Predetto Colui al quale è dovuta l’ubbidienza di tutti i popoli
“Radunatevi insieme affinché vi dica ciò che vi accadrà nell’ultima parte dei giorni”. — Gen. 49:1.
1. In quale periodo di tempo viviamo, e quale antica predizione vediamo adempiersi?
VIVIAMO nell’“ultima parte dei giorni”, sia che lo crediate o no. Vediamo l’adempimento di un’antica predizione che non è passata inosservata nemmeno all’organizzazione mondiale delle Nazioni Unite. I turisti che visitano il palazzo delle Nazioni Unite che sorge sulla riva occidentale del fiume East nello stato di New York leggono la suddetta predizione scolpita su una delle sue pareti di marmo:
Delle loro spade fabbricheranno vomeri d’aratro, e delle loro lance, roncole; una nazione non leverà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra.
Poiché non è indicato da dove è presa questa citazione, pochi turisti si rendono conto che è tratta dalla profeta d’Isaia contenuta nella Sacra Bibbia. Ma il punto più importante da notare è che il profeta Isaia disse che questo sarebbe accaduto alla fine di un certo periodo di tempo.
2, 3. (a) Quando doveva adempiersi la profezia d’Isaia, secondo ciò ch’essa dice? (b) In che cosa dobbiamo trovarci, se la profezia d’Isaia viene adempiuta oggi?
2 Prendendo la citazione da una moderna traduzione della Bibbia, riportiamo la profezia per intero, per indicare quando doveva essere adempiuta:
Accadrà nell’ultima parte dei giorni che il monte della casa di Geova sarà fermamente stabilito al di sopra della cima dei monti, e sarà certamente elevato al di sopra dei colli; e ad esso accorreranno tutte le nazioni. E molti popoli certamente verranno e diranno: “Venite, o popoli, e saliamo al monte di Geova, alla casa del Dio di Giacobbe; ed egli ci istruirà intorno alle sue vie; e noi cammineremo nei suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà la legge, e la parola di Geova da Gerusalemme. Ed egli certamente giudicherà fra molte nazioni e metterà le cose a posto rispetto a molti popoli. Ed essi dovranno trasformare le loro spade in vomeri e le loro lance in roncole. Nazione non leverà più la spada contro nazione, né impareranno più la guerra. — Isa. 2:2-4, Traduzione del Nuovo Mondo (inglese).
3 Se quindi questa profezia è adempiuta oggi da persone di molte nazionalità che non combattono più le une contro le altre e non hanno intenzione di combattere perché non imparano più la guerra, significa che viviamo nell’“ultima parte dei giorni”, proprio nei giorni di questo mondo afflitto dalle guerre. Quindi dev’essere vicino un mondo senza guerre, com’è dimostrato dal popolo che oggi è largamente osservato.
4. Quale popolo è oggi largamente osservato, e a quale profetico comando d’Isaia ubbidisce?
4 Quale popolo? Secondo la profezia d’Isaia sarebbe stato formato da quelle persone che adorano Dio il cui nome è menzionato tre volte in questa profezia. Poiché il suo nome è Geova, tale popolo dev’essere quello dei testimoni di Geova. Essi esaltano senz’altro l’adorazione di Geova “al di sopra della cima dei monti” e lo elevano “al di sopra dei colli”. Dalle quattro estremità della terra, da “tutte le nazioni” e da “molti popoli”, moltitudini di persone si uniscono nell’adorare Geova quale solo e vivente vero Dio e divengono suoi testimoni. Ubbidiscono al comando profetico scritto nel quarantatreesimo capitolo d’Isaia, al dodicesimo versetto: “‘Voi siete i miei testimoni’, dichiara Geova, ‘e io sono Dio’”.
5. Che cosa mostra la Torre di Guardia del 1º aprile 1962 in merito a quello che ha fatto questo popolo per invitare altri ad adorare Geova?
5 Esaminiamo ora l’edizione de La Torre di Guardia del 1º aprile 1962 e consideriamo il prospetto dei paesi in cui danno testimonianza e nei quali hanno organizzato congregazioni. Sono 188 paesi da Aden a Zanzibar. Consultando questo prospetto, che va da pagina 214 a pagina 217, e che indica nei particolari gli aspetti e le attività dell’organizzazione in ciascuno di questi paesi, apprendiamo che durante il passato anno di servizio i testimoni ebbero in media ogni mese nel campo 884.587 collaboratori, che andavano nelle case di tutte le persone senza tener conto della razza, del colore, della nazionalità, della religione e della condizione sociale, a dichiarar loro la buona notizia relativa al regno di Geova e al suo intronizzato Re Gesù Cristo. Durante tale anno di servizio essi dedicarono 132.695.540 ore alla predicazione del regno di Dio, in oltre 150 lingue. Questa fu effettivamente una grande quantità di tempo usata per invitare le persone ad adorare Geova.
6. Di quale Risoluzione poterono leggere la copia milioni di persone nel 1958-1959, e quale straordinaria determinazione conteneva?
6 Nel dicembre del 1958 e in seguito nel 1959 milioni di persone di tutta la terra lessero un trattato di quattro pagine che questi Testimoni diffusero in 53 lingue e in 72.348.403 copie. Esso parlava di una Risoluzione adottata alla loro assemblea internazionale tenuta nello Yankee Stadium e nei Polo Grounds di New York. Venerdì, 1º agosto 1958, questa Risoluzione fu presentata a un uditorio, secondo i calcoli, di 194.418 persone provenienti da 123 paesi ed esse l’accettarono con voto unanime e con grandi applausi. Di notevole importanza tra le decisioni prese, era la determinazione di continuare a vivere in armonia con la profezia di Isaia 2:4, che ammisero si era adempiuta in essi.
7. Come hanno vissuto essi fino ai nostri giorni in armonia con questa profezia, e che cosa conferma questo?
7 Fino ad oggi, indipendentemente dalle lotte politiche e religiose delle nazioni di questo mondo, i testimoni di Geova non hanno preso parte ai preparativi bellici né hanno levato la spada contro i loro fratelli cristiani di altre nazioni. Non imparano più la guerra. Ciò avviene malgrado il fatto che la loro organizzazione mondiale aumenti ogni anno di decine di migliaia di membri. Ciò avviene per mano di Geova. È la prova eloquente che viviamo nell’“ultima parte dei giorni”.
8. A quale profeta, menzionato in Isaia 2:3, ci rivolgiamo per esserne maggiormente sicuri, e quali domande sorgono riguardo a lui?
8 Per esserne maggiormente sicuri, esaminiamo un’altra profezia pronunciata riguardo all’“ultima parte dei giorni”. Fu pronunciata da un profeta che è menzionato nella suddetta profezia d’Isaia. È appropriato menzionare il suo nome a questo proposito, perché Isaia 2:3 afferma che le persone che oggi desiderano adorare il vero Dio avrebbero detto: “Saliamo al monte di Geova, alla casa del Dio di Giacobbe”. Chi è Giacobbe, il cui Dio era Geova? Che cosa profetizzò egli riguardo all’“ultima parte dei giorni”?
