prosperità spirituale. Queste cose sono per gli ubbidienti.
ZABULON
19. (a) Dove si trova Zabulon nell’ordine di nascita dei figli di Giacobbe? (b) Perché ciò che Giacobbe profetizzò in merito a Zabulon era in armonia col significato del suo nome?
19 Nell’ordine di nascita dei figli di Giacobbe, che egli ebbe dalle sue due mogli e dalle due concubine, Issacar fu il nono e Zabulon il decimo. Tra le tribù dell’Israele spirituale o della classe del Regno la tribù di Zabulon viene al decimo posto. (Apoc. 7:8) Quando pronunciò la sua ultima profezia Giacobbe mise Zabulon prima di Issacar, benché Issacar fosse il quinto figlio che Giacobbe ebbe dalla prima moglie Lea, e Zabulon fosse il sesto figlio avuto da lei. Nella visione di Ezechiele sulla divisione del paese sotto il governo di Dio del nuovo mondo, Issacar è giustamente messo prima del fratello più giovane Zabulon. Avviene la stessa cosa riguardo alle porte della città simbolica Geova-shammah (che significa “Geova stesso è là”). (Ezech. 48:25, 26, 33) Il nome Zabulon significa “Abitazione; Dimora”. Nella sua profezia pronunciata sul letto di morte Giacobbe predisse quale località avrebbe occupato Zabulon nella Terra Promessa dicendo:
“Zabulon abiterà sulla costa dei mari; sarà sulla costa ove convengon le navi, e il suo fianco s’appoggerà a Sidon”. — Gen. 49:13, VR.
20. Come si avverò la profezia di Giacobbe nel territorio di Zabulon nel paese d’Israele?
20 Giacobbe dice in tal caso dove avrebbe dimorato la tribù di Zabulon nel “paese dove scorre il latte e il miele”. Quando il paese fu conquistato in parte dopo sei anni di lotte, il giudice Giosuè assegnò la terza porzione sorteggiata a Zabulon, ma le città e i villaggi assegnati a Zabulon non erano direttamente sulla costa del mare. Il suo territorio era situato tra il Mar di Galilea a oriente e il Mar Mediterraneo a occidente. Essa aveva facile accesso alle coste di questi mari. (Gios. 19:10-16) Poiché il porto fenicio di Sidone era a nord d’Israele e poiché il fianco remoto di Zabulon doveva essere verso Sidone, il territorio di Zabulon doveva essere un territorio settentrionale. Benché il suo territorio fosse separato dai mari dai territori di altre tribù, il paese di Zabulon era attraversato dalla vecchia strada internazionale chiamata “la via del mare”. Quindi era situato nel distretto chiamato “Galilea delle genti”. — Isa. 9:1, NM; 8:23, PB; 1 Re 9:11; Gios. 20:7.
21. Che cosa doveva venire dal paese di Zabulon, secondo Isaia 9:18:23, e come venne effettivamente?
21 Quando il profeta Isaia predisse la nascita del promesso Sciloh sulle cui spalle sarebbe stato il principato, egli menzionò in modo specifico Zabulon come un territorio da cui sarebbe venuta una gran luce, per disperdere una fitta ombra simile a quella della morte. Questa luce che doveva condurre alla liberazione dal peccato e dalla morte venne quando il promesso Sciloh, Gesù Cristo, predicò nella Galilea delle genti, dicendo: “Ravvedetevi, perché il regno de’ cieli è vicino”. (Isa. 9:1, 2, 6, 7; Matt. 4:12-23, VR) Gesù andò anche a nord di Zabulon e dalle “parti di Tiro e di Sidone”, dove operò un miracolo a una donna fenicia. (Matt. 15:21-29) Perciò Zabulon dimorò in una località molto buona del paese d’Israele.
22, 23. Quali favorevoli menzioni ricevette Zabulon nella storia biblica (a) ai giorni di Barak, (b) ai giorni di Gedeone, e (c) ai giorni di Davide?
22 Nella storia biblica Zabulon ricevette varie menzioni favorevoli. Quando Geova combatté per il suo popolo oppresso presso le “acque di Meghiddo”, ai giorni del giudice Barak e della profetessa Debora, gli uomini di Zabulon si offrirono volontari per combattere nell’esercito che doveva portare la liberazione. Quindi Barak e Debora mostrarono di apprezzarli dicendo nel loro cantico: “Da Makir scesero de’ capi, e da Zabulon quelli che portano il bastone del comando [per contare e arruolare i soldati]. Zabulon è un popolo che ha esposto la sua vita alla morte”. (Giud. 5:14, 18, 19; 4:16, VR) Anni dopo Dio suscitò il giudice Gedeone per liberare Israele. Gedeone “mandò altresì de’ messi nelle tribù di Ascer, di Zabulon e di Neftali, le quali salirono a incontrare gli altri”. È probabile che alcuni dei trecento soldati scelti, con cui Gedeone mise in fuga gli invasori madianiti, fossero della tribù di Zabulon. — Giud. 6:34, 35, VR; 7:1-7.
23 Quando giunse il tempo per tutte le tribù di mettere il regno di tutto Israele nelle mani di Davide, la tribù di Zabulon gli provvide un considerevole numero di soldati, di cui 1 Cronache 12:33 (Na) dice: “Vennero in aiuto a David con animo risoluto”.
24. Per che cosa si prepararono i discendenti di Zabulon, e come?
24 Quando Gesù predicò nel nostro primo secolo nel territorio appartenuto a Zabulon, molti del luogo vennero a lui e si prepararono a divenire membri delle dodici tribù dell’Israele spirituale.
ISSACAR
25. Perché fu appropriato che Giacobbe si riferisse alla porzione di territorio che Issacar avrebbe avuto?
25 Nel paese d’Israele il territorio di Issacar confinava in parte con la frontiera orientale di Zabulon e si estendeva lungo il fiume Giordano. Era situato nella fertile pianura chiamata Esdrelon, e la strada internazionale Via Maris o “via del mare” attraversava questo territorio prima di arrivare a Zabulon. Quando ai giorni del giudice Giosuè il territorio fu suddiviso secondo la sorte, la quarta porzione sorteggiata fu assegnata a Issacar, e nel suo territorio sono menzionate dieci città. (Gios. 19:17-23) Il morente patriarca Giacobbe si riferì profeticamente a questa bella porzione di territorio, quando disse in Genesi 49:14, 15 (Na):
“Issacar è un asino di valido corpo, che giace fra due stalle. Vide che il riposo era buono, e la terra che era amena; piegherà la spalla alla soma e sarà servo soggetto a tributo”.
