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L’angustia di Giacobbe e il nuovo patto di DioLa Torre di Guardia 1980 | 1° giugno
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L’angustia di Giacobbe e il nuovo patto di Dio
“Concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto”. — Ger. 31:31.
1, 2. (a) Che nesso c’è fra Giacobbe e Rachele e la nazione d’Israele? (b) Come furono predette difficoltà senza precedenti per Giacobbe?
GIACOBBE e Rachele si amavano. Giacobbe, chiamato in seguito Israele, divenne il padre delle dodici tribù d’Israele. Rachele, la moglie preferita, divenne la madre della tribù di Beniamino. La tribù di Giuda discese da Lea, la moglie meno amata di Giacobbe. Il nome Giacobbe divenne simbolo dell’intera nazione, e Rachele simboleggiò un’onorata madre rappresentativa di quella nazione. Era predetta per Giacobbe un’angustia senza precedenti e Rachele doveva subirne i dolorosi effetti. Alla prospettiva che tale angustia avesse luogo ai suoi giorni, il profeta Geremia, che viveva ad Anatot, nel territorio di Beniamino, fu ispirato a dire:
2 “Ahi! Poiché quel giorno è grande, così che non ce n’è altro simile [nella storia precedente], ed è il tempo dell’angustia per Giacobbe. Ma egli ne sarà pure salvato”. — Ger. 30:7.
3. (a) Per quale situazione fu predetto che Rachele avrebbe pianto sconsolata? (b) Quando sopraggiunse per Giacobbe il ‘tempo d’angustia’?
3 Ciò che questo ‘tempo d’angustia’ per Giacobbe avrebbe significato per la simbolica Rachele fu predetto in Geremia 31:15 con queste parole: “In Rama [una città del territorio di Beniamino] si ode una voce, lamento e amaro pianto; Rachele piange sui suoi figli. Ella ha rifiutato d’esser confortata dei suoi figli, perché non sono più”. Questo non significava che erano stati uccisi, ma che erano stati presi prigionieri e portati in esilio lungi dalla madrepatria, in un paese nemico. Sì, dopo 18 mesi di angustioso assedio per opera dei conquistatori babilonesi, Gerusalemme, situata al confine settentrionale fra i territori di Giuda e di Beniamino, era stata devastata, il suo tempio distrutto, il re, i principi e i sacerdoti fatti prigionieri, e la stragrande maggioranza dei sopravvissuti portati in esilio a Babilonia. Verso la metà del settimo mese lunare (tishri) del 607 a.E.V., l’intero paese del regno di Giuda fu abbandonato dai pochi giudei rimasti e rimase desolato senza abitante né animale domestico. Per decreto divino il paese doveva rimanere in questa condizione desolata e deserta per settant’anni.
4. Quando doveva essere “salvato” Giacobbe dalla predetta angustia?
4 Che ‘tempo d’angustia’ per Giacobbe! Non gli fu risparmiato, non sfuggì, e sarebbero dovuti passare settant’anni di completa desolazione del paese prima che Dio adempisse le confortanti parole: “Ma egli ne sarà pure salvato”. (Ger. 30:7) Come avrebbe avuto luogo questa salvezza?
5. Cosa disse Geova per confortare Rachele, e come adempì la promessa?
5 Geova ampliò l’argomento quando, dopo aver predetto che Rachele sarebbe stata orbata dei suoi figli, aggiunse: “Geova ha detto questo: ‘“Trattieni la tua voce dal pianto, e i tuoi occhi dalle lagrime, poiché esiste una ricompensa per la tua attività”, è l’espressione di Geova, “e per certo [i tuoi figli] torneranno dal paese del nemico”’”. (Ger. 31:16) Il “paese del nemico” era Babilonia. (Mic. 7:8-10) Perciò il giogo babilonese sui “figli” di Rachele sarebbe stato spezzato. Per rassicurare l’affranta Rachele Dio disse anche: “‘Esiste una speranza per il tuo futuro’, è l’espressione di Geova, ‘e i figli torneranno per certo al loro proprio territorio’”. (Ger. 31:17) Fra lo stupore delle incredule nazioni ostili, questo ritorno nel loro territorio, che includeva Rama, ebbe luogo a partire dal 537 a.E.V. (Nee. 7:30; 11:31-33) Dopo il terribile “abbattimento” nazionale del 607 a.E.V., che meravigliosa “guarigione” operò Geova!
6. Per sanarne i “colpi”, in che modo Geova avrebbe portato Sion (Gerusalemme) a una condizione diversa da quella di una donna scacciata che nessuno cerca?
6 Riguardo a ciò egli disse: “‘Poiché ti farò rimettere, e dai tuoi colpi ti sanerò’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché ti hanno chiamato donna scacciata: “Questa è Sion, che nessuno ricerca”’. Geova ha detto questo: ‘Ecco, io raccolgo i prigionieri delle tende di Giacobbe, e avrò pietà dei suoi tabernacoli. E la città [Sion, o Gerusalemme] sarà effettivamente riedificata sul suo cumulo di rovine; e sul suo giusto posto sarà situata la sua stessa torre di dimora. E da essi usciranno per certo rendimenti di grazie, e il suono di quelli che ridono’”. — Ger. 30:17-19.
7. In quell’espressione di Geova, cosa mostra se al tempo dei “colpi” Geova avrebbe posto fine al patto della Legge, ma in che modo il popolo ebraico aveva agito verso quel patto?