9. Dove trascorse la sua vita questo profeta?
9 Giacobbe ebbe origine in quella parte sudoccidentale dell’Asia chiamata oggi Medio Oriente. Per vent’anni visse in Siria, dove divenne padre di dodici figli. Ma al tempo in cui pronunciò questa profezia riguardo ai nostri giorni, abitava in Egitto, nell’odierna Repubblica Araba Unita. Giacobbe era figlio di Isacco e nipote di Abrahamo. La maggior parte della sua vita la trascorse col padre e col nonno nel territorio ora occupato dai paesi della Giordania e d’Israele. Gli ultimi sedici anni della sua vita li trascorse in Egitto con tutta la sua famiglia, come residente straniero.
10, 11. (a) Perché tutte le famiglie della terra dovrebbero interessarsi di questo Giacobbe? (b) Con quale gruppo di profeti è menzionato Giacobbe?
10 Chiunque sulla terra dovrebbe interessarsi di Giacobbe. Perché? A motivo di ciò che Dio disse a Giacobbe in una meravigliosa visione. Giacobbe aveva appena lasciato il padre Isacco a sud di Bersabea e si stava recando in Siria per sposarsi. Durante il suo viaggio verso il nord dormì all’aperto in un campo presso Betel (ora Beitin, in Giordania). Quella notte ebbe in sogno la visione della scala che dalla terra giungeva al cielo, e in cima alla scala Dio parlò e disse a Giacobbe:
“Io sono l’Eterno [Geova], l’Iddio d’Abrahamo tuo padre e l’Iddio d’Isacco; la terra sulla quale tu stai coricato, io la darò a te e alla tua progenie; e la tua progenie sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai ad occidente e ad oriente, a settentrione a mezzodì; e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua progenie”. — Gen. 28:13, 14, VR.
11 A motivo di questa promessa divina, chiunque vuole essere benedetto sulla terra, indipendentemente dalla famiglia alla quale appartiene, sarà benedetto mediante una “progenie” o discendente di questo Giacobbe. In seguito Geova Dio cambiò il nome di Giacobbe in Israele, per cui nella Bibbia egli è chiamato con entrambi i nomi, a volte Giacobbe, a volte Israele. Come Abrahamo e Isacco, Giacobbe divenne un profeta di Geova. Il Salmo 105:14, 15 (VR) chiama chiaramente Giacobbe profeta. Dopo aver parlato del vagare di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe nella Terra Promessa, esso dice come Geova Dio li protesse: “Egli non permise che alcuno li opprimesse; anzi, castigò dei re per amor loro, dicendo: Non toccate i miei unti, e non fate alcun male ai miei profeti”.
12. In quale occasione dimostrò Giacobbe la sua massima efficacia quale profeta?
12 Ogni volta che Giacobbe parlava alla sua famiglia della promessa fattagli da Dio a Betel, egli agiva naturalmente da profeta. Ma il suo incarico di profeta non fu mai maggiormente valido di quando pronunciò alcune parole di addio ai suoi figli e nipoti. Quando nel 1712 prima dell’Èra Cristiana egli fu in punto di morte, riunì i suoi dodici figli nella stanza in cui giaceva malato, per dir loro le sue ultime parole, mentre sedeva sul letto coi piedi penzoloni. Ciò avvenne poco dopo che aveva benedetto i suoi nipoti, Manasse ed Efraim, che erano figli di Giuseppe, undicesimo figlio di Giacobbe. Giuseppe era allora primo ministro d’Egitto, il principale servitore del Faraone, re d’Egitto. — Gen. 48:1-22.
13. Quale stile di espressione usò Giacobbe, quando pronunciò la sua ultima profezia?
13 Quando annunciò gli ultimi messaggi ai suoi dodici figli, Giacobbe usò lo stile poetico dei profeti Ebrei, poiché Giacobbe era ebreo, come lo erano Abrahamo e Isacco. La sua poesia non consisteva nel far rimare tutti i versi o far sì che la fine di ogni verso avesse il medesimo suono. Consisteva nel comporre versi ritmici che esprimevano pensieri o idee parallele, come, ad esempio, quando parlava di se stesso in una frase chiamandosi Giacobbe e quindi, nella frase successiva, chiamandosi Israele, nomi che si riferivano entrambi alla stessa persona. Perciò questa poesia profetica è qualcosa di più di ciò che viene chiamato verso sciolto, che è un verso senza rima, nel quale le righe non terminano con lo stesso suono. La poesia ebraica è espressa in versi che si susseguono gli uni agli altri nella stessa direzione di pensiero e che quindi esprimono idee simili, ma che in effetti allargano il pensiero o l’idea o il tema. Mentre considereremo la profezia poetica pronunciata da Giacobbe sul letto di morte lo noteremo.
PROFEZIA PRONUNCIATA SUL LETTO DI MORTE
14. Quale forza spinse Giacobbe a parlare, e che cosa dice Genesi 49:1, 2 a conferma di ciò?
14 Ciò che avvenne nella casa di Giacobbe in Egitto nel 1712 prima dell’Èra Cristiana quando egli stava per morire ci viene descritto nel quarantanovesimo capitolo di Genesi. Lo spirito d’ispirazione di Dio venne su Giacobbe in quell’occasione ed egli parlò in qualità di profetico testimone di Geova. A dimostrazione di ciò, Genesi 49:1, 2 ci dice: “In seguito Giacobbe chiamò i suoi figli e disse:
‘Radunatevi insieme affinché vi dica ciò che vi accadrà nell’ultima parte dei giorni.
Riunitevi e ascoltate, o figli di Giacobbe, sì ascoltate Israele vostro padre’”.
15. Quali aspetti della poesia ebraica notiamo nelle prime parole di Giacobbe?
15 Notate (1) come l’espressione “Riunitevi” è il parallelo poetico dell’espressione “Radunatevi insieme”; (2) l’espressione “e ascoltate” è il parallelo dell’espressione “affinché vi dica”; (3) l’espressione “sì, ascoltate”, dell’espressione “e ascoltate”; e (4) l’espressione “Israele vostro padre”, dell’espressione “o figli di Giacobbe”. In tutta la profezia di Giacobbe noteremo questo parallelismo poetico dei pensieri o di espressioni relative. Tutto ciò serve ad ampliare il pensiero e a spiegarne il significato, come anche a ribadire il pensiero espresso.
16. Di quale tempo futuro parlava profeticamente Giacobbe?
16 Il morente patriarca Giacobbe parlava di un tempo molto più lontano dei giorni dei dodici figli che lo ascoltavano attentamente. Pensava a un tempo molto più lontano di quello in cui le famiglie dei suoi dodici figli avrebbero formato dodici tribù che, tutte insieme, avrebbero costituito una nazione unita nella Terra Promessa della Palestina, una nazione chiamata col nome del padre di tale nazione, Giacobbe o Israele. Giacobbe pensava al tempo in cui sarebbe sorta una nuova nazione, una nazione spirituale del popolo eletto di Dio, un Giacobbe o Israele spirituale.
17, 18. (a) Su quale fondamenta poggiava l’intera nazione d’Israele? (b) In che senso nell’Israele spirituale vi è qualcosa di corrispondente?
17 Giacobbe, loro padre comune, servì da esteso fondamento di tutta la nazione dell’Israele naturale, o Israele secondo la carne. I dodici figli di Giacobbe furono dodici fondamenta secondarie o dodici pilastri che poggiavano su Giacobbe. Sopra questi dodici sostegni o pilastri poggiava l’intera nazione d’Israele, in una condizione di fratellanza.