26. Riguardo a che cosa Issacar non aveva alcuna lamentela, e a che cosa lo paragonò il padre?
26 Il nome Issacar significa “Egli è mercede” o “Egli reca mercede”. Si riferisce al modo in cui la madre Lea ottenne il privilegio di partorirlo a Giacobbe. (Gen. 30:14-18) Egli fu il nono figlio di Giacobbe, e nell’elenco delle dodici tribù dell’Israele spirituale Issacar viene al nono posto. Il padre Giacobbe lo paragonò a una gagliarda e lavoratrice bestia da soma, che porta il suo peso e che può riposare senza liberarsi del doppio carico. Le due stalle possono raffigurare i tempi di pace e di guerra che Issacar ebbe durante la storia d’Israele. Egli fu pronto a lavorare, poiché vide che il suo territorio in Israele era buono. Non ebbe ragione di lamentarsi della porzione toccatagli nella Terra Promessa. Riconobbe che il suo luogo di riposo era buono e il suo paese ameno.
27. (a) A che cosa fa pensare il significato del nome di Issacar? (b) In che il giudice Barak divenne come gli uomini di Issacar?
27 Il nome di Issacar potrebbe far pensare ch’egli fosse pronto a lavorare per un salario. Ad ogni modo egli fu pronto a curvare la spalla per assumersi il peso della responsabilità. Nel periodo in cui Israele aveva dei giudici come visibili governanti dati da Dio, dalla tribù di Issacar venne un giudice chiamato Tola. Egli servì come giudice d’Israele per ventitré anni. (Giud. 10:1, 2) Anni prima, il giudice Barak e la profetessa Debora ebbero parole di lode per gli uomini di Issacar e dissero nel loro cantico di vittoria: “L’Eterno [Geova] scese con me fra i prodi. I principi d’Issacar furon con Debora; quale fu Barak, tale fu Issacar”. (Giud. 5:13, 15, VR) I prìncipi presero l’iniziativa per la tribù d’Issacar quando vi fu la chiamata alle armi per liberare il popolo di Geova. Tutti gli uomini di Issacar diedero un bell’esempio di coraggio e di zelo, per cui il giudice Barak divenne simile ad essi in guerra.
28. (a) Quali truppe fornì Issacar per il combattimento? (b) Come mostrarono gli uomini di Issacar di discernere con intendimento i tempi?
28 Il loro valore fu dimostrato ancora una volta ai giorni di Davide. Quindi riguardo a un prozio del giudice Tola è scritto: “Di Tola, uomini valorosi secondo le loro genealogie. Essi, al tempo del re David, contavano ventiduemilaseicento uomini. . . . avevano truppe addestrate alla guerra, . . . I loro fratelli, comprese tutte le famiglie di Issacar, iscritti nelle loro liste genealogiche formavano un totale di ottantasettemila, uomini valorosi”. (1 Cron. 7:1-5, Na) Gli uomini di Issacar stavano attenti alle indicazioni di Dio riguardo a ciò che egli voleva si facesse in un certo tempo. Quindi diedero a Davide una scorta di soldati quando giunse il tempo di mettere il regno d’Israele nelle mani di Davide. Leggiamo: “Dei figliuoli d’Issacar, che intendevano i tempi, in modo da sapere quel che Israele dovea fare, duecento capi, e tutti i loro fratelli sotto i loro ordini”. — 1 Cron. 12:23, 32, VR.
29. Di che cosa fu un’espressione il fatto che Issacar curvava la spalla per portare i pesi, e in che modo mostrò prontezza?
29 Perciò Issacar, quando curvò la spalla per portare i pesi, lo fece come espressione della sua lealtà all’eletta nazione di Dio e ai capi che Dio suscitava, come Davide. Accanto a questo vi era la prontezza di Issacar ad assumersi i compiti che tutti i membri della loro nazione organizzata dovevano compiere insieme. Era proprio come aveva predetto il morente patriarca Giacobbe: “E sarà servo soggetto a tributo”.
30. A che cosa si riferisce dunque il fatto che si assoggettò al lavoro forzato?
30 Questo non voleva dire che Issacar sarebbe andato in schiavitù e che sarebbe divenuto schiavo di qualche organizzazione politica straniera. Si riferiva ai casi nella vita della nazione in cui tutti dovevano rendere speciali servizi, quando occorreva una requisizione di mano d’opera per compiere uno speciale lavoro che bisognava fare in un certo tempo, entro un periodo stabilito, per superare un’emergenza o per attuare uno speciale progetto che non si poteva né ritardare né rimandare per tempo indefinito. Si doveva requisire la mano d’opera, quindi sarebbe stato una specie di lavoro forzato. Ma Issacar sarebbe stato ragionevole; ne avrebbe compresa la necessità. Non si sarebbe ribellato nemmeno se gli fosse stato chiesto o fosse stato costretto a fare più di quello che era giusto. Non avrebbe cercato di sottrarsi al suo dovere. Avrebbe contribuito la sua parte, poiché avrebbe compreso le immediate necessità del momento e sarebbe stato lieto di fare la sua parte in questo lavoro nell’interesse dei suoi fratelli.
31, 32. (a) Di chi fu schiavo Issacar, e perché? (b) Dove era bene che vi fossero persone come Issacar, e che cosa è predetto per esse?
31 Issacar sapeva di essere schiavo di Geova e che avrebbe ricevuto da lui la giusta ricompensa. Issacar sapeva anche di dover amare i suoi fratelli. L’organizzazione di Dio non lo opprimeva. Erano solo le particolari circostanze che richiedevano lavoro straordinario da Issacar e da tutti gli altri.
32 In tal modo tra le dodici tribù dell’Israele spirituale fu un bene che vi fossero persone come Issacar, una “tribù di Issacar”. (Apoc. 7:7) Fu predetta allegrezza per le tende di Issacar, e possiamo capire perché l’allegrezza avrebbe regnato nelle sue dimore. — Deut. 33:18.
DAN
33. (a) Quale gioco di parole fece Giacobbe col nome “Dan”, profetizzando in merito a Dan? (b) Che cosa si può dire del suo territorio in Israele?