7 Geova è un ‘Dio felice’, e vuole che anche quelli che hanno stretto un patto con lui siano felici. Egli stesso ride! La sua promessa che l’esiliato popolo ebraico avrebbe riso di nuovo dimostrò che egli non aveva violato il patto della Legge stipulato con la nazione d’Israele tramite la mediazione del profeta Mosè. Ma gli israeliti avevano davvero violato i termini di quel patto! “Per di più”, disse loro Geova, “edificarono gli alti luoghi di Baal che sono nella valle del figlio di Innom [a sud del tempio di Gerusalemme], per far passare i loro figli e le loro figlie attraverso il fuoco [come sacrifici umani] a Molec, cosa che io non comandai loro, né mi salì in cuore di fare questa cosa detestabile, allo scopo di far peccare [il regno di] Giuda”. — Ger. 32:35.
8. Dopo quale meritata esperienza gli israeliti sarebbero diventati un popolo per Geova?
8 Per tali ragioni gli israeliti meritavano i guai abbattutisi come una furiosa tempesta sul regno di Giuda e sulla sua capitale, Gerusalemme. Ma, dopo aver predetto questo, Geova disse misericordiosamente: “‘In quel tempo [della restaurazione d’Israele]’, è l’espressione di Geova, ‘io diverrò Dio a tutte le famiglie d’Israele; e in quanto a loro, diverranno il mio popolo’”. — Ger. 30:23–31:1.
9, 10. Affinché gli israeliti ritornati mantenessero indefinitamente una felice relazione con Geova, cosa avrebbe messo egli nei loro cuori e con quali effetti?
9 Nonostante il loro spiacevole passato, Dio li avrebbe trattati in base a ciò che ora avrebbero mostrato di essere. Avrebbe operato per il loro bene e avrebbe dato loro l’opportunità di continuare ad avere una felice relazione con lui a tempo indefinito. A questo riguardo egli disse:
10 “Ecco, io li raduno da tutti i paesi ai quali li avrò dispersi nella mia ira e nel mio furore e nella mia grande indignazione; e per certo li ricondurrò in questo luogo e li farò dimorare in sicurtà. E per certo diverranno mio popolo e io stesso diverrò loro Dio. E dovrò dare loro un cuore e una via onde mi temano sempre, per il bene loro e dei loro figli dopo di loro. E per certo concluderò con loro un patto di durata indefinita, che io non mi volgerò da dietro a loro, per far loro il bene; e metterò nel loro cuore il mio timore onde non si dipartano da me. E per certo esulterò su di loro per far loro il bene, e li pianterò in questo paese in verità con tutto il mio cuore e con tutta la mia anima”. — Ger. 32:37-43; anche 31:27-30.
UN PATTO MIGLIORE
11, 12. (a) Quanto tempo durò Gerusalemme dopo quel favorevole nuovo inizio, e perché la colpa non poteva essere attribuita a Geova? (b) La distruzione di Gerusalemme annullò il patto della Legge? Cosa indicò Geova ristabilendo in patria il suo popolo esiliato?
11 Con tale eccellente nuovo inizio, come mai la Gerusalemme ricostruita durò solo altri 606 anni, cioè fino all’estate del 70 E.V.? Ovviamente, visto che Geova aveva fatto il patto di sostenere il suo popolo, la colpa non può essere attribuita a lui. Il bisogno di un nuovo patto non poteva attribuirsi a qualche mancanza da parte sua. Eppure, per mezzo di Geremia, egli annunciò che avrebbe fatto un patto nuovo e migliore. Per di più, l’Israele naturale poteva essere il primo a valersene!
12 Nel 1513 a.E.V. Geova aveva stipulato con Israele il patto della Legge per mezzo del mediatore Mosè. Questo avvenne 906 anni prima che Geova impiegasse Nabucodonosor, re di Babilonia, per distruggere Gerusalemme e il suo tempio. Ma quella distruzione non annullò il patto della Legge. Perciò Geova non aveva bisogno di un altro patto, di un patto diverso, per guarire la ferita dei giudei liberandoli dal paese del nemico, da Babilonia, e ristabilendoli nella terra che egli aveva dato loro. Comunque, così facendo, egli ribadì il fatto che era il loro Dio e li rassicurò che erano ancora il suo popolo e che Sion, o Gerusalemme, non era più come una “donna scacciata” che nessuno cercava.
13, 14. (a) In che senso gli israeliti sopravvissuti alla spada dei conquistatori vennero a trovarsi in una condizione simile al “deserto”, e dove cercavano riposo? (b) Con quale amore Geova amava Israele, e quindi quale sua qualità li avrebbe attratti a sé?
13 Geova si propose di dare al popolo del suo patto una meravigliosa dimostrazione della sua amorevole benignità. Ecco perché non lasciò che la spada dei conquistatori li uccidesse tutti. Dovevano esserci dei superstiti. Questi sarebbero vissuti in esilio in un paese nemico come sotto le tende in un deserto, nel quale non potevano trovare vero riposo, perché non era la loro madrepatria, la terra data loro da Dio. Rivolgendosi a lui pentiti, in questa condizione paragonata a un “deserto”, avrebbero trovato favore ai suoi occhi, perché non aveva infranto il suo patto con loro. Egli ne predisse i felici risultati:
14 “‘Il popolo formato dei superstiti dalla spada trovò favore nel deserto, quando Israele camminava per ottenere il suo riposo [nella madrepatria palestinese]’. Da lontano Geova stesso mi apparve, dicendo: ‘E ti ho amato con un amore a tempo indefinito. Perciò ti ho attratto con amorevole benignità. Eppure ti riedificherò, e tu sarai effettivamente riedificata, o vergine d’Israele. Ti adornerai ancora coi tuoi tamburelli ed effettivamente uscirai nella danza di quelli che ridono. Pianterai ancora vigne sui monti di Samaria [un tempo occupati dal regno settentrionale d’Israele]. I piantatori per certo pianteranno e cominceranno a farne uso. Poiché esiste un giorno in cui le vedette effettivamente chiameranno nella regione montagnosa di Efraim [la principale tribù del regno settentrionale d’Israele]: “Levatevi, e saliamo a Sion [Gerusalemme], a Geova nostro Dio”’”. — Ger. 31:2-9.