18 Qualcosa di simile a ciò avviene riguardo all’Israele spirituale, “l’Israele di Dio”, come lo chiamò in seguito sotto ispirazione un membro di questo Israele. (Gal. 6:16) Come la nazione dell’antico Israele era una grande congregazione o chiesa per l’adorazione del Dio di Giacobbe, Geova, così l’Israele spirituale è una grande congregazione o chiesa per l’adorazione dello stesso Dio. Al patriarca Giacobbe corrisponde il Signore Gesù Cristo, perché egli è il fondamento di questa congregazione o chiesa dell’Israele spirituale. Gesù lo indicò quando disse a uno dei suoi dodici apostoli: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. (Matt. 16:18, Na) Quando edificò questa chiesa o congregazione su se stesso, Gesù si servì di dodici apostoli, che corrispondono ai dodici figli di Giacobbe. Nell’ultimo libro della Bibbia essi sono chiamati i “dodici apostoli dell’Agnello”, e le dodici pietre di fondamento della Nuova Gerusalemme portavano i dodici nomi di questi dodici apostoli dell’Agnello Gesù Cristo. Ma le dodici porte della Nuova Gerusalemme portavano il nome delle “dodici tribù dei figliuoli d’Israele”. — Apoc. 21:12-14, VR.
19. Da chi è costituita la classe governante celeste, e in che modo sono descritti in Apocalisse 7:4-8?
19 La classe governante celeste è simboleggiata dalla gloriosa Nuova Gerusalemme. Sarà costituita di 144.000 provati e fedeli seguaci dell’Agnello Gesù Cristo. Essi sono suggellati da Dio con lo spirito santo, e ritengono questo suggello sino alla fine della loro prova terrena. Apocalisse 7:4-8 (VR) si riferisce ad essi come all’Israele spirituale e lo descrive come se fosse composto di dodici tribù. I nomi di queste tribù sono presi dai nomi dei figli e dei nipoti del patriarca Giacobbe. Essa li pone nel seguente ordine:
E [io, l’apostolo Giovanni] udii il numero dei segnati: centoquarantaquattromila segnati di tutte le tribù dei figliuoli d’Israele:
Della [1] tribù di Giuda dodicimila segnati,
della [2] tribù di Ruben dodicimila,
della [3] tribù di Gad dodicimila,
della [4] tribù di Aser dodicimila,
della [5] tribù di Neftali dodicimila,
della [6] tribù di Manasse dodicimila,
della [7] tribù di Simeone dodicimila,
della [8] tribù di Levi dodicimila,
della [9] tribù di Issacar dodicimila,
della [10] tribù di Zabulon dodicimila,
della [11] tribù di Giuseppe dodicimila,
della [12] tribù di Beniamino dodicimila segnati.
20. (a) Che cosa bisogna notare circa l’ordine in cui sono menzionate le tribù, ma quale numero è preservato? (b) Che cosa si deve notare riguardo a tutte queste tribù, e come influisce ciò sull’intera organizzazione?
20 Questo non è l’ordine in cui nacquero i figli del patriarca Giacobbe o Israele. Inoltre, il nome del quinto figlio di Giacobbe, Dan, manca, e il nome del nipote di Giacobbe, Manasse, prende il posto di Dan. Se fosse qualcosa che avvenne nella storia della tribù di Dan a suggerire di usare Manasse anziché Dan lo vedremo in seguito. Ad ogni modo, Apocalisse 7:4-8 preserva il numero dodici quale numero delle dodici tribù dell’Israele spirituale. Inoltre, tutti i nomi sono i nomi degli undici figli di Giacobbe e di uno dei nipoti di Giacobbe e figlio di Giuseppe. Notiamo pure che ogni tribù ha lo stesso numero di membri. Quindi nessuna tribù è numericamente superiore alle altre, ma l’intera organizzazione dell’Israele spirituale è descritta come essendo in perfetto equilibrio, poiché ogni tribù in se stessa mette nuovamente in risalto il numero dodici.
21. Seguì Giacobbe, mentre profetizzava, l’ordine in cui i suoi figli erano nati, e in che modo poté egli chiamarli?
21 Tuttavia, quando pronunciò la sua profezia sul letto di morte, il patriarca Giacobbe non pose tutti i suoi figli nell’ordine in cui erano nati dalle loro quattro madri, cioè dalla prima moglie di Giacobbe, Lea, e dalla sua serva o schiava Zilpa, e dalla seconda moglie di Giacobbe, Rachele, e dalla sua serva Bilha. Poiché era il padre di tutti loro, Giacobbe poté rivolgersi ad essi chiamandoli “figli di Giacobbe” e poté chiamare se stesso “Israele vostro padre”.
22. Nell’interesse di chi profetizzò allora Giacobbe, ma chi oggi dovrebbe anche interessarsene?
22 Giacobbe riunì i suoi dodici figli per dir loro ciò che sarebbe accaduto ad essi o a quelli ch’essi avrebbero prefigurato “nell’ultima parte dei giorni”. Ciò vuol dire nei nostri giorni, che sono l’“ultima parte dei giorni” dell’Israele spirituale sulla terra, prima che il piccolo rimanente dei suoi 144.000 membri si unisca alla Nuova Gerusalemme celeste con il Figlio di Dio, l’Agnello Gesù Cristo. Quindi quello che Giacobbe disse ai suoi dodici figli più di tremilaseicento anni fa lo disse effettivamente nell’interesse del piccolo rimanente dell’Israele spirituale che è sulla terra ora, in questo meraviglioso periodo della storia dell’umanità. E poiché essi sono membri della spirituale “progenie d’Abrahamo” per mezzo della quale tutte le nazioni e le famiglie della terra devono ancora essere benedette per sempre, le persone di tutte le famiglie e le nazioni che desiderano essere benedette dovrebbero interessarsi di esaminare ora con noi le parole dette da Giacobbe sul letto di morte.
RUBEN
23. In che modo ricevette il suo nome il primogenito di Giacobbe, e quali domande sorgono circa la sua primogenitura?
23 Usando dei parallelismi poetici, Giacobbe pronunciò una profezia su Ruben, il figlio primogenito avuto dalla prima, ma meno amata moglie Lea, una ragazza sira. Alla sua nascita Lea disse: “Vedete, un figlio!” e da questa esclamazione derivò il suo nome, Ruben. Come primogenito di Giacobbe, Ruben aveva per natura i diritti del primogenito della famiglia. Come tale aveva diritto a due parti della proprietà che il padre Giacobbe lasciò in eredità. Sorse la domanda: Avrebbe potuto Ruben far valere i suoi diritti di primogenito? Inoltre, il patriarca Giacobbe, come capofamiglia, aveva agito quale sacerdote di Geova per l’intera famiglia, aveva offerto sacrifici sull’altare della famiglia e aveva preso l’iniziativa nella preghiera e nell’impartire istruzione religiosa. Come padre, aveva anche agito come governatore dell’intera famiglia e di tutti i suoi servitori, del bestiame e dei beni. Che ne sarebbe stato di questi privilegi?
24. Come dovevano agire le dodici famiglie dopo la morte di Giacobbe, e quali problemi relativi a Ruben dovevano ora risolvere le sue parole?