33 Quando profetizzò in merito al suo quinto figlio, Dan, il patriarca Giacobbe fece un gioco di parole col suo nome. “Dan” significa “giudice”; e Giacobbe disse, in ebraico: Dan yadìn, che significa “Dan giudicherà” o il “giudice giudicherà”. Dan fu il primo figlio partorito a Giacobbe dalla sua concubina Bilha, l’ancella della diletta moglie di Giacobbe, Rachele. Mediante la sorte, che veniva gettata per la settima volta in Palestina, alla tribù di Dan toccò una piccola porzione in Israele. Esso costeggiava ad occidente il Mar Mediterraneo, ma dalle altre parti confinava con tre tribù. (Gios. 19:40-49) In seguito, i membri della tribù di Dan si arrogarono il diritto di trasferirsi molto più a nord e stabilirsi vicino ai piedi del monte Hermon, vicino al corso superiore del fiume Giordano. È quindi interessante notare che nella visione profetica di Ezechiele il territorio di Dan è situato nella punta più settentrionale, il territorio Nº 1. (Ezech. 48:1, 2) Quanto alla parte che Dan avrebbe avuto in Israele, il patriarca Giacobbe profetizzò, in Genesi 49:16-18 (VR):
“Dan giudicherà il suo popolo, come una delle tribù d’Israele. Dan sarà una serpe sulla strada, una cerasta sul sentiero, che morde i talloni del cavallo, sì che il cavaliere cade all’indietro. Io ho aspettato la tua salvezza, o Eterno [Geova]!”
34. Quale esperienza ebbe la tribù di Dan nel giudicare il suo popolo?
34 Chi non conosce la storia di Sansone, l’uomo più forte vissuto sulla terra, che abbatté infine il tempio del falso dio Dagon, uccidendo più di tremila nemici filistei? Sansone era della tribù di Dan. Egli giudicò per vent’anni la nazione d’Israele. Fu l’unico giudice d’Israele che cadde nelle mani dei nemici, ma alla fine trionfò riportando la più strepitosa vittoria. Fu l’ultimo giudice d’Israele suscitato in modo speciale da Geova. Il successivo personaggio eminente in Israele fu il profeta Samuele. — Giudici, capitoli 13-16; Atti 3:24.
35. Degradò forse Dan il fatto che Giacobbe lo paragonò ad una cerasta, e in che modo si avverò il paragone profetico?
35 Giacobbe paragonò Dan a un serpente, a una cerasta. Ma questo non degradava Dan, come se fosse stato un ignobile serpente nell’erba adatto solo per essere schiacciato sotto il calcagno. Anzi, con l’abilità di un serpente, Dan avrebbe reso un grande servizio alla nazione. Benché piccolo in paragone con un cavallo da guerra, avrebbe potuto disarcionare il cavaliere che cavalcava il cavallo. Stando in agguato, avrebbe potuto mordere i talloni del cavallo, in modo che questo s’impennasse e facesse cadere di sella il cavaliere. Disarcionando il cavaliere, Dan gli avrebbe procurato una grande caduta. Perciò, benché piccolo, Dan sarebbe stato pericoloso come una cerasta per i disturbatori. Come il calcagno è la parte posteriore del piede, quando le dodici tribù erano in marcia nel deserto verso la Terra Promessa, la tribù di Dan formava la retroguardia. Così questa tribù provvedeva una protezione o formava la “retroguardia di tutti i campi [d’Israele]”, e non era per nulla un compito indifferente. — Num. 10:25, VR.
36. Da chi sarebbe venuta la salvezza completa, com’è indicato da Giacobbe, per tutti i benefici dei giudizi di Dan?
36 Dan doveva giudicare il suo popolo, con comprensibili benefici. Tuttavia la completa liberazione non sarebbe venuta mediante Dan. L’assoluta salvezza da tutti i nemici doveva venire per mezzo del Dio d’Israele. Per far comprendere questo particolare, Giacobbe distolse l’attenzione da Dan e la rivolse a Dio e disse: “Io ho aspettato la tua salvezza, o Eterno [Geova]”. Secondo ciò che l’angelo di Geova disse ai genitori di Sansone, egli avrebbe guidato gli Israeliti per salvarli dalle mani dei pagani Filistei. (Giud. 13:5) Ma per ottenere la salvezza completa, Israele e tutti gli altri popoli dovevano fare affidamento su un Dan più grande, un giudice più grande, Gesù Cristo, il Figlio di Geova Dio. — Atti 10:38-42.
37. Che cosa riscontriamo nelle dodici tribù dell’Israele spirituale, che riguarda Dan, e quale sostituzione deve aver avuto luogo?
37 Gesù Cristo, “il leone della tribù di Giuda”, è il capo delle dodici tribù dell’Israele spirituale. Fra queste dodici tribù menzionate in Apocalisse 7:4-8 non è compresa la tribù di Dan. Vi troviamo invece la tribù di Manasse. Il Manasse originale era nipote di Dan ed era un figlio di Giuseppe nato in Egitto. Quindi era nipote di Giacobbe. Ma Giacobbe disse che Manasse doveva ricevere un territorio separato nel territorio del paese d’Israele come i figli diretti di Giacobbe. (Gen. 48:13-20) Tra le dodici tribù dell’Israele spirituale è menzionata una tribù di Giuseppe. Quindi la tribù del figlio di Giuseppe, Manasse, deve aver preso il posto della tribù di Dan.
38, 39. (a) Perché questa sostituzione non si riflette in modo sfavorevole sulla tribù di Dan? (b) Perché il nome di Dan non fu omesso dall’Israele spirituale per il fatto che era stato paragonato a un serpente, e quali buone ragioni abbiamo di guardare a Dan?
38 Non dobbiamo tuttavia pensare che questo si rifletta in modo sfavorevole sulla tribù di Dan. È semplicemente in armonia con una disposizione divina. Il primogenito di Giacobbe, Ruben, perdette il suo diritto di primogenito, e i privilegi del primogenito passarono a Giuseppe. (1 Cron. 5:1, 2) Come primogenito, Giuseppe aveva diritto a due porzioni in Israele; perciò suo padre Giacobbe gli diede “una parte di più che ai tuoi fratelli”. (Gen. 48:21, 22, VR) In armonia con ciò, anche nell’Israele spirituale è indicato che Giuseppe ha due porzioni, secondo i diritti del primogenito. Poiché Efraim, figlio minore di Giuseppe, divenne più importante di Manasse in Israele, giustamente Giuseppe rappresentò o prese il posto del suo più importante figlio, Efraim, mentre quello maggiore, il primogenito Manasse, rappresenta la seconda parte di Giuseppe nell’Israele spirituale. Dan rese possibile che questo fosse indicato nell’Israele spirituale.