15, 16. (a) Secondo la profezia appena citata, in che luogo tutt’e dodici le tribù d’Israele avrebbero ripreso ad adorare Geova? (b) In seguito cosa avrebbe potuto egli fare con la casa d’Israele, e con quali effetti sul suo popolo?
15 Sì, tutte le tribù d’Israele, del sud e del nord, sarebbero state riunite e avrebbero ripreso ad adorare unitamente Geova a Sion! Questo significava che, per l’amore a tempo indefinito mostrato da Dio, Giacobbe (tutt’e dodici le tribù d’Israele) sarebbe stato salvato dal ‘tempo d’angustia’ che culminò con la desolazione di Gerusalemme e di Giuda nel 607 a.E.V. (Ger. 30:7) Comunque, prima ancora che avesse luogo quell’“angustia”, l’amorevole benignità di Geova spinse Geremia a predire qualcosa di ancor più meraviglioso del semplice radunamento del suo popolo esiliato:
16 “‘Ecco, vengono i giorni’, è l’espressione di Geova, ‘e io per certo concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto; non come il patto che conclusi coi loro antenati nel giorno che li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, “il quale mio patto essi stessi infransero, benché io stesso avessi su di loro il diritto di proprietà maritale”’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché questo è il patto che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni’, è l’espressione di Geova. ‘Per certo metterò la mia legge dentro di loro, e la scriverò nel loro cuore. E per certo io diverrò il loro Dio, ed essi stessi diverranno il mio popolo’. ‘E non insegneranno più ciascuno al suo compagno e ciascuno al suo fratello, dicendo: “Conoscete Geova!” Poiché mi conosceranno tutti, dal più piccolo fino al più grande d’essi’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché perdonerò il loro errore, e non ricorderò più il loro peccato’”. — Ger. 31:31-34.
NECESSARIO UN NUOVO MEDIATORE
17. Perché dovremmo ancora interessarci del nuovo patto, e quanto tempo fa il patto della Legge era già vecchio e presso a sparire?
17 Dovremmo interessarci di quel nuovo patto? Certamente, perché è ancora in vigore. Ma chi vi è stato incluso fino a oggi? I milioni di ebrei in tutta la terra non pretendono di farne parte. Sono convinti di essere ancora sotto il patto stipulato con i loro antenati al Monte Sinai più di 3.490 anni fa! Tramite Geremia, Geova promise un nuovo patto oltre 2.580 anni fa. Se hanno ragione gli ebrei, perché Dio impiega tanto tempo per mettere in vigore il promesso nuovo patto? Infatti oltre 1900 anni fa il patto ebraico della Legge era già vecchio ed era evidentemente tempo che lasciasse il posto al nuovo patto. Che avvenne?
18. (a) La promessa divina di un “nuovo patto” che cosa indicava riguardo al patto della Legge? (b) Com’era stato trasmesso alla nazione d’Israele quel patto della Legge?
18 Al riguardo uno studioso ebreo, che un tempo sedeva ai piedi del famoso insegnante fariseo Gamaliele a Gerusalemme, scrisse: “Dicendo ‘un nuovo patto’ egli ha reso il precedente antiquato. Ora ciò che è reso antiquato e invecchia è presso a sparire”. (Ebr. 8:13; II Cor. 3:14) Quando questo scrittore ebreo scrisse tali parole agli ebrei di Gerusalemme convertiti al cristianesimo, era all’incirca l’anno 61 E.V. In una precedente lettera alle congregazioni cristiane della provincia romana della Galazia, egli aveva scritto: “Perché, dunque, la Legge? Essa fu aggiunta [al patto abraamico riguardo al Seme] per rendere manifeste le trasgressioni [compiute dagli uomini], finché arrivasse il seme [di Abraamo] al quale era stata fatta la promessa; e fu trasmessa mediante angeli per mano di un mediatore”. — Gal. 3:19.
19. Visto che il patto della Legge ebbe bisogno di un mediatore, Mosè, cosa si può dedurre riguardo al nuovo patto, che è pure concluso fra Dio e gli uomini?
19 Quel mediatore, non menzionato per nome, fu Mosè. Se la stipulazione del vecchio patto della Legge richiese un mediatore fra Dio e gli uomini imperfetti e peccatori, certamente anche la stipulazione del nuovo patto fra Dio e gli uomini avrebbe richiesto un mediatore, anche se questi non è menzionato in Geremia 31:31-34. Al tempo di Geremia Mosè era morto da tempo. Essendone egli stato il mediatore, la Legge del vecchio patto fu chiamata “la legge di Mosè”. — Atti 15:5.
20, 21. (a) Preannunciando il nuovo patto, come ne indicò Dio la superiorità rispetto al patto precedente? (b) Cosa avrebbe fatto Dio degli israeliti se avessero fedelmente osservato il patto?