24 Alla morte del padre i dodici figli non dovevano dividersi in dodici famiglie, e andare ciascuna per la sua strada; dovevano stare insieme come un solo popolo, una sola nazione. Ma chi avrebbe ora svolto la funzione di sacerdote per questo popolo o per questa congregazione? Chi avrebbe avuto l’incarico di capo? I privilegi che normalmente erano riservati al primogenito dovevano essere conferiti a Ruben dietro ispirazione divina? Ascoltiamo le parole di Giacobbe con lo stesso interesse, come minimo, con cui ascoltarono i dodici figli di Giacobbe:
“Ruben, tu sei il mio primogenito,
la mia forza, la primizia del mio vigore,
eminente in dignità ed eminente in forza.
Impetuoso come l’acqua, tu non avrai la preminenza,
perché sei salito sul letto di tuo padre.
Allora tu l’hai profanato.
Egli è salito sul mio letto”. — Gen. 49:3, 4, VR.
25, 26. (a) Con quale espressione Giacobbe indicò che Ruben era il suo primogenito, e di che cosa avrebbe egli dovuto mostrarsi degno? (b) Che cosa si intende con l’espressione “eminente in dignità”? Con l’espressione “eminente in forza”?
25 Prima della sua notte nuziale con la prima moglie Lea, Giacobbe non aveva mai avuto relazioni sessuali. Il suo potere di generare figli non si era indebolito a quel tempo, benché allora (1774 a.C.) avesse ottantaquattro anni. Il suo ultimo figlio non nacque che oltre tredici anni dopo. Per questa ragione poté rivolgersi al primogenito Ruben come alla “mia forza, [alla] primizia del mio vigore”. Ruben doveva essere il figlio migliore delle famiglia, degno di ricevere il doppio di eredità di qualsiasi altro suo fratello. (Deut. 21:17) Avrebbe dovuto avere la preminenza sui suoi fratelli in tutti i sensi.
26 Per natura Ruben avrebbe dovuto essere considerato “eminente in dignità ed eminente in forza”. Pare che l’espressione “eminente in dignità” si riferisse al sacerdozio della nazione. I sacerdoti avrebbero dovuto essere scelti tra i maschi della tribù di Ruben. Con l’espressione “eminente in forza” può darsi che si sia inteso il governo o la sovranità, quando questo popolo fosse divenuto in qualsiasi tempo un regno. La dignità del sacerdozio di Geova Dio avrebbe dovuto essere conferita a Ruben, e la forza del governo o del regno avrebbe dovuto poggiare sulle sue spalle. Che cosa profetizzò Giacobbe al riguardo? Si avverò la profezia di Giacobbe?
27. Perché Giacobbe squalificò Ruben?
27 Giacobbe attribuì a Ruben un motivo di squalifica e questi ne subì le conseguenze riguardo a tutt’e tre i privilegi, quello della primogenitura, quello del sacerdozio e quello di governante. Ruben aveva gettato il vituperio su suo padre. Aveva commesso immoralità incestuosa con la concubina di suo padre, Bilha, serva della moglie prediletta di Giacobbe, Rachele. Questo avvenne poco dopo che la diletta Rachele era morta, dopo aver dato alla luce Beniamino. Se il primogenito Ruben violasse la serva Bilha per impedire che prendesse il posto di Rachele nel cuore di Giacobbe, e in modo che non la preferisse alla madre di Ruben, Lea; o se Ruben agisse semplicemente perché bramava Bilha, il racconto biblico non lo spiega. Esso dice soltanto: “E avvenne che, mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò e si giacque con Bilha, concubina di suo padre. E Israele lo seppe”. E la versione greca dei Settanta delle Scritture aggiunge: “E questo fu considerato un male ai suoi occhi”. — Gen. 35:22, VR; LXX (Thomson).
28. (a) Quando subì Ruben le conseguenze del suo peccato e quali furono? (b) Come aveva agito Ruben, ma come avrebbe dovuto agire?
28 All’epoca in cui fu fatta questa grave offesa contro suo padre Giacobbe e contro la madre dei suoi fratellastri Dan e Neftali, il primogenito Ruben non fu né rinnegato né scacciato. Ma infine, circa cinquant’anni dopo, il peccato di Ruben lo ritrovò ed egli dovette subirne le conseguenze. (Num. 32:6, 23) Sotto ispirazione divina il padre moribondo gli dice le conseguenze della sua vergognosa azione. Giacobbe gli dice: “Tu non avrai la preeminenza”. Così Ruben non poté essere “eminente in dignità ed eminente in forza”, e perdette anche il diritto del figlio primogenito ad avere due parti dell’eredità del padre. Perché? Perché aveva agito in modo “impetuoso come l’acqua”. Si era mostrato instabile come le acque o turbolento e precipitoso come le acque che si abbattono contro una diga o che scorrono lungo il letto di un torrente. L’impetuosità che non tiene conto delle conseguenze non va d’accordo con l’eminenza. Ruben avrebbe dovuto esercitare padronanza di sé. Avrebbe dovuto mostrare rispetto filiale per la dignità del padre suo e per l’onore dei due figli di Bilha, la concubina di suo padre.
29, 30 (a) Quale caso verificatosi in seguito nella congregazione di Corinto, in Grecia, fu simile a quello di Ruben? (b) Chi subì le conseguenze dell’immoralità di Ruben, e in che modo?
29 Ruben profanò il letto matrimoniale di suo padre. Questo assomigliava al caso che si verificò nella congregazione di Corinto, in Grecia, molto tempo dopo, allorché l’apostolo Paolo disassocciò un professante cristiano che aveva preso la moglie di suo padre e aveva avuto relazioni sessuali con lei. (1 Cor. 5:1-13) Poiché gli ripugnava parlare ancora a Ruben direttamente di questa condotta vergognosa, Giacobbe concluse il suo giudizio profetico pronunciato riguardo al primogenito Ruben dicendo: “Egli è salito sul mio letto”. A causa dell’immoralità di Ruben, i suoi figli, anzi, tutta la sua tribù ne soffrirono. In 1 Cronache 5:1, 2 (VR) è narrato come ciò avvenne:
30 “Figliuoli di Ruben, primogenito d’Israele. — Poiché egli era il primogenito; ma siccome profanò il talamo di suo padre, la sua primogenitura fu data ai figliuoli di Giuseppe, figliuolo d’Israele. Nondimeno, Giuseppe non fu iscritto nelle genealogie come primogenito; Giuda ebbe, è vero, la prevalenza tra i suoi fratelli, e da lui è disceso il principe; ma il diritto di primogenitura appartiene a Giuseppe”.
31, 32. (a) In che modo i discendenti di Ruben non eccelsero né si distinsero in Israele? (b) Di che cosa diedero prova ai giorni del giudice Barak e ai giorni in cui l’Assiria assoggettò l’Israele Settentrionale?
31 Ruben perdette i privilegi di essere sorvegliante di tutto Israele perché disonorò la sua posizione naturale di primogenito. Nessun discendente di Ruben divenne giudice, profeta o capo in Israele. Quando le dodici tribù d’Israele si stabilirono nella Terra promessa nel quindicesimo secolo prima dell’Èra Cristiana, Ruben ricevette la sua parte di territorio a Oriente del Mar Morto e del fiume Giordano. In seguito, quando si combatté presso “le acque di Meghiddo” la battaglia per liberare il paese dall’oppressore cananeo re Iabin e dal suo generale Sisera, i discendenti di Ruben non andarono ad aiutare il giudice Barak e la profetessa Debora. Quindi nel loro cantico di vittoria Barak e Debora menzionarono l’infedeltà dei discendenti di Ruben cantando: “Presso i rivi di Ruben, grandi furon le deliberazioni del cuore! Galaad [come Ruben] non ha lasciato la sua dimora di là dal Giordano”. — Giud. 5:15, 17, VR.