39 Così, malgrado l’omissione della tribù, di Dan, il numero delle tribù dell’Israele spirituale corrisponde al numero delle tribù originali dell’Israele naturale, cioè dodici. Dan non fu omesso perché il patriarca Giacobbe lo aveva paragonato a una cerasta, poiché questo non fu un paragone di biasimo per Dan. Giacobbe non avrebbe potuto giustamente paragonare Dan a un leone, poiché aveva già paragonato Giuda a un leone. Perciò Giacobbe paragonò Dan a un altro pericoloso avversario per i nemici, un serpente che impegnava coraggiosamente una lotta contro un grande cavallo da guerra. Ma quando il profeta Mosè diede la sua ultima benedizione alle tribù d’Israele prima che attraversassero il fiume Giordano per entrare nella Terra Promessa, disse: “Dan è un leoncello che balza da Basan”. (Deut. 33:22 VR) Fu in tal modo predetto che Dan avrebbe avuto un nobile e coraggioso ruolo in Israele. Quindi gli Israeliti spirituali hanno buone ragioni di guardare a Dan per le qualità o le gesta storiche degne d’essere imitate.
GAD
40. (a) Perché il settimo figlio di Giacobbe fu chiamato Gad? (b) Di che cosa parlò apparentemente Giacobbe in merito a Gad, nelle sue ultime parole?
40 Il settimo figlio di Giacobbe fu Chiamato Gad, ma era figlio della sua concubina Zilpa, il primo figlio ch’ella ebbe. Si pensa che il suo nome significhi “Buona fortuna”. Lea pensò che fosse proprio una fortuna quando la sua ancella Zilpa partorì questo figlio come ulteriore contributo al marito dalla sua parte della famiglia, poiché Lea bramava l’amore di suo marito. (Gen. 30:9-11) Mentre stava per morire, Giacobbe disse le sue ultime parole a Gad, e parlò apparentemente della località esposta che la tribù di Gad avrebbe occupato nel paese d’Israele. Era situata lungo la costa orientale del fiume Giordano ed era quindi esposta all’invasione degli ostili Ammoniti a oriente. Ma questo fu il territorio che la tribù di Gad, che allevava bestiame, chiese per sé prima che gli Israeliti attraversassero il Giordano per entrare nella Terra Promessa. (Num. 32:1-5; 34:13-15) Molto appropriatamente Giacobbe profetizzò:
“Gad, l’assaliranno delle bande armate, ma egli a sua volta le assalirà, e le inseguirà”. — Gen. 49:19, VR.
41, 42. Come mostrò la tribù di Gad di non essere una tribù di codardi, quando essa prese possesso del suo territorio?
41 Gad non doveva essere una tribù di codardi, timorosi di avere uno dei propri confini esposto alle bande dei predoni. La tribù non scelse di vivere sugli altipiani orientali solo per evitar di combattere e conquistare il paese di Canaan. Ubbidendo al comando di Dio, essi mandarono dei rinforzi al di là del Giordano per aiutare gli uomini delle altre tribù a prendere possesso della Terra Promessa. Essi non si resero colpevoli di nessun peccato d’infedeltà a questo riguardo. (Num. 32:6-36; Gios. 4:12, 13; 13:24-28; 22:1-9) A questo scopo si mantennero in forma per combattere, e combatterono spalla a spalla coi loro fratelli.
42 Le parole di addio dette da Giacobbe a Gad furono per lui un comando di far indietreggiare fiduciosamente quelli che lo predavano e violavano i suoi confini. Indubbiamente ai giorni del giudice Jefte essi combatterono al suo comando contro gli aggressivi Ammoniti che avanzavano pretese sul territorio. Beneficiarono della sconfitta che il giudice Jefte inflisse a quei nemici di confine. A loro volta, assalirono gli assalitori, volgendoli in fuga e inseguendo l’estrema retroguardia. (Giud. 11:1-33) Quando vi fu la prova di dover uccidere un gruppo di fuggiaschi che avevano provocato delle contese e combattuto contro i loro fratelli, i guerrieri della tribù di Gad furono capaci di pronunciare correttamente la parola d’ordine “scibboleth”. Così non morirono mediante la spada del giustiziere. — Giud. 12:1-6, VR.
43. Quale posto ricevette Gad nella visione di Ezechiele relativa alla divisione del paese e nella visione di Giovanni relativa all’Israele spirituale?
43 Nella visione di Ezechiele relativa alla divisione del paese, il territorio di Gad era di nuovo esposto sul lato meridionale, poiché era il territorio più a sud di tutte le porzioni assegnate alle tribù. Gad era perciò il dodicesimo nell’ordine. Ma quanto all’ordine delle porte della città Geova-shammah, la porta di Gad era la decima. (Ezech. 48:27, 28, 34) La tribù di Gad ebbe anche l’onore di essere menzionata al terzo posto nella lista delle dodici tribù dell’Israele spirituale, poiché in Gad vi erano delle qualità che era bene che anche gli Israeliti spirituali avessero. — Apoc. 7:5.
ASCER
44. Perché l’ottavo figlio di Giacobbe fu chiamato Ascer, e quali ultime parole disse Giacobbe ad Ascer?
44 La nascita dell’ottavo figlio di Giacobbe fu motivo di felicità, specialmente per sua madre Zilpa e per Lea, la padrona di Zilpa. Quale nome migliore di Ascer gli si poteva dare? Il nome significa. “Felice; Felicità”. (Gen. 30:12, 13) Sul suo letto di morte Giacobbe ebbe parole di esultanza per questo figlio, poiché disse:
“Da Ascer verrà il pane saporito, ed ei fornirà delizie reali”. — Gen. 49:20, VR.
45. In che modo il pane di Ascer dimostrò di essere saporito, come fu anche indicato da Mosè?
45 Il profeta Mosè aggiunse a questa predizione relativa alla prosperità della porzione di Ascer nel paese quanto segue: “Benedetto sia Ascer tra i figliuoli d’Israele! Sia il favorito dei suoi fratelli, e tuffi il suo piè nell’olio!” (Deut. 33:24, VR) Indipendentemente da quanto sarebbe divenuta numerosa la sua popolazione, la parte di Ascer sarebbe stata una porzione ricca e prospera. Nel paese d’Israele il territorio di Ascer era situato lungo la costa del Mar Mediterraneo, a sud del porto fenicio di Tiro. Ascer confinava ad oriente coi territori di Zabulon e di Neftali. La sua terra produceva cibo in abbondanza. — Gios. 19:24-31.
46. (a) Come fu in grado Ascer di fornire “delizie reali”? (b) Di che cosa fu vittima Ascer ai giorni di Barak e di Debora, e come?