20 Il nuovo patto, essendo un patto superiore, necessitava di un mediatore superiore a Mosè. Notiamo ora in che modo il celeste Provveditore del nuovo patto ne indicò la superiorità rispetto al precedente. Egli ne parla come di un patto diverso dal “patto che conclusi coi loro antenati nel giorno che li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, ‘il quale mio patto essi stessi infransero, benché io stesso avessi su di loro il diritto di proprietà maritale’”. (Ger. 31:32) Era sua intenzione fare degli israeliti qualcosa di grande per mezzo del patto stipulato con loro dopo la liberazione dall’Egitto. Per cui aveva detto loro:
21 “Se ubbidirete strettamente alla mia voce e osserverete in realtà il mio patto, [cosa accadrà?] per certo diverrete di fra tutti gli altri popoli la mia speciale proprietà, perché l’intera terra appartiene a me. E voi stessi mi diverrete un regno di sacerdoti e una nazione santa”. — Eso. 19:5, 6.
22. (a) Che specie di governo sarebbe stato quel “regno di sacerdoti”, e adatto a chi? (b) Di chi quella “nazione santa” sarebbe stata una “speciale proprietà”, e che relazione avrebbe avuto con lui?
22 Le parole “un regno di sacerdoti” indicano senz’altro un governo ideale, adatto ai bisogni di tutto il genere umano. I suoi sacerdoti rappresentano e servono l’Iddio Salvatore dell’umanità. In se stesso, il “regno di sacerdoti” è una “nazione”, un gruppo nazionale abbastanza puro da essere chiamato ‘santo’, idoneo per essere usato da Dio. Egli lo scelse di fra tutte le altre nazioni della terra. Doveva essere la “speciale proprietà” di Dio, proprio come una moglie è la speciale proprietà di suo marito. Difatti Dio paragonò l’antica nazione degli israeliti redenti a una moglie, dicendo di avere “su di loro il diritto di proprietà maritale”. Ma invece di essergli sottomessi come una moglie osservando il suo sacro patto, essi trascurarono gli speciali obblighi che questa privilegiata relazione comportava. (Ger. 3:1-3, 20) Meritavano che Dio divorziasse da loro!
23. Funzionò il patto della legge mosaica in quanto a produrre un governo ideale per l’umanità? Cosa fece Dio al riguardo?
23 Dalla successiva storia di quell’antico popolo del patto di Geova Dio, sappiamo che per loro le cose non migliorarono in modo durevole. Perciò non si può contestare il fatto che il patto della Legge che ebbe per mediatore Mosè non funzionò. Come possiamo essere dunque lieti che Dio non abbia rinunciato a prendere disposizioni per realizzare quel desiderato “regno di sacerdoti”! In vista di quel governo ideale, egli sostituì il vecchio patto con un patto migliore.
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Benefìci dal “solo mediatore fra Dio e gli uomini”La Torre di Guardia 1980 | 1° giugno
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Benefìci dal “solo mediatore fra Dio e gli uomini”
1. (a) Perché oggi agli ebrei non interessa un nuovo patto? (b) Solo chi poteva proporre il nuovo patto e il suo mediatore?
OGGI nessuno dei 152 Paesi membri delle Nazioni Unite si interessa di stringere un patto con Geova, l’Iddio di Abraamo, Isacco e Giacobbe. No, nemmeno i 15 milioni di ebrei attualmente sparsi in tutta la terra. Nonostante la profezia di Geremia 31:31-34, essi preferiscono credere d’essere ancora sotto il vecchio patto della Legge che ebbe per mediatore Mosè. “Siccome non conoscevano la giustizia di Dio ma cercavano di stabilire la propria [sforzandosi di osservare il patto della Legge], non si sono sottoposti alla giustizia di Dio” resa loro disponibile dal nuovo patto. (Rom. 10:1-3) Geova, l’Iddio di vera giustizia, propose il nuovo patto. Solo lui poteva stabilirlo e scegliere il mediatore adatto.
2. Con chi Geova disse che avrebbe stipulato il nuovo patto, e cosa avrebbe fatto per mezzo d’esso riguardo al loro errore, al loro peccato e alla loro conoscenza di lui?
2 “‘Ecco, vengono i giorni’, è l’espressione di Geova, e io per certo concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto; . . . ‘Poiché questo è il patto che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni’, è l’espressione di Geova. ‘Per certo metterò la mia legge dentro di loro, e la scriverò nel loro cuore. E per certo io diverrò il loro Dio, ed essi stessi diverranno il mio popolo. E non insegneranno più ciascuno al suo compagno e ciascuno al suo fratello, dicendo: “Conoscete Geova!” poiché mi conosceranno tutti, dal più piccolo fino al più grande d’essi’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché perdonerò il loro errore, e non ricorderò più il loro peccato’”. — Ger. 31:31-34.
3. Dall’arrivo di chi dipendeva la stipulazione del nuovo patto, e vi era forse implicato Mosè?
3 Quando concluse Geova quel nuovo patto “con la casa d’Israele e con la casa di Giuda”? Il momento dipendeva dal mediatore che Geova aveva scelto per questo patto. Mosè non doveva essere risuscitato dai morti per fare da mediatore al nuovo patto. Egli non poteva aiutare quelli inclusi nel nuovo patto come non poteva aiutare Israele.