32 Secoli dopo, quando il Regno Settentrionale d’Israele fu assoggettato dall’Assiria, i discendenti di Ruben furono tra i primi ad essere portati prigionieri. (1 Cron. 5:26) La tribù di Ruben veramente non eccelse sopra le altre tribù d’Israele.
33. Quale posto riceve la tribù di Ruben nella visione di Ezechiele relativa alla distribuzione della terra sotto il regno di Dio?
33 Nella visione d’Ezechiele, relativa alla divisione del paese, che descrive la distribuzione del paese sotto il regno di Dio del nuovo mondo, Ruben non riceve un posto accanto al “territorio sacro” del paese in cui sono situati il tempio di Geova, la città Geova-Shammah e il territorio del prìncipe. Giuda è a nord del territorio sacro e Ruben confina a nord con Giuda. — Ezech. 48:6-22, Ri.
34. Che cosa non è dunque strano nella visione nella quale sono suggellati i 144.000, ma con questo che cosa viene rammentato ai membri?
34 Non è dunque strano se nella visione dell’apostolo Giovanni nella quale sono suggellate le dodici tribù dell’Israele spirituale, la tribù di Ruben non è menzionata per prima ma per seconda, o dopo la tribù di Giuda. (Apoc. 7:5) In tal modo i membri dei 144.000 Israeliti spirituali sono avvertiti di come Ruben perdette preziosi privilegi perché non diede il giusto esempio di fedele sorvegliante sopra l’eletto popolo di Geova Dio.
35. Quali conseguenze subiranno gli Israeliti spirituali che agiranno in modo licenzioso come Ruben, e come fu questo illustrato nel caso del cristiano immorale di Corinto?
35 Tutti i membri dedicati e battezzati dell’Israele spirituale che agiscono in modo licenzioso e si mostrano instabili, e che si abbandonano all’adulterio o alla fornicazione sono destinati a venir meno a causa di ciò. Possono pentirsi sinceramente della loro immoralità, ma il loro passato è macchiato irrimediabilmente. Essi hanno dato un cattivo esempio al gregge di Dio. Come l’uomo nella congregazione di Corinto che profanò il talamo di suo padre, possono essere scomunicati e in seguito riaccettati a motivo della loro tristezza manifestata in modo devoto che li ha condotti al pentimento. Ma dopo essere stato così scomunicato, l’uomo di Corinto non fu più qualificato per ricevere l’incarico di sorvegliante nella congregazione cristiana. (2 Cor. 7:9, 10; 2:6-11) Egli non era un esempio irreprensibile e salutare per il gregge di Dio, come deve esserlo il sorvegliante. (1 Tim. 3:1-4; Tito 1:5-9) Come la tribù di Ruben, egli non era idoneo per ricevere un incarico direttivo nell’Israele spirituale.
36. (a) Quale grado hanno nella congregazione tutti i 144.000 membri? (b) Di che cosa non possono abusare i 144.000 membri, benché nell’Israele spirituale vi sia una tribù di Ruben, e perché no?
36 Alla luce dell’umiliante giudizio che il morente padre di Ruben pronunciò su di lui, il suo caso è una solenne lezione per il piccolo rimanente dei 144.000 membri dell’Israele spirituale che è ancora sulla terra. Tutti i 144.000 costituiscono la “Chiesa de’ primogeniti che sono scritti nei cieli”, e dovrebbero comportarsi di continuo come tali. (Ebr. 12:23, VR) Ma agendo in modo impetuoso, senza pensare alle conseguenze, come fece Ruben, alcuni potrebbero perdere speciali privilegi nella congregazione cristiana sulla terra, in modo irrevocabile. Solo grazie alla misericordia di Dio e poiché accettano la guarigione spirituale, essi non sono rinnegati per sempre ed esclusi dall’Israele spirituale. Per immeritata benignità di Dio vi è una tribù di Ruben nell’Israele spirituale. Possiamo essere grati di ciò; ma nessuno di noi abusi della misericordia di Dio, correndo di conseguenza dei rischi. Ruben ne seguì le conseguenze. Accadrebbe la stessa cosa anche a noi!
SIMEONE E LEVI
37, 38. (a) Fino a che punto erano fratelli Simeone e Levi, e che cosa significano i loro nomi? (b) In che cosa avevano collaborato i due fratelli, secondo le ultime parole di Giacobbe?
37 Avendo terminato di parlare al suo primogenito, il patriarca Giacobbe si rivolse al suo secondo figlio, Simeone, e al suo terzo figlio, Levi, entrambi figli della prima moglie Lea. Profetizzando nello stile della poesia ebraica, il morente Giacobbe disse:
“Simeone e Levi sono fratelli: le loro spade sono strumenti di violenza.
Non entri l’anima mia nel loro consiglio segreto,
non si unisca la mia gloria alla loro raunanza!
Poiché nella loro ira hanno ucciso degli uomini,
e nel loro mal animo han tagliato i garetti ai tori.
Maledetta l’ira loro, perch’è stata violenta,
e il loro furore perch’è stato crudele!
Io li dividerò in Giacobbe,
e li disperderò in Israele”. — Gen. 49:5-7, VR.
38 Questi due fratelli cooperarono, ma nel compiere opere cattive. Il nome Simeone significa “Esaudimento”, cioè con accettazione; e il nome Levi significa “Unito; Attaccamento”.
39, 40. (a) In quale speciale occasione Simeone e Levi usarono come armi di distruzione degli strumenti di violenza? (b) In che modo risposero al padre a questo proposito?
39 L’occasione particolare in cui le loro armi di distruzione furono strumenti di violenza fu quando essi si arrogarono arbitrariamente il diritto di vendicare l’onore della loro sorella Dina. Ciò avvenne prima che il loro fratello maggiore, Ruben, violasse la concubina di suo padre, Bilha. Quando l’accampamento del patriarca Giacobbe era vicino alla città di Sichem nella Terra Promessa, la verginità di Dina fu violata. Il colpevole fu il figlio del capitano eveo di quella città. I fratelli di Dina decisero di vendicarsi. Insistendo che il seduttore dovesse circoncidersi prima di poter sposare Dina, essi ottennero che tutti i maschi di Sichem fossero circoncisi. Il terzo giorno dopo che erano stati circoncisi, allorché gli uomini circoncisi soffrivano così terribilmente che quasi non potevano muoversi, Simeone e Levi agirono.
40 “Due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presa ciascuno la sua spada, entrarono nella città che non sospettava di nulla ed uccisero tutti i maschi. Anche [il prìncipe] Hemor e Sichem, suo figlio, furono passati a fil di spada; ripresero Dina dalla casa di Sichem e fuggirono”. Il saccheggio della città e il rapimento delle donne e dei bambini ebbe luogo per mano degli altri figli di Giacobbe, “perché la loro sorella era stata disonorata”. Quando Giacobbe mostrò di non approvare affatto la loro condotta e rimproverò Simeone e Levi, questi risposero: “Doveva la nostra sorella essere trattata come una meretrice?” — Gen. 33:18 fino a 34:31, Na.