46 A motivo della sua località, Ascer poteva fare commercio di esportazione. Poteva così fornire delle delizie adatte a un re. Per questo, correva il pericolo di cader vittima del laccio del materialismo e divenire egocentrico, prendendo le cose con comodo e lasciando che i suoi fratelli si arrangiassero da soli. Questo oppressivo potere del materialismo si manifestò ai giorni del giudice Barak e della profetessa Debora. Quando fu rivolto alle tribù l’invito di mandare dei volontari, Ascer non rispose. Perciò fu privato del grande privilegio di partecipare alla vittoria riportata nella battaglia presso le “acque di Meghiddo”. Ascer dev’essere arrossito di vergogna quando Barak e Debora cantarono il loro cantico di vittoria e dissero: “Ascer è rimasto presso il lido del mare, e s’è riposato nei suoi porti”. (Giud. 5:17, VR) Ascer fu pigro, non nelle occupazioni materiali, ma nel diretto servizio di Geova.
47. (a) A chi dovremmo dare “delizie reali”, e come? (b) Che cosa riceveremo in armonia col significato del nome di Ascer a questo riguardo?
47 Per mostrare apprezzamento per il “pane” o cibo abbondante che si riceve da Dio, la persona dovrebbe contraccambiarlo con “delizie reali”, poiché Geova Dio è il grande “Re d’eternità”. Ora egli governa mediante suo Figlio Gesù Cristo, “il leone della tribù di Giuda”. Nel caso delle dodici tribù dell’Israele spirituale, il fatto che la tribù di Ascer sia al quarto posto sta a dimostrare che gli Israeliti spirituali avrebbero ricevuto una porzione ricca in senso spirituale e che sarebbe stata molto prospera. Avrebbero prodotto dei frutti dal sapore particolarmente buono per il loro Dio Geova e il suo unto Re Gesù Cristo, delle “delizie” spirituali, non semplicemente delle cose comuni. Avrebbero goduto le Beatitudini o “Felicità” descritte dal Signore Gesù Cristo nel suo Sermone del Monte. — Matt. 5:1-12.
NEFTALI
48. (a) Perché il sesto figlio di Giacobbe fu chiamato Neftali? (b) Giacobbe paragonò Neftali a che cosa?
48 Dicendo ai suoi figli ciò che sarebbe loro accaduto nell’“ultima parte dei giorni”, il profeta Giacobbe rivolse la sua attenzione a Neftali che era il decimo nell’ordine. Ma Neftali era in effetti il sesto figlio di Giacobbe, il figlio della concubina di suo padre, Bilha, l’ancella di Rachele, la moglie prediletta da Giacobbe. Fino a quel tempo la stessa Rachele non aveva partorito figli. Perciò quando la sua serva partorì questo secondo figlio, Neftali, questa fu una conquista nella lotta di Rachele di dare al marito Giacobbe qualche frutto del suo matrimonio. Come espressione di ciò chiamò il ragazzo Neftali, che significa “Mia lotta”. (Gen. 30:7, 8) Nel suo caso il padre fece un bel paragone dicendo:
“Neftali è una cerva messa in libertà; egli dice delle belle parole”. — Gen. 49:21, VR.
49. (a) In che modo fu simile a ciò la tribù di Neftali? (b) Di che cosa si preoccupò principalmente ai giorni di Barak?
49 Giacobbe lo paragonò a un animale che è sia veloce che aggraziato nei movimenti. Poiché la tribù di Neftali provvedeva dei combattenti, queste erano qualità che era bene che gli uomini di guerra avessero. Essi erano abili nel combattimento e veloci nell’inseguire il nemico. Il giudice Barak proveniva da questa tribù, poiché la profetessa Debora lo chiamò dalla città settentrionale di Kedes di Neftali per intraprendere il servizio di Dio e combattere il nemico. Gli uomini di Neftali furono al fianco di Barak in questa lotta per la liberazione del popolo di Geova e all’onore del nome di Geova. Essi non si preoccuparono innanzi tutto della loro vita. Il cantico di vittoria del giudice Barak e di Debora menziona questa ammirevole disposizione dicendo: “Zabulon è un popolo che ha esposto la sua vita alla morte, e Neftali, anch’egli, sulle alture della campagna. I re vennero, pugnarono; allora pugnarono i re di Canaan a Taanac, presso le acque di Meghiddo; non ne riportarono un pezzo d’argento. Dai cieli si combatté: gli astri, nel loro corso, combatterono contro Sisera”. (Giud. 5:18-20, VR) In questa battaglia gli uomini di Neftali furono indubbiamente come cerve.
50, 51. (a) In che modo furono pronunciate “belle parole” nella “terra di Neftali” millenovecento anni fa? (b) Gli uomini di quale tribù è appropriato avere anche nell’Israele spirituale?
50 Neftali doveva essere leggiadro, non solo avendo un’andatura simile a quella di una cerva snella, ma anche nel dire “belle parole”. Nel servizio di Dio, le “belle parole” sono molto desiderabili; e nel territorio di Neftali furono pronunciate delle parole diciannove secoli fa che erano particolarmente belle. Parte del territorio di Neftali si estendeva lungo la costa occidentale del mare di Cinnereth, chiamato poi mar di Galilea. Ivi fu adempiuta in parte la profezia d’Isaia, capitolo nove, versetti uno e due. L’apostolo Matteo ne narra l’adempimento dicendo:
“Lasciata Nazaret, andò ad abitare a Cafarnao, posta sulla riva del mare, nel territorio di Zabulon e di Neftali; affinché si adempisse quanto aveva predetto il profeta Isaia: ‘La terra di Zabulon e la terra di Neftali, la via del mare di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili, il popolo giacente nelle tenebre ha veduto una gran luce; ai giacenti nella regione e nell’ombra della morte è spuntata la luce’. Da quel momento Gesù cominciò a predicare e a dire: ‘Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino’” — Matt. 4:13-17, Na.
51 Quanto al dire “belle parole” nessun uomo superò Gesù Cristo quando predicava il regno di Dio. Egli divenne come nativo del territorio, poiché anche se era stato allevato a Nazaret fece di Cafarnao nel territorio di Neftali la “sua città”. (Matt. 9:1, Na) Non gli amici, ma gli ufficiali mandati ad arrestarlo furono coloro che dissero delle parole di Gesù: “Nessun uomo ha mai parlato come lui”. (Giov. 7:46, Na) Quale luce portarono le sue belle parole a coloro che cercavano Dio, per indicar loro la via onde uscire dalle tenebre della disapprovazione di Dio e della sua condanna a morte! È quindi molto appropriato che le tribù dell’Israele spirituale includano una tribù di Neftali, la quinta tribù che viene menzionata. (Apoc. 7:6) Questo ci fa ricordare che tutti gli Israeliti spirituali sono illuminati dal messaggio del regno di Dio, per predicarlo con “belle parole” come quelle di Neftali.