4. Secondo un discepolo ebreo dell’insegnante fariseo Gamaliele, chi è il mediatore scelto da Dio per il nuovo patto?
4 Non siamo lasciati nel dubbio circa l’identità del necessario mediatore. Rivolgiamoci alla lettera ispirata scritta agli Ebrei da un ebreo, da quello studioso che un tempo sedeva ai piedi di Gamaliele, famoso insegnante fariseo del I secolo E.V. Spiegando la differenza fra Mosè e il nuovo mediatore, egli disse: “Come Mosè, quando stava per completare la tenda, ricevette il comando divino: Poiché egli dice: ‘Guarda di fare ogni cosa secondo il modello che ti fu mostrato sul monte [Sinai]’. Ma ora Gesù ha ottenuto un più eccellente servizio pubblico, così che egli è anche il mediatore di un patto corrispondentemente migliore, che è stato legalmente stabilito su promesse migliori”. (Ebr. 8:5, 6) “E a Gesù mediatore di un nuovo patto, e al sangue di aspersione, che parla in modo migliore del sangue di Abele”. — Ebr. 12:24.
5. In che modo Gesù, prima di morire, mostrò di sapere che era giunto il tempo di sostituire il vecchio patto della Legge col nuovo patto?
5 Gesù sapeva che era giunto per Geova il tempo di sostituire il vecchio patto della legge mosaica col nuovo patto. Quindi la notte di pasqua prima di essere ucciso il venerdì 14 nisan del 33 E.V. egli istituì una commemorazione della sua morte in sacrificio. Preso il calice di vino della Commemorazione, disse agli undici apostoli fedeli: “Bevetene, voi tutti; poiché questo significa il mio ‘sangue del patto’, che dev’essere sparso a favore di molti per il perdono dei peccati’”. (Matt. 26:27, 28) Oppure, come si esprime l’apostolo Paolo citando le parole di Gesù, “questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue. Continuate a far questo, ogni volta che ne berrete, in ricordo di me”. (I Cor. 11:25) Per parte di tre giorni egli rimase morto in una tomba commemorativa e non poté cominciare la sua attività come mediatore di quel nuovo patto.
6. Cos’era necessario per adempiere le parole di Dio circa il perdono degli errori e la remissione dei peccati in base al nuovo patto?
6 Anche se in Geremia 31:31-34 non è menzionato, era comunque necessario un sacrificio per convalidare il nuovo patto. Era necessario un sacrificio perché, nell’annunciare il nuovo patto, Dio aveva detto: “Perdonerò il loro errore, e non ricorderò più il loro peccato”. (Ger. 31:34) Quando fu stipulato l’antico patto della legge mosaica, si ricorse al sangue di vittime animali, per scopi di purificazione. A tal fine il mediatore Mosè “asperse similmente col sangue la tenda e tutti i vasi del servizio pubblico. Sì, quasi tutte le cose sono purificate col sangue secondo la Legge, e se il sangue non è versato non ha luogo nessun perdono”. (Ebr. 9:21, 22) Gesù, quando fu destato dai morti la domenica 16 nisan del 33 E.V., aveva ancora in mano il valore del proprio sangue. Questo è ciò che indica Ebrei 13:20 quando dice: “L’Iddio della pace . . . trasse dai morti il grande pastore delle pecore col sangue di un patto eterno, il nostro Signore Gesù”. — Traduzione del Nuovo Mondo, ediz. inglese 1971 (NW); Giov. 10:11.
7. Avendo Cristo offerto un sacrificio migliore per convalidare il nuovo patto, cosa fa il suo sangue a favore dei “chiamati” da Dio e della loro coscienza?
7 Poiché il nuovo patto fu reso operativo per mezzo di un sacrificio migliore, agli ebrei divenuti cristiani fu chiesto: “Quanto più il sangue del Cristo, che per mezzo di uno spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte affinché rendiamo sacro servizio all’Iddio vivente?” Avendo il sangue di Cristo tale potere di purificarci dal peccato che ci condanna, leggiamo poi: “Ed è per questo che egli è mediatore di un nuovo patto, affinché, essendo avvenuta la morte per la loro liberazione mediante riscatto dalle trasgressioni sotto il precedente patto, i chiamati [da Dio] ricevano la promessa dell’eredità eterna”. (Ebr. 9:14, 15) Ma quando cominciò il sangue di Cristo a purificare la coscienza di quegli ebrei divenuti cristiani che erano stati sotto “il precedente patto”, il patto della Legge il cui mediatore era stato Mosè, sul Monte Sinai?
8. Quando cominciò il sangue di Cristo a purificare la coscienza degli ebrei divenuti cristiani, che un tempo erano stati sotto il precedente patto della Legge?
8 Non alla risurrezione di Cristo dai morti, ma il cinquantesimo giorno da allora, cioè il giorno della Pentecoste, dopo che egli era asceso al cielo ed era entrato alla presenza di Dio “nel cielo stesso, per apparire ora dinanzi alla persona di Dio per noi”. — Ebr. 9:24.
9. Il fatto che il giorno di Pentecoste Pietro disse ai giudei pentiti che se si fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo avrebbero ricevuto il perdono dei peccati, cosa dimostrò in quanto ai due patti?
9 In quel giorno di Pentecoste l’apostolo Pietro pronunciò ai giudei e ai circoncisi proseliti giudei un discorso che fece provare loro rimorsi di coscienza. “Che cosa faremo?” chiesero. Pietro rispose: “Pentitevi, e ciascuno di voi si battezzi nel nome di Gesù Cristo per il perdono dei peccati, e riceverete il gratuito dono dello spirito santo”. (Atti 2:37, 38) Questa promessa di perdono dei peccati di cui si erano pentiti dimostra qualcosa. Che cosa? Che il nuovo patto di Dio, col suo provvedimento per il perdono dei peccati, era entrato in vigore quello stesso giorno, e che il vecchio patto della legge mosaica era stato inchiodato al palo di tortura di Gesù Cristo! — Efes. 2:15, 16; Col. 2:14; Ebr. 8:8-13; Ger. 31:34.