41. Che intenzioni avevano avuto nei confronti di Giuseppe quando questi aveva diciassette anni, e quando lo scoprì il padre?
41 Alcuni anni dopo, quando il loro fratellastro Giuseppe aveva diciassette anni, Simeone e Levi volevano ucciderlo perché erano invidiosi del fatto che Giuseppe era il figlio preferito dal padre. Il loro fratello maggiore Ruben non voleva uccidere Giuseppe, né lo voleva Giuda che per età veniva subito dopo Simeone e Levi. E gli altri fratelli minori, i quattro figli delle due concubine di Giacobbe, erano in rapporti amichevoli con Giuseppe o per lo meno lo tolleravano. E Issacar e Zabulon, ancora più giovani, non avevano voce in capitolo. Perciò quando Giuseppe fece loro una visita d’ispezione vicino alla città di Dotain, Simeone e Levi furono evidentemente tra i primi che “macchinarono d’ucciderlo”. Il suggerimento di Giuda li fece rinunciare ad ucciderlo, e Ruben tornò indietro troppo tardi per impedire che Giuseppe fosse venduto come schiavo e portato in Egitto. (Gen. 37:2-36, VR) Al tempo dovuto, dopo che Giuseppe fu ritrovato vivo in Egitto come primo ministro del paese, Giacobbe seppe com’era avvenuta l’improvvisa scomparsa del figlio. Probabilmente Giacobbe aveva in mente anche questo quando parlò degli “strumenti di violenza” di Simeone e Levi.
42. Quale posizione avrebbe potuto ottenere Simeone o Levi dopo di lui, se essi non avessero usato degli strumenti di violenza?
42 “È vero che Giuseppe era il primogenito della moglie prediletta di suo padre, Rachele, ma egli era nato parecchi anni dopo Simeone e Levi, quale undicesimo figlio di Giacobbe. Se non fosse stato per la vendicativa violenza che usarono contro gli abitanti di Sichem senza il consenso del padre, essi avrebbero potuto ottenere la posizione di supremazia dopo che Ruben l’aveva perduta, poiché Simeone aveva la prima opportunità e Levi veniva dopo di lui. Ma il giudizio che Giacobbe pronunciò su di essi sul suo letto di morte mostrò chiaramente ch’essi avevano entrambi perduto questa opportunità.
43. In che modo, l’ultimo giorno della sua vita, Giacobbe mostrò di non aver voluto essere assolutamente complice del loro delitto?
43 Quindi l’ultimo giorno della sua vita, Giacobbe mostrò di non aver avuto niente a che fare nell’azione violenta commessa contro la città di Sichem. L’oltraggio che sua figlia Dina aveva subìto non giustificava tale azione. L’animo di Giacobbe, che stava per morire in Egitto, non voleva entrare nel consiglio segreto di Simeone e Levi per essere complice di un simile delitto. Lo stesso atteggiamento di Giacobbe fu contrario ad unirsi alla congregazione di persone tanto violente. Prima che la sua vita finisse, egli dichiarò di non aver avuto alcuna responsabilità di comunità in questo spargimento di sangue. Simeone e Levi si erano lasciati sopraffare dall’ira; avevano agito arbitrariamente nel compiere questa vendetta senza prima consultare il padre. Lo avevano reso ripugnante a tutto Canaan.
44. Che cosa maledì Giacobbe, e che cosa era deciso a fare riguardo alle future possibilità di Simeone e Levi?
44 Tuttavia, circa cinquant’anni dopo, Giacobbe, che stava per esalare l’ultimo respiro, non maledì Simeone e Levi come persone. Maledì la loro ira, “perch’è stata violenta”. Maledì il loro furore, “perch’è stato crudele”. Non poteva approvarlo nemmeno nei suoi figli, nemmeno quando fu mostrato nell’interesse di sua figlia. Li perdonò, ma non avrebbe mutato le conseguenze che avrebbero subìto. Non poteva dare a nessuno di essi la posizione di capo o di governante. Non mise al bando in Israele né essi né le loro tribù, ma avrebbe infranto la loro unità e la loro collaborazione in opere d’ira violente e di crudele furore. Sotto ispirazione divina, Giacobbe assegnò loro un posto nel paese che Dio aveva promesso di dare a lui e ai suoi discendenti. Essi vi entrarono 239 anni dopo, ma Giacobbe predisse che non sarebbero stati vicini nel paese.
45. Quale parte fu data in Israele a Simeone e a Levi, in base alla determinazione di Giacobbe?
45 Profeticamente, e come erede della Terra Promessa, Giacobbe diede a Simeone e a Levi una parte in Giacobbe, ma essa non fu per nessuno dei due una parte unita, indivisibile. Giacobbe diede ai due fratelli due parti distanti l’una dall’altra nel paese. In tal modo Simeone e Levi erano non solo divisi l’uno dall’altro nel paese, ma ciascuno di essi era diviso in se stesso. Quando il profeta Mosè benedisse le tribù d’Israele poco prima che attraversassero il fiume Giordano per entrare nella Terra Promessa, Mosè non menzionò neppure Simeone. (Deut. 33:16-23) La tribù di Simeone era dislocata in piccole parti di territorio sparse qua e là nella grande porzione di territorio assegnato alla tribù di Giuda. Nessuna di queste enclavi circondata dal territorio di Giuda era situata accanto alla città di Gerusalemme, che divenne la capitale della nazione. Quando le tribù offrirono alcune città del loro territorio ai sacerdoti levitici perché servissero da città di rifugio nelle quali potessero rifugiarsi gli omicidi involontari, la tribù di Simeone non offrì nessuna città. Quando furono assegnate quarantotto città a tutti i Leviti compresi i sacerdoti, solo tredici furono offerte dalle tribù di Giuda, Simeone e Beniamino. Quindi i Leviti devono aver risieduto in poche città della tribù di Simeone. — Gios. 20:7-9; 19:1-9; 21:3, 4.
46. Quale privilegio fu riservato ai Leviti, secondo le istruzioni date da Dio a Mosè, e in che modo questo permetteva loro di riunirsi nuovamente insieme per collaborare?
46 Non fu mediante la profezia di Giacobbe, ma mediante una successiva istruzione che Geova diede al profeta levitico Mosè, che alla tribù di Levi fu riservato il privilegio del sacerdozio e del ministero nel tempio di adorazione di Geova. Quindi i Leviti non ricevettero nessuna eredità nella Terra Promessa, siccome in effetti Geova Dio era la loro eredità. Ciò che avrebbe potuto essere la loro porzione nella Terra Promessa fu data alla tribù di uno dei figli di Giuseppe; in tal modo l’intera nazione d’Israele aveva ancora i territori di dodici tribù. Queste dodici tribù offrirono in tutto quarantotto città nelle quali risiedevano i Leviti quando non servivano nel tempio di Geova. Avvenne così che i componenti della tribù di Levi furono dispersi in modo peggiore di quella di Simeone, cioè in tutto il paese d’Israele. Solo nel tempio di Geova i Leviti si riunivano di nuovo tutti insieme, per compiere un buon lavoro al servizio di Geova nelle regolari feste stabilite e nel giorno dell’espiazione. Come si avverarono meravigliosamente le parole dette da Giacobbe a Simeone e a Levi: “Li disperderò in Israele”!