GIUSEPPE
52. (a) Che posto ebbe Giuseppe quale figlio di Giacobbe? (b) Quale passato aveva Giuseppe, malgrado ciò di cui Giacobbe tenne conto nelle sue ultime parole?
52 L’undicesimo figlio del patriarca Giacobbe fu Giuseppe, figlio della sua vecchiaia e teneramente amato. Ma Giacobbe si astenne dal profetizzare in merito a Giuseppe finché non giunse all’undicesimo figlio, per non dare adito al sentimentalismo. Il nome di Giuseppe significa “Accresca; Aggiunga”; e fu il primo figlio della prediletta moglie di Giacobbe, Rachele. (Gen. 30:22-24) Il racconto della vita di Giuseppe fu eccellente. Sia suo padre che gli undici fratelli erano in debito verso di lui, poiché egli era ora primo ministro e amministratore alimentare dell’Egitto colpito dalla carestia. Profetizzando riguardo a Giuseppe, il morente Giacobbe tenne conto di come Giuseppe aveva superato le difficoltà e disse:
“Giuseppe è un ramo d’albero fruttifero; un ramo d’albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro. Gli arcieri l’hanno provocato, gli han lanciato dei dardi, l’hanno perseguitato; ma l’arco suo è rimasto saldo; le sue braccia e le sue mani sono state rinforzate dalle mani del Potente di Giacobbe da colui ch’è il pastore e la roccia d’Israele, dall’Iddio di tuo padre che t’aiuterà, e dall’Altissimo che ti benedirà con benedizioni del cielo di sopra, con benedizioni dell’abisso che giace di sotto, con benedizioni delle mammelle e del seno materno. Le benedizioni di tuo padre sorpassano le benedizioni dei miei progenitori, fino a raggiungere la cima delle colline eterne. Esse saranno sul capo di Giuseppe, sulla fronte del principe de’ suoi fratelli”. — Gen. 49:22-26, VR.
53. (a) Chi era questo “albero fruttifero vicino a una sorgente”? (b) In che modo Giuseppe divenne uno dei suoi rami che si stendevano al di sopra di un muro?
53 Giacobbe, padre di dodici figli e di una figlia, è egli stesso l’“albero fruttifero” di cui Giuseppe è un ramo. Ben annacquato da una sorgente, questo “albero” stese i suoi rami al di sopra del muro di cinta. Giuseppe divenne uno di questi rami più alti e cospicui, insieme a Giuda, che ottenne il regno della nazione d’Israele. Tuttavia, Giuseppe ottenne la primogenitura da Giacobbe a motivo della grave infedeltà morale di Ruben, il fratellastro maggiore di Giuseppe. Essendo l’erede di due parti dell’eredità di suo padre, ottenne speciale distinzione mediante i suoi due figli, Manasse ed Efraim, che il patriarca Giacobbe nominò perché fossero due tribù d’Israele, alla pari dei figli diretti di Giacobbe. Sulla riva orientale del fiume Giordano i loro territori erano situati uno accanto all’altro, benché il territorio di Manasse si estendesse anche a oriente oltre il fiume Giordano in Galaad. — Gios. 16:1 fino a 17:11.
54. Quanto alla sua importanza in Israele, come fu questo mostrato nella visione di Ezechiele relativa (a) alla terra e (b) alla città Geova-shammah e (c) alla riunificazione d’Israele, e (d) nella profezia di Zaccaria?
54 Nella visione di Ezechiele della divisione del paese, Giuseppe non è menzionato, ma è rappresentato dai suoi due figli, Manasse ed Efraim, che occupano la quarta e la quinta porzione di territorio. Tuttavia, nella città di Geova-shammah una porta ha il nome di Giuseppe ma non v’è alcuna porta col nome dei suoi figli. Nella visione di Ezechiele circa la riunificazione del popolo di Geova, Giuseppe è chiamato capo di una parte della nazione e Giuda capo dell’altra parte. (Ezech. 48:4-6, 32; 37:15-26) E nella profezia di Zaccaria che prevedeva i nostri giorni, Geova Dio dice: “E io fortificherò la casa di Giuda, e salverò la casa di Giuseppe, e li ricondurrò perché ho pietà di loro”. (Zacc. 10:6, VR) In tal modo nella nazione d’Israele Giuseppe ebbe sempre una condizione preminente, come un ramo più alto.
55. (a) In che modo gli “arcieri” colpirono Giuseppe? (b) In che modo la forza del braccio di Giuseppe fu rinsaldata per tendere il suo “arco”?
55 Quando era giovane, molti colpirono Giuseppe in modo figurativo, per distruggerlo a motivo del favore di Dio verso di lui. Questo specialmente da parte dei suoi fratellastri. Benché essi avessero covato del rancore contro di lui, Giuseppe non li ripagò della stessa moneta. Li contraccambiò con misericordia e amorevole benignità, e queste furono simili a frecce che soffocarono la loro animosità. Il suo braccio gagliardo era forte per tendere l’arco e lanciare questi dardi di misericordia, longanimità e perdono che conducevano alla salvezza delle vite umane. Quindi gli arcieri nemici non solo non riuscirono ad uccidere Giuseppe ma non indebolirono nemmeno Giuseppe nella sua devozione alla giustizia e alla benevolenza fraterna. Avendo lo spirito di Dio su di sé, Giuseppe si mantenne forte per praticare la giustizia, e vinse il male col bene. — Rom. 12:21.
56. (a) Come il “pastore” venne dalle mani del “Potente” di Giacobbe? (b) Come la “roccia d’Israele” ebbe pure la stessa origine?
56 Geova Dio fu il “Potente” di Giacobbe, padre di Giuseppe. Le sue mani potenti rafforzarono Giuseppe. Da queste mani proviene il pastore del popolo. Giuseppe divenne un pastore o sorvegliante per il popolo d’Israele. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, diviene il buon Pastore che depone la sua vita per tutte le pecore di Dio. (Giov. 10:11-16) Dall’onnipotente Geova provenne anche la “roccia d’Israele”. Questo è ciò che divenne Giuseppe, quando non si vendicò ma ebbe cura, sfamò e protesse le dodici tribù d’Israele in Egitto durante la carestia. Dal potente Dio di Giacobbe proviene pure la simbolica Pietra dell’Israele spirituale, cioè Gesù Cristo. Egli è la Pietra Angolare di Fondamento su cui poggia il tempio spirituale di Dio nel quale tutti gli uomini che desiderano la vita devono adorare Dio. (Efes. 2:20-22; 1 Piet. 2:4-6) Perciò il Pastore, la Roccia d’Israele, è un dono elargito dal Dio del padre di Giuseppe, Giacobbe. Questo Pastore è con l’Onnipotente Dio. È dalla parte dell’Onnipotente Dio e cammina con lui. Possiamo sicuramente metterci nelle mani di questo Pastore.
