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Giuseppe d’ArimateaLa Torre di Guardia 1952 | 1° febbraio
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animato dalla malizia e colui che presiede pare determinato a dimostrar colpevole l’accusato e quindi degno di morte. Evidentemente una cospirazione è in atto, poiché molti falsi testimoni hanno deposto.
Il sommo sacerdote perde il proprio controllo, il processo non segue affatto il corso ch’egli vorrebbe fargli seguire. Perciò, rivolto al prigioniero, grida: “Ti scongiuro per l’Iddio vivente a direi se tu se’ il Cristo, il Figliuol di Dio”. L’accusato, Gesù, risponde: “Tu l’hai detto; anzi vi dico che da ora innanzi vedrete il Figliuol dell’uomo sedere alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo”. Fingendo estrema e giusta indignazione. il sommo sacerdote si straccia le vesti ed esclama: “Egli ha bestemmiato; che bisogno abbiamo più di testimoni? Ecco, ora avete udita la sua bestemmia. Che ve ne pare?” Il concilio, con imponente ipocrisia per celare la sua malizia, risponde: “È reo di morte”. — Matt. 26:63-66.
Ma il verdetto non fu del tutto unanime. No, alcuni, ma pochissimi, non diedero il loro consenso né approvarono l’azione intrapresa. Tra questi ci fu un uomo ricco, Giuseppe d’Arimatea. Infatti, egli era un discepolo dell’accusato, di Gesù. Un discepolo di Gesù? Sì, secondo i tre scrittori dell’Evangelo, Matteo, Marco e Luca, egli era un discepolo di Gesù, un uomo ricco, un membro del concilio altamente rispettato, che viveva in attesa del regno di Dio. — Matt. 27:57, 58; Mar. 15:43; Luca 23:50, 51.
Perché doveva Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, essere associato a quel grande corpo religioso, il Sinedrio, che era così violentemente opposto a Cristo Gesù? L’apostolo Giovanni ce ne dà la risposta. Egli descrive Giuseppe d’Arimatea come “discepolo di Gesù, ma occulto per timore de’ Giudei”. — Giov. 19:38.
Ma con la condanna ed esecuzione di Gesù, Giuseppe d’Arimatea prese coraggio. Egli si recò arditamente da Pilato e chiese il corpo di Gesù. “Quindi egli comprò del lino fino e lo calò giù, l’avvolse nel lino fino e lo pose in una tomba che era scavata nel masso d’una roccia”. — Mar. 15:43-46, NM.
Se poi Giuseppe d’Arimatea perseverasse e divenisse un intrepido seguace di Cristo Gesù o no le Scritture non lo rivelano. Tuttavia, da quanto è narrato riguardo a lui possiamo apprezzare perché le Scritture dichiarino “come sarà difficile per quelli che hanno denaro aprirsi la via per entrare nel regno di Dio!” — Luca 18:24, NM.
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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1952 | 1° febbraio
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Domande dai lettori
◆ Il termine “fratelli” di Matteo 13:55 significa forse fratelli spirituali, fratelli carnali, o cugini di Gesù? — J. P. T., Spagna.
Gesù era entrato nel suo territorio natìo e aveva fatto meravigliare i suoi conoscenti con la sua sapienza e le sue opere potenti, ed essi domandarono con stupore: “Onde mai ha costui questa sapienza e i miracoli? Non è lui il figlio del legnaiuolo? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E non son tra di noi tutte le sue sorelle?” (Matt. 13:54-56, Ti) Il racconto stesso mostra che questi concittadini parlavano di parentela carnale, familiare. Essi avevano conosciuto Gesù per anni, avevano conosciuto sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle; quindi come avveniva questo grande cambiamento in lui tutto ad un tratto? Essi perfino nominavano i suoi fratelli. Le circostanze escludono qualsiasi possibilità ch’essi pensassero a fratelli spirituali. (Mar. 6:1-4, Ti) L’apostolo Giovanni fa distinzione tra i fratelli naturali di Gesù e i suoi discepoli o fratelli spirituali, dicendo: “Discese in Cafarnao colla madre, i fratelli e i discepoli”. (Giov. 2:12, Ti) Giovanni 7:3-5 fa pure questa distinzione e aggiunge inoltre: “Nemmeno i suoi fratelli credevano in lui”. (Ti) Certamente tali increduli non potevano essere fratelli spirituali, essi devono essere stati fratelli secondo la carne. Comunque, dopo la morte e risurrezione di Gesù i suoi fratelli naturali divennero credenti, come mostrano parecchie scritture. (Atti 1:13, 14; Gal. 1:19; Giuda 1) Aggiungendo altra prova, leggiamo: “Mentre Gesù parlava alle turbe, ecco sua madre e i suoi fratelli star fuori e chiedergli di parlargli. E uno gli disse: Ecco, tua madre e i tuoi fratelli son là fuori e cercan di te. Ma egli, rispondendo a chi gli aveva parlato, disse: Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? E stesa la mano verso i suoi discepoli disse: Ecco la mia madre e i miei fratelli, poiché chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, esso mi è fratello e sorella e madre”. (Matt. 12:46-50; Mar. 3:31-35; Luca 8:19-21, Ti) Gesù contrapponeva alla parentela naturale la parentela spirituale, mostrando che quella spirituale era più forte e importante. Se i fratelli che stavano fuori con sua madre non fossero stati i suoi fratelli carnali le sue parole sarebbero state insignificanti e senza alcun senso.
Inoltre, questa situazione indica che questi fratelli non erano cugini. Se essi fossero stati cugini significherebbe che Gesù avrebbe risposto: “Chi sono i miei cugini?” E gli avrebbe fatto dire, mentre stendeva la sua mano verso i suoi discepoli: “Ecco i miei cugini”. No, Gesù non parlava di cugini o d’altra parentela diversa da quella dei fratelli. A ben noto che Gesù insegnò che lui e i suoi discepoli erano fratelli spirituali, non cugini o altri lontani parenti. Sono le parole greche adelfós e adelfé che son tradotte “fratelli” e “sorelle”, e sono adoperate per entrambe le relazioni naturale e spirituale. Quando la relazione è più lontana, come nel caso di cugini, la parola greca che si usa è syngenés. È quella adoperata al genere femminile in Luca 1:36, dove l’angelo di Dio disse a Maria: “Ecco tua cugina Elisabetta”. (Dy) Ma questa parola greca per cugino o congiunto o parente non è mai adoperata in relazione con i fratelli
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