47, 48. (a) In che modo questo particolare relativo a Simeone e a Levi si verificò anche nella visione di Ezechiele relativa alla divisione del paese? (b) Che cosa mette in risalto la continua separazione esistente tra i due fratelli?
47 Questo si verificò nella visione profetica di Ezechiele relativa alla ripartizione del paese sotto il futuro regno di Dio. I membri della tribù di Levi si trovavano nel “territorio sacro” intorno al santuario di Geova. La tribù di Simeone era separata da essa e si trovava a sud del Territorio Sacro, sotto la tribù di Beniamino, i cui confini toccavano la parte meridionale del Territorio Sacro. (Ezech. 48:8-14, 22, 24) Perciò Simeone non era in diretto contatto con il governo del paese. E nella visione di Ezechiele relativa alla sede del governo, la città chiamata Geova-Shammah (che significa “Geova stesso è là”), le porte di Simeone e di Levi non sono una accanto all’altra, ma la porta di Simeone è la settima e a sud, mentre la porta di Levi è la terza e a nord. — Ezech. 48:31, 33.
48 La continua separazione esistente tra Simeone e Levi mette in risalto come Dio disapprovi che fratelli o altri collaborino per compiere azioni violente e crudeli spinti dall’ira.
49. In che modo il sacerdote Finees mostrò di comprendere questo fatto, e di che cosa si mostrò degno?
49 Il sacerdote Finees della tribù di Levi mostrò di comprendere questo col modo in cui si comportò nelle pianure di Moab, quando solo il fiume Giordano li separava dalla Terra Promessa. Quando gli Israeliti cominciarono ad avere relazioni immorali e idolatre con le figlie di Moab, il prìncipe Zimri della tribù di Simeone condusse spudoratamente una ragazza pagana e idolatra, la principessa madianita Cozbi, nell’accampamento d’Israele e la introdusse nella sua tenda per avere con lei relazioni sessuali. Approvò il levita Finees questa azione perché era stata commessa da un uomo della tribù di Simeone? Cooperò egli con Zimri, come Levi aveva cooperato con Simeone per compiere un’azione maledetta? No! Finees piombò nella tenda del discendente di Simeone e trafisse con una lancia sia Zimri che la sua amica pagana. A motivo di questo intenso zelo per l’adorazione di Dio Finees ricevette la benedizione di Dio. Diede prova di essere, come Levita, degno del sacerdozio. — Num. 25:1-15.
50, 51. (a) Che cosa non significava il fatto che nell’Israele spirituale vi sia una tribù di Levi, e perché no? (b) Che cosa ci fa ricordare la profezia pronunciata da Giacobbe su Simeone e Levi, e come si sono resi colpevoli di questo alcuni membri dell’Israele spirituale?
50 Nella lista delle dodici tribù dell’Israele spirituale, Simeone è elencato al settimo e Levi all’ottavo posto. Il semplice fatto che una tribù porti il nome di Levi non significa che 12.000 persone di questa tribù servano da sacerdoti per tutto l’Israele spirituale. No; ma tutti i 144.000 sono sacerdoti. Riguardo a tutti i 144.000 è scritto: “Saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui per mille anni”. (Apoc. 20:6, VR) Quindi il nome Levi dovrebbe farci ricordare qualcos’altro, oltre al sacerdozio. Così pure Simeone.
51 La profezia che Giacobbe pronunciò sul letto di morte riguardo a Simeone e a Levi ci fa ricordare che vi è una maledizione sull’uso delle armi come strumento di violenza per dare libero sfogo all’ira violenta e al crudele furore. Coloro che formano le tribù spirituali di Simeone e Levi possono avere usato queste armi con collera e con furore per uccidere i loro simili nei combattimenti militari di questo mondo o anche per fare vendette personali o difendere il nome della famiglia. Ma ora che sono divenuti membri dell’Israele spirituale abbandonano queste pratiche maledette, poiché sanno che “inimicizie, discordia, gelosia, ira, contese, divisioni” sono “opere della carne” e non il “frutto dello Spirito” di Dio. — Gal. 5:19-22, VR.
52, 53. (a) Quale azione ha compiuto il rimanente dell’Israele spirituale che è ancora sulla terra riguardo agli strumenti di violenza? (b) Gli uomini di quali tribù possono quindi esser messi gli uni accanto agli altri senza pericolo, e perché?
52 Abbiamo le prove che millenovecento anni fa, quando le dodici fondamenta apostoliche della Nuova Gerusalemme erano ancora sulla terra, i cristiani applicarono a se stessi le parole profetiche di Isaia 2:4 che oggi le Nazioni Unite hanno indebitamente attribuito a se stesse. Similmente oggi quelli che fanno parte delle tribù spirituali di Simeone e Levi, cioè il piccolo rimanente di tutte le dodici tribù dell’Israele spirituale che è sulla terra, rinunciano ad usare gli strumenti di violenza e le armi di distruzione e si sforzano di vivere in armonia con Isaia 2:4, dove dice: “Dovranno trasformare le loro spade in vomeri e le loro lance in roncole. Nazione non leverà più la spada contro nazione, né impareranno più la guerra”. Quindi coloro che fanno parte delle tribù spirituali di Simeone e Levi hanno cambiato la loro personalità. Benché nell’Israele spirituale siano uno accanto all’altro, si può confidare che cooperino senza recar danno, poiché ora essi ubbidiscono a Romani 12:17-19 (VR):
53 “Non rendete ad alcuno male per male. . . . Non fate le vostre vendette, cari miei, ma cedete il posto all’ira di Dio; poiché sta scritto: A me la vendetta; io darò la retribuzione, dice il Signore [Geova]”.
GIUDA
54. Perché Giuda poteva aspettarsi un rimprovero da Giacobbe, ma in che modo si risolse la sua situazione senza recar biasimo a Giuda?
54 Quanto al quarto figlio di Giacobbe, ch’egli ebbe dalla sua prima moglie, Lea, colui al quale secondo la discendenza naturale doveva essere rivolta l’attenzione dal padre morente era Giuda. Anch’egli avrebbe potuto aspettarsi un rimprovero, poiché inconsapevolmente aveva avuto relazione con la sua ex nuora Tamar. Ma anziché commettere adulterio con una meretrice o prostituta del tempio, Giuda fu indotto con un abile inganno a fare ciò che aveva trascurato, cioè compiere il matrimonio per levirato nei riguardi della vedova Tamar. In questo caso Giuda prese quindi il posto di suo figlio Sela, fratello di Er, marito di Tamar deceduto. Perciò i gemelli che Giuda ebbe da Tamar non erano figli adulterini né le Scritture ne parlano con disonore; anzi, uno di essi divenne antenato di Gesù Cristo. Quando Booz, antenato di Cristo, prese Rut in moglie, il popolo disse a Booz: “Sia la tua casa come la casa di Fares, che Tamar partorì a Giuda, per la prosperità che il Signore [Geova] ti darà da questa giovane [Rut]!” — Rut 4:12, Na; Gen. 38:6-30.
55. Che cosa ricordò indubbiamente Giacobbe riguardo a Giuda, e quale questione relativa ad Israele definì egli con ciò che disse in merito a Giuda?