57. (a) Con che cosa doveva essere benedetto Giuseppe nel paese d’Israele? (b) In che modo queste benedizioni che dovevano scendere sul capo di Giuseppe sarebbero state superiori e continue?
57 Il patriarca Giacobbe disse a Giuseppe che nel paese d’Israele l’Onnipotente Dio avrebbe benedetto le tribù dei suoi figli, Efraim e Manasse, dando loro le necessarie provviste d’acqua, dal cielo e dal sottosuolo, per bere e per l’agricoltura. L’Onnipotente Dio li avrebbe anche benedetti con una numerosa popolazione, rendendo fecondi i seni delle loro mogli e facendo sì che le loro mammelle allattassero molti bambini. Le benedizioni simili a quelle che Giacobbe, il padre di Giuseppe, ricevette e le benedizioni che Giacobbe diede al suo diletto figlio Giuseppe sarebbero state un ornamento per le due tribù che uscirono da Giuseppe. Queste benedizioni sarebbero state un ornamento migliore delle foreste e delle sorgenti che abbondano nelle montagne eterne e nelle colline che durano per tempo indefinito. Sarebbero state benedizioni perenni, e sarebbero state sul capo di Giuseppe dei suoi discendenti finché fossero durate le montagne e le colline.
58, 59. (a) In che modo Giuseppe fu scelto di mezzo ai suoi fratelli, e per divenire degno di che cosa? (b) Come fu favorito nell’Israele spirituale?
58 A motivo della sua condotta Giuseppe meritò queste benedizioni. Non significò essere parziale nei suoi riguardi. Egli fu il “principe de’ suoi fratelli”, non perché il padre lo amava in modo particolare essendogli nato nella sua vecchiaia dalla moglie preferita, ma perché Dio lo scelse onde fosse una bella figura profetica. Giuseppe non si separò dai fratelli, ma furono questi ultimi a liberarsi di lui in un’occasione. Non essendo inavvicinabile, ma mostrando superiorità di spirito e la capacità di dirigere, sorvegliare, e organizzare, Giuseppe si distinse tra i suoi fratelli. Fu più che giusto che scendessero sul suo capo delle speciali benedizioni.
59 Senza dubbio fu per rispetto verso Giuseppe che una delle dodici tribù dell’Israele spirituale prese il suo nome anziché il nome di Efraim, il secondo figlio di Giuseppe. — Apoc. 7:8.
BENIAMINO
60. Quale relazione d’affetto v’era tra Beniamino e Giuseppe e riguardo al territorio in Israele?
60 Beniamino, il fratello di Giuseppe, fu il dodicesimo e ultimo figlio del patriarca Giacobbe. Rachele, la madre di Giuseppe, era anche la madre di Beniamino. Questo suscitò il profondo amore naturale di Giuseppe per il fratello minore Beniamino. Il padre Giacobbe gli diede questo nome, che significa “Figlio della mia destra”. (Gen. 35:16-18) Nella lista delle dodici tribù d’Israele, questi due fratelli, Giuseppe e Beniamino, sono generalmente messi uno accanto all’altro. (Vedere Deuteronomio 33:12, 13; Ezechiele 48:32; Apocalisse 7:8). Nella Terra Promessa il territorio di Beniamino confinava con quello di suo nipote Efraim, il figlio minore di Giuseppe; subito dopo il territorio di Efraim veniva quello di Manasse, figlio maggiore di Giuseppe.
61. (a) Da quale parte si mise Beniamino, quando vi fu la divisione del Regno d’Israele, e perché? (b) Dov’è situato Beniamino nella visione di Ezechiele relativa al paese e letteralmente nel paese d’Israele?
61 Tuttavia, quando vi fu la grande divisione del Regno d’Israele dopo la morte del re Salomone, la tribù di Beniamino rimase lealmente con la tribù di Giuda, anziché con quelle di Efraim e di Manasse che si ribellarono. Perché? Perché da Giuda doveva venire il “leone della tribù di Giuda”, il promesso Sciloh. (Gen. 49:9, 10) Quindi nella visione di Ezechiele relativa alla divisione del paese sotto il regno di Dio era più che in armonia con la leale condotta di Beniamino che la tribù di Beniamino fosse situata direttamente sul confine meridionale del Territorio Sacro con il suo tempio e la città di Geova-shammah, mentre la tribù di Giuda era situata dalla parte opposta, sul confine settentrionale del Territorio Sacro. (Ezech. 48:8, 22, 23) Similmente nella Terra Promessa di Palestina, la città capitale di Gerusalemme con il palazzo reale e il tempio era situata tra la tribù di Giuda e la tribù di Beniamino. — Giud. 1:21; 1 Sam. 17:54; 2 Sam. 5:4-9.
62. Che cosa dovevamo aspettarci nella profezia di Giacobbe circa Beniamino e perché?
62 Il nome “Figlio della mia destra” starebbe a indicare un figlio prediletto. E in effetti, fino a quando Giacobbe non pronunciò la sua profezia sul letto di morte, Beniamino fu un figlio molto amato. Fino a quel momento non v’era stato nulla nel racconto contro Beniamino. Perciò non c’era da aspettarsi che Giacobbe profetizzasse qualcosa contro Beniamino, per diminuire in noi la stima che ne abbiamo. Giacobbe disse:
“Beniamino è un lupo rapace; la mattina divora la preda, e la sera spartisce le spoglie”. — Gen. 49:27, VR.
63, 64. (a) In che senso Beniamino doveva essere come un lupo, e fra chi? (b) In che modo Beniamino fu simile a un lupo ai giorni dei giudici d’Israele?
63 Giacobbe aveva paragonato Giuda a un leone e Dan a un serpente o cerasta; ora paragonava il suo diletto figlio Beniamino a un lupo. Ciò voleva significare che Beniamino o la sua tribù sarebbe stata come un lupo, non in mezzo al popolo di Geova Dio, ma in mezzo ai nemici del popolo di Dio. Voleva dire che i Beniaminiti avrebbero lottato per difendere l’adorazione e il governo istituito da Geova Dio. Ma verso i nemici di Dio sarebbero stati feroci come lupi della sera, sbranando come fa un lupo. (Abac. 1:8) Tra le abilità di combattenti dei Beniaminiti vi era quella di saper lanciare sassi sia con la destra che con la sinistra senza mancare il bersaglio. (Giud. 20:14-16; 1 Cron. 12:1, 2) Il mancino giudice Ehud veniva dalla tribù di Beniamino e si servì della mano sinistra per uccidere il pingue oppressore d’Israele. — Giud. 3:15-21.