10. In che modo alcuni giorni dopo Pietro ribadì questo fatto circa i due patti parlando nel tempio di Gerusalemme ai giudei colpevoli di spargimento di sangue?
10 Questo stesso fatto fu ribadito alcuni giorni dopo. Pietro disse a una folla di giudei colpevoli di spargimento di sangue riuniti nel tempio: “Pentitevi, perciò, e convertitevi affinché i vostri peccati siano cancellati, onde vengano dalla persona di Geova stagioni di ristoro e onde egli mandi il Cristo che vi ha costituito, Gesù, che il cielo deve in realtà ritenere fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose di cui Dio parlò per bocca dei suoi santi profeti dell’antichità”. Infine Pietro terminò il suo discorso dicendo: “A voi per primi Dio, dopo aver suscitato il suo Servitore, l’ha mandato per benedirvi, allontanando ciascuno dalle sue opere malvage”. — Atti 3:19-21, 26.
“MEDIATORE” PER QUANTI?
11. In base ai fatti, fu con le letterali case d’Israele e di Giuda che Dio stipulò il nuovo patto?
11 Comunque, stipulava Dio il nuovo patto con la ‘casa dell’Israele’ naturale, carnale, e con la “casa di Giuda” naturale, carnale? Come poteva essere così, visto che gli ebrei naturali di quelle due case avevano violentemente rigettato il futuro mediatore di quel nuovo patto ed erano impegnati come nazione a celebrare la festa della Pentecoste nel tempio di Gerusalemme? Dio non poteva fare questo. Aveva in mente di stipulare il nuovo patto con l’Israele cristiano appena formato, l’Israele spirituale, la cui nascita aveva avuto luogo quello stesso giorno di Pentecoste quando “lo spirito santo cadde” sui battezzati discepoli di Gesù Cristo, presenti in numero di circa 120. (Atti 11:15) Questi erano in attesa non nel tempio, ma nella stanza superiore di una casa a Gerusalemme. Lì quei discepoli, già immersi in acqua, furono generati dallo spirito di Dio per divenire suoi figli spirituali, l’“Israele di Dio”. Come tali furono introdotti nel nuovo patto mediante il celeste Mediatore Gesù Cristo, il Profeta più grande di Mosè. — Atti 2:1-36; Gioe. 2:28, 29; Giov. 3:3, 5; Gal. 6:16.
12. In armonia con l’ordine stabilito da Dio, in che modo l’opera mediatrice di Gesù Cristo fu estesa nell’anno successivo a quella Pentecoste?
12 Perciò Gesù Cristo in cielo è il Mediatore fra Dio e gli israeliti spirituali, mentre questi sono ancora uomini e donne in carne ed ossa. Anche entro i limiti, come numero di membri, di questa piccola “nazione santa” l’attività di Cristo come mediatore si è estesa, poiché Dio ha seguito un certo ordine nell’includere certe classi di persone nel nuovo patto. Infatti, per circa un anno dalla Pentecoste del 33 E.V., Gesù fu il mediatore solo per quegli israeliti spirituali che erano stati ebrei naturali o circoncisi proseliti ebrei. Circa 3.000 di loro si aggiunsero all’Israele spirituale in quel giorno di Pentecoste del 33 E.V. (Atti 2:10, 37-41) Poi, probabilmente l’anno seguente (34 E.V.), come conseguenza indiretta della persecuzione compiuta da Saulo di Tarso, la “buona notizia” riguardo al Cristo fu predicata in Samaria, e lo spirito santo ‘cadde’ sui credenti battezzati in quel luogo. (Atti 8:15-17) Da allora in poi l’attività di Gesù come mediatore recò beneficio anche a quegli israeliti spirituali che erano stati uomini e donne di Samaria, samaritani.
13. Due anni dopo l’ammissione dei samaritani, in che modo Gesù divenne mediatore rispetto a una terza classe di israeliti spirituali, e come fu riconosciuto questo fatto dagli ebrei divenuti cristiani a Gerusalemme?
13 Passarono due anni. Infine, nell’autunno del 36 E.V., cioè tre anni e mezzo dopo la sua morte e risurrezione, Gesù divenne mediatore di una terza classe di israeliti spirituali, quelli provenienti di fra gli incirconcisi gentili, a cominciare dal centurione italiano Cornelio. Quando l’apostolo Pietro ebbe riferito questa sorprendente svolta agli ebrei divenuti cristiani a Gerusalemme, essi dissero: “Dunque, Dio ha concesso anche alle persone delle nazioni il pentimento a vita”. — Atti 8:1–11:18.
14. Cosa disse Paolo agli anziani di Efeso circa la sua predicazione del pentimento verso Dio, e negli interessi di quale patto egli serviva ora come ministro?