55 Quindi il morente Giacobbe non aveva nessuna ragione di usare questo episodio contro Giuda. Indubbiamente Giacobbe ricordava che Giuda era stato contrario all’uccisione di Giuseppe e che aveva anche nobilmente cercato di preservare la vita e la libertà del fratello Giuseppe, Beniamino, offrendosi perfino di prendere il posto di Beniamino e rimanere come schiavo in Egitto. (Gen. 37:26; 43:8-10; 44:18-34) Quindi, usando lo stile poetico della profezia ebraica, Giacobbe parlò e definì la questione del futuro dominio in Israele dicendo:
“Giuda, te loderanno i tuoi fratelli;
la tua mano sarà sulla cervice de’ tuoi nemici;
i figliuoli di tuo padre si prostreranno dinanzi a te.
Giuda è un giovine leone;
tu risali dalla preda, figliuol mio;
egli si china, s’accovaccia come un leone,
come una leonessa: chi lo farà levare?
Lo scettro non sarà rimosso da Giuda,
né il bastone del comando di fra i suoi piedi,
finché venga Sciloh [nota in calce],
e al quale ubbidiranno i popoli.
Egli lega il suo asinello alla vite,
e il puledro della sua asina, alla vite migliore;
lava la sua veste col vino,
e il suo manto col sangue dell’uva.
Egli ha gli occhi rossi dal vino,
e i denti bianchi dal latte”. — Gen. 49:8-12, VR.
56. Che cosa significava il nome di Giuda, e in che modo Giacobbe lo applicò a Giuda, facendo nello stesso tempo un contrasto tra i suoi fratelli e i suoi nemici?
56 Poiché Lea lodò o esaltò Geova per la nascita del suo quarto figlio, lo chiamò Giuda, che significa “Lodato; [Oggetto] di lode”. (Gen. 29:35) Giacobbe fece rimanere il nome, e sul letto di morte lo applicò anche a colui che lo portava, Giuda. I suoi undici fratelli lo avrebbero lodato per le sue qualità e per i servigi che avrebbe reso alla nazione. Naturalmente i nemici non l’avrebbero lodato, o per lo meno non spontaneamente, poiché la sua mano sarebbe stata sulla cervice dei suoi nemici. In guerra avrebbe ottenuto la vittoria e messo in fuga i nemici, oppure li avrebbe assoggettati.
57, 58. (a) In che modo i fratelli di Giuda dovevano prostrarsi dinanzi a lui, e perché? (b) In che modo fu mostrato che anche nella conquista del paese di Canaan, la supremazia doveva essere riservata alla tribù di Giuda?
57 Quanto alla lode che avrebbe ricevuto dai fratelli, non gli sarebbe stata rivolta solo a parole ma anche mediante la condotta che essi avrebbero tenuto nei suoi confronti. I suoi undici fratelli erano tutti figli del padre suo, ma solo cinque, oltre a se stesso, erano figli di sua madre Lea. Non al primogenito Ruben, ma a Giuda, si sarebbero prostrati i suoi fratelli. Ciò significa che i fratelli lo avrebbero riconosciuto come loro superiore, loro governante. In una particolare occasione egli e i suoi fratelli si prostrarono dinanzi a Giuseppe quale primo ministro di Faraone sopra l’Egitto, dove abitavano a quel tempo. Ma quanto agli affari interni delle dodici tribù d’Israele, i fratelli, compreso Giuseppe, dovevano inchinarsi a Giuda. Questo naturalmente riguardava la tribù di Giuda, e la predizione indicava che il governante a cui si sarebbe prostrata la nazione sarebbe venuto da Giuda.
58 “In seguito 1 Cronache 5:2 (Na) spiegò opportunamente la questione dicendo: “Giuda ebbe di fatto la preminenza tra i suoi fratelli, per il principe uscito da lui, pur appartenendo a Giuseppe la primogenitura”. In armonia con ciò, quando Geova Dio liberò le dodici tribù d’Israele dall’Egitto, dov’erano divenute schiave dopo la morte di Giuseppe, la tribù di Giuda fu quella che marciò in testa nel deserto durante il viaggio verso la Terra Promessa di Canaan. (Num. 2:3; 10:12-14) Quando furono inviate dodici spie nella Terra Promessa per esplorare e tornare a fare un rapporto, da Giuda venne Caleb, una delle due fedeli spie che sopravvissero per rientrare nella Terra Promessa. Questo Caleb partecipò attivamente all’assoggettamento di quella parte del paese che fu assegnata alla tribù di Giuda. (Num. 13:6, 30; 14:6-10, 38; Gios. 15:13-20; 14:6-14) Quando si tirò a sorte per ripartire il paese conquistato, Giuda ricevette la prima parte. (Gios. 15:1) Quando si conquistò il paese per prenderne possesso, Geova Dio stabilì che la tribù di Giuda fosse la prima. (Giud. 1:1-8) A quel tempo il prìncipe della tribù di Giuda era Salma, che divenne trisavolo di Davide. (1 Cron. 2:10, 11; Rut 4:20-22; Matt. 1:5, 6) Nella Terra Promessa il territorio di Giuda costeggiava tutta la spiaggia occidentale del Mar Morto e si estendeva a occidente verso il Mar Mediterraneo.
59. In che modo la tribù di Giuda diede prova d’essere come un giovane leone?
59 La tribù di Giuda era quindi come un leone tra le bestie della foresta. (Mich. 5:8) Il patriarca Giacobbe poté dire più che giustamente: “Giuda è un giovine leone”. Dalla tribù di Giuda venne la stabile dinastia o famiglia di re della nazione d’Israele. Davide divenne il capo di questa dinastia di re, poiché Geova Dio fece con lui un patto secondo cui il regno sarebbe rimasto in eterno alla sua famiglia. Dapprima la tribù di Giuda poteva essere come un giovane leone, allorché Saul della tribù di Beniamino regnava su tutto Israele e Davide, il famoso guerriero, era ufficiale dell’esercito del re Saul. Ma Dio decise di non far continuare a regnare sopra Israele la famiglia di Saul, a causa della disubbidienza volontaria di Saul; quindi nel 1070 prima dell’Èra Cristiana, dopo la morte del re Ish-Bosheth, figlio di Saul, le dodici tribù d’Israele fecero loro re Davide, della tribù di Giuda.
60, 61. (a) In che modo Davide visse all’altezza del nome della sua tribù, e quale parentela ebbe con Gesù Cristo? (b) Che cosa devono attendere i lettori per fare un ulteriore esame della profezia di Giacobbe?
60 In tal modo la profezia di Giacobbe fu adempiuta in proporzioni maggiori, cioè che i fratelli di Giuda lo avrebbero lodato e si sarebbero prostrati dinanzi a lui. (2 Sam. 4:5 fino a 5:5) La condotta di Davide, il condottiero della nazione che venne dalla tribù di Giuda, fu prevalentemente buona. Egli divenne una figura profetica del futuro Re a cui avrebbero dovuto ubbidire tutti i popoli, come aveva predetto Giacobbe. Davide divenne infatti l’illustre antenato di Colui che era stato predetto, Gesù Cristo; e dal re Davide Gesù Cristo ereditò il diritto a governare sopra Israele. — Luca 1:26-33.
61 Tuttavia, per un’ulteriore esame della profezia di Giacobbe relativa a Colui al quale è dovuta l’ubbidienza di tutti popoli, dobbiamo attendere la pubblicazione dell’articolo “Governanti insieme al ‘Leone della tribù di Giuda’”.
(Vedere l’edizione de La Torre di Guardia del 15 dicembre 1962).