64 Dopo aver combattuto la battaglia per la liberazione presso le “acque di Meghiddo”, il giudice Barak e la profetessa Debora cantarono un cantico di vittoria, che comprendeva queste parole circa l’origine di coloro che li avevano aiutati nella battaglia: “Il popolo del Signore [Geova] è accorso incontro a me, fra i prodi. Da Efraim [nipote di Beniamino] vengono quei che han sede in Amalec; dietro di te, Beniamino è in mezzo alla tua gente”. — Giud. 5:13, 14, Na.
65. Come si poté dire che Beniamino era come un lupo al mattino e alla sera?
65 Come un lupo che va a caccia di cibo, Beniamino avrebbe avuto successo nella caccia. Come un lupo che al mattino mangia la preda, la tribù di Beniamino fornì il primo re d’Israele, agli albori del regno d’Israele. Questo re fu Saul figlio di Kis, che fu un fiero combattente contro i Filistei. (1 Sam. 9:15-17) Inoltre, come un lupo che la sera spartisce le spoglie della sua caccia, così nel crepuscolo della nazione d’Israele la tribù di Beniamino provvide la regina Ester e il primo ministro Mardocheo all’Impero Persiano ai giorni del re Assuero. Questi due Beniaminiti furono usati per portare la distruzione sugli ultimi nemici amaleciti che aveva cercato di far annientare tutti gli Israeliti che si trovavano nell’impero. — Ester 2:5-7.
66. Quale discendente di Beniamino divenne uno straordinario combattente per gli interessi del “leone della tribù di Giuda”, e dove ha un posto di merito la tribù di Beniamino?
66 Dopo che Gesù Cristo, “il leone della tribù di Giuda”, morì e fu risuscitato, molti Beniaminiti divennero suoi seguaci. Tra questi vi fu Saulo di Tarso, che divenne l’apostolo Paolo. (Rom. 11:1; Filip. 3:5) Un tempo aveva aspramente combattuto il cristianesimo, ma poi divenne uno dei suoi più abili combattenti. Rivestì la “completa armatura di Dio” e maneggiò con forza la “spada dello Spirito, che è la Parola di Dio”. (Efes. 6:11-17, VR) Come un lupo, il beniaminita Paolo ridusse a pezzi le false dottrine e le tradizioni umane dei nemici del cristianesimo. La tribù di Beniamino ha un posto di merito tra le tribù dell’Israele spirituale. (Apoc. 7:8) Beniamino è sotto molti aspetti un buon esempio per i cristiani.
“LE DODICI TRIBÙ D’ISRAELE”
67. (a) Che cosa possiamo dunque comprendere oggi riguardo a ciò che fu Giacobbe? (b) Infine, che cosa fece Giacobbe, dopo aver detto le suddette parole ai suoi figli?
67 Così la profezia di Giacobbe che era iniziata con un racconto storico abbastanza sordido terminò con un paragone che prediceva la gloriosa vittoria del popolo di Geova. A oltre tremila anni dalla morte di Giacobbe, possiamo capire che egli fu un vero profeta, un fedele testimone di Geova. Terminò i suoi giorni dicendo la verità, una verità profetica, che ha trovato il suo massimo adempimento nell’Israele spirituale, edificato su qualcuno più grande di Giacobbe, cioè su Gesù Cristo. Dopo aver profetizzato in merito ai suoi figli, Giacobbe pronunciò la sua ultima benedizione. Infatti leggiamo: “Tutti costoro sono gli antenati delle dodici tribù d’Israele; e questo è quello che il loro padre disse loro, quando li benedisse. Li benedisse, dando a ciascuno la sua benedizione particolare”. Quindi comandò di seppellirlo insieme ad Abramo e ad Isacco nella Terra Promessa. “Quando Giacobbe ebbe finito di dare questi ordini ai suoi figliuoli, ritirò i piedi entro il letto, e spirò, e fu riunito al suo popolo”. (Gen. 49:28-33, VR) Egli dorme ancora, in attesa della risurrezione nel nuovo mondo di Dio.
68. (a) Che cosa divennero le “dodici tribù d’Israele” in senso tipico? (b) Come sono raffigurate quali governanti insieme al “leone della tribù di Giuda”?
68 Le dodici tribù d’Israele che Giacobbe lasciò alla sua morte divennero una figura profetica delle dodici tribù spirituali d’Israele, costituite da 144.000 membri sotto la guida del loro celeste capo Gesù Cristo, “leone della tribù di Giuda”. Molto tempo fa, presso il monte dei Dieci Comandamenti Dio offrì all’Israele terreno l’opportunità di divenirgli un “regno di sacerdoti e una nazione santa”. (Eso. 19:1-6, VR) Ma ora le dodici tribù dell’Israele spirituale si sono mostrate degne di divenire tale regno di sacerdoti sotto il loro principale Sacerdote, Gesù Cristo, l’Agnello di Dio. L’apostolo Giovanni, che fu una delle dodici pietre apostoliche di fondamento dell’Israele spirituale, vide le dodici tribù spirituali, dei 144.000 membri, che stavano in piedi nella sede celeste del governo, Sion, con l’Agnello. Sono perciò raffigurati come governanti insieme al “leone della tribù di Giuda”. I 144.000 membri lo seguono, “dovunque vada”. — Apoc. 14:1-4, VR.
69. Che cosa fa sulla terra il rimanente di quelli che sono governanti insieme al Leone, in armonia con la profezia di Giacobbe?
69 Oggi solo un rimanente dei 144.000 membri è ancora in vita sulla terra e segue le sue orme. Essi sanno che il regno millenario del “leone della tribù di Giuda” è molto vicino. Predicano perciò “questa buona notizia del regno” in tutta la terra abitata, come predisse Gesù in Matteo 24:14. Lo additano come il predetto Sciloh al quale è dovuta l’ubbidienza dei popoli, poiché il diritto del Regno gli appartiene ed egli lo ha ricevuto da Geova Dio. Sia che le nazioni lo vogliano o no, egli regnerà su tutti i popoli che vivono sulla terra.
70. In che modo devono essere sagge le persone della terra ora, e perché?
70 Siate dunque saggi, voi tutti. Accettate la “buona notizia del regno” e mostrate assoluta ubbidienza a Colui al quale appartiene giustamente, al “leone della tribù di Giuda”. Se farete questo, significherà per voi vita eterna, pace e gioia su questa terra, quando sarà trasformata in un paradiso dal regno millenario del “leone della tribù di Giuda” e da quelli che governeranno insieme a lui.