14 Più di vent’anni dopo, Paolo operava ancora come apostolo delle nazioni e stava per terminare il suo terzo viaggio missionario. Sulla via del ritorno a Gerusalemme si fermò a Mileto per parlare agli anziani della congregazione di Efeso, nell’Asia Minore. Spiegò loro in che modo aveva operato, dicendo: “Ho completamente reso testimonianza a Giudei e Greci intorno al pentimento verso Dio e alla fede nel nostro Signore Gesù. Ed ora, ecco, legato nello spirito, sono in viaggio verso Gerusalemme”. (Atti 20:21, 22) Non prestava più servizio come fariseo negli interessi del vecchio patto della legge mosaica. Al contrario, come scrive in II Corinti 3:5, 6, “il nostro essere adeguatamente qualificati emana da Dio, che in realtà ci ha resi adeguatamente qualificati per esser ministri d’un nuovo patto, non di un codice scritto, ma di spirito; poiché il codice scritto condanna a morte, ma lo spirito rende viventi”.
15. A chi si riferiva Paolo parlando di “ministri d’un nuovo patto”, e questi formavano forse un Consiglio di mediazione fra Dio e gli uomini?
15 Chi aveva in mente l’apostolo parlando qui in prima persona plurale? Egli ci aiuta a capirlo quando dice nell’introduzione della sua lettera: “Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e Timoteo nostro fratello, alla congregazione di Dio che è in Corinto”. (II Cor. 1:1) Perciò sia Paolo che Timoteo erano “ministri d’un nuovo patto, . . . di spirito”. Con questa espressione Paolo non voleva dire che lui e Timoteo formavano un Consiglio di mediazione che condividesse con Gesù l’opera di mediazione. No, perché essi stessi erano semplici israeliti spirituali a favore dei quali Gesù prestava servizio come Mediatore di Dio. Solo Gesù è il “mediatore di un nuovo patto”. — Ebr. 12:24.
16, 17. In I Timoteo da 1:20 a 2:7, con quali ragionamenti Paolo giunge a menzionare Cristo Gesù come mediatore?
16 Scrivendo direttamente a Timoteo, Paolo introduce un accenno all’opera mediatrice di Gesù, dicendo: “Imeneo e Alessandro appartengono a questi, e io li ho consegnati a Satana affinché mediante la disciplina imparino a non bestemmiare. Esorto perciò, prima di tutto, che si facciano supplicazioni, preghiere, intercessioni, rendimenti di grazie riguardo a ogni sorta di uomini [esclusi Imeneo e Alessandro, bestemmiatori], riguardo a re e a tutti quelli che sono altolocati; onde continuiamo a condurre una vita calma e quieta con piena santa devozione e serietà.
17 “Questo è eccellente e accettevole dinanzi al nostro Salvatore, Dio, il quale vuole che ogni sorta di uomini siano salvati e vengano all’accurata conoscenza della verità. Poiché vi è un solo Dio, e un solo mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che diede se stesso quale riscatto corrispondente per tutti [cioè per ogni specie di persone, nota in calce (NW)]; questo è ciò a cui bisogna testimoniare nei suoi propri tempi particolari. Per questa testimonianza fui costituito predicatore e apostolo — dico la verità, non mento — maestro di nazioni [incirconcise] in quanto a fede e verità”. — I Tim. 1:20–2:7.
18. (a) Paolo stava forse esortando Timoteo a fare da mediatore fra Dio e quei pubblici funzionari? (b) Chi doveva trarre beneficio da quelle implorazioni a Dio circa i pubblici funzionari?
18 Perciò Paolo esortò a fare “supplicazioni, preghiere, intercessioni, . . . riguardo a re e a tutti quelli che sono altolocati”. Ma non esortò Timoteo a fare da mediatore fra Dio e quei pubblici funzionari. Il motivo di quelle “supplicazioni, preghiere, intercessioni” non era la conversione di quei pubblici funzionari al cristianesimo. Chi doveva in effetti trarre beneficio da quelle implorazioni a Dio? Qual era lo scopo di quelle invocazioni a Dio? “Onde continuiamo [noi cristiani come Paolo e Timoteo] a condurre una vita calma e quieta con piena santa devozione e serietà”. — I Tim. 2:2.
19. A favore di che cosa avrebbe operato una simile vita di santa devozione, e per chi era “eccellente e accettevole”?
19 Una vita calma, devota e seria avrebbe operato a favore della salvezza dei cristiani che facevano tali richieste riguardo ai governanti politici. La salvezza di quegli inoffensivi cristiani era “eccellente e accettevole dinanzi al nostro Salvatore, Dio”. Perché? Perché è volontà di Dio che “ogni sorta di uomini siano salvati e vengano all’accurata conoscenza della verità”. In armonia con questo, colui che è qui chiamato “nostro Salvatore” non è Gesù Cristo, ma “Dio”.
20. In base a I Timoteo 2:5, 6, che ruolo svolge Cristo Gesù nel programma divino per la salvezza?
20 Qual è dunque il ruolo di Cristo in questo programma di salvezza? Paolo prosegue dicendo: “Vi è un solo Dio, e un solo mediatore fra Dio e gli uomini [non tutti gli uomini], l’uomo Cristo Gesù, che diede se stesso quale riscatto corrispondente per tutti”. — I Tim. 2:5, 6.
21. (a) Nella lettera di Paolo a Timoteo, di che cosa erano ministri sia il mittente che il destinatario? (b) Quanto dura quel patto e che parte vi ha il “riscatto corrispondente per tutti”?
21 Paolo scriveva in base alla situazione esistente nel primo secolo del cristianesimo, durante il quale era entrato in vigore il nuovo patto. “Uomini” di tutte le nazionalità, giudei, samaritani, incirconcisi gentili vi erano già stati introdotti dopo essere entrati a far parte dell’Israele spirituale. Cristo Gesù era il mediatore di quel nuovo patto. Quella lettera di Paolo a Timoteo era un esempio di un ‘ministro del nuovo patto’ che scriveva a un altro ‘ministro del nuovo patto’. Quel nuovo patto fra il “nostro Salvatore, Dio” e l’Israele spirituale continua finché ci sono israeliti spirituali in carne ed ossa come “uomini” sulla terra. Perciò il patto è ancora in vigore. Il “riscatto corrispondente per tutti” offerto da Gesù costituisce la base affinché uomini e donne d’ogni sorta divengano israeliti spirituali e siano introdotti nel nuovo patto di cui Cristo Gesù è il “solo mediatore”.
22. (a) Cosa mostra che il nuovo patto si avvicina al termine, e quando finirà la mediazione di Cristo? (b) Perché i glorificati israeliti spirituali non avranno bisogno di alcun mediatore, e con quali funzioni presteranno allora servizio?
22 Ci sono ancora più di 9.000 persone che professano d’essere israeliti spirituali nel nuovo patto. Come Paolo e Timoteo, sono “ministri di un nuovo patto”. (II Cor. 3:6; 1:1) Evidentemente il nuovo patto si avvicina al termine della sua attività che ha lo scopo di produrre 144.000 israeliti spirituali approvati da Dio onde siano uniti a Gesù Cristo nel regno celeste, il governo ideale per l’umanità. Quando gli ultimi di questi israeliti spirituali approvati cesseranno d’essere “uomini” morendo sulla terra e risuscitando per partecipare al regno celeste, allora cesserà anche la funzione di Gesù Cristo quale mediatore. La peccaminosa condizione ereditata della loro carne, che richiedeva un mediatore fra loro e l’Iddio di santità, sarà stata abbandonata. Come i santi angeli del cielo, questi glorificati israeliti spirituali non avranno alcun bisogno di un mediatore fra loro e Geova Dio. (Riv. 22:3, 4) Presteranno servizio sotto Gesù Cristo come re, sacerdoti e giudici a lui associati su tutto il mondo del genere umano. — Riv. 7:4-8; 14:1-3; 20:4, 6; Luca 22:28-30.
UNA “GRANDE FOLLA” DI BENEFICIARI TERRENI
23, 24. (a) Oggi chi collabora attivamente col rimanente degli israeliti spirituali, e quale invito è stato rivolto loro riguardo al Pasto Serale del Signore? (b) Che cosa sanno di non essere, e tuttavia come traggono ora beneficio dall’operato del nuovo patto?
23 Oggi, secondo statistiche attendibili, c’è una “grande folla” di cristiani dedicati e battezzati che collaborano attivamente col rimanente degli israeliti spirituali. Dalla primavera del 1938 sono stati regolarmente invitati ad assistere alla commemorazione annuale della morte di Cristo, non in veste di partecipanti agli emblemi della Commemorazione (il pane non fermentato e il vino rosso), ma in veste di rispettosi osservatori.a Essi riconoscono Gesù Cristo come loro re celeste, al potere dalla fine dei Tempi dei Gentili avvenuta nel 1914. Al fianco del rimanente degli israeliti spirituali predicano zelantemente “questa buona notizia del regno” in tutta la terra abitata, “in testimonianza a tutte le nazioni” prima che questo sistema di cose abbia termine nell’imminente “grande tribolazione”. (Matt. 24:14, 21) Riconoscono di non essere israeliti spirituali inclusi nel nuovo patto di cui Gesù è mediatore e di non far parte della ‘razza eletta, del regal sacerdozio, della nazione santa’. — I Piet. 2:9.
24 Comunque, traggono effettivamente beneficio dall’attività del nuovo patto. Ne traggono beneficio proprio come nell’antico Israele il “residente forestiero” traeva beneficio dal risiedere fra gli israeliti che erano inclusi nel patto della Legge. — Eso. 20:10; Lev. 19:10, 33, 34; Riv. 7:9-15.
25. Per conservare la propria relazione con Geova Dio, a chi deve rimanere unita la “grande folla”, e perché?
25 Per conservare la propria relazione col “nostro Salvatore, Dio”, la “grande folla” deve restare unita al rimanente degli israeliti spirituali. Perché? Perché questi israeliti spirituali sono la “nazione santa” di cui in Geremia 31:35, 36, subito dopo la promessa divina di un nuovo patto, si legge: “Questo ha detto Geova, il Datore del sole per la luce di giorno, degli statuti della luna e delle stelle per la luce di notte, Colui che smuove il mare affinché le sue onde divengano tumultuose [contro gli egiziani che inseguivano gli israeliti], Colui il cui nome è Geova degli eserciti: ‘“Se questi regolamenti potessero rimuoversi d’innanzi a me”, è l’espressione di Geova, “quelli che sono il seme d’Israele potrebbero similmente cessare dal provar d’essere una nazione dinanzi a me per sempre”’”.
26. Perciò, a cosa si può paragonare la stabilità dell’Israele spirituale nell’organizzazione universale di Dio, e da dove Gesù Cristo regnerà sugli abitanti della terra paradisiaca?
26 Geova non poteva permettere che l’Israele spirituale sparisse dalla sua organizzazione universale come non poteva permettere che cessassero di esistere i luminari celesti che controllano la luce della nostra terra. Nei cieli l’Israele spirituale sarà la Nuova Gerusalemme in cui Gesù Cristo regnerà come Re sulla “grande folla” di superstiti e su tutti i morti umani risuscitati per vivere in una terra paradisiaca. — Riv. 21:2-24.
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